IL TEMA • TEORIA CRITICA I castelli di Yale online VI, 2018, 1 pp. 63-77 ISSN: 2282-5460 MARCO BRIGHENTI THEODOR WIESENGRUND ADORNO: SPUNTI PER UNA FILOSOFIA DEL TEMPO MUSICALE Abstract. Adorno was not only a very important philosopher and sociologist, but he is universally recognized as the most influential musicologist of the 20th century. As a composer he was a pupil of Alban Berg in Vienna. Adorno has often analyzed the concept of time in music, which is one of the main topics of his writings. Its importance lies in the role it plays for the ful understanding of composers such as Beethoven, Wagner, Debussy or Stravinsky. In this article, I will focus on the concept of "Einstand" or “suspension” of time, comparing the analysis of Beethoven's and Debussy's music. Adorno's dialectical conception of time will be commented and examined. Keywords. Theodor Wiesengrund Adorno, Philosophy of Time, Philosophy of Music, Ludwig van Beethoven, Claude Debussy. I. Introduzione. La musica è arte temporale par excellence. Come è stato riconosciuto da una piccola ma qualificata schiera di studiosi provenienti da diver- se tradizioni filosofiche, da Pierre Suvcinskij a Gisèle Brelet, da Vla- dimir Jankélévitch a Theodor Wiesengrund Adorno e Giovanni Piana, lʼopera musicale, dispiegandosi nel tempo, lo plasma e ne rivela lʼessenza recondita, aprendo recessi inediti per la coscienza che I castelli di Yale sʼimmerga nel flusso dei suoni1. Ecco perché diviene lecito doman- darsi se la musica non sia il luogo privilegiato dellʼesperienza umana del tempo, lʼepifania stessa di una natura temporale ben più varia e polimorfa di quella che ordinariamente assumiamo. Esistono, inoltre, un modo “autentico” e “inautentico” di vivere il tempo? E, se sì, qua- le il ruolo dellʼopera musicale2? Può, del resto, la musica modificare lʼesperienza soggettiva del tempo? E secondo quali forme? A questa tematica ha dedicato molto spazio, fra gli altri, Theodor Wiesengrund Adorno in alcune delle sue più acute analisi filosofiche della musica. A differenza di alcuni degli autori sopracitati (Suvcin- skij, Brelet, Jankélévitch), i quali sviluppano una personale filosofia della musica proprio a partire da una ridefinizione del concetto di tempo, il tema rimane apparentemente periferico nelle riflessioni adorniane sulla musica e, di conseguenza, nel dibattito critico attor- no allʼopera del pensatore. Ciononostante meditazioni sulla tempo- ralità sono rintracciabili in tutta lʼopera musicologica di Adorno e svolgono un ruolo fondamentale nellʼanalisi dei principali composi- tori trattati, tanto che mi sembra opportuno e urgente dedicare a tale tema una più ampia riflessione, alla quale questo piccolo scritto vorrebbe in parte contribuire3. Il presente testo affronterà la tematica del tempo musicale in Adorno attraverso le figure centrali di Ludwig van Beethoven e di Claude Debussy, che analizzeremo in due capitoli separati, e che rap- 1 Per una ricognizione e una trattazione composita del rapporto tra musica e tempo, anche in riferimento a filosofi come Heidegger o Adorno, cfr. Richard Klein, Eckehard Kiem, Wolfram Ette (a c. di), Musik in der Zeit, Zeit in der Musik, Weilerswist-Metternich, Velbruck Wissenschaft, 2000; alcuni testi fondamentali che trattano il problema specifico della temporalità in musica sono: I. STRAVINSKY, Poetica della musica, trad. it. di M. Guerra, Pordenone, Studio Tesi, 1987, pp. 20-24; V. MATHIEU, La voce, la musica, il demoniaco, Milano, Spirali, 1983, pp. 123-129; G. PIANA, Filosofia della musica, Milano, Guerini e Associati, 1991, pp. 153-206, P. SUVCINSKIJ, La notion du temps et la musique, «La Revue Musicale», maggio-giugno 1939, pp. 71-80; G. BRELET, Le temps musical, Paris, PUF, 1949. 2 Lʼoccorrenza della coppia di termini “autentico”-“inautentico” è priva di alcun riferimento alla filosofia del tempo heideggeriana, è piuttosto solo un primo abbozzo di contrapposizioni che prenderanno forma e nome più precisi. 