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Scetticismo e Tolleranza. Gli ebrei veneziani di Shakespeare e Bodin alla ricerca dell'armonia ... PDF

175 Pages·2008·1.24 MB·Italian
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Scetticismo e Tolleranza. Gli ebrei veneziani di Shakespeare e Bodin alla ricerca dell’armonia religiosa di Michele Giordani Università degli Studi Roma Tre Dottorato di Ricerca in Scienze Letterarie (Letterature Comparate) XX ciclo Coordinatore del Dottorato: Chiar.mo Prof. Franca Ruggieri Tutor: Chiar.mo Prof. Gilberto Sacerdoti Dottorando: Michele Giordani Anno Accademico 2006 / 2007 INDICE Introduzione Due ebrei sul ponte di Rialto: l’usuraio e il filosofo p. 1 Capitolo I Le radici p. 10 I.i Il particolare: come un filosofo diventa Salomone p. 16 I.ii Il generale: come un popolo diventa Shylock p. 32 Capitolo II Lo scetticismo dissimulato p. 53 II.i In Bodin: dio Momo p. 60 II.ii In Shakespeare: La Legge e L’Amore p. 83 Capitolo III La sintesi p. 105 III.i Bodin e Salomone p. 106 III.ii Shakespeare e Shylock p. 121 Conclusione Salomone e Shylock ancora a Rialto p. 132 Bibliografia p. 137 Vorrei ringraziare tutto il dipartimento di Letterature Comparate dell’Università Roma Tre per la meravigliosa possibilità di crescita umana e intellettuale che mi ha concesso. Ringrazio il professor Gilberto Sacerdoti, che con pazienza, costanza e autorevolezza ha saputo guidarmi in questa ricerca. Il mio debito nei suoi confronti va aldilà di quello che queste pagine dimostrano. Vorrei inoltre ringraziare la professoressa Anna Torti e la professoressa Rosanna Camerlingo dell’Università di Perugia per il loro costante incoraggiamento; tutto lo staff del Warburg Institute, che mi ha accompagnato per un importante tratto di questo viaggio; la dottoressa Annalisa Volpone e la dottoressa Valentina Bricchi per la pazienza nel sostenermi nei momenti difficili. “La sua prosa era tremenda. Soltanto le idee erano buone” Kurt Vonnegut Mattatoio n. 5 “Quando ci si trova davanti un ostacolo la linea più breve tra due punti può essere una linea curva” Bertold Brecht Vita di Galileo Introduzione Due ebrei sul ponte di Rialto: l’usuraio e il filosofo La volontaria sospensione dell’incredulità1 è, secondo Coleridge, elemento preliminare indispensabile per godere della letteratura. Essa agisce su diversi piani: ad esempio ci permette di evitare domande pedanti sugli eventi ultraterreni funzionali allo sviluppo di una trama, oppure, e più subdolamente, permette di legare fatti storici, realtà acclarate, tratti realistici con elementi di fantasia che, accostati ad eventi reali, diventano possibili anche questi. L’autore avvolge la storia in uno strato nebbioso che trasporta il lettore in un mondo leggermente differente da quello che conosce, che risulta però del tutto credibile, e la sospensione dell’incredulità si concretizza da sé attraverso la lettura. Di questi mondi altri la letteratura è piena. Alcuni sono più fertili di altri, quindi capita che certi siano sfondo per storie simili, i cui personaggi, sempre nella legittima sospensione dell’incredulità, potrebbero avere modo di incontrarsi, camminando nelle medesime infinite ombre del mondo reale. Venezia è stata uno di questi mondi, soprattutto nel periodo rinascimentale: in parte per la sua natura di città liminale, confine tra terra e acqua, Occidente e Oriente; e in parte per la sua architettura, diversa da quella di ogni altra città europea; così come per la sua assoluta unicità statutaria, politica e religiosa; e infine anche perché vi accadevano, o si diceva che vi accadessero, fatti che necessitavano la sospensione dell’incredulità per essere, appunto, creduti. Durante il travagliato sedicesimo secolo si guardava a Venezia con la speranza che potesse diventare faro per coloro che consideravano pace politica e armonia sociale come beni supremi del vivere civile in quegli anni segnati dalle riforme religiose, presto tramutatesi in guerre senza quartiere. Venezia poteva indubbiamente rappresentare tutto questo: aveva autonomia politica ed economica e, in certi termini, religiosa; era punto d’incontro fra Europa e impero 1 “So as to transfer from our inward nature a human interest and a semblance of truth sufficient to procure for these shadows of imagination that willing suspension of disbelief for the moment, which constitutes poetic faith” In S. T. COLERIDGE Biographia Literaria or, Biographical Sketches of my Literary Life and Opinions, edited by George Watson, London, Everyman’s Library, 1965, pp. 168 – 69. 1 ottomano, incontro sotto il rigido controllo delle regole di mercato, è vero, ma proprio per questo pacifico2; e aveva in seno una vasta comunità ebraica che, nonostante vincolata a delle ferree regole di coesistenza, contribuiva in maniera attiva allo sviluppo della città. Proprio gli ebrei, già al centro di una genetica sospensione dell’incredulità per quello che riguardava la loro stessa natura3, avrebbero avuto una posizione di primo piano tra le ombre dell’immaginazione letteraria. Grazie all’uso che Shakespeare e Bodin avrebbero fatto degli stereotipi che li riguardavano, la letteratura avrebbe dato un contributo significativo al processo verso una nuova e più moderna idea di tolleranza. Possiamo provare a immaginare questa Venezia liminale: la Venezia dei ghetti e dei mercanti, dei prestasoldi in Rialto, ma anche quella delle fiorenti industrie di stamperie e delle Accademie, circoli in cui, dai tempi di Aldo Manuzio, intellettuali si riunivano per perseguire la conoscenza in tutti i suoi aspetti4. In questa Venezia, dove le ombre delle fantasie si sovrapponevano con tanta facilità a quelle della realtà, intorno al 1590 avrebbero potuto incontrarsi due ebrei, due personaggi di finzione, frutto della fantasia di due grandi scrittori: William Shakespeare e Jean Bodin, che proprio a Venezia avevano ambientato Il mercante di Venezia e il Colloquium Heptaplomeres de Rerum Sublimium Arcanis Abditis. I due personaggi sono Shylock e Salomone: il primo è un usuraio, presta denaro ad interesse a Rialto e abita in una delle 2 “I veneziani sanno che la guerra non paga. Fra i diversi sistemi di alleanza stretti in Europa, non scelgono. I veneziani non sono fanaticamente ossessionati dall’idea di una crociata contro l’infedele. Non uniscono i loro sforzi a quelli di altre potenze cristiane se non quando i loro interessi vengono direttamente minacciati. Una volta data battaglia, sono i primi a cercare di negoziare: lo si vedrà dopo Lepanto.” In L. VALENSI, Venezia e la Sublime Porta. La nascita del despota, Bologna, il Mulino, 1989, p. 33. 3 Sono note le fantasie comunemente ritenute vere nel corso dei secoli verso il popolo ebraico legate a loro supposte menomazioni fisiche, dovute alla somatizzazione della loro metaforica cecità davanti al Messia: “some Christians believed that Jewish men, as well as women, menstruated or suffered from body fluxes. This belief in malfunctioning or incomplete genitalia mirrors Freud’s assertion that the anxiety of the sighted about the blind is an instantiation of castration anxiety, the fear that one could become similarly ‘incomplete’”. In E. WHEATLEY, "'Blind' Jews and Blind Christians: Metaphoric of Marginalization in Medieval Europe", in Exemplaria, 14.2, October 2002, pp. 351 – 382; ma l’elenco può essere più lungo: “how Jews abducted Christian children; how Jews sought to emasculate Christian men; and how Jews after their expulsion from England had migrated to Scotland, which was thought to explain why the Scots were so cheap and hated pork”, in J. SHAPIRO, Shakespeare and the Jews, New York, Columbia University Press, 1996, p. 2. 4 Tanto che proprio dall’Accademia veneziana di Aldo Manuzio si sarebbe diffuso l’insegnamento del greco in quelle parigine. Questo è uno dei motivi per cui grandi intellettuali francesi come Guillaume Postel e Jean Bodin avrebbero guardato a Venezia e al suo ambiente culturale con grande interesse. F. A. YATES, The French Academies of the Sixteenth Century, London, Warburg Institute, 1947. 2 Nel Ghetto si trovavano perciò macellai, forni, banchi di pegno, “strazzari” e tutto quello che serviva alla vita quotidiana, e persino i cristiani non disdegnavano di visitarlo, specialmente di domenica, giorno in cui le botteghe ebraiche potevano rimanere aperte11. Pur abitando negli stretti spazi del Ghetto12 lo Shylock shakespeariano svolgeva il suo lavoro in un luogo privilegiato: al contrario di altri suoi compagni, obbligati a lavorare all’interno del Ghetto stesso, esercitava in Rialto, ambiente mercantile dal quale gli ebrei erano stati allontanati nel quattordicesimo secolo13 e solo di recente riammessi. Qui aveva la possibilità non di operare su piccole somme come i prestatori del Ghetto o i Monti di Pietà, ma di interagire per somme ben più rilevanti con i mercanti (come Antonio, appunto) aggirando le norme sull’usura e quindi di partecipare agli investimenti fondiari14, il vero motore dello sviluppo capitalistico dello stato veneziano. Oltretutto aveva dei servi cristiani, fatto non comune15 ma nemmeno impossibile, poiché “l’autorizzazione a ottenere l’aiuto di fantesche o di uomini di fatica cristiani e ad assumere balie cristiane era delle più oscillanti, e si può dire che ogni nuova «grida» portasse degli emendamenti o il ripristino di qualche norma proibitiva che con il tempo era rimasta inosservata”16. Nel 1584 nei pressi di Capodistria il predicatore fra’ Cornelio de Rosa avvertiva i cristiani di non confondersi con gli ebrei, di quanto fosse rischioso “permetterli il servirsi per le case loro di donne et putti cristiani”, stigmatizzando un fatto comune, e 11 A. MILANO, Storia, p. 531; D. CALABI, “The City of the Jews”, in The Jews of Early Modern Venice, edited by R. C. Davis and B. Ravid, Baltimore – London, The Johns Hopkins University Press, 2001, pp. 31 – 49. 12 Riccardo Calimani calcola lo spazio medio per persona in 7 mq. In R. CALIMANI, Storia del ghetto, p. 229. 13 Processi del S. Uffizio di Venezia contro Ebrei e Giudaizzanti. 1548 – 1560, a cura di PIER CESARE IOLY ZORATTINI Firenze, Olschki, 1982, p. 21. 14 Se l’usura, anche se a basso interesse, era considerata peccato dal diritto canonico, questo non valeva per le società di investimenti, “che permettevano all’uomo d’affari di mobilitare a suo piacimento risorse appartenenti ad altri”, anche se spesso queste erano società più nominali che di fatto, e i termini degli accordi tra i contraenti del contratto rimanevano quelle del prestito ad interesse. FREDERIC C. LANE, “Investimento e usura”, in I mercanti di Venezia, Torino, Einaudi, 1982, pp. 205 – 217, p. 206. 15 Infatti questo elemento è spesso stato considerato come prova del fatto che Shakespeare non avesse alcuna idea della società veneziana, come evidenziato da J. GROSS, Shylock: Four Hundred Years in the Life of a Legend, London, 1994, p. 26, e citato in B. PULLAN, “Lo «Shylock di Shakespeare». La testimonianza degli archivi di Venezia”, in L’identità dissimulata. Giudaizzanti iberici nell’Europa cristiana dell’età moderna, a cura di Pier Cesare Ioly Zorattini, Firenze, Olschki, 2000, pp. 297 – 310, p. 300. 16 A. MILANO, Storia, pp. 531 – 32. 4 scatenando le ire di un banchiere ebreo che si sentiva chiamato in causa17. C’era timore, semmai, da parte degli ebrei dei possibili tradimenti di detti servi, come infatti Lancillotto Gobbo e suo padre avrebbero fatto con Shylock. Ma anche questo non risultava anomalo, poiché era comune cercare di trattare bene la servitù cristiana, specie da parte dei Nuovi Cristiani, per non incorrere in denuncie alle autorità da parte di servi scontenti per i molti reati abominevoli che si credeva gli ebrei convertiti compiessero di nascosto nelle loro abitazioni18. Che Shakespeare conoscesse o meno la vita degli ebrei a Venezia, Shylock come personaggio risulta così credibile che si è cercato di risalire alla sua ipotetica nazione di provenienza, identificandola con quella todesca, tanto che Arnold Wesker, in una modernizzazione del testo, gli attribuisce il cognome Kolner19. Altro aspetto della verosimiglianza storica del personaggio Shylock è la somma che presta ad Antonio: i tremila ducati coincidono con una somma contestata in un processo di usura tenuto a Venezia tra il 1567 e il 156820 che coinvolgeva anche una ricca e famosa famiglia di mercanti ebrei, i Ribiera21. Secondo Brian Pullan22, Gaspar Ribiera aveva molti tratti simili a quelli di Shylock: entrambi erano esperti di pietre preziose; come Jessica, anche Violante, la figlia di Gaspar, non amava affatto le tradizioni ebraiche familiari che il padre coltivava. Nonostante Gaspar fosse un Cristiano Nuovo23, ella aveva rifiutato il matrimonio con un importante membro della comunità ebraica veneziana preferendo sposarsi con un nobile della terraferma, “amante torbido, superbo e litigioso”, descrizione che potrebbe ricordare i tratti caratteriali che Lorenzo mette in mostra nella 17 Processi del S. Uffizio di Venezia contro Ebrei e Giudaizzanti. 