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Una storia della lingua latina. Formazione, usi, comunicazione PDF

210 Pages·1999·11.179 MB·Italian
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Paolo Poccetti(cid:9) Diego Poli(cid:9) Carla Santini Una storia della lingua latina Formazione, usi, comunicazione I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore via Sardegna 50, 00187 Roma, telefono 06 42 01 oi 95, fax 06 4tR 74 79 3 t Ufficio Università via Sicilia 154, 00187 Roma, telefono 06 42 01 13 64, IE ΈΈ fax 06 42 74 05 34 Siamo su Internet: http://www.carocci.it Carocci editore UNIIIERSITA di SIENA MATERIALE BIBLIOGRAFICO Cotl. Isl. f Indice ((cid:9) o 1 2 Ihu. N. . N. g 4''„Έ Sist. ' t. Identità e identificazione del latino 9 di Paolo Poccetti i .i . Quale latino, quale storia 9 I.2. Etnonimo e glottonimo 30 1 .3 . Coscienza linguistica, riflessione metalinguistica e politica della lingua 40 1.4. Il latino e l'Italia antica 60 1.5. Il latino e il mondo greco 87 t.6. Centro e periferia 125 1.7. Bibliografia 154 t. Orale e scritti 173 di Paolo Poccetti e Carlo Santini 2.1. Scrittura nel Lazio arcaico e nell'Italia antica 173 2.2. Conservazione e trasmissione dei saperi T79 r" ristampa, febbraio 2000 2.3. Addetti alla scrittura e norme ortografiche t 83 ra edizione, gennaio 1999 © copyright 1999 by Carocci editore S.p.A., Roma 2.4. Tecniche, varietà della scrittura, processi di alfabe- tizzazione e di standardizzazione t 85 Finito di stampare nel febbraio 2000 per i tipi delle Arti Grafiche Editoriali Sri, Urbino 2.5. Varietà e terminologia del "dire" 190 2.6. La formula e il rito: il diritto tra oralità e scrittura 197 ISBN 88-430-1180-4 2.7. La formula e il rito: la testualità della religione e della magia 204 Riproduzione, vietata al sensi di legge 2.8. Una pragmatica del latino? 211 (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) 2.9. Epistolografia 216 Senza regolare autorizzazione, 2.I0. Esercitazioni retoriche 218 è vietato riprodurre questo volume 2.11. Comunicazione pubblica: vita politica e ammini- anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, strativa 221 compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. 2.12. Bibliografia 230 3. Lingue e generi letterari dalle origini agli Antonini 235 di Carlo Santini Identità e identificazione del latino * 3.1. Cultura preletteraria e "discorso di ri-uso" 235 3.2. I "sapere" tradizionali e il carmen 242 3.3. Alle origini della lingua letteraria 247 3.4. La prima prosa 254 3.5 . Gli esordi della lingua poetica dell'epos e della tragedia 257 3.6. Ennio e la formazione della lingua epica 267 3.7. Lucrezio tra lingua epica e lessico filosofico 272 3.8. I carmina dotta di Catullo 276 1.1 ,. 3.9. Virgilio e la definizione della lingua epica classica Quale latino, quale storia 279 3.10. Ovidio e l'epica imperiale tra citabilità e paradigma 283 3.11. La lingua della fabula palliata (Flauto e Terenzio) t89 1.1.1. Nel 1923 W. De Groot nel tracciare un bilancio (a sua volta 3.12. Altre forme di teatro (fabula togata, Atellana, mí- parziale) delle storie della lingua latina scriveva che tutti sono in gra- mo) 300 do di dire che cos'è il latino, «mais chacun à sa manière» (De Groot 3.1 3. La lingua della poesia anepica 302 1923, p. i io). Forse nessun'altra espressione anche per la potenziali- 3.14. Orazio 311 tà evocativa di quello che un anno dopo diventava il titolo di un 3.15. La prosa tra il ii e il i secolo a.C. dramma pirandelliano riesce tuttora ad offrire una definizione più 314 3.16. Cicerone 316 immediata delle varietà di approcci e di metodi nella descrizione dia- 3.17. Cesare cronica di una lingua come il latino. Ed in sintonia con Ciascuno a 324 3.18. La storiografia da Sallustio a Tacito 327 suo modo un altro titolo pirandelliano Uno nessuno e centomila può 3.19. Seneca. con altrettanta efficacia tratteggiare la natura dell'oggetto della descri- 334 3.20. La lingua del romanzo zione, cioè una lingua, la cui storia è perennemente dimidiata tra "vi- 338 3.21. L'arcaismo frontoniano 348 ta" e "morte", tra passato e presente, tra realta ed apparenza, tra ciò 3.22. La lingua della scienza e della tecnica 350 che emerge (immediato e palese) e ciò che è sommerso (ma non 3.23. Bibliografia 368 perduto), tra l'astrazione di modelli ideali e la concretezza delle situa- zioni della comunicazione quotidiana, tra l'identificazione con le isti- tuzioni e la civiltà di una città e la condizione di patrimonio univer- 4. Il latino tra formalizzazione e pluralità sale, immanente e sempre rigenerantesi. Il latino, dunque, porta in sé 377 di Diego Poli i connotati della forza, della molteplicità, dell'onnipresenza, ma anche della invisibilità e della latenza, così che ogni tentativo di tracciarne 4.1. Retorica e comunicazione la storia púò ricondursi all'immagine medievale della caccia all'odoro- 377 4.2. Ars grammatica e Latinitas 387 sa pantera, con cui il genio linguistico di Dante (De Vulg. E l. xvi, 4) 4.3 • Il cristianesimo e la nuova comunicazione aveva rappresentato la ricerca del "volgare illustre", il quale «manda 410 4.4. Romanobarbarica 417 in ogni luogo il suo profumo e in nessun luogo si posa» (quod in 4.5. Bibliografia 423 qualibet redolet ciuitate, nec cubat in ella). Questo capitolo è scritto da Paolo Poccetti. (cid:9) UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA I. IDENTITA E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO La visione del latino radicata nella comune sensibilità linguistica scosta da tali modelli, affiorano elementi più vicini ai registri del par- odierna resta per lo più legata all'immagine di una lingua "morta". lato (paratassi, asindeti, ridondanza sinonimica, anacoluti, uso meno, Tale immagine discende in età moderna da un'esperienza scolastica e sorvegliato