3 Una ricognizione del ruolo del tempo nellʼopera musicologica di Adorno si trova in A. SERRAVEZZA, Musica, filosofia e società in Th.W. Adorno, Bari, Dedalo, 1976, pp. 158-172. 64 Marco Brighenti Theodore Wiesengrund Adorno presentano in un certo senso per il filosofo tedesco i poli estremi di opposte esperienze del tempo musicale. II. Beethoven e il tempo dialettico. Questʼuomo singolare ha rifiutato per tutta la vita di decidersi tra la professione della filosofia e quella della musica. Troppo era sicuro di mirare allo stesso scopo nei due diversi campi4. La capacità di scrutare caratteri e fisionomie umane aveva fatto cogliere a Thomas Mann la caratura intellettuale del giovane com- patriota incontrato a casa Horkheimer in California: non in terreni diversi, ma come un unico ceppo, Adorno coltivava le due passioni di una vita5. Figlio di una cantante lirica, egli si dedicò presto allo studio del pianoforte; allievo a Francoforte di Bernhard Sekles (maestro di Paul Hindemith) e a Vienna di Eduard Steuermann (pri- mo esecutore al pianoforte del Pierrot Lunaire di Schönberg), Ador- no studiò composizione anche con Alban Berg, che riconobbe sem- pre come proprio maestro indiscusso e a cui lo legarono unʼam- mirazione e un affetto particolari. Lʼattività musicologica di Adorno iniziò nel 1928 allorché divenne direttore della rivista musicale viennese di tendenza avanguardista Anbruch6, solo il primo passo di una copiosa attività critica che, proseguendo da Vienna a Francofor- te, dalla California al ritorno in Europa, offrì alcuni dei saggi più in- fluenti della musicologia filosofica del ʼ900. Come ho scritto, comincerò questa breve trattazione dalle rifles- 4 T. MANN, Romanzo di un romanzo, la genesi del “Doktor Faust” e altre pagine autobiografiche, trad. it. di E. Pocar, Milano, Mondadori, 1952, p. 93. 5 Dopo lʼincontro, avvenuto verosimilmente tra il 1942 e il 1943, e la lettura da parte di Mann della prima parte manoscritta della Philosophie der neuen Musik, lo scrittore tedesco decide di invitare Adorno a collaborare attivamente alla struttura “ideologica” del romanzo Doktor Faust. 6 Sugli anni giovanili della formazione musicale cfr. C. PETTAZZI, Th.W. Adorno. Linee di origine e di sviluppo del pensiero (1903-1949), Firenze, La Nuova Italia, 1979, pp. 1-13. Sugli anni di studio con Alban Berg cfr. G. DANESE, Theodor Wiesengrund Adorno il compositore dialettico, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2008, pp. 43-70. 65 I castelli di Yale sioni attorno al tempo musicale in Beethoven. Il Maestro di Bonn rappresenta il più vasto e amato capitolo delle fatiche di Adorno, lʼautore di una vita, cui viene concessa unʼammirazione sconfinata e totale: «in Beethoven ho imparato, tutte le volte che qualcosa mi sembra sbagliato, insensato, debole, a dare tutto il vantaggio a lui e a cercare in me la colpa»7. La figura di Beethoven sembra così occu- pare una posizione decisamente sovrastante gli altri musicisti amati da Adorno, persino lo stesso maestro Alban Berg. Adorno non portò mai a compimento lʼopera dedicata al musicista di Bonn, quella che doveva coincidere, giusto il titolo, con la stessa nozione di filosofia della musica: la monografia, progettata almeno dal ʼ37, rimase allo stato embrionale di frammenti sparsi. Che Beethoven sia il punto prospettico da cui sorge la stessa filosofia della musica adorniana, fatta salva la vastità degli interessi e dei riferimenti musicali del filo- sofo, è una tesi che si è rafforzata negli ultimi anni8: se nellʼepoca della sperimentazione di Darmstadt Adorno fu arruolato nelle trup- pe dellʼavanguardia quale ideologo della Neue Musik, oggi il pensa- tore appare sempre di più anche quale interprete profondo e genia- le del classicismo viennese9. In particolare mi soffermerò sullʼinterpretazione che Adorno dà della forma-sonata del cosiddetto periodo mediano di Beethoven, che in numerosi saggi funge da cartina al tornasole per afferrare le evoluzioni delle strutture musicali. Le riflessioni del filosofo si con- centrano in particolare proprio sullʼaspetto della temporalità10: Adorno afferma infatti che nel Beethoven del periodo classico (il cui 7 ADORNO, Beethoven. Filosofia della musica, Torino, Einaudi, 2001, p. 128. 