ebook img

The italian School of Spirituality PDF

56 Pages·2017·0.62 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview The italian School of Spirituality

ROSMINI STUDIES 4 (2017) 335-390 F D G ULVIO E IORGI THE ITALIAN SCHOOL OF SPIRITUALITY, ROSMINIANISM, AND THE CATHOLIC REFORM LA SCUOLA ITALIANA DI SPIRITUALITÀ, IL ROSMINIANESIMO E LA RIFORMA CATTOLICA After an introduction on the "Catholic Reform" as a historiographical category, this article proposes an original interpretation of this path of religious culture as a stream of spiritu- ality. Starting from the Middle Ages, it emerges significantly with the Christian Humanism and the Catholic Reform of the early modern period; then in the XIXth century it finds an organic, mature, and unitary (even if minor) expression with Rosmini and Manzoni, thus giving birth to a spiritual and ecclesial reforming movement that flows into the Second Vatican Council. The “Catholic Reform” is not only an essential historical premise of the Council, but also one of its spiritual roots, no less important than the liturgical movement, the ecumenical movement, the movement of return to the biblical and patristic sources, and the nouvelle théologie. I. LA ‘RIFORMA CATTOLICA’ COME CATEGORIA STORIOGRAFICA E LA ‘SCUOLA ITA- LIANA DI SPIRITUALITÀ’ Il termine e il concetto di “riforma cattolica”1 sono stati elaborati tra Otto e Novecento a un dipresso del convergere di storiografia e vita ecclesiale. Nel 1880 lo storico protestante Karl Peter Wilhelm Maurenbrecher (Bonn 1838-Lipsia 1892) pubblicava la sua opera, rimasta peraltro non completata, Geschichte der Katholischen Re- formation (Storia della Riforma cattolica). Allievo di Ranke e di Sybel, egli riprendeva l’interpretazione rankiana di una comune origine, tanto in campo protestante quanto in campo 1 Per un primo orientamento cfr. P.G. CAMAIANI, Interpretazioni della Riforma Cattolica e della Controriforma, in AA. VV., Grande Antologia Filosofica, vol. VI, Marzorati, Milano 1964, pp. 329-492. ISSN 2385-216X 336 FULVIO DE GIORGI cattolico, dei processi di Riforma. Proponeva così il concetto di “Riforma cattolica”, destinato ad una lunga e significativa fortuna storiografica, che sarebbe giunta, in pieno Novecento, fino a Jedin e, in Italia, a Paolo Prodi e a Massimo Marcocchi. Piuttosto che utilizzare le categorie di Controriforma o di Restaurazione cattolica, che implicavano una reazione oppositiva del catto- licesimo alla Riforma luterana e perciò, storicamente, una dipendenza difensiva da essa, egli voleva sottolineare la presenza di un autonomo e positivo processo riformatore, avviatosi in campo cattolico già prima e comunque insieme e parallelamente alla Riforma di Lutero: Erasmo da Rotterdam ne poteva rappresentare l’esponente più illustre. Nel 1903, poi, un altro storico tedesco, Wilhelm Braun, pubblicava uno studio sul cardinale Gasparo Contarini, utilizzando la categoria affine di Reformkatholizismus. In realtà il Reformkatholizismus, già propugnato, tra Otto e Novecento, dal teologo e bibli- sta Hermann Schell e dallo storico Franz Xaver Kraus, era inteso come una risposta aperta e audace alle sfide del nichilismo nietzschiano. Schell e Kraus ammiravano l’americanismo ed ebbero rapporti con esponenti europei del cattolicesimo liberale e di quello che sarebbe poi sta- to definito (e condannato) come “modernismo”.2 In particolare, il Kraus (Treviri 1840-San Remo 1901), prete cattolico, studioso di archeologia e di letteratura cristiana antica, storico dell’arte e della Chiesa, docente a Friburgo, era un caldo ammiratore di Dante, di Rosmini e di Cavour, cri- tico dell’ultramontanismo e dell’intransigentismo come pure del ‘cattolicesimo politico’ (tanto da simpatizzare per Bismarck) e della forma assolutistica del potere papale, fautore di un catto- licesimo liberale e modernamente riformatore. Ma è da ricordare anche il discorso Wahre und false Reform (Vera e falsa riforma), tenuto il 1 dicembre 1902, dal vescovo Paul Wilhelm Keppler al Capitolo della Cattedrale di Rottenburg, in cui affermava l’ideale di una riforma della Chiesa dall’interno, come riforma eminentemente spirituale e religiosa. Acutamente, nel 1903, dopo la morte di Kraus, lo storico