della variatio ecc.). da una tradizione didattica che ha pervicacemente mirato ad iscrivere Nel solco ideologico della prosa d'arte l'organizzazione sintattica il latino nelle categorie normative del "corretto" e "scorretto", a rap- del discorso ha per lo più polarizzato un esercizio dί affinamento sti- presentarlo come una lingua monolitica, rigidamente codificata da re- listico «considerato fenomeno naturale nella nostra tradizione lettera- gole inderogabili con qualche manipolo di eccezioni altrettanto feroci, ria, ma in sostanza tramandato da un uso che nella letteratura latina tutte proiettate sul piano morfologico e sintattico. I moderni manuali ha assunto toni, oserei dire, paranevrotici» (Calboli, 1964, p. 22). di apprendimento del latino palesano immediatamente la forte spro- Un esercizio di stile richiede una costante riflessione metalinguistica e porzione tra le sezioni rispettivamente dedicate alla fonetica, alla si trasforma inevitabilmente in un continuo allenamenti sulle poteri morfologia e alla sintassi del periodo, quest'ultima enormemente dila- zialità della lingua e sulle norme della grammatica. Lo stile è a sua tata sull'uso dei tempi e dei modi. Questa forte selezione sedimenta- volta una "grammatica delle scelte" che sono, in quanto tali, facoltati- tasi nell'insegnamento scolastico si colloca nell'alveo (divenuto sempre ve, ma che diventano obbligatorie nel momento in cui uno stile da più stagnante, perché non rinnovato continuamente dalla linfa della creazione personale ed individuale diventa modello e norma. La sto- storia) di una tradizione. antica che ha posto la concezione della ria della sintassi si identifica con la storia delle scelte stilistiche, cioè il grammatica come ratio loquendi e auctorum (o poetarum) enarratio divenire da creazione individuale a norma generale (Spitzer), ma, a (Quint. 1,4,2; 1,9,1) a paradigma dell'educazione scolastica. Una sua volta, la stilistica in altro non consiste se non nelle creazioni e grammmatica, cioè, strettamente associata (se non finalizzata) alla re- nelle. deroghe individuali dalla norma generale (Terracini; Fagliaro). torica e all'analisi di testi letterari, i quali vengono contestualmente Ora la tradizione, l'insegnamento e l'uso del latino nel corsó dei seco= irreggimentati in canoni e in una rigida gerarchia di letture e dί mo- li hanno sempre più pervicacemente incatenato la lingua all'astrattez- delli di imitazione (Nicolai, 1993). za e all'obbligatorietà della norma generale, obliterando, invece, gli Altra forma di imbrigliamento artificioso del latino è rappresenta- aspetti facoltativi, i momenti di creazione personale, le varietà socio- ta dalla sua identificazione ed utilizzaziòne (sempre didattica e pro- linguistiche che stanno prima e dopo la norma generale. pedeutica) come lingua della "logica" e, conseguentemente, come mo- Questo processo che è partito già nell'antichiti ha posto in di- dello esplicativo e descrittivo di altre lingue, anche di differente strut- pendenza reciproca, proiettandole in un infinito gioco di specchi, la tura. Tale operazione, strettamente correlata alla prima, poggia in- prassi linguistica e letteraria con l'elaborazione di teorie grammaticali, nanzitutto su un processo di standardizzazione morfologica e fonolo- generatrici, a loro volta, di norme linguistiche (Calboli, 1986, 1989). gica, di selezione lessicale e di strutturazione sintattica (in altre paro- Il pensiero classico ha, infatti, indissolubilmente saldato le forme del- le, la selezione di un'unica varietà della lingua) e muove dal presup- la letteratura, la. pratica della scrittura e l'arte della grammatica anche posto di «un nesso indissolubile tra i procedimenti retorici e la stra- nelle stesse scelte terminologiche come denunciano i rapporti lessicali tegia che organizza i contenuti in un quadro gerarchico» (Durante, di greco graml ctik ή (t έ cnh) rispetto a(cid:9) e di latino litterae ri- 1981, p. 17). E la sintassi che sostiene l'onere precipuo di questa spetto a littera. In questo orizzonte culturale non appare, dunque, organizzazione gerarchica, che non si può ottenere se non nel massi- esagerato sostenere che «la storia della prosa d'arte è in maniera non mo grado di coesione e di strutturazione architettonica del periodare. trascurabile storia della lingua latina» (Calboli, 1986, p. í 139). Ed è appunto sulla complessità e sull'armonia della sintassi che si è La prassi scolastica di far coincidere l'analisi linguistica delle costruita la grande impalcatura della prosa letteraria, massima espres- strutture, del latino con l'analisi "logica" e con la sintassi del periodo sione dell'elaborazione retorico-filosofica dell'età ciceroniana, frutto è, dunque, il punto di arrivo, ormai isterilito, di una lunga tradizione della simbiosi tra la tradizione retorica e il metodo della logica e della speculativa (che dall'antichità passa attraverso il Medioevo e il Rina- dialettica. Non casualmente nella prosa oratoria e filosofica si rag- scimento) la quale ha elevato l'espressione latina a forma ideale ed giunge il livello massimo della struttura ipotattica con quei connettori universale della ratio inventendi (tipica) e della ratio iudicandi (dialet- modali e temporali che organizzano la gerarchizzazione interna (disci- tica), identificandovi gli elementi costitutivi della logica, della retorica plina del congiuntivo, consecutio temporum), mentre, laddove ci si di- e della grammatica come basi indispensabili della conoscenza e come I. IDENTITÁ E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA modello descrittivo universale delle lingue (Ape!, 1975; Weinrich, evasione dalla realtà» (Belardi, 1990, p. 249), l'aspirazione dell'uma- 1966). Tale ruolo fondamentale si devitalizza allorché l'uso del latino nesimo a «destarla