__ _ _ 49 Riflessione sull” amare umano e teologico come prendersi cura di sé, avendo cura dell'altro, mediante il prendersi cura dei beni mediazionali infrapersonali di Serio De Guidi Cura: intelligente responsabilita di occbi e mani. Dopo il fallimento dell°ideologia della prassi dell°amore ateo e nel contesto dell'imponentesi efficienza tecnico-in- formatica, senza amore, sembra opportuno, se non neces- sario, rimeditare il significato e il valore dell°amare umano e teologico nella cultura contemporanea, caratterizzata da crescenti possibilità premorali reali e virtuali di amare e da decrescenti prospettive morali di amarel. r L”oggetto preciso della riflessione non è la realtà dell'a- more nella sua quadruplice forma: erotico, parentale, fileti- co e agapico, ma Fazione stessa dell”amare attivo e passivo umano e teologico o agapaoz. Rimettendo l'analisi dei testi dell°AT e del NT sull”uno/ duplice comandamento dell'amare ad un°altra pubblicazio- ne, in questo testo, nella prima parte vengono fatte alcune premesse di chiarifica così da poter svolgere nella seconda parte, nell°ottica della categoria del prendersi cura di sé avendo cura dell'Altro mediante il prendendosi cura dei beni infrapersonali, una riflessione sistematico-pratica sul- l°amare umano e teologico. 1 Cfr. S. DE GUIDI, Ifamore nella cultura contemporanea: problemi e pro- spettive, RdT 39 (1998) 501-524. 2 Cfr. ID., Amicizia e Amore, Il Segno, Verona 1989; C.S. LEWIS, I quat- tro amori. Afletto, Amicizia, Eros, Carità, Jaka Book, Milano 1982. 50 _ _ Riflessione sull'amare umano e teologico I. PREMESSE DI CHIARIFICA Quattro sembrano essere gli aspetti da chiarire: tratti essenziali del dato biblico sul duplice/unico comanda- mento dell'amare, concetto di amare, problematica del duplice/unico comandamento/amore e categoria laica del prendersi cura/ avere cura come unico amare antropologi- co-teologico. Nell°AT si parla in modo distinto di due comandamenti, 1. Tratti essenziali quello dell'amare Jahve (Dt 6,5) e quello di amare il prossi- del dato biblico mo (Lv 19,18). Nei sinottici Gesù, pur unendo i due testi sul duplice/unico dell”AT, cita esplicitamente i due comandamenti, ma sem- comandamento bra che li intenda come unico comandamento (Mt 22,40). o amare umano Infatti il secondo è simile, cioè uguale, al primo (Mt 22,39). e teologico I due comandamenti da una parte sono un'unica fonte di vita eterna (Lc 10,25) e dall°altra parte costituiscono tutta e integrale la Legge e i Profeti (Mt 22,40). Sono un unico comandamento perché il duplice amore costituisce un uni- co amore. Infatti il raffreddarsi dell'agape di molti costitui- sce il segno del dilagare dell'iniquità escatologica (Mt 24,12), e similmente l°agape per il prossimo diventa l”unico criterio di giudizio escatologico (Mt 25,34-46). La duplici- tà/unicità del comandamento sinottico dell°amare Dio im- plica l'amare il prossimo e l°amare il prossimo esprime l°a- more per Dio. La connessione tra i due/unico comanda- mento e amare è Gesù Cristo. Infatti l°amare o non amare uno dei più piccoli dei suoi fratelli é amare o non amare Gesù, il Figlio di Dio glorioso e naturalmente viceversa: l'a- mare Gesù Cristo concretamente comporta amare ogni al- tro uomo amico e/o nemico, non bisognoso e/o bisognoso d'essere da noi amato (Mt 25 ,40.45 ). Naturalmente l'amore del prossimo è sempre mediato dai beni infrapersonali. Così, già secondo i sinottici, «siamo ricondotti all”enigmati- ca unità tra amore di Dio e amore del prossimo e al suo fondamento e radicalizzazione cristologica»3. 