8 In un importante studio, infatti, Sara Zurletti detronizza Schönberg dal ruolo di alter ego musicale di Adorno: lʼestetica adorniana «non poteva avere come punto di riferimento un compositore (Schönberg ) o una scuola (la seconda scuola di Vienna) ecc. […] Beethoven è per Adorno il “centro della musica”» (ID, Il concetto di materiale musicale in Th.W. Adorno, Bologna, Il Mulino, 2006, p. 81). 9 «Quando abbiamo cominciato alla fine degli anni Novanta a sostenere […] la centralità del classicismo e di Beethoven nellʼestetica adorniana, la reazione del mondo accademico e musicale è stata di un rifiuto quasi rabbioso. […] è parso a molti un attacco frontale allʼultima cittadella della musica ʼcontem- poraneaʼ il fatto di sottrarre Adorno alla funzione […] di ideologo della seconda scuola di Vienna e delle sue propaggini» (ivi, p. XI). 10 Cfr. ADORNO, Mahler, Torino, Einaudi, 2014, pp. 16, 59, 74-77, 86, 111, 147; ID., Wagner, a c. di M. Bortolotto, Torino, Einaudi, 2008, pp. 36, 47 s. 66 Marco Brighenti Theodore Wiesengrund Adorno paradigma è la sinfonia Eroica)11 si verifica una contrazione del tem- po in forza della quale la musica ingaggia una vera e propria lotta col decorso del tempo, lo afferra e lo contrae, piuttosto che lasciarlo fluire12. È quello che viene chiamato dal filosofo il tempo intensivo13 o integrale14 e che costituisce la «tipologia autenticamente classica» del rapporto tra musica e tempo15. Ciò che è proprio della musica beethoveniana è la sua natura dinamica16, un procedere sinfonico nel quale i momenti non sono tra loro sciolti, ma in un perenne con- trasto dialettico. Emblema del tempo intensivo di Beethoven è la cadenza perfetta, un rapporto armonico segnato dal movimento di tensione e risoluzione, dallʼalternanza di sistole e diastole, mentre nellʼuso sfrontato della cadenza evitata, nella quale la tensione non viene risolta ma posticipata17, Adorno individuerà uno dei tratti principali del tempo epico estensivo (in contrasto con quello dina- mico intensivo). Nel tempo intensivo si arriva a una contrazione e sospensione (Einstand18) del tempo, da cui lʼaffermazione adorniana per cui «il sinfonismo […] ha il suo decorso temporale, ma dura, in base allʼidea soltanto un attimo» e «diverse centinaia di battute sembrano una sola»19. Come si crea questo supposto «incanto» e soprattutto, come conciliare la sospensione del tempo beethoveniano con la dinami- cità dello stesso? In verità queste affermazioni, reiterate nellʼopera adorniana, possono e sono esplicitamente conciliate in unʼinter- pretazione dialettica del tempo beethoveniano, sicché è proprio la dinamica, il continuo movimento cadenzante, a generare lʼesperien- za estetica della sospensione temporale. 11 «La posizione di eccellenza del primo tempo dellʼEroica. È davvero il pezzo di Beethoven» (ADORNO, Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 99). 12 Ivi, p. 132. 13 Ibidem. 14 Ivi, p. 129. 15 Ivi, p. 132. 16 ADORNO, Filosofia della musica moderna, Torino, Einaudi, 2002, p. 192; ID., Il fido maestro sostituto, trad. it. di G. Manzoni, Torino, Einaudi, 1969, p. 36. 17 ID., Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 133. 18 ID., Il fido maestro sostituto, cit., p. 37. 