a nuova e durevole vita e a farne lingua culturale man mano si riduce unicamente a puro esercizio di stile o a percorso internazionale» (Norden, 1986, p. 770), la diffusione dί una lettera- formativo dl una mentalità scientifica che è stato alimentato special- tura di consumo nelle lingue nazionali e la crescente alfabetizzazione mente in quei contesti culturali (per esempio positivisti) in cui si è femminile nel Settecento (Burke, 1990). nutrito per le discipline umanistiche un complesso di inferiorità ri- In realtà proprio le fasi storiche in cui il latino sembra isterilirsi spetto alle scienze matematiche (Pasquali, 1968a, p. 130). sono quelle in cui meglio si manifestano tensioni biplanari e aspetti È la riduzione della descrizione di una lingua ad un'unica varietà poliedrici. La vitalità e l'autonomia del latino medievale e del latino e la sua utilizzazione astorica come esercizio di "logica" e di retorica umanistico (o meglio delle varietà del latino del Medioevo e dell'U- che hanno finito per decretare irrimediabilmente la condanna a mor- manesimo) risiedono proprio nella dualità tra una lingua intellettuale, te del latino. Ma, mentre, da una parte, la coscienza della "morte" scolastica, ecclesiastica, ma anche di comunicazione internazionale, in del latino si forma in chi si accosta a questa lingua identificandola cui si amalgamano modelli classici e modelli cristiani (Mohrmann, con un suo determinato livello e con determinate strutture (coinci- t95t b) e un'ampia gamma di articolazioni nello spazio, nel tempo e denti con quelle della prosa letteraria), dall'altra,- i linguisti general- nelle esperienze personali. Entrambi i livelli, subendo «metamorfosi mente ammettono, in modo più o meno esplicito, che il latino non è di ogni specie», hanno interagito con i volgari, e, in diverse condizio- "morto", in quanto ne riconoscono la vitalità nel rigenerarsi nelle va- ni di bilinguismo e/o diglossia, hanno dato luogo ad una ricchissima rie forme di continuazione e di riproduzione reciproca costituite dalle varietà di. "latini" volgarizzati e di volgari latinizzati. È così che i vol- lingue romanze. La coscienza della "vita" e della "morte" del latino si gari 'hanno recuperato non solo una cospicua messe di. parole (che i riduce, dunque, ad un sentimento soggettivo, dipendente dalle espe- dizionari etimologici registrano come "voci dotte"), ma anche forme rienze e dalle conoscenze della lingua, se gli studenti che penano sui e costrutti di rilevanza tipologica come, per esempio, il superlativo testi di Orazio e di Tacito riescono difficilmente a persuadersi del sintetico latino recuperato dall'italiano e dalle lingue iberoromanze in fatto che il latino e l'italiano o il francese non sono che «una sola e età umanistica o strutture sintattiche complesse, per non parlare del medesima lingua» (Vendryes, 1934, r. 46) . modello rappresentato dal periodare del latino classico nella forma- Tuttavia anche al moderno approccio scientifico non è affatto zione della prosa d'arte anche di lingue non neolatine (come il tede- estranea la visione della morte del latino, collegata alla nozione, tipico sco nel xiv secolo). retaggio dell'ideologia positivista, dell'evoluzione della lingua rigida- E ancora è nelle epoche in cui si è più fortemente manifestata la mente ancorata alla diacronia. In realtà la "morte" del latino diventa tendenza ad irrigidire il latino nel solco di una sola tradizione storica sfuggente e quasi impalpabile, perché sembra tutt'altro che repentina e si instaura la coscienza della sua "morte" che il latino diventa stru- né appare collegabile ad una data precisa o ad un unico evento stori- mento di esperienze letterarie innovative e dί creazioni individuali. co o a un fatto culturale, ma piuttosto essa si rivela infinitamente Così nel Rinascimento diventa arte poetica nel Folengo il latino diluita nello spazio, nel tempo e nelle forme. A prova di ciò sta il «maccheronico», non invenzione artificiosa, ma caleidoscopio lingui- fatto che della "presunta" morte del latino sono state date molteplici stico animato dalle molteplici combinazioni tra le varietà del latino e interpretazioni variamente scalate in un ampio ventaglio di epoche quelle dell'italiano, preceduto da varie esperienze di prosa e di poesia (dalla caduta dell'Impero romano, all'età carolingia, al tardo Medioe- fin dalla letteratura romana arcaica e dalle iscrizioni con ibridismi tra vo, al Rinascimento, al Settecento) e collegate a fatti culturali ed greco, latino e altre lingue come osco e gallico. Oppure nel tardo eventi eterogenei, quali, per esempio, la divaricazione tra lingua par- positivismo la raffinata poesia latina del Pascoli, nella quale «il pro- lata e lingua scritta in età tardo-antica (Meyer-Liibke; Meillet, 1928), blema della lingua morta si innesta sul problema della lingua nuova» il venir meno del «diritto dί fare errori» (Vendryes, 1934, r. 48), la (Contini) che «ha permesso di fecondare il latino dall'interno e di fine dell'unità accentratrice dell'Impero (Devoto, 1983), il fatto che portarlo ad alcune conquiste dell'italiano» rendendo così «il latino la lingua era ormai rimasta priva di nazionalità (Terracina, 1957, p. ricco del suo futuro, l'italiano del suo passato» (Traina, 1971, 45), l'essere espressione di. un «ideale grammaticale che resta troppo p. 268). Ma questi "latini", pur collocandosi in un continuum lingui- indietro, che si attarda su modelli del passato C...] in una specie di stico e spirituale e alimentandosi del plurilinguismo che costituisce la UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA I. IDENTITÁ E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO vera vita e storia di "tutto" il latino, entrano, per consuetudine o per ralit, alla naturalità e alla mutevolezza dei