DAVTD UME TRATTATO SULLA NATURA UMANA A cura di Paolo Guglielmoni Testo inglese a fronte ~ BOMPIANI ~ IL PENSIERO OCCIDENTALE Il Trattato della natura umana è prima di tutto una monumentale opera sulla scienza dell'uomo. E' una riflessione imbevuta di forti istanze conoscitive e, a un tempo, un pensiero che, invece di arroccarsi a sistema, rivolge il suo intero apparato concettuale agli esseri umani, di cui si prende a cuore l'educazione intellettuale. Di fronte a questa sterminata e inesplorata scienza dell'uomo, Hume si pone come indagatore davanti a un enigma: cerca la chiave, l'elemento chiarificatore. Cerca una forza estesa e potente quanto la gravitazione universale: una forza talmente vivace da infrangere tutti gli argomenti scettici, e da guidare correttamente l'intelletto nel suo esercizio. BOMPIANI IL PENSIERO OCCIDENTALE direttore GIOVANNI REALE segretari: Alberto Sellanti Vincenzo Cicero Diego Fusaro Giuseppe Girgenti Roberto Radice David Hume ·rRA'l.-T~A·ro SULLA NATURA Ulv1ANA Testo inglese a fronte Introduzione, traduzione, note e apparati di Paolo Guglielmoni 1Ji1 BOMPIANI ~ IL PENSIERO OCCIDENTALE ISBN 88-452-9133-2 © 2001 R.C.S. Libri S.p.A., Milano I edizione Bompiani Il Pensiero Occidentale settembre 2001 INTRODUZIONE Il Trattato sulla natura umana venne pubblicato per la prima vol ta, anonimo, nel gennaio 1739, con il titolo: A Treatise o/ Human Nature: Being an Attempt to introduce the experimental Method o/ Reasoning into Mora! Subjects. Occorre subito specificare che con l'espressione «argomenti morali», a cui intendeva applicare il me todo sperimentale1, Hume si riferiva all'intera sfera dei fenomeni mentali, considerati separatamente dal loro sostrato materiale. Ep pure, ciò a cui si stava accingendo non corrispondeva esattamente il uno studio di tipo «psicologico»: Hume stava piuttosto inauguran do una ben più ampia riflessione sulla natura umana. Una riflessio ne imbevuta di forti istanze conoscitive; e, a un tempo, una scienza che, invece di arroccarsi a sistema, rivolge l'intero suo apparato con cettuale agli esseri umani, di cui si prende a cuore l'educazione intel lettuale: un vero e proprio Trattato sulla natura umana, insomma. Lasciamo ora che sia il filosofo stesso a parlare: «Quanto a me, la mia unica speranza è di poter contribuire in minima parte al progresso della conoscenza, imprimendo, a riguardo di alcuni par ticolari, una nuova svolta alle speculazioni dei filosofi, e indicando loro più distintamente gli unici argomenti in cui è lecito aspettarsi sicurezza e convinzione. La Natura Umana è la sola scienza del l'uomo; e tuttavia è ancora la più trascurata. Mi riterrò soddisfatto se riuscirò a renderla un po' più popolare: è questa speranza che giova a lenire la mia angoscia, restituendo il vigore sottrattomi dal l'indolenza che talvolta mi possiede»2. Non bisogna consentire alle fredde e generali speculazioni intellettuali di monopolizzare la natura umana; al contrario, un filosofo deve sempre ricordare che è suo preciso dovere non smarrire la strada dell'umanità nella con gerie dei suoi ragionamenti. Percorrere un itinerario filosofico autentico significa per Hume mettersi in viaggio attraverso un «oceano sconfinato, che prelude all'immensità»3 Un viaggio solitario, la cui desolazione resta co- 1 Riguardo al legame tra Hume e il metodo sperimentale newtoniano, cfr. Ro berto Gilardi, Hume, Newton e il principio di analogia, «Rivista di filosofia neo scolastica», 80 (1988). fase. 1, pp. 63-104. 