19 ID., Gesammelte Schriften, a c. di R. Tiedemann con la collaborazione di G. Adorno, S. Buck-Morss, K. Schulz, Frankfurt am Main, 1984, vol. 18, p. 51, cit. in ID., Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 132 s. 67 I castelli di Yale La forma beethoveniana è un tutto integrale, in cui ogni singolo ele- mento si determina in base alla sua funzione nel tutto solo nella misura in cui questi singoli elementi sono in contraddizione tra loro e si supe- rano nel tutto. Solo il tutto dimostra la loro identità20. È rimasta giustamente celebre lʼaffermazione adorniana secondo cui «la musica di Beethoven è la filosofia hegeliana»21, giustificata dalla considerazione che il rapporto tra il tutto e le parti nella forma del genio di Bonn sia esplicabile secondo il principio della negazione determinata, per cui la «povertà» del materiale musicale (sappiamo che Beethoven spesso costruisce grandiosi pannelli sinfonici a par- tire da elementi elementari quali arpeggi o incisi) rende possibile lʼAufheben dellʼindividuale nellʼuniversalità del tutto. La musica di Beethoven sarebbe la più compiuta realizzazione dellʼaffermazione hegeliana che il puro essere è il puro nulla22, e questo è ben visibile, secondo Adorno, nei momenti iniziali dei suoi brani. Il musicologo Paul Bekker (1882-1937), celebre per le sue ricerche su Beethoven e Mahler, aveva affermato che in Beethoven «il primo tema stesso nella sua prima apparizione dà in fermi tratti la determinazione del contenuto di tutto il pezzo, quanto segue è soltanto argomentazio- ne»23. Molte sono le chiose adorniane che contengono riferimenti espliciti a Paul Bekker, e del resto entrambi i pensatori si mettono sulla linea di un topos della cultura tedesca, secondo la quale la spe- cificità della musica germanica consisterebbe proprio nella orga- nicità delle forme, per cui, come scriverà Wilhelm Furtwängler, nel- lʼascolto bisogna «vivere appieno lʼintera opera nella sua struttura, in quanto organismo vivente»24. La nozione di organicità viene decli- nata da Adorno in senso prettamente dialettico: «È certo che una grande proporzione lega lʼorganicità e il rigore della grande forma in modo che in essa nessun singolo elemento si renda autonomo per se stesso, indipendentemente dal tutto»25. Nellʼattimo iniziale di 20 ID., Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 23. 21 Ibidem. 22 G.F.W. HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche, a c. di V. Cicero, Milano, Bompiani, 2000, p. 235. 23 P. BEKKER, Beethoven, Berlin, Schuster & Löffler, 1912, p. 273, cit. in ADORNO, Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 25. 24 W. FURTWÄNGLER, Suono e parola, trad. it. di P.O. Bertini, Torino, Fògola, 1977, p. 8. 25 ADORNO, Alban Berg. Il maestro del minimo passaggio, a c. di P. Petazzi, 68 Marco Brighenti Theodore Wiesengrund Adorno una sinfonia è dunque già contenuto lʼintero movimento e tuttavia, o esattamente per questo, questʼattimo si toglie, rimandando, pro- prio in ragione della sua “povertà”, ad una successiva elaborazione formale: «la negazione del particolare in Beethoven, la sua nullità, ha la sua causa oggettiva: è nullo in sé»26. Il particolare può richia- mare dialetticamente la totalità solo se nega se stesso, o, detto al- trimenti, proprio perché lʼintero movimento di sinfonia deve essere contenuto in quellʼinizio, esso deve negarsi come un tutto imme- diato. Il movimento dinamico è ben lungi quindi dal presentarsi co- me un «divagare», non lacera la forma, bensì ne caratterizza lʼunità centripeta: non esiste un perdersi nel tempo, ma un ritrovarsi. Que- sta è la forza della musica beethoveniana, la capacità di riallacciare i lembi del tempo, in una esperienza temporale che non conosce scarti, soste, divagazioni, ma solo unʼincessante dinamica. Il divenire evita di risolversi in una falsa imago dellʼessere solo se gli attimi temporali non sono atomizzati e cechi lʼuno verso lʼaltro, ma se uni- tà e molteplicità reciprocamente si mediano. È evidente a questo punto che Adorno deve ben riconoscere nel- la musica beethoveniana un primato della totalità sul particolare, per cui «la supremazia del totale risulta dal fatto che […] il tema principale discende con la forza anticipata del tutto»27. Ci rendiamo conto di trovarci di fronte al problema dellʼunità del tutto che sta alla base della stessa logica hegeliana: il particolare non può affer- marsi come puro essere proprio