3 K. RAI-JNER, Unità dell'amore dz' Dio e del prossimo, in Nuouz' Saggi, I, EP, Roma 1968, 390. I Riflessione sull amare umano e teologico 51 In Paolo viene riaffermata la duplicità/unicità dell'amare Dio tramite l'amare il prossimo. Per l'apostolo l”agape orizzontale non solo è il compimento della legge (Gal 5,14), ma è anche «il vincolo della perfezione» (Col 3,14), la «via» o forma migliore dell°esistenza cristiana (1Cor 12,31). Infatti per Paolo l”agape, mediata dai beni infraper- sonali per il prossimo, è Fadempimento della legge (Rm 13,8). «Qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. L°amore non Éååeslspiå pšašlez Ipliefno confipiìnento cìlellafšegge è Paga- pe>› , - . « atto c e aposto o a erm1 con v1- gore la supremazia della carità è u_nl'eco della catechesi ora- le. E dalla medesima catechesi ris ta quanto sia spesso in- naturale contrapporre l'amore fraterno e l'amore di Dio; essi sono inseparabili, nonostante la netta distinzione dei due oggetti; la migåipñe prova dell'esistenza dÉll'amore ve1;- so Dio è offerta a fattiva carità verso ' prossimo››. «L°amore dell'uomo per Gesù Cristo, per Dio, e anche quello (1Cor 13,13), dell'amore che esiste fra il Padre e il Figlio (Ef 1,6; Col 1,13) e fra queste due pãrsone e lp Spirito Santo, che è per eccellenza “Spirito i carità”››. Naturalmente questa accentuazione dell”amare antropologi- co come espressione di quello teologico è sempre un ama- re mediato dai beni infrapersonali, «ricchezza di semplici- tà» (2Cor 8,3). In sintesi, Paolod dà una <<rì.'_i._ld_iHc:alizzazione›› della duplicità/unità del coman amento e 'amare oriz- zontale o antropologico rispetto all”amare verticale o teolo- åicoficrisåano sóenza però raggiungere una riflessione su tale up c1t` unità . s Questa prima riflessione sull”unità del comandamento e dell°amare si ha negli scritti giovannei. Nel vangelo Giovanni mette subito in relazione circolare l°amare di Gesù Cristo e del fratello. «Vi do tm comandamento nuo- vo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati» (Gv 13,34 e 15,12). Il come, katbòs, probabilmente non ha va- lore comparativo, il che sarebbe impossibile, nêconsecuti- vo, né fondativo, ma partecipativo. Gesù, amando i disce- 4 R. PENNA, Amore nella Bibbia, Paideia, Brescia 1972, 81. 5 Ibidem, 84. A 6 RAHNER, Unita, 390. s _ Riflessione sull°amare umano e teologico poli, li rende capaci di amarsi con l°amare della stessa qua- lità cristologico-teologale. <<Ora, come altrove nel quarto vangelo, kat/Jós non ha qui il senso di una similitudine, ma quello dell'origine. “Secondo che vi ho amato, amatevi”; oppure “amatevi... dal momento che vi ho amato affinché, allo stesso modo, vi amiate gli uni gli altri”. Noi preferia- mo rendere così: “Con l'amore con cui vi ho amato, ama- tevi gli uni gli altri”, versione vicina al significato del testo. L°amore del Figlio per i suoi discepoli genera il loro movi- mento di carità: è il suo amore che passa in loro, quando amano i fratelli e ne sono riamati. Nei vv. 15 e 17 l”amore di Gesù che sboccia nei credenti si rivela quello del Padre stesso»7. Questa circolarità dell'interagape viene ribadita in 15,12. «Dal Padre al Figlio, dal Figlio ai discepoli, poi nei discepoli gli uni per gli altri, un solo amore, il cui sgorgare è continuo›>8. Per Giovanni quindi l'amore teologico e an- tropologico si intersecano circolarmente: il Padre per Gesù Cristo nello Spirito ama l”uomo e l'uomo nella competenza dello Spirito di Gesù Cristo, il Figlio prediletto del Padre, ama il fratello e viceversa. «Chi accoglie i miei comanda- menti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch”io lo amerò e mi manifesterò. a lui>› (Gv 14,21). Nel quarto vangelo si dà un”unità