Fondazione Guido d’Arezzo Centro studi guidoniani Fondazione Guido d’Arezzo POLIFONIE Storia e teoria della coralità History and theory of choral music Organo del / Journal of the Centro studi guidoniani I, 2 2001 Fondazione Guido d’Arezzo POLIFONIE Storia e teoria della coralità History and theory of choral music Organo del / Journal of the Centro studi guidoniani Rivista semestrale / Half-yearly review Comitato direttivo / Advisory board Giulio Cattin, Renato Di Benedetto, F. Alberto Gallo, Francesco Luisi Redattori / Text editors Antonio Addamiano, Paola Besutti, Rodobaldo Tibaldi Assistente alla redazione / Editorial assistant Cecilia Luzzi Notizie dalla Fondazione Guido d’Arezzo News from the Guido d’Arezzo Foundation Maria Cristina Cangelli Consulente perla lingua inglese / English language consultant Hugh Ward-Perkins Sito internet / Web master Silvia Babucci Grafica di copertina / Cover graphic design Laura Bizzarri Direttore responsabile / Legal responsability Francesco Luisi Redazione e direzione / Editorial office Fondazione Guido d’Arezzo Corso Italia 102 – I-52100 AREZZO (Italia) tel. 0575-356203 fax 0575-324735 e-mail: [email protected] www.polifonico.org ©Fondazione Guido d’Arezzo 2001 Polifonie, periodico semestrale - I, n. 2, 2001 ISSN 1593-8735 Iscrizione al n. 5/2000 del Registro Stampa del Tribunale di Arezzo Direttore Responsabile: Francesco Luisi Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale Tariffa stampe periodiche - art. 2 comma 20/C L. 662/96 DC/115/SPdel 30/08/2001 - Arezzo POLIFONIE I, 2 - 2001 Saggi / Articles GUIDO MILANESE Alcuino, i grammatici e la trasmissione del repertorio gregoriano. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 219 Alcuin, the Latin Grammars, and the Transmission of Gregorian Repertoire. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 237 Interventi / Discussions RODOBALDOTIBALDI Lo stile «osservato» nella Milano di fine Cinquecento: alcune osservazioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 251 The ‘stile osservato’in Milan in the late 16th century: some preliminary observations . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 277 Libri, musica e siti internet / Books, music and web I repertori vocali monodici e polifonici nelle riviste musicali e musicologiche. Rubrica d’informazione bibliografica a cura di Cecilia Luzzi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 281 The monodic and polyphonic repertories in the musical and musicological journals. A column of bibliographical information draw up by Cecilia Luzzi . . . . . . . . . . . . ” 283 Notizie dalla Fondazione Guido d’Arezzo News from the Guido d’Arezzo Foundation L Concorso polifonico internazionale Guido d’Arezzo (2002): bando regolamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 289 50th Guido d’Arezzo International Polyphonic Competition (2002): announcement, regulations . . . . . . . . . . . . . . Pag. 305 XXIX Concorso Internazionale di Composizione Guido d’A- rezzo (2002) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 317 29th International Composition Contest Guido d’Arezzo (2002). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 321 XIX Concorso Polifonico Nazionale Guido d’Arezzo 2002. ” 325 Norme per gli autori / Instructions for contributors. . . . . . . ” 335 Indice del volume I, 2001 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 337 GUIDO MILANESE Alcuino, i grammatici e la trasmissione del repertorio gregoriano Il dibattito più stimolante che negli ultimi decenni si stia svolgendo nel campo degli studi gregoriani è sicuramente quello relativo alle vicende ‘prei- storiche’ di quel repertorio liturgico cantato che usiamo definire appunto ‘canto gregoriano’o ‘canto romano–franco’. Che cosa è avvenuto nel secolo e mezzo circa intercorso tra il momento in cui i contatti tra impero e papato generano quel repertorio e le nostre documentazioni scritte attestanti la diffu- sione delle notazioni neumatiche?1Le risposte possono essere varie, e il pano- rama delle soluzioni possibili («scenarios») è ben presentato dal Levy nel primo capitolo del suo splendido volume d’insieme su