perché è negazione della totalità cui appartiene. Nello stesso tempo questa totalità non può limitarsi ad affermare unʼindistinta e indifferenziata identità con se stessa, perché se non si negasse nel particolare rimarrebbe puro e indicibile nulla: «per questa indeterminatezza pura lʼEssere è Nulla, è un inef- fabile; qui la sua Differenza dal Nulla è una mera opinione»28. Pre- messo che Adorno era ben consapevole della sordità di Hegel alla musica, incapace di cogliere la grandezza del contemporaneo Bee- thoven, il legame tra il filosofo di Stuttgart e il compositore di Bonn è confessato dallo stesso musicologo: «la riuscita di Beethoven con- siste nel fatto che in lui […] il tutto non è mai esterno al particolare, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 12. 26 ID., Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 36. 27 Ivi, p. 31. 28 HEGEL, Enciclopedia delle scienze filosofiche, cit., p. 235. 69 I castelli di Yale ma deriva dal suo movimento, o meglio è questo stesso movimento […] come in Hegel il tutto come puro divenire è esso stesso la me- diazione concreta»29. Lʼesempio della cadenza, su cui ci siamo già soffermati (sottoli- neando come i due accordi che la compongono siano uno contenuto nellʼaltro eppure mai presenti simultaneamente) è efficacemente es- plicativo. La cadenza non è un tutto indifferenziato, consiste di un passaggio distinto da un accordo ad uno ad esso differente, nello stesso tempo però ciascun accordo acquista il suo senso armonico so- lo in relazione allʼaltro. Dalla cadenza questo processo dialettico si es- pande a tutta la forma sonata, e così solo con lʼultima nota di un mo- vimento noi abbiamo veramente sentito la prima30. Del resto lʼargo- mentazione adorniana era già stata formulata, estremizzata, nei testi di un ben noto musicologo, Alfred Lorenz, che addirittura sosteneva la possibilità di concepire lʼintero Tristano di Wagner come «una ca- denza frigia composta pienamente in dimensioni gigantesche»31. Le opere di Beethoven, che Adorno chiama «concentrati sinfonici che virtualmente sospendono il tempo» richiedono un ascolto con- centrato, capace di gustare i momenti particolari riconnettendoli nel tutto, per cui «compito di un retto ascolto […] è di collegare, di ri- cordare, di attualizzare un dato non attuabile»32: la memoria del- lʼascoltatore deve così lottare contro il tempo perché persista in es- sa lʼidea tematica e lʼanticipazione del suo sviluppo33. Ne Lʼapprez- zamento della musica34 Adorno costruisce la propria teoria dellʼas- colto sul modello esplicito del classicismo viennese, poiché gli fa in questo saggio riferimento ai concetti di temporalità dinamica e di sospensione del tempo, ossia alle categorie con cui aveva letto lʼopera beethoveniana. Riprende così vigore, nellʼargomentazione di Adorno, la distinzione di Eduard Hanslick tra ricezione «estetica» e «patologica» della musica, e il comune disgusto per quegli entusiasti che «sprofondati in un dormiveglia in poltrona […] si lasciano tra- 29 ADORNO, Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 39. 30 ID., Il fido maestro sostituto, cit., p. 251. 31 A. LORENZ, Das Geheimnis der Form bei Richard Wagner, Berlin, Hesse, 1926, vol. II, p. 179 ss., cit. in ADORNO, Beethoven. Filosofia della musica, cit., p. 187. 32 ADORNO, Il fido maestro sostituto, cit., p. 54. 33 ID., Mahler, cit., p. 77. 34 ID., Il fido maestro sostituto, cit., pp. 7-38. 