di comanda- mento e di amore. «A differenza degli altri scritti neotesta- mentari, negli scritti giovannei entole' non indica mai i co- mandamenti della Tora mosaica. In Gv entolë si riferisce invece all°incarico conferito dal Padre al Figlio (10,18; 12, 49.50) e al comandamento impartito da Cristo ai suoi di- scepoli (13, 34; 14, 15.21; 15, 10.21)»9. All°unità di coman- damento corrisponde l°unità dell”azione di amare. <<Secondo Gv 10,18 essa, [l”entolë], consiste, per il Figlio, nel potere conferito di dare la propria vita e di (ri)pren- derla. Per i discepoli Pentole del Figlio consiste nel coman- do: “Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati” (13.,34; 15,12)»1°. L”agape pasquale del Figlio Gesù, donatagli dal I X. LEON-DUFOUR, Lettura dell'Evangelo secondo Giovanni. III Gli addii del Signore (Capitoli 13-17), San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1995, 106-107. 8 Ibidem, 221. 9 LLMBECK, emule, DENT, 1, 1228. 1° Ibidem, 1228. Riflessione sull amare umano e teologico 53 Padre, corrisponde all'agape che egli porta ai discepoli e l”agape reciproca dei discepoli è la stessa ricevuta dal Figlio Gesù. In sintesi, in modo particolare per Giovanni «l°amore di Gesù (11,5; 13,1.34; 14,21; 15,9.10.12) per i suoi è stato amore “fino alla fine” e corrisponde all°amore del Padre» per i discepoli e per Gesù, e di Gesù per il Padre, dei discepoli tra di loro, per Gesù e per il Padre ( 17, 23 .26)11. L'attuatore di tale reciproca azione dell'ama- re intertunana-divina è lo Spirito Santo. Il tema del rapporto duplice/unico comandamento o amare teologico e antropologico viene ripreso circolarmen- te in modo particolare in 1Gv. Il nostro amarci reciproca- mente proviene da Dio (1Gv 4,7). Tale provenienza corri- sponde all”identità di Dio come Padre, «poiché il Dio è agape›> (1Gv 4,8). Da questa natura proviene il primato del suo amarci: «Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo>› (1Gv 4,19). Dal primato dell'a.mare di Dio non si conclude al nostro doverlo riamare, ma all'obbligo dell°a- more reciproco. «Amati, se il Dio ci ha così amati, anche noi dobbiamo amarci reciprocamente» (1Gv 4,11). La spiegazione di questa illogica conclusione si trova nell”unità dell°agape per il prossimo e per Dio Padre. Noi siamo im- mersi nell°amare di Dio, per cui non possiamo amarlo sen- za amarci. «Noi abbiamo riconosciuto e creduto all°amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell”amore dimo- ra in Dio e Dio dimora in lui›> (1Gv 4,16). Il testo più significativo di questa circolarità si ha in 1Gv 5 ,1-3. Anzitutto chi ama Dio Padre credendo-amando Gesù, con ciò ama i fratelli. «Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio. E chi ama colui che ha generato, ama chi da lui è stato generato›› (1Gv 5,1). Tra le varie interpretazioni si può accettare questa: <<Ognuno che ama il Dio che ha generato, ama il figlio (cristiano) da lui generato››12. <<Il contesto significa ovviamente: chi ama Dio ama anche il proprio fratello. Fratello significa “confratello” o “prossi- mo”? Il problema può restare aperto»13. Ma l'argomento 11 G. Sci-INEJDER, agape, DENT, 1, 30. . 12 R.E. BROWN, Le lettere di Giovanni, Cittadella, Assisi 1986, 731. 13 R. BULTMANN, Le lettere di Giovanni. Testo greco e traduzione, com- mento, Paideia, Brescia 1977, 127. _ 24 __ ___ _ __Riflessione_sull°amare umano e teologico può essere rovesciato. <<In questo conosciamo che amiamo i figli di Dio ogni qualvolta amiamo Dio e facciamo i suoi comandamenti» (1Gv 5,2). Perciò come «Famore fraterno è la prova dell”amore di Dio, così pure l°amore di Dio è la prova dell'amore fraterno»14. Questa circolarità, se si ag- giunge il fatto che è lo Spirito di Dio e/ o di Cristo che effonde nei nostri cuori l°agape (Rm 5,5), è ad un tempo teologica e antropologica. L'amare muove da Dio Padre per Gesù Cristo nella competenza dello Spirito Santo fino a coinvolgere l°uomo proprio come fratello per risalire, tra- mite l°amare l'altro uomo come fratello nella competenza dello Spirito per Fazione di Gesù, a Dio Padre. Si tratta di <<un ragionamento circolare: si prova l”amore per Dio tra- mite l”amore per i fratelli (1Gv 4,20-21) e poi si prova l°a- more per i fratelli tramite l'amore per Dio»15. L”autore del- la lettera fa un ragionamento al negativo e dal minore al maggiore. «Chi infatti non ama il proprio fratello che ve- de, non può amare Dio che non vede. Questo è il coman- damento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (1Gv 4,21). Questo amore per essere probati- vo non può ridursi a sole parole e a soli sentimenti, ma esige d°essere mediato anche dai beni materiali, il primo dei quali è la propria vita bio-psichica storica. <<Da questo abbiamo conosciuto l°amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezza di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come di- mora in lui l'amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (1Gv 3,16-18). «L'autore della lettera sta semplicemente riformulando Gv 15,12-13: “Amatevi l°un l°altro come io ho amato voi; nes- suno può avere un amore più grande di questo: dare la sua vita per coloro che ama”. <<Dove l°autore della lettera dà un contributo originale alla tradizione a noi nota dal vangelo di Gv è in 3,17-18, dove egli collega il dare la propria vita a mettere in comunione i propri mezzi di sus- sistenza. Generalmente, questo è considerato come un ar- gomento a maiore ad minus: se si è obbligati a dare la pro- 14 BROWN, Le lettere, 732. 15 Ibidem, 772. _ 55 fšif_1s_e_i9as_$PJ1Ãa_asafs 9~_faaa9_s_F_¢91aaís9 _ _ pria vita per il proprio fratello, si è obbligati al dono mi- nore dei mezzi di sussistenza: “le opere di verità”; l'amore di Dio è una forza attiva; esso si deve esprimere in opere e non solo essere lloggego di convprsazione››1°. Aåicãie second do Gc 2,15-16 ' cre ere come 'amare senza ' onare «' necessaãio per il corpo, sãlsti e cibi quotidiano›› rimango- no ster' ', morti. «La pre ' ezione c e Giacomo nutre per i poveri [è] in connessione con le esigenze dell°AT e di Gesù (Is 58,7; Pr 3,27-28; Mt 25,46)››1 . 1 In silf1tesi,dl'Al'_I` affernli/a la duplicità aìlei ccšnandamenåi, a trip 'cità eg' oggett' soggetti, sé, tro, io e quin i degli atti ealdella natura deålamoíe, quello alilitropologico egoistico e truistico e que o teo ogico. Per ' NT nei si- nottici si rassomigliano i due comandamenti e quindi gli oggetti/soggetti, atti e amori. In Paolo i due comandamen- ti rimangono ancora distinti, ma gli oggetti/ soggetti sono connessi circolarmente a motivo dell'unità dell°economia dell'amore teologico trinitario verticale e antropologico orizzontale. In Giovanni si dà unità di comandamento, di oggetto/ soggetto, Idi azione e di apiore come circolare aga- pe economica teo ogica e antropo ogica. Questo modo di comprendere l'amare sé, amando Dio e il prossimo, tramite i beni infrapersonali e viceversa, sembra costituire un problema che nella tradizione cristia- na ha avuto differenti soluzioni e che oggi può essere risi- gnificato tramite la categoria laica di prendersi cura di sé, avendo cura dell'Altro, prendendosi cura dei beni infran- mani. 2. Il concetto In senso generale il termine italiano amore significa: «af- di amore fettointenso che tende al possesso del suo oggetto e all”u- antropologico- nione con esso e spinge a preservarne l'essere e procurarne teologico il bene»18. Di questo concetto generale, lungo la voce amo- 16 Ibidem, 648 e 619. 