volgari. In realtà da Dante mere esigenze di spazio e di competenze, a far parte di altre storie. agli Umanisti, sia pure nella diversità degli accenti, non 'sono mai sta- Parlare di "morte" del latino è, dunque, improprio. Non solo te di fatto negate né la "grammaticalità dei volgari né la varietà in perché le lingue non muoiono né nascono, ma mutano nel «momen- termini sociolinguistici del latino. Di tale vitalità è prova tangibile il to in cui per un determinato gruppo di individui una forma partico- non trascurabile apporto del Medioevo latino alla formazione delle lare di cultura si ritira più o meno violentemente di fronte a forme letterature europee e della stessa unità culturale dell'Europa (Cur- nuove» (Terracini, 1957, p. i8). O, comunque, se vogliamo conti- tius). nuare ad usare queste metafore biologiche, occorre essere consapevoli Il luogo di nascita dei concetti di lingua "viva" e di lingua "mor- che la loro "nascita" e la loro "morte" appartiene ad un processo che ta"e, non a caso, nella filologia volgare italiana del Cinquecento si volge verso l'infinito, nel quale per la stessa proprietà matematica (Faithfull, 1953; Tavoni, 1984, p. 165), allorché muta la considera- dell'infinitesimale, viene ad azzerarsi la stessa dimensione del muta- zione del rapporto tra latino e volgare (in termini aristotelici) da mu- mento e la percezione cronologica del loro trasformarsi in altra lingua tamento "accidentale" a mutamento "sostanziale" che risponde ad (Coseriu, 1983). Né, d'altra parte, per il latino può essere utilizzato una visione del mutamento linguistico in chiave rigidamente genealo- come criterio la data della scomparsa dell'ultimo parlante" (come si gica e "naturalistica E, non casualmente, rinascimentali sono, altresì, suole fare, per esempio, nel caso della lingua romanza di Veglia in la scoperta attraverso la tradizione grammaticale greca e la rielabora- Dalmazia), poiché la lingua di Roma non cessa, tuttora, di avere zione della nozione di "dialetto" come varietà diatopica del "parlato", utenti, attivi e passivi, al pari di qualsiasi altra lingua storica. da cui si trova escluso il latino (Alinei, 1981; Trovato, 1984). A san- Innegabilmente la parabola storica del latino è contrassegnata da cire la perdita di vitalità del latino hanno contribuito, da una parte, stasi di spinte creative e di rinnovamento. In realtà «la vitalità di una nella coscienza dei parlanti, il distacco dall'ossigeno dei "volgari" e, lingua sta nello SprachgeI iώ l, nel sentimento linguistico dei parlanti» e dall'altra, sul piano culturale, la progressiva perdita dell'unità del sa la prova ditale vitalità consiste nella «capacità di adottare parole pere medievale che ha prodotto la separazione tra cultura filosofica, nuove [...] senza per questo perdere le sue caratteristiche» (Cardona, quella oratoria e quella letteraria oltre che quella scientifica, con con 1987, p. iii) e una lingua muore quando «quelli che la parlano non seguente frammentazione del latino in tanti tecnoletti i quali hanno avvertono più il bisogno, il gusto, la volontà di parlarla» (Vendryes, avuto vita autonoma dalle lingue nazionali (Mohrmann, 195 ib) ; 1934, p. 46). Pertanto il vero "declino" (e non "fine") del latino è Altro punto di svolta nel latino post-umanistico ha segnato la stato decretato in prima istanza dall'atteggiamento e dalla sensibilità prassi delle traduzioni in parte di testi greci e, in parte non trascura- metalinguistica degli stessi fruitori. bile, anche come lingua per la divulgazione internazionale di opere La perdita di vitalità del latino è un fenomeno della coscienza scritte nelle singole lingue nazionali. Mentre le traduzioni della scola- linguistica post-umanistica (solo in questo senso si può dar ragione al stica medievale si attenevano generalmente ai principi delle traduzio- Norden) ed è conseguente ad un'operazione che muove non dal bas- ni cristiane delle Sacre Scritture, cioè imitazione e aderenza letterale so, ma proprio da coloro che dominavano le varietà più alte della ai modem, facendo leva sul gioco polisemico e sulla creazione di neo- lingua e ne hanno regolamentato l'uso, i modelli, i rapporti con i logismi, le traduzioni rinascimentali si ispirano al principio classico volgari entro canoni rigidi relegandolo in un universo teorico di im- dell'aemulatío, cioè della restituzione artistica in concorrenza con i mo bilità e di astrazione. 'In altre parole il declino del latino è stato modelli la quale riprende l'ideale linguistico e stilistico dell'orator ro- sancito proprio dai sostenitori dell'eredità classica ancorata alla sele- mano. L'invenzione della stampa non scalfisce, dunque, il primato zione di determinati modelli ad uso solo di determinati sottocodici e del latino come lińgua di comunicazione internazionale, dando anzi registri per lo più dello scritto. Né in età medievale né nella cultura sviluppo a quel nuovo latino post-umanistico, definito appunto "neo- dell'Umanesimo il latino è mai stato considerato di fatto una lingua latino" "morta", anche quando si sancisce la sua identificazione con la gram- Tuttavia, l'esigenza di una lingua destinata alla comunicazione di matica come categoria ideale che, secondo la definizione dantesca, livello alto e mediante la scrittura porta, non solo sul versante delle «altro non è che una certa inalterabile identità di lingua pur nella traduzioni, ma anche nella pratica letteraria e nella sensibilità lingui- dn ersità dei tempi e dei luoghi» (De Vulg. El. i, 9) opposta alla plu- stica, alla definizione di modelli stilistici di cui il ruolo principe assu- UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA(cid:9) I. IDENTITA E IDENTIFICAZIoNE -,DEL LATINO me Cicerone, grande teorico della prosa d'arte e della traduzione ar- acroníco e lontano dai dati