Costanzo Preve Storia del Materialismo edilzice palile pJai&a/ioe Questa Storia del materialismo è il terzo ed ultimo volume di una trilogia tematica unitaria, di cui sono stati già pubblicati due volumi dedicati rispettivamente ad una Storia della dialettica e ad una Storia dell'etica. Il presupposto di questa trilogia sta in ciò, che è impossibile elaborare un metodo ed un contenuto filosoficamente adeguati ai tempi storici inediti in cui stiamo vivendo senza effettuare preliminarmente un ripensamento ed urna ricostruzione radicalmente innovativi sul passato remoto e su quello prossimo della nostra tradizione occidentale. La consapevolezza di un tale programma non deve paralizzare ed indurre a rinunciare per quieto vivere. Dopo un'introduzione dedicata ai vari significati storici e teorici del materialismo, l'esposizione è strutturata in tre ampi capitoli. Nel primo si analizza storicamente e teoricamente il significato di materialismo come ateismo, e cioè come critica alla religione. Nel secondo si indaga invece il significato vero e proprio del' materialismo filosofico, che non è in alcun modo, come molti pensano, una semplice metafisica monistica dell'unicità della materia o una semplice sistematizzazione coerente dei risultati di volta in volta raggiunti dalle scienze naturali moderne post galileiane, ma è invece la problematizzazione critica della deduzione storica delle categorie filosofiche ed ideologiche a partire dal loro contesto storico, sociale e genetico. Nel terzo si ha un ennesimo ritorno sulla storia del marxismo da Marx ad oggi, alla luce appunto del metodo esposto nel secondo capitolo, e cioè della deduzione genetica delle stesse categorie "marxiste" dal contesto storico e sociale. In altre parole, un abbozzo di una "storia marxista del marxismo". Il giudizio critico sui risultati teorici raggiunti in questa trilogia spetta ovviamente ai lettori critici, e solo a loro. Costanzo Preve (1943) ha studiato scienze politiche, filosofia e neoellenistica a Torino, Parigi ed Atene (1961-1967). Per trentacinque anni (1967-2002) ha insegnato filosofia e storia nei licei italiani. Ha pubblicato saggi ed articoli in italiano ed in altre lingue straniere. Per l'Editrice Petite Plaisance ha già pubblicato i due precedenti volumi della trilogia, Storia della dialettica e Storia dell'etica. ISBN 88-7588-015-8 €15 il giogo 16 Collana diretta da Luca Orecchi «òjtou yàp icr/uc cruCir/oùoi, iccu 6lkt), itola tijvcopic; tcovSe KapTsparcépa;» Eschilo, Frammento 267. «xòv jtà0EL pàBog Oévxa ìcuptcog sxeiv» Eschilo, Agamennone, 177. «|upq)Ép£l aOKppOVElV ÓltÒ CTtévEl» Eschilo, Eumenidi, 520. «carneo acocppovEìv èmaracrai» Eschilo, Prometeo, 982. In copertina: Constantin Bramarsi, Prometeo, 1911. Marmo bianco, lung. cm. 17,8; Philadelphia Museum of Art. Costanzo Preve, Storia del Materialismo ISBN 88-7588-015-8 Copyright ©2007 editrice pelile pJal&ance Chi non spera quello che non sembra sperabile Via di Valdibrana 311 - 51100 Pistoia non potrà scoprirne la realtà, Tel: 0573-480013 - Fax: 0573-480914 poiché lo avrà fatto diventare, C. c. postale 44510527 con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato www.petiteplaisance.it e a cui non porta nessuna strada. e-mail: [email protected]. it Eraclito Agli amici Riccardo Di Vito e Silvia Irti Costanzo Preve Storia DEL M aterialismo pelile p-i<ìi.óa/ice Prologo Il completamento ed il perfezionamento DEL PROGETTO TEORICO COMPLESSIVO DI UNA TRILOGIA Questa Storia del materialismo costituisce il terzo ed ultimo volume di una trilogia filosofica iniziata con una Storia della dialettica ed una Storia dell'etica. Si tratta di tre successivi "ritorni" su di un unico tema, che assomiglia in un certo senso all'attività di un decoratore che deve "dare il bianco" ad una parete. Qualche lettore avrà certamente fatto l'esperienza di comprarsi da solo vernice e pennelli per "dare il bianco" alle pareti della propria casa. In casi come questi, e particolarmente quando le pareti non sono state più imbiancate da molto tempo, ed hanno via via assunto un colore diverso da quello originario, non è certo sufficiente ima sola "passata", ma ce ne vogliono almeno due, o preferibilmente tre. Ebbene, questa trilogia è stata confezionata esattamente con il criterio del buon decoratore che sa bene come le tre "passate" di vernice sono necessarie. La vernice acquistata resta di un solo ed unico colore, ma bisogna "passarla" tre volte. Il colore della mia vernice filosofica è quello che vorrebbe ad un tempo riprendere le tinte della tradizione rivoluzionaria, ed illuminare il nuovo ed inedito cielo delle contraddizioni storiche e sociali di oggi. Non poteva dunque essere né semplicemente il rosso, né semplicemente l'azzurro, ma bisognava cercare una tonalità nuova. Se poi Labbia trovata o meno, tocca al lettore giudicare. Idealmente, questa trilogia inizia con la proposta di spostamento radicale del concetto di