MELCHIORRE TRIGILIA S. PELLEGRINO DI CALTABELLOTTA DALLA LEGGENDA ALLA STORIA Foto di Accursio Castogiovanni CALTABELLOTTA 2011 S. PELLEGRINO UCCIDE IL DRAGO E SALVA IL BAMBINO MELCHIORRE TRIGILIA S. PELLEGRINO DI CALTABELLOTTA (TRIOCALA) DALLA LEGGENDA ALLA STORIA IL DISCEPOLO DI S. PIETRO – IL PRIMO VESCOVO DI CALTABELLOTTA LA CHIESA SICILIANA DEL I SECOLO PARTE PRIMA LE FONTI La vita di S. Pellegrino o Peregrino, primo vescovo di Triocala, l’antica Caltabellotta, mandato da S. Pietro da Roma, ci è stata tramandata in alcuni manoscritti latini e italiani. Quelli latini, molto più brevi, in forma di lezioni compendiate come quelle del Breviario Romano, sono tre e sono riportati dal Gaetani o Caietano e dagli Acta Sanctorum: due, quasi identici, riguardano la “Vita di S. Pellegrino Confessore”, e il terzo è il “Martirium” o “Passio” di Libertino Vescovo di Agrigento e di S. Pellegrino”. Ma la fonte più ampia e completa è il manoscritto italiano del 1794, scoperto e pubblicato nel 1963 da A. Daneu Lattanzi. A questi testi bisogna aggiungere il riferimento a S. Pellegrino contenuto nel codice greco dell'“Encomio” di S. Marciano, protovescovo di Siracusa. Cominciamo col Gaetani, mal citato e non letto dagli studiosi; lo traduco per la prima volta integralmente dal latino. Inoltre traduco anche, in modo da poter fare il confronto, il testo originale manoscritto delle “Avvertenze”(Animadversiones) del Gaetani, databile a prima del 1620, anno della sua morte, più ampio ed importante del testo a stampa, rimasto ignoto agli studiosi posteriori fino ai nostri giorni! Per distinguere la traduzione dei codici latini e di quello greco ed il testo del ms. del 1794 dall'introduzione e note del Gaetani, degli Acta Sanctorum e degli altri, riporto le fonti in corsivo e con un corpo maggiore. 5 Cap. 1° VITA DI S. PEREGRINO CONFESSORE DAI CODICI MANOSCRITTI DI CALTABELLOTTA (Traduco dal latino da: O. Caietano, Vite dei Santi Siciliani, vol. I, p. 37) Dall’Ascensione in cielo di Cristo Nostro Signore, non subito fu estinta la potenza degli spiriti immondi, che prima avevano occupato il mondo, ma ancora molte regioni erano afflitte dall’iniquo dominio di serpenti e dragoni, da quei maligni spiriti posseduti, per terrorizzare il genere umano. In quei tempi l’Apostolo Pietro aveva la dignità della Cattedra Episcopale [di Roma], e alcuni uomini illuminati da Dio erano famosi in Grecia, nel cui numero c’era Peregrino, uomo di vita venerabile. Essendo la loro fama giunta all’Apostolo, li fece venire da sé e, riconosciuta la loro virtù e santità, li mandò qua e là per le diverse regioni del mondo, per cacciare gli spiriti dannosi agli uomini. Dunque Peregrino, fatta la preghiera a Dio, fu mandato in Sicilia dall’Apostolo Pietro. Con la guida di Dio pervenne nella città il cui nome [oggi] è Caltabellotta. Qui allora un immane e dannoso Drago viveva in una caverna con sommo terrore degli abitanti; al quale ogni giorno veniva offerto un fanciullo tirato a sorte, come miserando alimento. Perciò la città a poco a poco cadeva nella devastazione. Un giorno fu condotto un fanciullo, unico figlio di sua madre, che con cuore puro serviva il Signore. A costei che sperava in Dio, prima che il figlio venisse offerto al drago, avvenne questo fatto. Peregrino, entrato in città e facendo la questua per il cibo, le aveva chiesto un pezzo di pane. La pia donna, poiché non aveva alcun pane in casa da dare al richiedente, corse dal- 6 la sua vicina per averlo in prestito. Ma costei, pur