empirici sancito dalla Grammaire di Port tistica con il trionfo del "ciceronianísmo", uscito vincitore dalla pole- Royal che fino alla fine del Settecento ha svolto un ruolo primario mica umanistica con gli anticiceroniani, autorevolmente rappresentati nell'educazione linguistica europea. Tale condizione è sintetizzata nel- da Lorenzo Valla (Tavoni, 1984). Il ciceronianismo altro non è che le riflessione leopardiana sulla necessità che una lingua universale la versione ormai logora di un ideale di ascendenza antica che ha la «debba essere modellata e regolata in tutto e perfettamente dalla ra- sua maturazione storica nel clima ideologico e culturale dell'età dei gione appunto perché questa è comune a tutti ed uguale ed uniforme Flavi e deve la sua fortuna nell'alveo della tradizione retorico-gram- a tutti» (Leopardi, Zib. 1045) . maticale e scolastica alla non storicizzazione dell'insegnamento di Forse non casualmente una grande svolta nella vita del latino con Quintiliano (Belardi, 1990, p. 281). Non tutto Cicerone, ovviamente, la sua deposizione da lingua del dibattito culturale internazionale, ma è eretto a modello, ma solo quelle opere di argomento retorico e re- anche da lingua di letteratura di consumo avviene nel Settecento, nel torico-filosofico in cui si rappresenta «l'ideologia linguistica dell'orator clima in cui si elaborano le prime teorie sul "genio" delle lingue, che romano», si fonda l'apparato teorico e terminologico della logica e si ne ribadiscono la pari dignità come espressione dello spirito dei par- dettano i canoni della prosa d'arte (Ape', 1975). L'età della Contro- lanti che si dispiega nella storia. Il latino, non legandosi più ad alcun riforma e dell'assolutismo segnano come modelli di lingua e di eserci- progetto, scientifico di ampio respiro né ad alcun linguaggio settoriale, zio il trionfo di opere ancora più asettiche nei contenuti e nello stile, perde la sua natura di lingua di comunicazione, nella quale l'innova- i Commentarci di Cesare, non prediletti, se non talora avversati, inve- zione terminologica di ambito tecnico ed intellettuale, fortemente viva ce, da umanisti come Erasmo da Rotterdam o Poggio Bracciolini ed operante fino a tutto il Seicento, non era, a differenza di oggi, proprio per la loro azione devitalizzante della lingua di Roma. esercizio di puro virtuosismo, bensì modo di percepire, classificare í In ogni modo dall'antichità al Rinascimento momenti fondamen- dati dell'esperienza e di organizzare il pensiero. Ma proprio nella tali di svolta nella storia della lingua latina sono stati costantemente stessa epoca che ne segna l'eclissi nel panorama scientifico europeo il segnati dalla prassi della traduzione. Alle origini, infatti, la lingua let- latino ritrova la suab perennità nel più grande progetto moderno di teraria inizia con un'esperienza di traduzione (Livio Andro nίco), i classificazione del mondo naturale: la nomenclatura binomia, tuttora presupposti della Latinitas poggiano sui principi dell'aemidatio a fron- in uso, con cui Linneo costruisce il sistema tassonomico degli organi- te dei modelli greci, il profondo rinnovamento lessicale del latino cri- smi viventi. stiano trae linfa dalla restituzione dei testi delle Sacre Scritture (dal greco e da lingue semitiche) che impone una nuova riflessione tra- 1.2.2. Da questa premessa non solo si palesa l'arbitrarietà e l'assolu- dúttologica, il latino umanistico si ricompatta di fronte alla divulga- to relativismo della polarizzazione del latino come lingua viva o come zione dei testi dal greco e dai volgari. lingua morta (esistente non nella realtà, bensì unicamente nel senti- La selezione di modelli come palestra di apprendistato e paradig- mento linguistico degli utenti), ma scaturisce altresì la conclusione ma stilistico per la comunicazione scientifica internazionale risponde che la "vita" e la "morte" del latino, se proprio si vuole continuare ad una visione universalistica (peraltro mai interrotta) del latino, ma ad usare queste espressioni, contrassegnano dialetticamente la sua che, pervicacemente deprivato di regionalismi, istanze individuali e stessa parabola storica, lontana dall'essersi conclusa. D'altra parte, del rapporto con la dimensione situazionale, si configura sempre più neppure la distinzione tra uso scritto e uso parlato riesce a rappre- «come manifestazione linguistica di un ideale di scienza generale, di sentare una discriminante idonea a segnare la "vita" e la "morte" del enciclopedia del sapere, di pansophia, perfettamente conforme alle latino. Nello "scritto" il latino ha nel corso del tempo costantemente elaborazioni seicentesche (ad esempio comeniane) in quel campo» recepito, sia pure entro certi limiti, sollecitazioni da parte del parlato, (Simone, 1990, p. 353). I percorsi della completa sterilizzazione del aprendo ampie brecce a quegli elementi allotri che la grammatica latino passano, dunque, da una parte, attraverso il programma di normativa ha classificato come "barbarismi" e "solecismi" ponendoli «razionalizzazione» e di «regolarizzazione» proposto, per esempio, da tra i pericoli che minano la sua correttezza e la sua purezza e ha Leibniz nel quadro dei progetti "razionalisti" di lingue artificiali ed restituito, a sua volta, in vario dosaggio, ai livelli del parlato, usi pe- universali adeguate alla formazione di un sapere unitario e globale, netrati nello scritto. Né, del resto, se non in questa prospettiva, sa- dall'altra, attraverso la sua proiezione in un iperuranío immobile, rebbe possibile operare sul latino, filtrato comunque solo da canale (cid:9) UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA I. IDENTITA E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO scritto, le approssimative e scolastiche periodizzazioni, — talvolta non del