17 F. MUSSNER, La Lettera di Giocomo. Testo greco e traduzione, commen- to, Paideia, Brescia 1970, 191 e nota 14. 18 Amore, Grande dizionario della lingua ialiana, I, a cura di S. BATTAGLIA, UTET, Torino 1970, 423. Riflessione sull°amare umano e teologico re del dizionario del Battaglia, vengono indicate diciotto specificazioni. La nostra attenzione però non è rivolta a chiarire Yessenza dell'amore, ma la qualità dell'azione di amare. Nelle lingue moderne si usa un solo verbo, amare, per parlare dell'azione di amare. Ma questa «appare fin dalla cultura greca come polimorfa e quindi polisema››19. <<Per esprimere i diversi sensi dell°amore, i Greci dispone- vano di quattro termini. Innanzitutto storgë (stérgein), con cui da un lato si designa il tenero sentimento che sponta- neamente i genitori sentono per i figli o che i figli provano fra di loro e verso i genitori stessi, dall”altro l”affetto che unisce reciprocamente due sposi, non esclusa per estensio- ne la simpatia per un amico o compatriota. Vi è, quindi, l'érôs (eraô), probabilmente derivato da un antico neutro eras. Ignorato dal NT, esso esprime soprattutto la passione ed il desiderio [erotico-genitalel. Quantunque spesso rivol- ta al bene, una tale brama difficilmente può indicare un amore propriamente divino,non foss”altro che per sbandi- re il rispetto. L°amicizia (pbilia, pbiléô) si situa su un piano completamente diverso, sebbene possa frequentemente si- gnificare l”affetto puro e semplice, Pattaccamento e la sim- patia che è caratterizzata da cortesia e benevolenza. Nonostante i punti di contatto con agapân, pbilein non po- teva, comunque, essere adeguato ad esprimere quella parti- colare dilezione che solo unisce Dio agli uomini, ma che si rivolge perfino ai nemici; tanto più che, anteriormente al sec. I, il sostantivo agdpê non era ancora entrato, eccezione fatta per i LXX, nell°uso letterario. E un amore quanto mai razionale, poiché implica conoscenza e assennatezza, donde la frequente accezione di “preferenza”. Il più delle volte agapân significa “apprezzare”, “far gran conto”, “te- nere in alta stima”; è un amore di profondo rispetto (1Pt 2,17), che, espresso, si combina con Pammirazione, tanto da culminare nell°adorazione. Va da sé che stima e bene- volenza siffatte tendono ad esprimersi con parole e gesti convenienti. Ciò è tanto vero, che nel NT bisognerebbe quasi sempre tradurre agapë' con “manifestazione d”amo- re”. Un tale sentimento d'affezione, a differenza dell'éros eterna causa di sofferenza e di sciagure, non è mai disgiun- 19 DE GUIDI, Ijamore, RdT 39 (1998) 502. Riflessione sull'amare Lunano e teologico 57 to dal contenuto: infatti, il significato ordinario d°agapân è soprattutto “esser contento”, “essere soddisfatto”. Ma nel- la lingua cristiana, trattandosi d”un amore divino che pro- viene dal cielo (Rm 5,5), tale sentimento sarà addirittura gioioso, quasi un pregustare la beatitudine»2°. L°unità lessi- cale agapica del NT ripropone il problema del duplice unico comandamento/ amore. Nel NT, pur affermando l°unità del comandamento e 3. La problematica del duplice/unico dell°a.more, non se ne dà una spiegazione. Anzitutto l'unità comandamento/ è data dall”effettiva identità tra i due comandamenti e amore amori, oppure è costituita dall°unità di Dio che comanda l°uno e l”altro amore? Per conseguenza l'amare il prossimo sarebbe la prova visibile e tangibiledel nostro amare Dio? In questo senso il prossimo verrebbe amato per e in