avendone in abbondanza, giurò di non averne. Così Peregrino se ne andò a mani vuote. Ma dopo un po’ di tempo la donna menzognera, recatasi nel posto dove teneva il pane e constatò che i pani che aveva negato di avere erano mutati in marmo. Alla vista di ciò, fu fortemente atterrita e comprese che quello era il castigo del suo spergiuro e disumanità verso il povero; e correndo subito per il vicinato, mostrava il pane di marmo a tutta la gente piena di meraviglia, e narrava apertamente il miracolo che era avvenuto. Di poi, fatto giorno, era uscito dalla sua tana il Drago e si recava nel luogo dove al solito riceveva il cibo. Parimenti quelli che servivano il Drago, come si usava, sottratto il fanciullo alla madre, glielo portavano. La madre, quando vide che il figlio le era strappato dal seno e le era cavata dagli occhi la sua pupilla, irruppe in quelle miserande grida comuni alle madri in tali casi; e implorava aiuto a Dio con grandi clamori. Mentre i ministri portando il fanciullo, spaventati si avvicinavano al drago, ecco si avvicina, per divina volontà, un vecchio, che aveva un bastone in mano (era Peregrino) e disse: Date a me il fanciullo per condurlo; e ricevutolo, passo passo il vecchio procedeva verso la belva. Questa, appena lo vide venire, con grande strepito esultava, ma vedendo il vecchio che si avvicinava, ebbe paura e fremendo in modo terrificante batteva la terra, né osò strisciare avanti. Il Beato Peregrino, avvicinandosi senza timore, offriva spontaneamente il fanciullo al dragone, il quale tentando di afferrare quel pasto con la bocca spalancata, rimase ingannato; infatti, mentre il vecchio faceva finta di offrirgli il fanciullo, mise dentro le sue fauci spalancate il bastone che portava e lo tenne infisso finché il dragone, correndo indietro, giunse nella spelonca dove aveva la 7 sua tana. Subito Peregrino chiuse il buco dove il drago precipitò e da quel giorno non si vide più. Il popolo vedendo queste cose esultava per la gioia, lodava Dio, onorava e venerava Peregrino. Il piccolo fu ridato alla madre che esultante narrava il miracolo fatto da Peregrino il giorno precedente; e mostrava anche lo stesso pane mutato in sasso. Perciò maggiormente tutti quanti con liete grida esclamavano: Benedetto il Signore Dio che ci ha liberato dall’immane e mortifera bestia, per mezzo del suo servo Peregrino. Egli invero, per non sembrare che avesse abbandonato quella gente povera e rozza, scelse come abitazione la stessa caverna dove si nascondeva il dragone, nella quale visse in grande santità fino alla fine della vita. Invero dopo la morte fu reso illustre da tanti miracoli, che da molte regioni lontane gli ammalati, condotti colà acquistavano la guarigione. Gli abitanti onorano la memoria del Patrono benemerito nel terzo giorno prima delle calende di febbraio (30 gennaio). OTTAVIO CAIETANO (GAETANI) (Vite dei SS. Siciliani, I, p. 35s.) VITA DI S. PEREGRINO CONFESSORE S. Peregrino, Patrono della città di Caltabellotta in Sicilia, nacque in Grecia, ma non ci è noto il nome della sua patria, e quello che più dispiace gli illustri esempi delle virtù e le fatiche sopportate per il Vangelo di Cristo, quasi tutte sostenute a beneficio dei Siciliani mentre visse, sono state dimenticate. Resta soltanto nelle cronache della sua città una breve storia di un insigne miracolo e beneficio, che noi ivi abbiamo trovato, un tempo distribuita in fogli scritti (lectiones) e recitata nell’ufficio solenne. Da questa noi ricaveremo quello che si può dire su