arche della filosofia greca. Un vero e proprio riorientamento gestaltico dell'infera tradizione occidentale può avvenire soltanto se ci abitueremo gradualmente a passare da una nozione materiale (Yarché come acqua di Talete, come aria di Anassimene, eccetera) ad una nozione formale (Yarché come misura, metron, di Solone e distene). Questo spostamento ci porta a cogliere il punto fondamentale dei problemi del nostro tempo, e cioè la dismisura e la illimitatezza delle ricchezze. È questo il punto fondamentale, e non certamente l'opposizione astratta fra pace e guerra e dunque fra "pacifismo" e "guerrismo", che è certo fondamentale, ma è derivata dalla prima contraddizione, quella fra misura e dismisura. Non sono 7 Prologo affatto fondamentali, ma sono del tutto derivate e del tutto secondarie, opposizioni come quelle fra destra e sinistra, che sono oggi solo delle protesi artificiali di manipolazione simbolica di un campo politico fittizio e privato di sovranità, fra ateismo e religione, che instaura una logomachia interminabile fra sostenitori e negatori astratti di un principio unitario di coerenza della totalità naturale e sociale, ed infine fra progresso e conservazione, i cui sostenitori reciproci hanno ormai perso da molto tempo la capacità di mettere razionalmente a fuoco che cosa realmente vogliono e che cosa non vogliono "modificare" e/o conservare. Stabilito il principio del metron come criterio per orientarsi in etica ed in politica, ne deriva necessariamente che un'etica non può dar luogo ad interminabili "dilemmi morali", ma deve partire da un giudizio complessivo di "eticità" o meno della società in cui siamo temporalmente e spazialmente inseriti. Ora, qui ed ora, la società in cui siamo inseriti, in quanto società della dismisura e della illimitatezza del potere militare e finanziario, non permette alcuna eticità, ma soltanto una morale provvisoria limitata ai nostri rapporti con chi ci è più vicino. Al di là di questa contiguità, c'è soltanto ima etica di resistenza, alla dismisura ed alla illimitatezza. L'etica oggi si identifica allora con la resistenza. Ma la resistenza all'illimitatezza ed alla dismisura implica automaticamente che noi dobbiamo porci il problema della natura e della dinamica del modo di produzione capitalistico, e quindi di Marx, del marxismo e delle contraddizioni che esso porta con sé. Questa è la ragione per cui in tutti e tre i volumi della trilogia si torna sempre a Marx ed al marxismo, e si toma sempre con "pennellate" nuove. Il lettore giudicherà sulla mia interpretazione complessiva del pensiero di Marx e del marxismo esposta nei tre volumi di questa trilogia. È probabile che la tesi che gli sembrerà più discutibile ed azzardata sia l'inserimento completo e senza riserve di Marx nella tradizione filosofica dell'idealismo e non in quella del materialismo, sia pur variamente interpretato con dosi maggiori o minori di "dialettica". Tuttavia, la tesi che personalmente considero più innovativa ed alla quale tengo di più non è questa, ma è quella esposta nei capitoli centrali della mia Storia dell'etica, in cui applico alla dinamica storica di sviluppo del capitalismo il modello della triade dialettica hegeliana, ed in cui sostengo che ci troviamo ormai interni al terzo momento di sviluppo del capitalismo stesso, quello di tipo "speculativo", in cui il sistema sociale ormai si specchia direttamente (speculum) in sé stesso, e cioè nella merce pura nelle sue molteplici forme di apparenza fenomenica, ed ha in buona parte superato il momento della contrapposizione dialettica fra il polo borghese ed il polo proletario. Questo significa forse che ci troviamo ormai in una fase storica post-dialettica, in cui appunto la dialettica non 8 Il completamento ed il perfezionamento del progetto teorico complessivo di una trilogia funziona più, e regna soltanto ima dittatura onnipotente della tecnica e della economia incorporata nella tecnica stessa, come affermano gli "heideggeriani airombra del potere del capitale finanziario"? Assolutamente no. Io, almeno, non penso questo, e per questa ragione ho iniziato con una Storia della dialettica. Senza una ridefinizione dei termini ontologici, infatti, ogni etica è impossibile, e restano soltanto forme di morale provvisoria di tipo ellenistico, quelle infatti che vengono proposte oggi dai "consulenti filosofici", dagli psicologi e da gran parte degli apparati ideologici giornalistici, politici e/o universitari. Una riabilitazione filosofica della dialettica, almeno in Italia, va oggi decisamente controcorrente. Una buona ragione, questa, per promuoverla, in quanto ciò che non va oggi controcorrente non vale neppure la carta su cui è stampato'. Negli scorsi decenni, e particolarmente nel quarantennio 1966-2006 (per cui chi allora era ventenne oggi è sessantenne), l'attacco alla dialettica ha avuto due diverse genesi teoriche ed ideali, che potremmo ricondurre rispettivamente