70 Marco Brighenti Theodore Wiesengrund Adorno sportare e cullare dalle vibrazioni dei suoni invece di esaminarle con sguardo acuto»35. Come nota Antonio Serravezza «fruendo la musi- ca sul piano della pura partecipazione psicologica, il soggetto pone in essere un ascolto indipendente da ogni mediazione conoscitiva e […] lʼunità della composizione viene spezzata in una serie di mo- menti»36. Polemizzando vivamente con un ascolto «impressio- nistico» e discontinuo, fatto di improvvisi luccichii intuitivi e più am- pi momenti di vuota stasi, Adorno si fa propugnatore di un ascolto definibile come strutturale. Leggiamo alcuni stralci: La percezione della immediata concretezza sensibile è funzione della percezione strutturale, dellʼapprofondimento del tutto, e questo è più che semplice intuizione [...] Il rapporto di queste intransigenti categorie è dinamico, è un rapporto di tensione e risoluzione. […] La percezione determina, in quanto forza di tensione e dʼattrazione del singolo mo- mento, ciò che non è presente, mentre questo, in quanto adempimento, suggella o annulla quello che si era percepito prima. Il tutto diviene […] Dal momento che la musica decorre nel tempo […] anche la struttura non esiste per lʼascoltatore a priori, ma è solo il risultato, e il significato dellʼopera è qualcosa che viene mediato […] Quella totalità delle rela- zioni potrebbe però infine liberare dal tempo lʼopera in cui le tensioni temporali si compensano, e insomma unʼarte squisitamente temporale potrebbe abolire il tempo […] La sospensione [Einstand] del tempo […] è lʼideale della musica37. Queste considerazioni hanno dunque unʼimportanza capitale, poiché, oltre a porsi quale guida ideale per lʼascoltatore, possono essere considerate come una sintesi della stessa filosofia della musi- ca adorniana. Va chiarito ora di quale natura sia la sospensione del tempo cui la dinamica della musica conduce: non è certo effetto di un incanto magico e ipnotico che i suoni provocherebbero su di un ascoltatore propenso a leggervi le tracce di una posticcia e ingannevole eterni- tà, bensì la realizzazione della totalità dialettica nella coscienza. Per 35 E. HANSLICK, Il Bello musicale, a c. di L. Distaso, Palermo, Aesthetica, 2001, p. 91 s. 36 A. SERRAVEZZA, Musica, filosofia e società in Th. Adorno, cit., p. 131 (corsivo mio). 37 ADORNO, Il fido maestro sostituto, cit., pp. 35-37. 71 I castelli di Yale Adorno il Kairós38 non può essere inteso come «lampi e scintille»39 (evidente riproposizione del celebre «colpo di pistola» della Vorrede hegeliana) che lusingano per un istante un ascolto regressivo e privo di struttura, perché è al contrario la capacità di concentrare in un attimo, di richiamare alla mente lʼintera forma musicale. Dobbiamo allora sottolineare che in Adorno il Kairós si pone come anticipa- zione puntuale di sviluppi successivi e, insieme, come istantanea anamnesi di un già svolto: lʼascolto strutturale concentra in una puntualità il “già detto” della forma e il “non ancora” delle sue evo- luzioni. In Adorno il senso è la totalità: nellʼascolto responsabile si assiste alla costruzione e allo sviluppo in fieri di quello stesso signifi- cato, che si rivelerebbe punto dʼarrivo e culmine del brano. In Ador- no la funzione della memoria è quella di rendere possibile la stessa costituzione di un senso musicale: attraverso di essa lʼascoltatore rende come attuali i momenti che hanno costituito lo svolgimento di unʼopera dʼarte musicale e, concentrandoli in quellʼattimo che costituisce la durata di un tempo sinfonico, ne svela il senso. Strutturalmente parlando, la prima battuta di un tempo di sinfonia si percepisce solo […] quando si è sentita anche lʼultima battuta40. È proprio la memoria che, attraverso il suo connettersi col passa- to, instaura il momento atemporale della musica, il culmine in cui viene reso attuale lʼintero brano musicale: il kairós di Adorno è dun- que kairós della memoria. III. Adorno e Debussy. A differenza di Beethoven, il musicista francese fu oggetto da parte del filosofo tedesco solo di alcune riflessioni rapsodiche e sparse41, ancorché non meno dense. Per Adorno Debussy rappre- senta la crisi del tempo “dinamico” e “concentrato” beethoveniano, crisi che secondo il filosofo ha origine in grembo allʼevoluzione della 38 ADORNO, Il fido maestro sostituto, cit., p. 263. 39 Ivi, p. 262. 40 ADORNO, Il fido maestro sostituto, cit., p. 251. 41 La più ampia si trova in ID., Filosofia della musica moderna, cit., pp. 176- 192. 72
Description: