Alma Mater Studiorum Università di Bologna Tesi di Dottorato: MGGR/01 Storia d’Europa. Identità collettive, Cittadinanza e Territorio nell’età moderna e contemporanea Ciclo XIX Varsavia 1916-1956. Modernizzazione e ricostruzione di una capitale dell’Europa centro-orientale Presentata da: Alfredo Boscolo Tutor di ricerca: Coordinatore di dottorato: Prof.ssa Marzia Marchi Profssa Maria Malatesta Esame finale: 2007 0 INDICE Introduzione, p. 3 Parte 1 (1916-1939) 1-. La geografia urbana e le trasformazioni territoriali di Varsavia negli anni tra le due guerre mondiali, p. 8 1.1 Varsavia alla fine della dominazione zarista, p. 8 1.2 Il piano di estensione di Tadeusz Tolwinski del 1916, p. 18 1.3 Una città in espansione. Il volto sociale della nuova capitale, p. 29 1.4 Gli anni della democrazia (1918-26), p. 43 1.5 Varsavia negli anni Trenta, p. 50 1.6 La dimensione regionale, p. 70 2-. La progettualità urbanistico-architettonica fra identità nazionale e avanguardie internazionali, p. 79 2.1 Tradizione e storicismo nei primi anni Venti, p. 79 2.2 Il movimento moderno a Varsavia. Le avanguardie, p. 88 2.3 Gli anni del regime autoritario: il costruttivismo accademico, p. 106 2.4 La questione abitativa e le cooperative d’abitazione, p. 116 2.5 La Wsm, la Cooperativa d’abitazione varsaviana e gli “abitazionisti” polacchi, p. 128 2.6 Il progetto Varsavia funzionale, p. 142 2.7 L’estensione della città fra le due guerre: il caso esemplare del quartiere di Zoliborz, p. 148 Parte 2 (1939-1956) 3-. Distruzione e rinascita (1939-48). La ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale come grande disegno di modernizzazione, p. 159 3.1 L’occupazione nazista, p. 159 3.2 I laboratori clandestini, p. 167 3.3 La ricostruzione della capitale: una scelta politica, p. 178 3.4 Gli strumenti normativi della ricostruzione e il suo finanziamento, p. 186 1 3.5 L’eredità dell’urbanistica moderna, p. 197 3.6 I primi piani: Varsavia città-regione funzionale, p. 211 3.7 L’internazionalizzazione della ricostruzione prima della guerra fredda, p. 232 3.8 La riedificazione delle aree di interesse storico, p. 238 3.9 Le principali realizzazioni della prima fase della ricostruzione, p. 248 4-. La “sovietizzazione” della ricostruzione (1949-1956). Un altro modello di modernizzazione, p. 260 4.1 Il realismo socialista e la condanna del razionalismo, p. 260 4.2 Il piano sessennale di ricostruzione, p. 280 4.3 La società frammentata di una città in via di ricostruzione, p. 292 4.4 La “sovietizzazione” dello spazio urbano, p. 299 4.5 Le modalità di rappresentazione del potere totalitario, p. 314 4.6 Edmund Goldzamt a Mosca: un disegno di modernizzazione di Varsavia mai realizzato, p. 327 4.7 Il disgelo. La riabilitazione del razionalismo, p. 334 Considerazioni conclusive, p. 343 Appendice, p. 353 Bibliografia, p. 368 Summary, p. 393 Indice delle figure, p. 412 Indice delle tabelle, p. 415 2 Introduzione Il presente lavoro è un’analisi dei cambiamenti cha hanno trasformato la geografia sociale ed urbana di Varsavia nel periodo 1916-1956. Essendo, questo, uno studio sulle trasformazioni territoriali, si è deciso di prendere in esame gli avvenimenti storici più drammatici accaduti nella capitale polacca durante il suddetto intervallo di tempo – come lo sterminio della comunità ebraica e l’Insurrezione del 1944 – solo in maniera sintetica. Analogamente, anche i cambiamenti politici più importanti – la breve avventura della democrazia polacca dopo la fine della Grande Guerra, l’instaurazione del regime dittatoriale negli anni Venti, la nascita di una democrazia popolare e la sua successiva evoluzione in regime totalitario nel secondo dopoguerra – costituiscono solamente lo sfondo generale di questo lavoro, il cui scopo principale rimane quello di mettere in luce le conseguenze che una storia politica particolarmente travagliata ha prodotto sul territorio della città. Su questo terreno, quindi, si tenta di riconsiderare l’interpretazione, abbastanza comune anche nella letteratura specialistica, che vede nella Seconda guerra mondiale e nella conseguente presa del potere da parte delle forze comuniste, una cesura che separa due epoche completamente distinte della storia della città. Attraverso l’esame dei piani e dei progetti per la gestione della città, realizzati nel periodo fra le due guerre mondiali, ed il loro confronto con i piani di ricostruzione del secondo dopoguerra, si è cercato di capire come sia stato possibile allestire un’opera di ricostruzione che è stata, allo stesso tempo, un processo di modernizzazione del territorio urbano e un’operazione di “restaurazione” e di salvaguardia del passato, o perlomeno di una parte di esso. La ricostruzione, insomma, è stata concettualizzata come una continuazione, perlomeno parziale, del processo di modernizzazione lanciato dopo la riconquista dell’indipendenza politica e il ritorno di Varsavia al suo ruolo di capitale di stato. In una tale prospettiva, lo studio della Varsavia interbellica, è stato condotto al fine di meglio comprendere il processo di rinascita successivo alla Seconda guerra mondiale, in maniera tale da far emergere i punti di continuità nei processi di modernizzazione, espressi dagli strumenti della pianificazione territoriale e delle teorie architettoniche e urbanistiche che hanno guidato la trasformazioni territoriali prima e dopo il conflitto. Per capire correttamente la ricostruzione avviata nel 1945 è stato quindi necessario spingersi indietro fino al 1916, l’anno della prima espansione territoriale novecentesca di Varsavia e del primo progetto di piano regolatore propriamente 3 moderno, redatto sotto il regime di occupazione militare allestito dai tedeschi durante la Prima guerra mondiale, che fu, a differenza di quanto sarebbe avvenuto due decenni più tardi, piuttosto favorevole per lo sviluppo di Varsavia. Tentare di unire ciò che a priva vista potrebbe sembrare completamente slegato, la storia di Varsavia prima e dopo la frattura epocale costituita dalla Seconda guerra mondiale, si è reso necessario soprattutto in considerazione del fatto che le teorie architettoniche e urbanistiche che hanno guidato l’attività di pianificazione della ricostruzione postbellica sono state in gran parte concepite in continuità o in opposizione alle teorie architettoniche e urbanistiche nate e sviluppatesi, a Varsavia come nel resto d’Europa, fra le due guerre mondiali. Come punto conclusivo della mia analisi, invece, ho scelto il 1956, perchè con la fine del totalitarismo si è concluso anche quel processo che ho chiamato “di sovietizzazione” della ricostruzione che, nella mia analisi, è stato riletto come un altro grande disegno di ricostruzione/modernizzazione. Ripercorrendo le trasformazioni territoriali di Varsavia nei quattro decenni di storia, a cui si fa qui riferimento, si è dovuto tessere le fila di un percorso complicato, che è iniziato con l’uscita dalla secolare dominazione zarista, è proseguito attraverso la fugace rinascita della democrazia e la sua successiva degenerazione nella dittatura militare, e si è concluso con l’imposizione del totalitarismo nazista prima e di quello sovietico poi. In ragione, quindi, di un posizionamento geografico ai confini fra l’Europa occidentale e quella orientale che l’ha lasciata alla mercè delle aspirazioni espansionistiche di stati ben più grandi e più potenti di quello di cui era capitale, Varsavia si è trovata a sperimentare tutti i maggiori sconvolgimenti politici del Novecento europeo. Se una tale collocazione si è dimostrata sfavorevole da un punto di vista geopolitico, sì è tuttavia rivelata molto felice nel momento in cui si è trattato di intercettare le tendenze culturali e artistiche che hanno attraversato l’Europa di quel periodo, dalla ricerca dell’identità nazionale negli anni a cavallo della Grande Guerra, alla rivoluzione delle avanguardie negli anni Venti, dal tardo-modernismo monumentalista degli anni Trenta, fino al realismo socialista degli anni Cinquanta. Questa permeabilità alle influenze esterne è stata possibile anche per la lunga tradizione polacca, iniziata e rafforzatasi nel corso degli anni di dominazione straniera, di mandare i giovani migliori a studiare all’estero, soprattutto in Russia e in Germania, ma anche in Francia e in Italia. Giovani, questi, che una volta ritornati in patria dopo la riconquista dell’Indipendenza, confluirono sovente nella capitale, e misero a disposizione dei committenti pubblici e/o privati della città ciò che avevano imparato nelle università e 4 nelle accademie di mezza Europa: una apertura mentale verso gli stimoli provenienti da oltreconfine e un patrimonio di conoscenze delle più aggiornate tendenze estere che, nella sfera della arti, e in specifico nel campo dell’architettura e dell’urbanistica, furono