se stesso o per amore di Dio? Più precisamente ancora, dato l'indiscusso primato dell°amore di Dio Padre per Gesù Cristo nello Spirito per noi e di noi per Lui, Dio deve es- sere amato solo direttamente o può venire amato anche indirettamente, amando sé e il prossimo? All”unico coman- damento giovanneo corrisponde anche l°unità dell°oggetto/ soggetto proprio come sua triplice espressione? Ci si chie- de se ogni atto di amore autentico implichi sempre, alme- no implicitamente, sé, l'altro e Dio. «L°amore di Dio rag- giunge il suo scopo volgendo sé, e con sé noi, verso il fra- tello? Ci porta a Dio e ci porta ad amarlo come amore del prossimo?»21. All'unità lessicale dell”unico comandamento e dell'unico oggetto/soggetto corrisponde anche l°unità della stessa azione delllamare o agapân/agapaô? Si tratta della stessa densità o della stessa qualità dell°azione di amare? Nonostante l'unità lessicale del NT e di comandamento per quanto concerne l”unità dell”oggetto/ soggetto la teolo- gia tradizionale, da una parte in generale, ma non in s. Tommaso, non prende in considerazione il senso positivo, 2° C. SPICQ, agape, Note di lessicografia neotestamentaria, 1, Paideia, Brescia 1988, 51-56. 21 RAHNER, Unita, 392. _ __ Riflessione su1l'amare umano e teologico _- 1 ~ ----- -w-.__-1 il sé dell”amante, dall°altra parte considera il prossimo, e quindi implicitamente anche il sé, amati non in e per se stessi, ma per amore di Dio. Nella tradizione, a partire dal- la concezione neoplatonico-agostiniana, il sé viene rinnega- to, dimenticato, sorpassato per amore di Dio. «Perciò è Dio che deve essere amato; al punto che per amare lui, se è possibile, dobbiamo dimenticare noi stessi». «Non puoi raggiungere Dio, se non ti elevi al di sopra anche dell”ani- ma>›22. Il prossimo viene amato per amore di Dio. Ma non si ritiene che l°amare sé e il prossimo corrisponda sempre anche all°amare Dio. <<Il motivo infatti per cui si predilige il prossimo è Dio: cioè dobbiamo amare il prossimo come se sia in Dio»23. Ciò suppone che chi non crede e non ama esplicitamente Dio sia incapace di amare autentica- mente, almeno con qualche atto, sé e il prossimo come se stesso. Data l'unicità del piano storico salvifico, chi ama il prossimo, senza con ciò amare Dio, farebbe un atto natu- ralmente buono, ma teologicamente nullo. Inoltre, ammes- so che l”atto di amare sia informato dalla carità infusa, per cui «è lo stesso atto con cui amiamo Dio e il prossimo››, non sarebbe possibile amare il prossimo agapicamente, senza amare con lo stesso amore teologico Dio24. Cioè l”a- more di Dio, o carità, infuso consentirebbe di amare il prossimo per amore di Dio, ma non permetterebbe di amare Dio per e con l°amore teologico del prossimo. Per la teologia tradizionale <<ogni atto della caritas verso il prossimo è formalmente, anche se forse soltanto inclusiva- mente, amore di Dio, perché l°atto per definizione si effet- tua <<per amore di Dio amato di amore soprannaturale», però negherebbe che, viceversa, ogni atto della caritas ver- so Dio sia formalmente anche amore al prossimo [...]. La maggior parte dei teologi inorridirebbe oggi dinanzi alla proposizione che conferisce alla tesi fondamentale il suo senso ultimo, la sua vera e propria incisività e ineludibilità, che cioè dappertutto dove un vero amore dell'uomo rag- 22 S. AGOSTINO, Discorso 142, 3, Discorsi' sul Nuovo Testamento, 3/1, 117-150, Città Nuova, Roma 1990, 355; ID., Commento al Vangelo di San Giovanni, 20,11, Città Nuova, Roma 1968, 479. ' 23 S. TOMMASO, Summa Tbeologiae, 2-2, q 25 a 1. 24 Ibidem, 2-2, q 25 a 1.
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