presunto decesso attraverso la domanda di rito, posta a titolo di disgiunte da (pre)giudizi di valore — come arcaico, preclassico, classi- diversi saggi, «quando si è cessato di parlare latino?» o «quando si è co, post-classico, aureo, argenteo, tardo, medievale, umanistico, neo- cominciato a parlare italiano o altre lingue romanze?» (Muller, 1921, latino. Semmai, nella condizione del latino scritto appare «rovesciato 1929; Lot, 1930; Norberg, 1974; Bonfante, 1968). L'impossibilità di il normale rapporto fra sistema grafico e sistema orale, con la scrittu- una risposta univoca e indiscutibile a queste domande perentorie è ra che perde il carattere di notazione pseudofonografica per acquista- dimostrata dall'estrema varietà delle soluzioni prospettate, che riguar- re quello di di riproduzione pseúdoideografica» (Polara, 1986, p. dano contemporaneamente le coordinate sia cronologiche sia geogra- 35) . fiche, segno evidente dell'inscindibilità dei due aspetti. Il ventaglio In conclusione, si rivela tutt'altro che facile, o quanto meno non delle proposte si dilata sull'asse cronologico dal tt -t secolo a.C., in immediatamente ovvio, arginare entro determinati limiti cronologici e cui si è voluto rintracciare (in particolare nella lingua di Catone e di geografici la storia del latino. È certo, in ogni caso, che la storia della Lucilio) già la fisionomia del latino iberico (Tovar, i969a e b), al i-it lingua latina coincide per larghissima parte con la storia linguistica d.C., allorché si è ravvisata a Roma, a Pompei e altrove una lingua dell'Europa (e ormai non solo dell'Europa) fino ai nostri giorni ed «che aveva subito G...] mutamenti profondissimi e che assomigliava entra, rinnovandosi, talvolta brillando e sparendo come una meteora, più all'italiano che al latino» (Ronfante; 1983, p. 449), fino allo sca- nel nostro uso quotidiano. La nuova storia del latino è disegnata dal- lare la dissoluzione dell'unità del latino ora al iii iv secolo, in conto= le parole e dalle espressioni che entrano a far parte della lingua co- mitanza con la crisi politica dell'Impero e con il declino spirituale e mune, anche come linguaggio ripetuto (talvolta di durata effimera, culturale dell'antichità (Meillet, 1928; Schiamni, 1959), ora al n seco- quali, ad esempio, par conditio) o che arrivano di rimbalzo nelle lin- lo in relazione alla caduta dell'Impero d'Occidente (Devoto, 1983; gue romanze come forestierismi, più antichi ed acclimatati, come la Tagliavíni, 1969), ora al vi-ntt secolo con l'esaurirsi della trasmissio- serie lessicale di federazione, federale, federalismo o quelli più recenti ne scolastica del pensiero antico (Mohrmann; Norberg, 1974), ora come media, sponsor o minimum-tax, tutti dall'area anglosassone. all'vtit secolo con la fine dell'età merovingia (Muller, 1921), ora' al ix Invita a riflettere la circostanza che l'inglese, che ha assunto due secolo con la rinascita carolingia (Schrjinen, 1934). Ma non sorio ruoli detenuti a lungo dal latino, quello di lingua di comunicazione mancate diluizioni del fenomeno in archi di tempo più ampi: dal iii internazionale e quello di paradigma per la descrizione di altre lin- al n secolo (Durante, 1981, p. 75), dal ia l vili secolo (Pei, 1976, gue, attinga normalmente al latino o comunque mostri preferenza per P. 78) il lessico (neo)latino per la formazione di linguaggi settoriali e di les- . In realtà queste diverse prospettive sotto le quali viene angolato sico tecnico. L'esempio di una parola come computer appare significa- quel fenomeno, suggestivamente, ma impropriamente definito, tiva per la scelta (come derivato) del verbo che riproduce più da «Great Break» (ibid.) cioè la fase della fine dell'unità del latino e vicino il latino computare a sfavore di altri due possibili concorrenti dell'inizio del pluralismo romanzo, si integrano reciprocamente nella che offre il lessico inglese come count (sempre dal lat. computare, ma visione dinamica di un lungo e lento processo di diffusione e di di di più antica ricezione per tramite dell'antico francese conter) e rec versificazione che contrassegna costantemente le vicende stesse della kon (risalente al fondo germanico). Di fronte al modello offerto dal- lingua di Roma fin dal suo manifestarsi nella storia. Il problema della l'inglese computer si divaricano le reazioni delle lingue romanze: dalla "fine" del latino e dell'"inizio" delle lingue romanze non si risolve, supina accettazione dell'italiano, senza alcun acclimatamento, al calco semantico compudador(a) operato dallo spagnolo sulla stessa parola di dunque, in una data o in un accadimento puntiforme, ma si riassor- origine latina, alla repulsione del francese (che pure ha l'esito del lat. be nella dialettica tra "unità" e "frammentazione", tra "continuità" o computare > compter) a favore di ordinateur (altro lessema di origine "rottura", che non riguarda naturalmente soltanto la lingua, ma inve- latina) che ha stimolato in spagnolo la creazione di ordenador(a). ste più latamente le coordinate storiche e socio-culturali. Il problema. In definitiva, la storia del latino dovrebbe giungere ad abbraccia- si ripropone nei termini di caratterizzazione dialettale del latino, cioè re tutte le vicende della sua propulsione (come si vede, tutt'altro che dell'apparire di significativi tratti locali rintracciati attraverso le iscri- esaurita) connesse alla sua differenziazione e modificazione (aspetti zioni delle diverse regioni dell'Impero. Ma 'anche in questo caso i tra loro inseparabili) e non può, invece, limitarsi a fissarne la data fenomeni linguistici sub-standard affioranti nell'epigrafia provinciale UNA STORIA DELLA LINGUA LATINA I. IDENTITA E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO non danno luogo ad apprezzabili differenziazioni diatopiche se non entro