veramente ragguardevoli. Fu, quindi, da una posizione di costante interesse per l’operato dei loro colleghi stranieri che gli architetti e gli urbanisti varsaviani parteciaprono all’operazione di gestione della trasformazione da capoluogo di provincia dell’impero zarista a capitale della rinata Polonia. E con le stesse modalità di apertura alle esperienze europee venne portata avanti anche la ricostruzione nel secondo dopoguerra, fino a quando ciò fu possibile, prima che nel 1949 la svolta totalitaria costringesse la Polonia ad allinearsi passivamente, anche nel campo delle arti, alle posizioni assunte dall’Unione sovietica di Stalin. La tesi, che può essere divisa in due parti, è composta di quattro capitoli. I primi due trattano dei cambiamenti avvenuti a Varsavia nel ventennio fra le due guerre mondiali, mentre gli altri due capitoli (il terzo e il quarto), esaminano il processo di ricostruzione, avviato dopo le distruzioni inferte dai nazisti, così come è stato realizzato nel decennio abbondante che va dalla liberazione della città nel 1945 alla fine del totalitarismo nel 1956. In particolare, il primo capitolo prende in esame le dinamiche di trasformazione territoriale di una città in forte crescita qual’era allora Varsavia. Progetti di piani regolatori, piani di espansione, piani settoriali, piani regolatori veri e propri vengono analizzati in maniera da ricostruire le strategie di gestione territoriale implementate dalla municipalità. Il secondo capitolo, invece, è rivolto al processo di trasformazione strutturale dell’edificato urbano – compiutosi in concomitanza con i maggiori cambiamenti politico-istituzionali avvenuti nella Polonia di quegli anni, la nascita della democrazia nel 1918 e la svolta autoritaria nel 1926 – e alle risposte che nel settore dell’urbanistica e dell’architettura sono state date ai più importanti mutamenti sociali che investirono la città, come la sua espansione demografica e il conseguente inasprimento del problema casa per gli strati più poveri della popolazione. Vi è poi una analisi approfondita dell’operato delle maggiori avanguardie moderniste varsaviane e delle più significative esperienze delle cooperative edilizie attive in città. Nel terzo capitolo, dopo una descrizione dei terribili anni della Seconda guerra mondiale, si cerca inizialmente di ricostruire l’attività dei laboratori clandestini di 5 progettazione che continuarono ad operare anche durante l’occupazione nazista. In seguito vengono esaminate le motivazioni sociali e politiche che spinsero le nuove autorità a decidere di ricostruire Varsavia in qualità di capitale di stato, gli interventi normativi e finanziari che consentirono di avviare immediatamente la ricostruzione, nonchè i piani, i progetti e le realizzazioni che ne contraddistinsero la prima fase (1945- 1949). In questo periodo, l’opera di ricostruzione potè essere ideata come un piano rivoluzionario di modernizzazione, dal momento che i pianificatori decisero, in questo pienamente appoggiati dalle nuove autorità politiche, di attingere a piene mani al ricco patrimonio di piani e progetti modernisti degli anni Trenta.. Nel quarto capitolo l’attenzione viene infine rivolta a una fase completamente diversa, quella del 1949-56, quando Varsavia dovvette essere ricostruita seguendo le direttive impartite dal Cremlino in maniera tale da diventare una capitale socialista molto simile al modello rappresentato dalla città di Mosca, la capitale dell’Urss di Stalin che aveva subito un profondo processo di ristrutturazione all’insegna del realismo socialista. In questa ottica viene ricostruito il percorso di condanna del modernismo e di ricezione del realismo socialista avvenuto nel 1948-49, nonchè il successivo rovesciamento innescato dalla morte di Stalin, che portò alla riabilitazione dell’architettura modernista nel 1956. Lo studio del caso-Varsavia, soprattutto dal 1945 in poi, ha a che fare con l’analisi di almeno tre livelli di spazi urbani distinti che, tuttavia, si intersecano vicendevolmente. Vi è una Varsavia distrutta, che in parte è stata fatta rinascere e che in parte è andata perduta; vi è poi una Varsavia progettata che in parte è stata realizzata e in parte è rimasta sulla carta; e vi è infine la Varsavia nella sua dimensione spaziale reale, che in parte è quella sopravvissuta e in parte è quella ricostruita. Alla luce di ciò, quando è stato