neokantiano italiano Felice Toc- co, recensendo la ricordata opera di Braun sul Contarini, scriveva: La storia della Riforma cattolica, che pur conta i più bei nomi della letteratura europea da Dante e dal Gerson, al Savonarola, al Sarpi, al Lamennais, al Gioberti e al Rosmini non è stata ancora scritta. Il rimpianto Kraus aveva in mente di narrarla e sarebbe riuscita, metto pegno, un’opera monumentale, ma pur troppo non ebbe neanche il tempo di cominciarla. […] Il cardinale Contarini era anche egli un umanista, anche egli appassionato cultore della bella latinità, ma non per questo credeva, al pari degli eleganti scrittori della Curia, di poter vincere col di- sprezzo e col riso le nuove dottrine [protestanti], che andavano raccogliendo un numero sempre cre- scente di consensi. E l’opera sua era tutta intesa a trovare quella via di mezzo, che dovesse conciliare le vedute nuove con le tradizioni antiche. […] Trattavasi dunque di togliere e risecare da una parte e dall’altra per riuscire ad una dottrina, che riconciliasse gli animi, avviandoli nella via di una riforma consentita da tutti. Era un disegno magnifico, a cui il cardinale consacrò tutte le forze della mente acuta 2 Cfr. O. WEISS, Der Modernismus in Deutschland. Ein Beitrag zur Theologiegeschichte, Pustet, Regensburg 1995, pp. 183ss.; Ch. WEBER, Liberaler Katholizismus. Biographische und Kirchenhistor- ische Essays von Franz Xaver Kraus, Niemeyer, Tübingen 1983. ISSN 2385-216X THE ITALIAN SCHOOL OF SPIRITUALITY 337 e del gagliardo animo, e che non vide cadere senza u n pungente rammarico per tutta la vita.3 Dopo avere, dunque, inserito la Riforma cattolica della prima età moderna in un processo storico di lunga durata, che partiva dal medioevo e giungeva a Rosmini, articolando così un più complesso e profondo quadro di intelligenza storiografica, Tocco poneva una questione di grande momento e che guardava al futuro, allo sviluppo di quel XX secolo che si era appena aperto: Ma se è fallito il disegno del Contarini di comporre i dissidi religiosi, s’ha da dire per questo […] che il concetto stesso di una riforma non fuori, ma dentro il Cattolicismo, sia errato? Se non si può nega- re che nel seno stesso del Cattolicismo furono sempre trovate le due correnti opposte d’intransigenti e di novatori, non si può neanche revocare in dubbio che dal Concilio tridentino in poi la parte intransi- gente abbia avuto tal sopravvento, da esser riuscita per più di due secoli a soffocare qualunque soffio di vita, specie nella Spagna e in Italia. Ma sarà sempre così? Non troverà la Chiesa cattolica in sé medesima la forza di rinnovarsi adattandosi alle nuove condizioni della cultura? […] Nei tempi recenti la politica di conciliazione e di rinnovamento cattolico non salì sul trono stesso dei Pontefici nel nome di Benedetto XIV? Non dobbiamo dunque far pronostici da pessimisti e dichiarare per sempre impossibile quello che a noi oggi sembra tale. […] Quel che preme è che la parte più moderata e più intelligente del clero cresca e soverchi sulla parte opposta. Se i Manzoni, gli Sclopis, i Rosmini […] crescessero a dismisura, siate pur certi che di quella temperanza, di quell’adattabilità di cui dette prova tante volte la Chiesa, non sarebbe molto lontano il trionfo.4 Oggi, dunque, che possiamo avere uno sguardo storico più ampio comprendente l’intero Novecento e, in esso, il Concilio Vaticano II, possiamo articolare un diverso giudizio storiografi- co di tali processi storici, pur mantenendo la categoria della Riforma cattolica. Possiamo allora parlare di una corrente di spiritualità, a sua volta internamente articolata in distinti percorsi più particolari, che partendo dal Medioevo trova un momento di significativa emersione con l’Umanesimo cristiano e con la Riforma cattolica della prima età moderna, per trovare una or- ganica e matura configurazione unitaria, sia pure minoritaria, nel XIX secolo e per costituire poi una linea spirituale ed ecclesiale riformatrice, confluita nel Concilio Vaticano II, venendone a costituire una sua necessaria premessa storica, anzi una sua radice spirituale, non meno im- portante del movimento liturgico, del movimento ecumenico, del movimento di ritorno alle fonti e della nouvelle théologie. Per essere più precisi si tratta di una corrente di spiritualità eminentemente e prevalen- temente italiana, che giunge, appunto, a organarsi a metà Ottocento come una unitaria ‘scuola italiana di spiritualità’. Tale corrente di spiritualità è animata da un intento di purificazione evangelica e di purezza morale della Chiesa e coltiva pertanto ideali di riforma dei mali o delle 3 F. TOCCO, Riforma cattolica ai nostri giorni e il Cardinale Contarini, in «Giornale d’Italia», 26 dicembre 1903, poi in F. DE GIORGI (ed.), Savonarola profeta e ribelle, Marietti, Genova 1998, pp. 141- 143. 