a Lucio Colletti ed a Gianni Vattimo, ma che alla fine sono confluite politicamente in una sola direzione. Per quanto riguarda Lucio Colletti, la sua liquidazione della dialettica con l'approdo finale allo scientismo più positivistico mai esistito in Italia dai tempi di Ardigò (ma senza il suo afflato di contestazione progressista e di modernizzazone culturale), non può essere inquadrata soltanto nella dinamica di sviluppo interno della scuola di Galvano Della Volpe, ma deve essere vista in modo più "esternistico" come la sanzione della autoliquidazione colta della comunità intellettuale marxista italiana. Il harakiri filosofico marxista di un'intera generazione era effettuato impugnando la spada della tradizionale critica alla dialettica, da Trendelenburg a Popper, utilizzando ovviamente anche le "grandi ombre" della critica di Aristotele alla dialettica di Platone, oltre alla critica "anticipata" di Kant alla posteriore dialettica di Hegel, il grande maestro di Marx. Ma non ci si deve far ingannare dall'elemento puramente "tecnico" di queste critiche. Sotto queste raffinate argomentazioni ci stava un abbandono sociale di massa alla critica al capitalismo, e questo abbandono veniva ricoperto maldestramente dalla teologia kantiana di Colletti. Per quanto riguarda Gianni Vattimo, la sua sostituzione della logica della cosiddetta "differenza" alla logica della "dialettica" (a sua volta semplificata per poter prestarsi più facilmente alla stroncatura) non aveva la stessa genesi della critica alla dialettica di Colletti, perché Colletti era stato per due decenni "interno" alla comunità marxista italiana, mentre Vattimo non lo era mai stato, ma si era affermato come interprete originale di Nietzsche ed Heidegger. Da un punto di vista ideologico, Vattimo accompagna l'evoluzione "a sinistra" di nuovi ceti medi libertari, e cioè interessati ad 9 PrOIjOGO ima liberalizzazione post-borghese e post-proletaria del costume, e del tutto i nd i fiorenti ed anzi recalcitranti verso tutte le utopie reazionarie di integrale proletarizzazione organicistica della società. Nonostante i necessari riferimenti a Colletti ed a Vattimo, le ragioni del declino della dialettica sono state recentemente riformulate da un pensatore oggi molto "alla moda", e cioè Umberto Galimberti. Interpretando la diagnosi "tecnica" di Heidegger secondo la modalità che ho deciso di chiamare, scusandomi per l'espressione faticosa ed anzi mostruosa, noncenientedaffarismo, il tramonto della dialettica è identificato con il tramonto delle soggettività collettive di opposizione al moderno capitalismo finanziario, che secondo Galimberti sarebbe ormai del tutto identificato con l'apparato impersonale tecnico (in linguaggio heideggeriano GestelT) che oggi e presumibilmente anche domani e dopodomani domina e dominerà il mondo. Pienamente consapevole di queste critiche alla Colletti, Vattimo, Galimberti, eccetera, e non facendomi nessuna illusione sul fatto che esse rappresentano realmente lo spirito del tempo (Zeitgeist) e quindi che tutto quanto gli si oppone verrà ferocemente "silenziato" dall'apparato mediatico del chiacchiericcio semicolto delle pagine culturali e dell'industria editoriale dominante, ho egualmente deciso di nuotare controcorrente, senza peraltro farmi nessuna illusione sulla possibilità di successo a breve o a medio termine. Le possibilità storiche e sociali di ima vera riabilitazione della dialettica dipendono infatti da due fattori esterni. Il primo non è in mio potere, e posso solo segnalarlo. Il secondo è invece alla mia portata, e rappresenta infatti il contenuto di questa mia trilogia. Ciò che non è assolutamente in mio potere, e che probabilmente non vedrò mai data la mia età già relativamente avanzata, è lo sviluppo di movimenti politici e sociali realmente "sistemici", e non solo virtuali o, ancor peggio, falsamente "contestativi" ed in realtà pienamente integrati nello spettacolo falsamente pluralistico del politicamente corretto di oggi. Solo questi movimenti "sistemici" potrebbero in un tempo ragionevole imporre ima svolta anche alla filosofia, questa nottola di Minerva che si alza solo al crepuscolo. In loro assenza il successo della cosiddetta "filosofia analitica" anglosassone è assicurato, visto che questa filosofia avanza insieme ai furgoni militari Usa e Nato, in quanto si tratta del solo metodo filosofico che ripudia integralmente la dialettica, perché non dispone neppure di parole e di concetti per indicare la totalità, e noi sappiamo, sulla scorta di Hegel e di Adorno, che solo il Tutto può essere vero e/o falso, mentre la Parte può essere solo certa o incerta, esatta o inesatta, veridica o bugiarda, eccetera. Per movimenti "sistemici" intendo allora veri movimenti in grado di creare difficoltà all'impero ideocratico americano ed ai suoi mercenari e vassalli. L'odierno movimento detto "pacifista", con il suo accompagnamento di ONG integrate 10