questo tanto grande uomo, poco aggiungendo per confermare il racconto. Avendo dunque Peregrino guadagnato presso i suoi stima di santità per l’esimia integrità dei costumi, Pietro, Principe degli Apostoli, che era allora a Roma, lo fece venire da lui assieme ad altri degnissimi uomini del- 8 la Grecia. L’Apostolo infatti a cui, come Vicario di Cristo, gravava soprattutto la cura di provvedere a tutto il mondo, perché la messe cristiana non soffrisse per mancanza di operai [cfr. Matt. 9,37: “La messe è molta ma gli operai sono pochi..”] quelli che sapeva ripieni dei divini benefici, li mandava in un luogo o in un altro, secondo la necessità. E dopo aver riconosciuto le vestigia mirabili dei celesti doni nell’animo di Peregrino, lo mandò in Sicilia principalmente col fine di incutere terrore e ordine di fuggire ai demoni che infestavano gli antri e uccidevano gli abitanti. Capiva infatti che i demoni diventavano soprattutto rabbiosi quando non solo era abbattuto il loro dominio ma ormai era impedito e cadeva in rovina; e nulla c’era di meglio per aprire la porta al Vangelo che ordinare l’esilio ai demoni nel nome di Cristo. Infatti la forza divina pienamente risplendeva sia abbattendo gli spiriti superiori alle umane forze, sia perché non solo era riconosciuta ma anche attraeva fortemente al suo amore coloro che aveva liberato da tanti mali. Quando Peregrino venne in Sicilia, cosa abbia fatto, quale sia stata la successione degli eventi, quale la diffusione della fede per opera sua, come dicevo, lo ignoriamo. [Quello che il Gaetani ignorava della vita e le opere di S. Pellegrino, ce lo racconta nei particolari proprio il manoscritto italiano, che dimostra di non aver conosciuto]. Questo solo trovo, che guidato da Dio giunse nella città che ora ha nome Caltabillotta. Da qui invero irrompe la prima difficoltà che sembra rovinare completamente la restante storia di Peregrino e lasciare solo la conoscenza del suo nome. Infatti questa città col nome saracenico che porta si crede costruita dai Saraceni, che invasero la Sicilia dopo 800 anni almeno dopo Cristo. Dunque la città dove fu mandato Peregrino da S. Pietro, il quale, come abbiamo narrato, beneficò in modo singolare gli abitanti, lo chiamano col nome saracenico di Caltabillotta, ma io credo che sia invece la vecchia città o parte della vecchia città. I Saraceni diedero questo nome nuovo perché abitarono quel piccolo sito o, se preferisci, perché già distrutto lo ricostruirono. Infatti da quel monte dove ora si trova Caltabellotta a breve distanza dalle abitazioni, si vedono i resti di un’antica città, che un tempo era chiamata Triocala2. L’origine del suo nome, come ricorda Diodoro (lib. 36), fu questa: essa aveva soprattutto tre cose bellissime: sorgenti dolcissime e perenni, campi fertilissimi ben coltivati specialmente con vigneti e oliveti e infine il sito ben difeso dalla natura 9 con rupi. Durante la guerra servile Servio, duce dei ribelli, circondò la città con un fossato molto profondo lungo otto stadi [1 S. = 178 mt. Tot. 1424 mt. ca.], stabilì la sua reggia nella sua rocca e la ornò con eleganti edifici.. E sebbene in quella guerra la città fu distrutta, venne in seguito ricostruita e durò per molto tempo; infatti fra le lettere di Papa S. Gregorio una è mandata a Pietro vescovo di Triocala, un’altra riferisce che allo stesso Pietro fu affidata la visita della Chiesa di Agrigento. Queste lettere furono invero spedite circa l’anno 600 dopo Cristo. Inoltre rimane ancora traccia del