4 Ivi, pp. 143-146. ISSN 2385-216X 338 FULVIO DE GIORGI piaghe della Chiesa: riforma peraltro che non riguarda i dogmi, ma se mai la loro più piena comprensione, e che deve essere realizzata sotto la guida materna del magistero gerarchico e, in particolare, dal papa. Insomma riforma interna e dall’interno. È una tradizione che ritrova i suoi precedenti nella riforma gregoriana e soprattutto in Pier Damiani, forse anche in Gioac- chino da Fiore, ma in modo più alto e completo in Francesco d’Assisi e nel francescanesimo, dunque anche in Jacopone da Todi, come pure in Dante Alighieri e, più tardi, in Caterina da Sie- na e nella corrente domenicana che giunge a Savonarola. Prosegue negli esponenti della ‘Ri- forma cattolica’propriamente detta, del XV e del XVI secolo: in particolare nei camaldolesi Qui- rini e Giustiniani e nel loro Libellus ad Leonem e nel card. Contarini, ma anche in Matteo da Ba- scio e nei Cappuccini, in Carlo Borromeo e, soprattutto, in Filippo Neri e nella tradizione filip- pina. Continua ancora con i protagonisti della cosiddetta “ripresa tridentina”, come il filippino Mariano Sozzini e il cappuccino Bonaventura da Recanati, con i cardinali ‘liturgisti’ Bona e To- masi, fino a giungere, nel XVIII secolo, a Muratori, a Benedetto XIV, agli Augustinenses ortodossi (Noris, Bellelli, Berti). Si può accostare a questa tradizione anche l’esigenza spirituale intima che animava lo ‘zelantismo’ romano o almeno una parte di esso più incline alla riforma spiri- tuale (per esempio nel periodo della “ripresa tridentina” o anche tra Settecento e primo Otto- cento: penso al Piano di Riforma umiliato a Pio VII di Giuseppe Antonio Sala, poi cardinale). Questa corrente dunque, al suo interno articolata in modo plurale in una costellazione di riferimenti, trova infine nell’Ottocento5 una configurazione unitaria di sintesi, così che si può storicamente parlare, anche per l’Italia, di una ‘scuola di spiritualità’: una scuola italiana di spi- ritualità. I due nomi principali sono quelli del laico Alessandro Manzoni e del prete Antonio Ro- smini, ai quali vanno peraltro accostati i laici Massimo D’Azeglio, Silvio Pellico, Niccolò Tom- maseo e Gino Capponi e gli abati Vincenzo Gioberti, Raffaello Lambruschini e Ferrante Aporti. Lambruschini, per esempio, scriveva a Tito Chiesi il 28 luglio 1853: «Io ho sempre conosciuto, come conosco tuttavia, le grandi riforme di che la Chiesa ha bisogno; e sono d’accordo in ciò col Rosmini e con tutti i più dotti e pii del nostro clero».6 Rosmini, poi, conobbe o ebbe contatti o fu comunque apprezzato da molti fondatori di nuove Congregazioni religiose italiane:7 dalla Canossa a Bertoni, da Passi ai Cavanis, da Pavoni a Bosco, da Ludovico da Casoria a Biraghi ad altri ancora. Egli ebbe inoltre stretti rapporti con i Camaldolesi come pure con Cappuccini e Francescani e con Barnabiti, Scolopi, Teatini. Durante il Risorgimento gran parte del clero ‘nazionale’ (a Milano e, in generale, in Lombardia, in Pie- 5 Cfr. C. BELLÒ, La riforma della Chiesa nell’Ottocento italiano, in AA. VV., Chiesa e spiritualità nell’Ottocento italiano, Mazziana, Verona 1971, pp. 55-73. 6 In A. GAMBARO, Riforma religiosa nel carteggio inedito di Raffello Lambruschini 2. Carteggio re- ligioso e appendice, G.B. Paravia, Torino 1926, p. 240. Cfr. anche A. DI MAURO, Libertà e riforma reli- giosa in Raffaello Lambruschini, Franco Angeli, Milano 2004, pp. 104-108. 7 Cfr. G. PICENARDI, Antonio Rosmini: per una carità a tutto tondo tra i santi Fondatori, in L. AGOSTI (ed.), I Santi sociali della Lombardia e del Veneto nell’Ottocento e l’esperienza di Lodovico Pavoni, Ancora, Milano 2017, pp. 133-163. ISSN 2385-216X THE ITALIAN SCHOOL OF SPIRITUALITY 339 monte e in Veneto) fu filo-rosminiano.8 Il ‘cuore rosminiano’ o rosminiano-manzoniano («Duplice vertice sublime di unica fiam- ma», secondo la suggestiva epigrafe dettata nel 1905 da Fogazzaro per il bassorilievo di Manzo- ni e Rosmini) di questa scuola di spiritualità indica una centralità, rispetto alle posizioni più estreme: quella di Vincenzo Gioberti, che sottolineava l’importanza dell’opera «extra- gerarchica» nell’impegno riformistico,9 e quella, più in generale, del gruppo toscano, che giun- geva a sconfinare nel sansimonismo o, d’altra parte, nel neo-evangelismo dei riformati italiani, ma che pure non segnava mai un’aperta rottura con la Chiesa cattolica, pur in figure-limite come quella di uno Stanislao Bianciardi.10 La scuola italiana di spiritualità, dunque, nel suo nucleo forte rosminiano,11 ebbe riverberi abbastanza diffusi, anche se non maggioritari, dato il clima prevalente di intransigentismo e di gesuitismo, egemonici - pur con alterne vicende, che non possiamo qui analizzare - nell’ambito cattolico, dall’Ottocento fino al pontificato di Pio XII. Almeno alcune delle opere più significati- ve di questa corrente spirituale, quelle che più e meglio esprimevano gli ideali di riforma catto- lica, furono subito messe all’Indice: Dell’Italia di Tommaseo; Delle cinque piaghe della Santa Chiesa di Rosmini;12 il romanzo Il Santo di Antonio Fogazzaro;13 i tre volumetti di pietà Adveniat Regnum 8 Cfr. F. TRANIELLO, Cattolicesimo conciliatorista. Religione e cultura nella tradizione rosminiana lombardo-piemontese (1825-1870), Milano 1970. 9 Cfr. naturalmente V. GIOBERTI, I frammenti Della riforma cattolica e Della liberta cattolica, a cura di C. VASALE, Cedam, Padova 1977. 10 Cfr. S. BIANCIARDI, Vittoria Colonna, Bencini, Firenze 1856; ID., Antonio Rosmini o il filosofo cristiano, Bencini, Firenze 1857; ID., Il cardinale D'Andrea la riforma cattolica e l'Esaminatore se- condo il Frulla, Barbera, Firenze 1868. Su di lui cfr. [E. BIANCIARDI], Stanislao Bianciardi, senese (1811-1868), educatore e propugnatore della riforma cattolica: cenno biografico, Claudiana, Firenze 1912. 11 Sempre fondamentale è lo studio: F. TRANIELLO, La spiritualità rosminiana nella storia reli- giosa dell’Italia moderna, in AA. VV., Spiritualità e azione del laicato cattolico italiano, Antenore, Pa- dova1969, vol. I, pp. 105-139. 12 Cfr. P. MARANGON, Il Risorgimento della Chiesa. Genesi e ricezione delle «Cinque Piaghe» di A. Rosmini, Herder, Roma 2000 (in particolare il paragrafo Nel solco di una tradizione: pp. 197-209, in cui sono indicati gli espliciti riferimenti rosminiani alla tradizione di ‘riforma cattolica’); ID., Ri- forma protestante e riforma cattolica nelle Cinque piaghe di Antonio Rosmini, in P. PECORARI (ed.), Europa e America nella storia della civiltà: studi in onore di Aldo Stella, Antilia, Treviso 2003, pp. 374-389. Sulle condanne a Rosmini cfr. L. MALUSA (ed.), Antonio Rosmini e la Congregazione dell’Indice. Il decreto del 30 maggio 1849, la sua genesi ed i suoi echi, Sodalitas, Stresa 1999. 13 Cfr. S. COLLURA (ed.), Il Santo all’Indice, Frabeschi, Subiaco 2000. ISSN 2385-216X 340 FULVIO DE GIORGI tuum. Rituale del cristiano di Antonietta Giacomelli, pronipote di Rosmini;14 La vita di Antonio Fo- gazzaro di Tommaso Gallarati Scotti.15 Non solo: ma dopo il decreto Post Obitum, questa spiritua- lità divenne carsica, se non clandestina; testi e autori, pur letti, non vennero quasi mai citati, così che per lo storico diventa molto più difficile ricostruirne i percorsi, le permanenze, le trac- ce. In ogni caso, le opere fondamentali di questa scuola italiana di spiritualità sono, innanzi tutto, la già ricordata Delle cinque Piaghe della Santa Chiesa e tutte le altre opere ascetiche, apolo- getiche e teologiche di Antonio Rosmini, nonché i maggiori scritti di Alessandro Manzoni: so- prattutto I Promessi Sposi, ai quali si possono aggiungere gli Inni Sacri e, ancora, le Osservazioni sulla morale cattolica. L’importanza delle Cinque Piaghe è assolutamente unica e decisiva sul piano storico. Come ha notato Francesco Traniello: «Il postulato su cui si fondava tutta l’opera, e