ragionevoli argini, di fronte all'alternativa di proiettarla nell'infi- dopo la caduta dell'Impero, così che anche i tratti non appartenenti nito universo della storia linguistica non solo dell'Europa e del mon- alla norma, codificata del latino si assoggettano ad un'irradiazione in- do occidentale, ma anche dell'intero pianeta se si considera il potente terregionale (Herman). veicolo di diffusione del latino costituito dalFapprendimento del dirit- Certo è che «la frammentazione del compatto dominio del latino to romano? Se "storia della lingua", per quanto «categoria controver- è il risultato di un processo secolare» (von Wartburg, 1980, p. 47), sa» (Varvaro, 1984a), è indiscutibilmente storia di testi e storia dei di una evoluzione progressiva (Schiamni, 1959), rappresentata in for- parlanti, ove si integrano e si disintegrano sistemi diversi, l'ambito di ma ora rettilinea ora discontinua e sinuosa (Menéndez Pidal) ora co- una storia linguistica si iscrive innanzitutto nell'orizzonte culturale di me «formicolio anarchico» (Tovar). Se il processo di frammentazione cui i testi sono espressione e nella cornice della società e della civiltà del latino che porta alla formazione delle lingue romanze non è che a cui appartengono i parlanti. la storia di uno stesso organismo in fasi diverse della sua evoluzione Poiché il latino è una lingua che si colloca nel mondo antico la (von Wartburg, 1980), «il sorgere e l'articolazione delle lingue ro- sua parabola come lingua antica púò convenzionalmente concludersi manze si dispongono in un lungo lasso di tempo, si articolano in più con la fine del mondo antico, di cui è compito degli storici definire i fasi. In sostanza, cominciano già con la romanizzazione dell'Italia e processi, le forme, i tempi. È in questo orizzonte che si assommano dell'Impero» (Lausberg, 1971, I, p. 95) ed «esistono in fase embrio- interagendo reciprocamente tutti quei fattori (a cui in parte si è già nale già nel momento in cui il latino si estende oltre i confini del fatto cenno) variamente additati come responsabili della fine del lati- Lazio» (Vàànànen, 1983, p. 502), accentuandosi con lo spezzarsi no: l'approfondirsi della divergenza tra lingua colta e lingua parlata della civiltà di cui la lingua di Roma era espressione (Schiaffini, (non solo nel modulo scritto-orale), l'accentuarsi della frammentazio- 1959). ne locale con l'allentarsi delle comunicazioni e il progressivo isola- Di conseguenza, il problema della "fine" del latino finisce per in- mento dei parlanti, la fine dell'unità accentratrice dell'Impero, la per- trecciarsi indissolubilmente con quello dei suoi inizi e la questione dita della coscienza di appartenere ad un'unica civiltà, l'attività nor- della frammentazione romanza con quella della diffusione della lingua mativa, fino alla pedanteria, dei grammatici, la simbiosi con popola- di Roma a partire dalle località prossime fino alle regioni più lontane, zioni alloglotte. in quanto «unico e solo processo storico, un equilibrio dinamico di In tale prospettiva «la morte del latino non è se non un aspetto forze evolutive e conservatrici, centrifughe e centripete» (Varvaro, del problema dell'interpretazione storica del cosiddetto latino volgare 1980, p. 31). Elemento centrale dell'evoluzione del latino è, dunque, nel quale vita e morte sono strettamente abbarbicate» (Terracini, la latinizzazione, processo lungo e complesso, che si dispone lungo 1957, p. 41). Infatti l'antinomia "vita" e "morte" si intreccia con la coordinate spazio-temporali, ma che, purtroppo, è per noi fatalmente dicotomia nella quale il latino è stato imbrigliato nelle moderne de- legato alla natura desultoria e discontinua della documentazione. La scrizioni scientifiche, quella, cioè, tra "letterario" e "volgare". Il solco latinizzazione condivide, così, l'appartenenza alle categorie del conti- di questa dicotomia, già tracciato in epoca antica, si scava ulterior- nuo e del discreto, in quanto, da un lato, è contrassegnata da una mente in seno alle polemiche umanistiche (Leonardo Bruni, Biondo serie di eventi e di manifestazioni singolarmente isolabili e rappresen- Flavio, Leon Battista Alberti, Lorenzo Valla) circa l'autonomia-.'ete- tabili in una successione nello spazio e nel tempo e, dall'altro, è su- ronomia del volgare (italiano) rispetto al latino. La legittimazione del scettibile di variazione infinitamente piccola senza fratture o salti bru- volgare sul parametro della grammatialit viene ricondotta alla diver- schi tra i singoli fenomeni. Della latinizzazione è praticamente impos- gente interpretazione tardo-antica della sua natura, da una parte, co- sibile tracciare i limiti per quanto rigúarda non solo lo spazio e il me varietà diasistemiche interne al latino, percepita da S. Girolamo tempo, ma anche la molteplicità e l'intersezione dei fattori che l'han- (Ep. in Gal. Il 3) nella incessante differenziazione spazio-temporale no veicolata e in cui si manifesta, così che nessuna fonte documenta- (et ipsa Latinitas et regionibus quotidie mutetur et tempore), dall'altra, ria, anche tra quelle che le future scoperte ci riserveranno, ci potrà come sorta di degradazione e di corruttela in conseguenza della dif- dire quando e dove comincia e quando e dove finisce la diffusione (e fusione nello spazio e del mescolamento con lingue "barbare", rap- quindi la storia) del latino (Poccetti, 1993b). presentata dalla partizione di Isidoro di Siviglia (Et. ix t,6) 'tra quat- Quale criterio, allora, púò contenere una storia della lingua latina tuor Latinas linguas, id est priscam, Latinam, Romanam, mixtam, secon- (cid:9) 20 25 UNA Sΐ 0RIA DELLA LINGUA LATINA, I. IDENTITA E IDENTIFICAZIONE DEL LATINO do una parabola che da uno stadio rozzo e senza regole (incondita) guistica dell'oratore romano, la