1582 – 1585, a cura di PIER CESARE IOLY ZORATTINI, pp. 20 – 21. 18 Processi del S. Uffizio di Venezia contro Ebrei e Giudaizzanti. 1571 – 1580, a cura di PIER CESARE IOLY ZORATTINI, pp. 27 – 28. Per quello che riguarda l’immaginario cristiano relativamente a quello che accadeva nelle abitazioni degli ebrei è certamente illuminante l’analisi dell’affresco di Paolo Uccello “La profanazione dell’ostia” a Urbino, in S. GREENBLATT, Practicing New Historicism, Chicago and London, University of Chicago Press, 2000, pp 75 – 109. 19 B. PULLAN, “Lo «Shylock di Shakespeare»”, p. 298. 20 Ibidem, p. 300. 21 C. BOCCATO, “Risvolti familiari e attività d’impresa”, in L’identità dissimulata, pp. 311 – 320. 22 B. PULLAN, “Lo «Shylock di Shakespeare»”, pp. 304 – 06. 23 Negli atti del processo viene riportata la seguente frase, diretta al padre e al fratello. “Giudei rinegati, vi voglio far abbrugiare, voglio andar dal legato et alla Vogaria a far sapere la vita che tenete!”, in Processi del S. Uffizio di Venezia contro Ebrei e Giudaizzanti. 1579 – 1586, a cura di PIER CESARE IOLY ZORATTINI, p. 19. 5 commedia. A margine di queste coincidenze si può inoltre notare che negli atti di un processo del 1589, tenuto contro un marinaio cristiano accusato di frequentare indebitamente il Ghetto, appaiono tra i testimoni Domenico Gobbo e suo figlio, custodi dei cancelli del Ghetto24. Ovviamente Gobbo è lo stesso cognome dei servi, anch’essi padre e figlio, di Shylock nel Mercante. Se a questo aggiungiamo che il marinaio si era giustificato dicendo che si era invaghito di una ragazza ebrea che voleva convertire e sposare, sembra evidente che anche se Shakespeare non aveva conoscenze dirette della vita veneziana25, la sua descrizione di Shylock e della Venezia che gli girava attorno non era molto lontana dalla realtà. Si potrebbe quasi dire, ancora con Brian Pullan, che “Gaspar Ribiera, il marrano di Venezia, somiglia più a Shylock che al dottor Rodrigo Lopez, il marrano di Londra, che lo studioso inglese Sir Sidney Lee aveva proposto come candidato a tanto onore”26. La vita dell’ebreo Salomone era speculare a quella di Shylock a partire dalla sua abitazione: la casa di Paolo Coroneo, il nobile patrizio veneziano che lo ospitava, viene “considerata il tempio delle Muse e delle virtù”27, è una casa “provvista di un’infinita varietà di libri e di antichi documenti, come pure di strumenti per la musica e per tutte le scienze matematiche”28. Possiamo immaginarla come quelle descritte da Francesco Sansovino: “Sono infinite fabriche con i palchi delle camere, e dell’altre stanze, lavorata a oro e altri colori, e istoriate con pitture e con artificii eccellenti. Quasi tutte hanno le abitazioni coperte di nobilissimi razzi, di panni di seta, di corredi d’oro, di spalliere e di altre cose secondo le stagioni dei tempi. Et le camere per lo più sono adornate di lettiere e di casse fatte a oro, con pitture, e con cornici parimente cariche d’oro”29. 24 B. PULLAN, “Lo «Shylock di Shakespeare»”, pp. 306 – 307. 25 “Non è necessario supporre che Shakespeare avesse passato una parte degli anni oscuri della sua vita a Venezia, sebbene si possa sottolineare che questo periodo misterioso, che va dal 1585 al 1592, comprenda l’anno del processo contro il Moretto [il marinaio]. Qualche marinaio, qualche viaggiatore ritornato da Venezia a Londra avrebbe potuto raccontare delle storie di prestiti usurari, di liti tra cristiani e giudei, di conversioni al Cristianesimo e di apostasia al Giudaismo”. B. PULLAN, “Lo «Shylock di Shakespeare»”, p. 309. 26 Ibidem, p. 309. 27 J. BODIN, Colloquium heptaplomeres: le sette visioni del mondo, a cura di C. Peri, Milano, Terziaria, 2003, p. 91. 28 Ibidem, p. 92. 29 F. SANSOVINO, Venetia città nobilissima, f. 142 v. Citato in inglese in P. FORTINI BROWN, Private Lives, p. 2. 6

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This belief in malfunctioning or incomplete genitalia mirrors Freud's .. l'un l'altra l'eccessiva somiglianza con la religione del Vecchio Testamento.
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