possibile, si è tentato di non limitarsi esclusivamente alla sola analisi dei progetti effettivamente realizzati, ma si è preso in considerazione anche quei lavori incompiuti che, meglio di altri, esprimevano lo spirito del tempo in cui vennero ideati. Mi riferisco soprattutto a una buona parte dei progetti degli anni Trenta – primo fra tutti quello per il quartiere di rappresentanza ideato per commemorare la scomparsa di Jozef Pilsudski, l’uomo forte della Polonia di quegli anni – che non vennero mai realizzati per la mancanza di fondi adeguati, o per lo scoppio del secondo conflitto mondiale, e anche a quelli degli anni Cinquanta, che non vennero avviati e/o terminati a causa della morte di Stalin e delle innumerevoli conseguenze che questa ebbe, anche nella stessa opera di ricostruzione di Varsavia. 6 I materiali consultati nella stesura del presente lavoro sono assai eterogenei. Un primo gruppo è costituito dagli articoli comparsi a Varsavia nelle riviste specializzate del periodo fra le due guerre mondiali (Architettura ed Edilizia, Architettura, Architetto, Arcate, Rassegna Tecnica, Casa.Villaggio.Appartamento) e in quelle del secondo dopoguerra (Architettura, La Scarpata di Varsavia, La Capitale), vero e proprio luogo di discussione, sovente anche molto approfondita, di tutti i principali piani e progetti che riguardavano lo sviluppo della capitale. Scritti dai maggiori protagonisti dell’epoca, architetti, urbanisti, sociologi, attivisti sociali, sindacalisti e, ovviamente, dai critici d’arte e dai giornalisti specializzati, si sono rivelati utilissimi soprattutto per ricostruire la Varsavia andata perduta durante il secondo conflitto mondiale, ma anche quella che non è mai stata realizzata. A questi materiali sono state aggiunte le pubblicazioni delle avanguardie varsaviane degli anni Venti (Blok e Praesens), indispensabili per definire le posizioni disciplinari di alcune delle figure più importanti, nonchè gli articoli di alcune riviste moscovite (Architettura SSSR, Architettura ed Edilizia, Nuovi Orizzonti). Sono state consultati, inoltre, numerosi saggi e memorie, alcuni dei quali sono comparsi anche in Italia, che sono risultati utili per la composizione del quadro di riferimento generale. Ciò che non è stato reperito nella sterminata letteratura disponibile sull’argomento è stato ricercato negli archivi di Varsavia, e in specifico nell’Archivio statale della città di Varsavia (Archiwum panstwowe m. st. Warszawy), dove sono contenuti i materiali grafici (piani regolatori, piani settoriali), relativi sia al ventennio interbellico che al secondo dopoguerra, e nell’Archivio degli atti nuovi (Archiwum akt nowych), dove invece si sono potuti recuperare i documenti governativi relativi alla ricostruzione di maggiore interesse, in realtà in gran parte pubblicati già da tempo. Una fonte di particolare valore si è rivelata, inoltre, la tesi di dottorato di Edmund Goldzamt, un architetto polacco che, come si vedrà, ebbe un certo peso nella Varsavia degli anni Cinquanta, rintracciata nella biblioteca del M.ARCH.I, l’Istituto di Architettura di Mosca, presso il cui museo ho anche potuto ammirare alcuni schizzi inediti (e mai realizzati) riguardanti la ricostruzione sociorealista di Varsavia. 7 Cap. 1: La geografia urbana e le trasformazioni territoriali di Varsavia negli anni tra le due guerre mondiali 1.1 – Varsavia alla fine della dominazione zarista Nel novembre del 1918 Varsavia ridivenne la capitale di uno stato polacco indipendente, ricostituito dopo che, sul finire del Settecento, i Romanov, gli Hohenzollern e gli Asburgo si erano spartiti l’intero paese. Nel momento stesso del recupero dell’Indipendenza l’euforia avvolse immediatamente l’intera nazione, come traspare dalla parole del primo premier della neonata Repubblica di Polonia, Jedrzej Moraczewski, che dichiarò: «è improbabile riuscire a rendere da quale isteria, da quale furia gioiosa venne preso il popolo polacco in quel momento. [...] Libertà! Indipendenza! Unità! Uno stato proprio! Per sempre! Il chaos? Non è niente, andrà bene. Tutto andrà bene, perchè saremo liberi...»1. Il riscatto di una nazione grande e popolosa come la Polonia comportò necessariamente una svolta radicale nello sviluppo urbano della nuova capitale, Varsavia, città degradata al ruolo di capologuo provinciale sede di una nutrita guarnigione militare fino alla ritirata dell’esercito