la differenziava dalle altre di analogo genere e argomento, consisteva nell’idea che la cura effetti- va delle piaghe non fosse praticabile mediante interventi riformatori su questo o quell’aspetto della vita e dell’organizzazione ecclesiastica, ma richiedesse una revisione molto più complessa e profonda del modo stesso di intendere la Chiesa, cominciando dal modo di collocarla nella storia umana».16 Dopo l’Unità d’Italia vi fu una consapevolezza – una coscienza riflessa, si potrebbe dire – di questa scuola italiana di spiritualità anche in intellettuali laici, più avvertiti culturalmente e più sensibili. Francesco De Sanctis, parlando della scuola cattolico-liberale, ne indicava il capo- scuola in Manzoni, al quale affiancava Pellico e Berchet, D’Azeglio e Balbo, Gioberti e Rosmini, Tommaseo e Cantù, Lambruschini ed Aporti. Egli inoltre, pur vedendo in questa scuola il tenta- tivo di conciliare il cattolicesimo con la civiltà moderna, ne indicava le radici spirituali nella tradizione che partiva dal Medioevo cristiano. Ma forse l’esempio più significativo viene da quel gruppo di intellettuali laici ma non anticlericali, come Pasquale Villari, come il già ricorda- to Felice Tocco, come Ernesto Masi, non a caso accusati ingiustamente di ‘piagnonismo’ da Gio- vanni Gentile. Basterebbe ricordare gli studi di storia religiosa di Tocco: la sua visione del fran- cescanesimo, del profetismo, della stessa ‘riforma cattolica’ intesa, come si è visto, in senso am- pio, da Dante a Savonarola a Contarini a Rosmini. Mi paiono emblematiche, in questo senso, le parole della commemorazione ufficiale di Savonarola, tenuta a Ferrara il 20 novembre 1898 da Ernesto Masi (al posto di Carducci che aveva rifiutato per spirito anticlericale): «Il Savonarola […] non fa che raccogliere una tradizione, la quale precede a lui di lunga mano, quella che la Chiesa cattolica si riformi da sé; una tradizione, la quale storicamente rappresenta forse l’unico movimento religioso veramente originale e schiettamente italiano, ed ebbe nel Savonarola, il 14 Sulla condanna di questa trilogia cfr. G. VERUCCI, L’eresia nel Novecento. La Chiesa e la re- pressione del modernismo in Italia, Einaudi, Torino 2010, p. 59. 15 Cfr. A. ZAMBARBIERI, La vita di Antonio Fogazzaro all’Indice, in L. PAZZAGLIA-C. CREVENNA (eds.), Tommaso Gallarati Scotti tra totalitarismo fascista e ripresa della vita democratica, Cisalpino, Milano 2013, pp. 13-40. 16 F. TRANIELLO, Religione cattolica e Stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2007, p. 124. ISSN 2385-216X THE ITALIAN SCHOOL OF SPIRITUALITY 341 suo apostolo e il suo martire più grande; una tra dizione, la quale non ha perciò nulla da fare né coi pochi e spicciolati aderenti in Italia alla Riforma protestante, né coi filosofi nostri, che poi la sorpassarono cogli ardimenti del loro pensiero e delle loro negazioni; una tradizione la quale tentò bensì in sulle prime una conciliazione colla Riforma tedesca, ma dovette subito cedere le armi alla reazione cattolica».17 In questo discorso, Masi ricordava pure «Rosmini, un altro ri- formista cattolico, le cui dottrine, se leggete soltanto: Le cinque piaghe della Chiesa, hanno molte affinità con quelle del Savonarola».18 Infine di un certo interesse è anche uno scritto di Gaetano Salvemini su Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio XI, pubblicato postumo, in cui si parlava di una lunga tradizione di «mistici italiani», visti come la «parte più semplice e più pura dei cattolici italiani». Lo storico pugliese osservava: «Chi ha del popolo italiano una conoscenza non super- ficiale, sa che esiste, specialmente nelle donne, nelle classi rurali e, meno raramente che non si creda, anche nelle classi ricche e nelle classi intellettuali, una Italia mistica, che produsse nel secolo XIII san Francesco d’Assisi. Il basso clero italiano presenta molto spesso degli eroi ignoti, che vivono una vita di povertà e di sacrificio […] Questi cattolici mistici accettano il dogma sen- za discuterlo, ma non se ne interessano, e non amano che altri ne discuta neanche per difen- derlo. […] Delle questioni politiche, di regola, l’Italia mistica non si interessa. […] L’attività di molti mistici è molteplice e