nome; infatti in quel campo che è detto dai Siculi Troecoli dal Re Ruggero, per la vittoria sui Saraceni, fu eretto il Priorato chiamato S. Giorgio di Triocalis, con lieve cambiamento della voce. In questa città dunque di Triocala, di parte della quale, o come vicina o come erede fu Caltabillotta, credo che sia giunto Peregrino. E stimo che in questi “atti” ci sia il nome di Caltabillotta perché furono scritti dopo che i Saraceni vennero cacciati dalla Sicilia, quando il nome di quella città antica era stato dimenticato, o era ignoto alla maggior parte. Non vedo dunque nulla che allontani Peregrino dai primi tempi della nascita della Chiesa. Alla città infatti in cui si dice che sia venuto Peregrino, non allora ma in seguito fu dato il nome di Caltabillotta; lo scrittore invero per prolessi la chiama Caltabillotta, cosa che capita non raramente presso altri scrittori. Allora in una cavità di un antro vicino dimorava un grande drago, che senza dubbio era un demonio nascosto sotto quella specie oppure era di solito soggetto al comando di un demonio. I cittadini atterriti per la paura di mali maggiori, gli portavano, a tempo stabilito, un crudele tributo, cioè un fanciullo in dolcissimo cibo, estratto a sorte, come leggiamo nelle storie essere avvenuto in altri luoghi. Quando dunque dall’urna scossa fu estratto il nome del fanciullo destinato a saziare la voracità del dragone, figlio unico di una donna povera e pia, ella, pur non sperando nessun aiuto se non dal cielo, tuttavia sperava e con grande ardore lo chiedeva. Avvenne per divina disposizione che, poiché Peregrino mendicava da lei del cibo sufficiente al suo bisogno, ella subito per meritare l’aiuto di Dio grazie all’elemosina e all’opera di misericordia, dato che non aveva nemmeno un pezzo di pane in casa, corse nelle case vicine per chiederne in cambio; ma lì non ricevette il pane ma mancanza di benevolenza; l’amica infatti spergiurò di non averne, e si dice anche che abbia imprecato dicendo 10 che se avesse avuto del pane sarebbe diventato pietra. Così Peregrino se ne andò a mani vuote, ma non senza punizione (della seconda donna) e gratitudine (per la prima). Infatti quando la donna menzognera volle tirar fuori il pane che aveva nascosto, trovò sassi, nei quali per virtù divina si erano mutati quei pani conservandone la forma. Stupisce la donna prima per la novità della cosa, poi riconoscendo la lieve ma salutare punizione divina per la sua disumanità, narra il fatto alle vicine e mostrando il pane di pietra, che ancora oggi i Caltabellottesi conservano, ammira la santità di quel poverello che Dio volle confermare con un miracolo tanto grande. Il giorno successivo, mentre i ministri trepidanti portavano dal dragone il fanciullo strappato dalle braccia della madre, si avvicinò Peregrino e disse: Date qua il fanciullo, perché avete recato offesa (a questa donna)? Io volentieri lo offrirò al dragone né lo temo. Ricevuto dunque il fanciullo passo passo procedeva verso la belva; ma quella appena vide il vecchio che veniva, con grande strepito si torceva, si infuriava e sbatteva le membra sui sassi. Peregrino allora, facendosi più vicino, gli presentava senza timore il fanciullo, ma deluse il drago che rizzatosi apriva la bocca; infatti, mettendo il bastone dentro la terribile cavità della sua bocca, abbatté la belva e non cessò di tirarlo fuori finché lo spinse facendolo retrocedere finché non precipitò in una profondissima voragine7. Non si può spiegare facilmente con quanto plauso fu accolto