2 Trattato sulla natura umana, Libro I, parte IV, infra, p. 545. J Ibid., p. 529. VI INTRODUZIONE munque soltanto temporanea: nella misura in cui l'intelletto si sfor za per trovarsi faccia a faccia con se stesso, e per acquisire in tal modo una consapevolezza auto-critica del proprio modo di opera re, che cercherà poi di trasmettere al resto del genere umano. L'uo mo e il filosofo Hume sembrano così corrispondersi biunivoca mente; l'intento pedagogico che animò l'uomo Hume e il pro gramma filosofico che egli consegnò alla sua opera filosofica sem brano infatti alimentarsi reciprocamente. 1. J.: istinto della conoscenza La nuova filosofia era dunque intesa come una scienza; o me glio, come una critica che il pensiero avrebbe dovuto rivolgere a se stesso e ai suoi fondamenti, così da imprimere una nuova svolta alle argomentazioni filosofiche, e da indicare il modo in cui sarebbe sta to possibile conferire loro sicurezza e persuasività. In tal senso, Hume intende sgombrare subito il campo da ogni equivoco, mostrando che, se vogliamo comprendere i meccanismi di formazione e arti colazione dei concetti, dobbiamo riconoscere che sono guidati da un'abitudine di natura linguistica. Così, quando incontriamo una somiglianza tra oggetti diversi, noi li categorizziamo adoperando una medesima parola per nominarli. È l'abitudine a classificare ed etichettare attraverso un esercizio linguistico che ci permette di operare le generalizzazioni di pensiero. Da un lato, dunque, sembra che le idee traggano il loro valore universale da una semplice generalizzazione di natura linguistica. D'altro lato, invece, Hume è convinto che il vero significato di una parola risieda nell'idea a cui essa viene abitualmente riferita, la quale, a sua volta, ha come radice ultima l'impressione che rispec chia, seppure con minore vivacità. Si configura in questo modo una tensione tra pensiero e linguaggio, da cui trae origine l'esigen za di esplorare i concetti invalsi nelle abitudini linguistiche dei fi losofi, sempre nella direzione dell'esercizio autocritico perseguito dal programma del Trattato. Perciò occorre ricondurre le opera zioni della conoscenza a ciò che è effettivamente presente al no stro spirito quando ci affacciamo sul mondo di fronte a noi. A questo proposito ci può essere d'aiuto ciò che Hume stesso puntualizza in merito all'errore consistente nella «volgare divisio ne degli atti dell'intelletto in concetto, giudizio, e ragionamento, e le relative definizioni che se ne possono dare»4. Se posti sotto una giusta luce, infatti, questi tre atti dell'intelletto finiscono tutti per ri solversi nel primo, in quella conception (concetto, concezione) che 4 Tmttato sulla natura umana, Libro I, parte III, p. 211. INTRODUZIONE VII costituisce così la radice ultima dell'attività dell'intelletto umano: il naturale modo di presentarsi di ciò che si dà alla mente. Perciò l'e sperienza conoscitiva e filosofica, lungi dall'essere semplice feno meno rappresentativo, si manifesta propriamente nella forma della percezione del dato; ossia dell'evento originario della percezione, intesa come tutto ciò che alla nostra natura è «dato» di concepire. A questo si rivolge dunque la logica humeana: a «spiegare i principi e le operazioni della nostra facoltà di ragionare, assieme alla natura delle nostre ,idee»5, ad articolare insomma l'intelletto umano in modo da rendere il più fruttuoso possibile il suo incon tro con l'esperienza. Ebbene, Hume divide subito le nostre perce zioni in impressioni e idee: le prime sono più vivaci, poiché pene trano nello spirito con maggiore forza e violenza, e le seconde ras somigliano a quelle, ma sono più deboli. Appare qui evidente come il criterio di maggiore o minore co nosdtività sia per Hume l'energia e la forza naturale che innescano il fenomeno della percezione. L'impressione, infatti, sussiste quan do si presenta allo spirito qualcosa che ha la forma e la presenza della passione, dell'energia istintiva, naturale e pre-categoriale. Per questo motivo, la percezione non è una semplice