mirabile nelle opere di carità, ma è nulla nel campo politico». Tut- tavia poteva talvolta accadere che questa regola del non interesse dei mistici verso la politica trovasse delle eccezioni: «Allora, continuava Salvemini, pur mantenendosi rigidamente fedeli all’insegnamento morale e dogmatico della chiesa, parlano ed agiscono nel campo politico con una libertà, da cui l’alto clero rimane sconcertato e atterrito. […] Manzoni, Rosmini, don Bosco (il fondatore dei Salesiani) appartengono nel secolo XIX a questa grande discendenza di mistici italiani».19 Non è un caso che si possa parlare di scuola italiana di spiritualità – pure in un percorso, come si è visto, di lunga durata – solo contemporaneamente e in stretta relazione al Risorgi- mento italiano, cioè alla rivoluzione nazionale che ha portato all’Italia unita. In effetti tutti gli esponenti della scuola italiana di spiritualità, pur respingendo gli egoismi nazionalistici e gli odi nazionali, sono stati a favore dell’indipendenza e dell’unità d’Italia, anche per motivi spiri- tuali: vedendo cioè nella ‘modernizzazione’ del contesto civile lo sviluppo di un clima favorevo- le alla riforma della Chiesa e nella riforma cattolica un potente contributo al rinnovamento morale e civile degli Italiani: insomma, come ha incisivamente sintetizzato Alberto Melloni, «una grande chance riformatrice».20 17 E. MASI, Questione savonaroliana, in «Rivista d’Italia», I ,1898, vol. III, p. 625. 18 Ivi, p. 622. 19 G. SALVEMINI, Stato e Chiesa in Italia da Pio IX a Pio XI, a cura di E. CONTI, Feltrinelli, Milano 1969, pp. 122-124. 20 A. MELLONI, Tutto e niente. I cristiani d’Italia alla prova della storia, Laterza, Roma-Bari 2013, pp. 39-40, ma cfr. anche pp. 73-74. ISSN 2385-216X 342 FULVIO DE GIORGI II. LA RIFORMA CATTOLICA NELLA SPIRITUALITÀ DI ANTONIO ROSMINI21 Vediamo allora, restringendo il campo d’indagine, come questo timbro di riforma cattoli- ca sia presente nella spiritualità rosminiana,22 cercando di individuarne quegli elementi che in- dicavano e sorreggevano linee di rinnovamento spirituale, ecclesiologico e pastorale, chiara- mente alternative all’intransigentismo, angustamente antimoderno e ferocemente polemico, e al piccolo gesuitismo ottocentesco, collegato allo stesso intransigentismo e spiritualmente im- poverito in una prevalente dimensione devozionistica. Non potendo ovviamente, in questa sede, presentare una ricostruzione complessiva della spiritualità di Rosmini sarà bene ricordare almeno i suoi passaggi fondamentali: la giovinezza, fino ai primi anni ’20; la fase più creativa, tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30; il periodo della maturità, che comprende gli anni ’40, fino al 1852. La prima fase è importante perché Rosmini formula il principio di passività, che segna un elemento-chiave della sua spiritualità, a livello personale, ma anche comunitario ed ecclesiale, e mira a superare un atteggiamento spesso ricorrente nell’intransigentismo e cioè lo zelo indi- screto e fanatico, tendente a convertire il prossimo con una certa invadente e talvolta arrogan- te supponenza. Il principio di passività invece, nel suo primo assunto, stabilisce di pensare so- prattutto a convertire e a riformare se stessi: pone cioè il primato – per il singolo battezzato, per le corporazioni religiose e per la Chiesa – dell’autoriforma, con atteggiamento umile e peni- tente. Con il secondo assunto si propone di non rifiutare il servizio di carità verso il prossimo se a questo si sia chiamati dalla Provvidenza: con ciò, da una parte, apre alla dimensione della ca- rità, che è l’architrave della spiritualità rosminiana e anzi tout court del rosminianesimo, e, dall’altra, afferma che è la Provvidenza che guida la storia della salvezza e che perciò è lo Spiri- to Santo, non l’uomo con i suoi mezzi, che converte. Nella fase che ho definito più creativa, tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30, Rosmini pose le basi della sua filosofia, cioè del Sistema della Verità, fondato sull’idea dell’essere, poi sviluppata nella triniformità dell’essere. Contemporaneamente avviava anche il Sistema della Carità, fondato sulla consapevolezza dell’inabitazione di Dio nello spirito umano, come carità e 21 In questa parte riassumo quanto ho approfondito nella relazione al Simposio rosminiano di Stresa del 2017: La spiritualità rosminiana come via di riforma cattolica nella storia della spiritualità italiana (di prossima pubblicazione negli Atti). 