Peregrino dai cittadini, con quale lieto animo fu accolta e propagata la religione cristiana, e quante grazie egli e gli altri resero a Dio. Peregrino poi per rendere sicuri in futuro i cittadini, non solo ostruì il buco dell’antro doveva aveva precipitato la belva, ma abitò quella caverna finché visse. Sebbene gli Atti non aggiungono nulla a questo racconto, non dubiterei tuttavia che Peregrino vi abbia abitato come gli eremiti, dedito solo a sé stesso e a Dio, ma che si sia interessato anche, come poteva, della salvezza degli altri. E certo non mancano coloro che credono che dal Beato Pietro Apostolo gli sia stata data la carica di primo Vescovo; e che da lui ebbe inizio l’episcopato triocolitano, di cui, come abbiamo detto, si fa menzione in S. Gregorio Magno e a lungo dopo quei tempi . Il santissimo vecchio, dopo la sua morte risplendette di tanti miracoli, che spesso anche da remote città accorrevano i malati bisognosi del divino aiuto; ed anche oggi accorrono a quel felicissimo antro che ospitò un uomo tanto grande e carissimo a Dio. 11 Gli abitanti festeggiano la memoria del loro assai benemerente Patrono il terzo giorno prima delle calende di febbraio [30 gennaio] e (venerano) la reliquia dell’omero o di una parte del santissimo corpo di Peregrino. Aggiungo infine che sono dipinte come ricordo del singolare beneficio, antichissime icone del Santo col dragone morto. Credo che non sarà cosa sgradita al lettore se riporto gli Antichi Atti di S. Peregrino Confessore, che qui aggiungo. LE “ANIMADVERSIONES” DEL GAETANI NELLE VITE DEI SANTI SICILIANI (Animadversiones, p. 26) Grecia. Alcuni affermano che S. Peregrino fu nativo di Lucca; ma diede occasione a questa opinione il corpo che si dice esserci a Lucca; ma io sono del parere che il Peregrino di Lucca è diverso dal nostro. Triocala. In un’antichissima moneta trovo scritto Tricala. Stefano [bizantino] (nel libro) De Urbibus (Sulle città): Tricalon, poi Tricala; il nome della gente, Triclini. Cicerone (In Verrem, /): Nel Triclino, luogo che i fuggitivi occuparono …ecc.”. Diodoro (lib. 36) frequentemente, Triocala. Così anche Silio (lib. 14). Triocalini sono detti gli abitanti da Plinio (lib. 3, c.8). Dunque la voce “Triacala” in Tolomeo (lib. 3,c.4) è corrotta. Silio ci dice che la città di Triocala fu distrutta e devastata nella guerra servile. Caltabellotta per Triocala. Negli atti di S. Nicone è detto che andò a Costantinopoli, mentre andò a Bisanzio, che poi fu chiamata Costantinopoli. L'antro del drago. E' distante sia dalle antichissime rovine di Triocala che dalla piccola città di Caltabellotta ora abitata. Il dragone. Serpenti di straordinaria grandezza sono attestati da (Cassio) Dione, (nella Vita di) Augusto, (lib. 50); Plinio (lib. 8, c. 11 e 14); Strabone (lib. 16) e da altri. Luca Tudense narra che al tempo dell’Imperatore Teodosio vi fu un serpente che a stento tirarono otto gioghi (di buoi). E’ celebre anche il Drago di Rodi, presso Bosio (nel libro) Sulla religione gerosolimitana; si può leggere nel Baronio (Ann. Eccl.) anno 324, n. 97ss: Vittime in pasto ai serpenti. 12 A Roma, come tramanda Metafraste (Vita di S. Silvano, 19 Agosto), c’era un dragone nascosto sotto il Campidoglio al quale nelle singole calende [primo del mese] erano offerte come vittime delle Vergini. Anche ad Antiochia ci fu un drago a cui ogni anno sacrificavano un uomo estratto a sorte secondo l’uso dei Greci; quando però, come tramandano Metafraste e
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