biplanarità tra ratio e natura che è alle fino all'epoca delhi legge delle xii Tavole (circa 450 a.C.) passa attra- fondamenta di tutto il pensiero linguistico grammaticale antico verso una fase ristretta al Lazio e a Roma, contrassegnata dalla pu- (Gianníni, 1989) e che si riassorbe nella scarna distinzione di Quinti rezza delle regole, per degradarsi in età imperiale ad una lingua "mi- liano tra grammatice lo qui e Latine loqui (i 6, 27), costituiscono i pre- sta" inquinata e corrotta da contatti alloglotti. Anche se i "volgari" supposti per la nascita dell'antinomia "classico"(cid:9) "volgare", entro la. acquisteranno autonomia iuxta propria principia (L. B. Alberti), la vi- quale si dibatte da oltre venti secoli la considerazione bipolare del sione di un latino volgare frutto di imbarimento e di decadenza si latino. La selezione di un ideale di lingua consegnatoci da testi eleva- radica nella cultura post-rinascimentale fino alle soglie dei giorni no- ti a modello e sui quali si è costruita una grammatica (diventata subi- stri facendo rovesciare successivamente i ruoli, così che al "volgare", ti "la grammatica") ha fatto sì che con questa unica varietà venisse identificato con la lingua parlata, è stato assegnato il ruolo della «vita identificato il latino nella prassi scolastica. Questo tipi di latino, og- e dell'evoluzione», mentre al latino letterario il destino di «fissarsi e getto di apprendimento e di imitazione, comunemente avvertito co- di morire» (Marouzeau, 1922, p. 263). me latino tout court, è etichettato come "classico", in opposizione ad In particolare l'ideologia positivista ha alimentato l'idea di ún lati- un latino non codificato, magmatico, sommerso, comunque diverso e no "volgare" evolutosi "organicamente" come un essere vivente con- pertanto da ricusare come modello, comunemente compreso sotto la trapposto al latino "classico" codificato dai ceti colti e dalla classe di- definizióne di "volgare" (Teltavèié, 1983, p. 84)_. In realtà, l'uso di rigente di fine età repubblicana (Meister, 1909; Marx, 1909). Tutta- vulgaris (come attributo di serri) è testimoniato per la prima volta via la visione di un latino letterario indenne da rapporti con il "vol- proprio in quei testi retorici, come la Rhetorica ad Herennium, in cui gare" e non suscettibile di evoluzione e, viceversa, di un "volgare" si elabora l'ideale di, lingua riservato ai livelli "alti" dell'espressione completamente autonomo dalla lingua letteraria è stata smentita, da (Latinitas, urbanitas) in riferimento al loro contrapposto che è lo stile una parte, dalle ricerche, avviate già nell'Ottocento, di "volgarismi" in senza pretese di eleganza, che appartiene, perciò, all'ampio spettro poeti e prosatori, da Catullo a Orazio, da Catone a Gellio, e, dall'al- del linguaggio comune e quotidiano in tutte le sue varietà (Calboli, tra, dall'accertamento di alcune circostanze: a) i testi ritenuti fonti 1994). Pertanto alla definizione antica di "volgare" non è sotteso al- del "volgare" risentono in varia misura di un'attrazione centripeta ed cunché di negativo né tanto meni soggiace una contrapposizione tra unificante, sì da non poter essere considerati mere registrazioni del diversi livelli culturali degli utenti che si realizza, invece, nell'antino parlato (Varvaro, 1984a, p. 97); b) i testi con tratti ritenuti "volgari" mia serro urbanus(cid:9) serro rusticus (cfr. infra, pp. 125, 137 ss.). o "popolari." o di "lingua d'uso" presentano vistose tracce di forme Nell'ambito del moderno dibattito scientifico, il problema del la- letterarie: segno che non appartengono del tutto a livelli sociolingui- tino volgare si è posto nel momento in cui la linguistica romanza ha stícamente "bassi" (ad esempio í graffiti pompeiani) (Lazzeroni, accertato che la base delle lingue romanze non è quel livello codifica- 1966b; Gigante, 1979); c) anche il latino letterario di epoca tarda to di lingua letteraria identificata come latino "classico", ma neppure contiene tratti considerati salienti del "volgare": segno che anche que- lo sono totalmente quei modelli alternativi compresi sotto l'etichetta st'ultimo non stato risparmiato dai processi evolutivi riscontrati in di "volgare". Infatti il risultato della comparazione tra lingue romanze altri registri della lingua (Lbfstedt, 1980). e l'analisi delle testimonianze del latino giunteci per canale diverso da La distinzione tra "classico" e "volgare" e il punto di arrivo di quello letterario sono lontani dal convergere ih un quadro coerente, una tradizione retorico-grammaticale antica che hai suoi punti di omogeneo ed unitario, sì che la nozione di latino volgare già nel partenza nella costruzione di un ideale puristico di lingua basata su, 1866 appariva a H. Schuchardt che l'ha introdotta nella prospettiva un'unica varietà coni relativi modelli letterari e nella parallela preoc- della dialettologia romanza «non una singola lingua, ma piuttosto un cupazione di codificare una grammatica normativa, perfettamente coacervo di vari livelli linguistici e di dialetti che si manifestano dalle corrispondente alle esigenze stilistiche, di discriminare gli usi legittimi prime attestazioni (scritte) del latino fino alle prime attestazioni delle e consentiti della lingua dalle anomalie. La partizione tra virtutes lingue romanze». vitia dell'espressione, sottesa alla nozione di Latinitas (già nella Rheto- Malgrado queste parole, che collocano il problema del "volgare" rica ad Herenniúm), il contrapposto tra urbanitas e rusticitas, sancito nell'intera fenomenologia storica del latino in tutte le sue manifesta- nelle opere retoriche di Cicerone come criterio per la formazione hm- zioni entro i confini dell'antichità; il dibattito che si è sviluppati per (cid:9) 22 23

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