22 Cfr. F. DE GIORGI, La scienza del cuore. Spiritualità e cultura religiosa in Antonio Rosmini, Il Mulino, Bologna 1995; M. MARCOCCHI, Istanze di riforma della Chiesa e le «Cinque Piaghe», in M. MAR- COCCHI-F. DE GIORGI (eds.), Il ‘gran disegno’ di Rosmini. Origine, fortuna e profezia delle “Cinque Piaghe della Santa Chiesa”, Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 4-21; V. CONZEMIUS, Le «Cinque piaghe» di Ro- smini nel contesto dei progetti di riforma della Chiesa del XIX secolo, in G. BESCHIN, A. VALLE, S. ZUCAL (eds.), Il pensiero di Antonio Rosmini. A due secoli dalla nascita, Morcelliana, Brescia 1999, pp. 933- 951; L. MAURO, Le tematiche relative alla riforma della Chiesa entro la Missione a Roma, in A. ROSMINI, Della Missione a Roma di Antonio Rosmini negli anni 1848-49. Commentario, a cura di L. MALUSA, Sodali- tas, Stresa 1998, pp. CLIX-CLXXIII. ISSN 2385-216X THE ITALIAN SCHOOL OF SPIRITUALITY 343 grazia, lume della fede: prospettiva che avrebb e portato alla concezione della triplice carità (corporale o materiale, intellettuale, spirituale o soprannaturale).23 Il Sistema della Verità e il Sistema della Carità trovavano il punto d’incontro nella «fede viva», architrave della spiritualità rosminiana, così come appare nell’Antropologia soprannatura- le. Se l’assenso di fede dato naturalmente alle verità rivelate è speculativo, l’assenso dato ad es- se soprannaturalmente è un giudizio pratico, è operativo, viene «dall’esser fede viva, cioè dall’aver congiunta la carità».24 Così la teologia, che ha origine nell’essere ideale, appartiene all’ordine della teoria, la religione, che ha origine nell’essere reale, appartiene all’ordine delle azioni, alla pratica, e ha il suo fondamento nell’uomo interiore, nel culto interiore, senza il qua- le il mero culto esteriore sarebbe nulla. Così l’azione della grazia opera nella parte intellettiva dell’anima, ma è un’azione reale e perciò ‘calda’, non ideale, non fredda idea, come la Legge mosaica: «la legge non faceva che presentare alla mente delle idee, la fredda cognizione dei do- veri: ma la grazia di Gesù Cristo aggiunge a queste idee una forza che elle non hanno, le infiam- ma, le rende veramente possenti nell’uomo».25 Così la fede viva «è l’efficacia dell’amore che s’aggiunge sempre a quella cognizione, non fredda, ma tutta calda, che s’ha per grazia».26 Cioè la grazia «non solo mostra la verità, ma dona liberamente ancora la carità»,27 perché nell’azione deiforme della grazia Dio-Carità si unisce realmente all’essere umano e produce nell’anima un sentimento nuovo, principio della santità. Ecco allora gli ambiti da riformare e cioè il senso profondo, spirituale, della riforma catto- lica: superare il culto solo esteriore, naturale, freddo; correggere la Verità intesa solo come do- veri religiosi, senza impegno nella società umana, o la religione vissuta solo come pietà devo- zionistica, cioè presunta Carità verso Dio ma non verso il prossimo. Posto dunque il «dogma fondamentale» della grazia deiforme operante nell’anima umana e perciò l’intima unione di Verità e Carità, Sistema della Verità e Sistema della Carità, per tutti i cristiani che, nella grazia, sono universalmente chiamati alla perfezione della santità, giova sof- fermarsi, per coglierne le conseguenti implicazioni di riforma cattolica, sul Sistema della Cari- tà. La prospettiva della triplice carità emerge nelle Costituzioni dell’Istituto della Carità, nelle for- me di carità verso il prossimo, torna – come spunto ascetico – nel Manuale dell’esercitatore, rice- ve infine una sintetica – ma essenziale – esplicitazione teologica complessiva nel grande discor- so sulla Carità del 1851. È dunque metodologicamente opportuno assumere questo approdo fi- nale e maturo della visione rosminiana, nel 1851-52, come punto di vista di tutto il cammino ascetico-spirituale ed ecclesiologico precedente, per comprenderne, appunto, la portata rifor- 23 Cfr. G. GRANDIS, Il dramma dell'uomo: eros/agape & amore/carità nel pensiero antropologi- co di Antonio Rosmini Serbati (1797-1855), San Paolo, Cinisello Balsamo 2003. 