rappresentazione di oggetti, bensì una vera e propria manifestazione di significato, che implica come condizione del suo stesso svelarsi l'impegno del sog getto quale attivo teatro d'esperienza: attivo, perché non si tratta di un mero contenitore in cui si raccoglie il materiale dell'esperienza. Sono le percezioni stesse, infatti, a costituire la natura più inti ma della mente umana; ossia, come rileva Deleuze, «il luogo non si differenzia più da ciò che vi avviene»6• La conoscenza, insom ma, possiede fin dalla sua origine una naturale tensione pratica. Come ha giustamente rilevato Mario Dal Pra7, infatti, percezione significa per Hume tanto aver presente quanto essere presente: tan to il farsi evidente - da parte dell'oggetto - di qualcosa, quanto il coglierlo - da parte del soggetto - nella sua evidenza. Propriamente parlando, nell'atto della percezione l'idea di soggetto e quella di oggetto non esistono ancora come entità logi che separate. Risulta illuminante al riguardo una osservazione di Carlo Montaleone, secondo cui «emerge addirittura l'ipotesi che l'i dea dell'io entri nel sistema delle percezioni non già come "reflec ted perception" ma come costituente»8• Anziché es::;ere il prodotto 5 Trattato sulla natura umana, Introduzione, infra, p. 19. 6 Gilles Deleuze, Empirismo e soggettività. Saggio JU!la natura umana secondo Hume, traduzione italiana di Marta Cavazza, Cappelli editore, 1981, p. 9. 7 Mario Dal Pra, Hume, Fratelli Bocca edizioni, Milano 1949. H Carl'l Montaleone, L'io, la mente, la ragionevoleua. Saggio su Dav,d Hume, Bollati Boringhieri, Torino 1989, p. 10,5. VIII INTRODUZIONE di una riflessione dell'intelletto su se stesso, l'io sembra piuttosto essere il presupposto naturale del fenomeno percettivo. La strut tura originaria della percezione, insomma, esclude qualsiasi possi bile separazione tra un soggetto inteso come l'elemento conoscen te e un oggetto inteso come l'elemento conosciuto. Soggetto e og getto, ancora prima che sia possibile formarsene un'idea determi nata, sono a un tempo sia attivi sia passivi. Il vero Soggetto agente nell'evento conoscitivo - il vero lo - è dunque la percezione stes sa, in quanto manifestazione naturale del contatto osmotico tra chi reca un significato in cerca di espressione e chi, mosso da una tale indicazione, intende darle voce. Questo soggetto forte, latore cioè di una dimensione teoretica fondamentale, non è altro che la ma schera primigenia di quella conception che nell'accezione humeana sprigiona la vivacità originaria che anima l'intelletto umano in tutte le sue sfaccettature9. È questa stessa vivacità, d'altronde, a permettere che una per cezione resti impressa nello spirito umano anche dopo la sua pri ma manifestazione concreta, ossia dopo l'evento del primo contat to percettivo che reca il nome di impressione. Il modo d'essere del l'idea, al di là del suo semplice essere «sensazione illanguidita» nel l'accezione humeana, può venire allora considerato come il modo d'essere interiore di ciò che esiste esteriormente: tutto ciò che esi ste in natura è individuale, sostiene Hume, in virtù del fatto che è precisamente determinato in quantità e in qualità. Ed è proprio que sto plesso individuale a costituire la presenza di significato di cui si nutre la conception; che si offre originariamente come percezione: dapprima presente nel contatto immediato come irnpressione e poi 9 I:attenzione humeana per l'energia in gioco nelle operazioni della natura urna• na risulta evidente dal seguente passaggio a proposito del grado delle passioni: «Due differenti gradi della stessa passione sonci certamente in relazione fra loro; ma se il grado minore si presentasse per primo, avrebbe una tendenza minima o nulla a in trodurre quello maggiore: poiché l'aggiunta