zarista del 1915. Tuttavia, già negli anni precedenti il recupero dell’indipedenza politica, nel campo che qui ci interessa – quello della crescita territoriale e della sua gestione da parte delle autorità competenti – si registrarono degli avvenimenti di estrema importanza per lo sviluppo urbanistico della città. L’arrivo delle truppe tedesche, il 5 agosto 1915, e il loro operato nei tre anni di occupazione, segnò, nonostante le numerose restrizioni inevitabili nel contesto di un conflitto bellico, l’inizio di una nuova epoca per la storia della città, perchè invertì la parabola involutiva nella quale Varsavia era caduta nel corso dell’Ottocento. Per questo motivo, la vera svolta iniziale in quel processo che si sta qui analizzando – la modernizzazione della città di Varsavia – è da ricercare nell’arrivo dei nuovi governanti tedeschi, piuttosto che nell’indipendenza nazionale. Quest’ultima, ovviamente, ebbe delle conseguenze enormi, che però si manifestarono all’interno di un percorso di razionalizzazione e di miglioramento della configurazione territoriale, e della stessa struttura organizzativa, che era già stato intrapreso in precedenza, per lo meno sulla carta. Anche prima, a ben guardare, della stessa ritirata russa. La Varsavia che nell’agosto del 1915 i russi lasciarono in mani tedesche era una città-roccaforte, circondata da una doppia cintura di forti militari imperniata sulla 1 Cit. in M.M. Drozdowski, A. Zahorski, Historia Warszawy, Jeden Swiat, Warszawa 2004, p. 271. 8 Cittadella centrale, una prigione-fortezza di dimensioni notevoli, ma ormai antiquata. La presenza delle truppe zariste, e delle relative strutture militari, aveva avuto una forte incidenza sulle possibilità di crescita della città. I terreni posti a ridosso delle fortificazioni esterne erano di esclusiva pertinenza dei comandi russi che li avevano trasformani in spianate difensive (esplanady forteczne na Zoliborzu) o in campi di manovra (obozy wojenne na Mokotowie). Molto severe erano, inoltre, le limitazioni poste all’attività edilizia nelle aree collocate in prossimità delle numerose caserme che accoglievano la guarnigione russa, o nei punti di importanza strategica per le operazioni dei comandi militari, quali erano molti degli incroci, delle piazze e dei ponti della città, nonchè i depositi d’armi e i campi di esercitazione. Al contrario, nelle restanti aree, la presenza di regolamenti edilizi esageratamente permissivi non faceva altro che alimentare il giro di affari degli speculatori immobiliari. Nei quartieri centrali, già densamente edificati, la presenza di molte aree commerciali e industriali limitava fortemente le possibilità di estensione delle strutture residenziali. A ovest esistevano delle zone piuttosto estese dove l’edificazione non era ancora intensa (Wola, Powazki), ma la presenza delle fabbriche non le rendevano particolarmente adatte all’edilizia abitativa. Dall’altra parte della Vistola, nella parte di Varsavia chiamata Praga, la situazione era simile. Inoltre, le aree periferiche del quartiere vecchio di Praga avevano una bassa giacitura in prossimità delle sponde del fiume, dove i terreni erano spesso soggetto alle esondazioni della Vistola. La stessa collocazione delle linee ferroviare nel tessuto urbano era piuttosto infelice. In particolar modo, il tracciato della linea Vienna-Varsavia tagliava l’area urbana lungo la direzione Est-Ovet e ostacolava enormemente la viabilità stradale dell’intera area meridionale, che era collegata al resto della città solamente da due vie, che a loro volta intralciavano lo scorrimento del traffico ferroviario. L’intero sistema, con le sue tre stazioni principali e altre numerose stazioni di scambio, occupava una superficie molto estesa, ed era collegato ad una linea circolare esterna che serviva soprattutto a scopi militari, e che di fatto separava ulteriormente il centro dalle periferie. La città, inoltre, era una sorta di porta di ingresso orientale dell’impero russo. Nelle sue stazioni cominciavano i binari a scartamento ridotto che poi proseguivano in direzione della Russia. La necessità di unificare lo scartamento dei binari, quindi, era avvertita in tutto il suo significato tecnico-ingegneristico, ma poneva dei problemi di carattere squistamente commerciale: nelle stazioni di Varsavia i passeggeri e le merci in 9
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