24 A. ROSMINI, Antropologia soprannaturale, a cura di U. Muratore, Città Nuova, Roma 1983, vol. I, p. 71. 25 Ivi, p. 83. 26 Ivi, p. 79. 27 Ivi, p. 84. ISSN 2385-216X 344 FULVIO DE GIORGI matrice. Com’è noto, nel grande discorso sulla Carità, vero vertice mistico della spiritualità rosmi- niana, il Roveretano, commentando un passo della lettera agli Efesini (3, 14-19), imposta la sua riflessione su «La larghezza, simbolo della carità di Dio che abbraccia tutti gli uomini; la lun- ghezza, simbolo della carità di Dio che dura in eterno; l’altezza, simbolo della carità di Dio che tende ad innalzare la creatura intelligente al sommo bene ed all’ultima perfezione; la profondi- tà, simbolo della carità di Dio che con disegni d’inarrivabil sapienza e con misteri ascosi, come fu quello della croce, compisce l’opera che si è proposta».28 Proiettando su questo schema bibli- co e teologico la visione della triplice carità, deriva una polarità ‘verticale’ tra altezza della Ca- rità, dove si colloca la Carità soprannaturale, e profondità della Carità, dove si colloca la Carità corporale. Questa polarità verticale si incrocia poi con una polarità ‘orizzontale’ data dalla lar- ghezza e dalla lunghezza, nelle quali si colloca la Carità intellettuale. L’altezza, nella quale troviamo la Carità soprannaturale, è la tensione escatologica, che dunque permea necessariamente tutta la spiritualità rosminiana: «L’altezza della carità è la su- blimità del suo fine. […] la carità sfolgorante in cielo dove ella stessa è beatitudine; eterna sal- vezza. […] Iddio creò l’universo per cavarne la gloria della carità nell’edificazione della città ce- leste».29 Nella prospettiva escatologica si vede la Carità di Dio guidare alla salvezza l’umanità, at- traverso la carità preveniente, nella Provvidenza, e la carità santificante, nella grazia. Il cristia- no, perciò, può ascoltare la voce di Dio e conoscerne la volontà tanto meditandone la Parola quanto scrutando l’opera della Provvidenza: quelli che diremmo ‘segni dei tempi’. Si dispiega così, dalla Creazione alla Parusia, la storia dell’amore di Dio per l’umanità, studiata da Rosmini in tutta la Sacra Scrittura, dalla Genesi all’Apocalisse. E in questo contesto si definisce la prima fondamentale figura ecclesiologica, quella della Chiesa-Sposa che, in attesa del ritorno definiti- vo di Cristo-Sposo, per le nozze ultime, non cessa di purificarsi, per presentarsi allo Sposo sen- za macchie né rughe. Ecco allora il primo senso teologico forte della riforma cattolica: una Ec- clesia semper reformanda, perché sempre bisognosa di autopurificarsi, di curare le piaghe che, nel cammino storico verso la Parusia, si generano nella sua realtà umana. A fronte dell’altezza, vi è la profondità della carità. Si tratta del mistero della Kenosi del Figlio, che da ricco che era si fa povero incarnandosi e assumendo la condizione di servo per amore dell’umanità. Ma nell’Incarnazione si inserisce pure il profilo teologico della seconda fondamentale figura ecclesiologica, quella del Corpo mistico, ordinata alla prima (della Chiesa- Sposa). Il Corpo mistico è un corpo vivo che cresce nel tempo. Insieme segna pure una Kenosi ecclesiale: un farsi poveri dei cristiani, come Cristo Povero, e un avere in loro i suoi medesimi sentimenti di dilezione particolare per i poveri. Da qui, dunque, la carità corporale, evangeli- camente intesa. Ma da qui anche l’ideale della Chiesa povera, tratto decisivo della prospettiva rosminiana di riforma cattolica. Siamo nell’ambito di quelle che, nelle Cinque Piaghe, sono le piaghe dei piedi e che indica- 28 A. ROSMINI, Discorso IV. La Carità, in Id., Operette Spirituali, a cura di A. Valle, Città Nuova, Roma 1985, p. 59. 29 Ivi, pp. 75-78. ISSN 2385-216X

Description:
Rituale del cristiano di Antonietta Giacomelli, pronipote di Rosmini;14 La vita di Antonio Fo- gazzaro di Tommaso Gallarati Scotti.15 Non solo: ma dopo il decreto Post Obitum, questa spiritua- lità divenne carsica, se non clandestina; testi e autori, pur letti, non vennero quasi mai citati, così
See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.