del maggiore al minore produce un'al terazione più rilevante sul temperamento, rispetto all'aggiunta del minore al mag giore» (Trattato sulla natura umana, Libro II, pane II, pp. 685-87). Ora, se conside riamo il minore non in sé, ma anche nel suo valore referenziale, ossia in rapporto a ciò di cui è minore, si nota che il minore è minore del maggiore, mentre, analogamen te, il maggiore è maggiore del minore. Da queste proposizioni apparentemente tau tologiche, peraltro misurate sul ruolo della vivacità e della forza all'interno del Trat• tato, ricaviamo che, per quanto riguarda le operazioni della natura umana, «meno» e «più» non devono essere considerati come due semplici segni matematici, bensì come la forma della maggiore o della minore vivacità che alimenta una percezione e allo stesso tempo ne costituisce la natura più intima: la sua polarità. In breve, se aggiungiamo un maggiore a un minore, il maggiol'e che è più del minore predo mina sul minore che è meno del maggiore, ottenendo un'intensità risultante ben più apprezzabile che non aggiungendo un minore, che è meno del maggiore, a un maggiore che è già di per sé più del minore, e dunque su di lui un'aggiunta \anto minima non potrebbe sonire un'intensità apprezzabile quanto nel caso precedente. INTRODUZIONE IX interiormente in forma di idea come energia semantica «srealizza ta»10 - separata, cioè, .dal suo sussistere concreto e individuato, e per questo meno vivace. 2. Intelletto e immaginazione L'intelletto umano possiede la naturale capacità di prescindere dal qui e ora dei dati individuali, ossia di conseivare il semplice plesso di significato nel suo valore semantico - verrebbe sponta neo aggiungere: astratto. È dunque corretto affermare che Hume riconosce all'intelletto una qualche attività astrattiva? Ora, la sola astrazione che Hume ammette espressamente al l'interno del Treatise è la cosiddetta distinzione di ragione11: «la di stinzione tra una figura e il corpo raffigurato, tra il movimento e il corpo che si muove. La difficoltà nello spiegare questa distinzione sorge dal principio [. .. ], che tutte le idee tra loro di/ferenti, sono se parabili. Ne segue che, se la figura è diversa dal corpo, le loro idee devono essere separabili tanto quanto sono distinguibili; al contra rio, se non sono differenti, le loro idee non saranno né separabili, né distinguibili. Cosa s'intende, dunque, per distinzione di ragio 12 ne, dal momento che non implica né differenza né separazione?» Per spiegare in cosa consista questa attività dell'intelletto, Hume ci suggerisce di immaginare due oggetti vicini, uno bianco e uno nero; ebbene, soltanto dopo averne riconosciute le somiglianze e le differenze, sarà possibile all'intelletto distinguere in essi la qua lità che li rende simili: «Certamente nessuno s'azzarderebbe mai a distinguere una figura dal corpo figurato, che non sono in realtà distinguibili, né differenti, né separabili, se non avesse prima os seivato che anche in queste idee semplici potrebbero essere conte nute diverse somiglianze e relazioni. Tuttavia, osservando una sfera di marmo bianco, riceviamo solamente l'impressione di un colore bianco disposto in una certa forma: non siamo in grado di separa re e di distinguere il colore dalla forma. Ma, osseivando, in seguito, un globo di marmo nero e un cubo di marmo bianco; ebbene, nel paragonarli con l'oggetto precedente, troviamo due rassomiglian ze separate in ciò che prima sembrava, e realmente è, perfettamen te inseparabile. Dopo essersi esercitati un poco in quest'esperien za, inizieremo a distinguere la figura dal colore in virtù della di stinzione di ragione»D 10 Cfr. Dal Pra, Hume, cit. 11 Cfr. Trattato sulla natura umana, Libro I, parte IV, p. 491. 12 Ibid., Libro I, parte I, p. 71 n lvi.