Gregorian Chant and the Carolingians.2La scelta operata dal Levy non si limita a proporre un ritor- no a una visione precedente il momento del grande successo delle concezio- ni che affidavano all’‘auralità’ (piuttosto che ‘oralità’, come è stato giusta- mente proposto),3la chiave interpretativa della genesi del repertorio gregoria- no, ma inserisce, appunto, l’ipotesi di una origine della trasmissione scritta della componente musicale del repertorio liturgico romano–franco all’interno del contesto culturale dell’età carolingia. Il quadro storico che emerge dalle pagine di Levy è affascinante, e soddisfa lo storico perché il peso delle ipote- 1Aderisco qui, come si vede, alla ricostruzione storica che vede nel repertorio romano–franco un prodotto sostanzialmente romano ma con apporti gallicani o anche ispanici, come brillan- temente dimostrato di recente dal Levy per quanto riguarda gli offertori; cfr. KENNETHLEVY, ANew Look at Old Roman Chant, «Early Music History», XIX, 2000, pp. 81–104, che svi- luppa suggerimenti, ormai classici, di Baroffio e di Ruth Steiner e precedenti ricerche dello stesso Levy: KENNETHLEVY, Toledo, Rome, and the Legacy of Gaul, «Early Music History», III, 1984, pp. 49–99 (edito poi in ID., Gregorian chant and the Carolingians, Princeton, N.J., Princeton University Press, 1998, pp. 31 sgg.). 2LEVY, Gregorian chant and the Carolingians cit. 3PETERJEFFERY, Re-envisioning past musical cultures: ethnomusicology in the study of Gre- gorian chant, Chicago – London, University of Chicago Press, 1992 (Studies in ethnomusico- logy), p. 48. Un panorama anche bibliografico è offerto in KENNETHLEVY, On Gregorian Ora- lity, «Journal of the American Musicological Society», XLIII, 1990, pp. 185–227 (edito poi in ID., Gregorian chant and the Carolingians,pp. 141 sgg.). I titoli di riferimento restano inoltre quelli di Leo Treitler tra i quali: LEOTREITLER, Homer and Gregory. The transmission of epic poetry and plainchant, «Musical Quarterly», LX, 1974, pp. 333–372; ID., Reading and sin- ging: on the genesis of Occidental music writing, «Early Music History», III, 1984, pp. 135–208; e di Hucke: HELMUTHUCKE, Toward a New Historical View of Gregorian Chant, «Journal of the American Musicological Society», XXXIII, 1980, pp. 437-467. Un’altra recen- te visione contra: DAVIDG. HUGHES, Evidence for the Traditional View of the Transmission of Gregorian Chant,«Journal of the American Musicological Society», XL, 1987, pp. 377–404. 219 GUIDO MILANESE si presentate, pur considerevole, è comunque proporzionato alla capacità esplicativa che la teoria ottiene; ma certamente la robustezza di una teoria si misura sulla efficacia nel reggere l’impatto con nuovi dati di fatto che con la teoria vengano a confrontarsi. L’ipotesi del Levy giunge alla construzione di un «early archetype scena- rio»;4l’ipotesi, dunque, di un «authoritative noted archetype of the Frankish- Gregorian proper» già esistente alla fine del sec. VIII, caratterizzato da una «authoritative melodic formulation»,5 che si sarebbe imposta all’uso liturgi- co–musicale dell’Impero. Amio avviso i punti di forza della ricostruzione di Levy sono soprattutto i seguenti:6 1. la constatazione della unità ‘forte’del repertorio, fin dalle prime attesta- zioni manoscritte. Come osserva il Levy, è difficile pensare a un lungo periodo di trasmissione orale: supponendo che le nostre prime attestazio- ni scritte di manoscritti liturgici con musica (fine sec. IX) siano contem- poranee alla effettiva diffusione della scrittura neumatica, e supponendo che la fissazione del repertorio romano–franco vada collocata nella seconda metà del secolo VIII, occorre supporre almeno 120 anni di tra- smissione orale. Come spiegare una tale stabilità?7 4LEVY, Gregorian chant and the Carolingians cit., p. 13. 5Ivi, p.65. 6Riprendo qui alcuni argomenti avanzati da Levy e ne avanzo alcuni nuovi, o comunque modi- ficati rispetto alla originaria formulazione. 7Non a caso dom Mocquereau e dom Gajard, in un classico opuscolo tuttora di grande inte- resse [ANDRÉ MOCQUEREAU - JOSEPH GAJARD, La tradition rythmique dans les manuscrits, Paris, Societé de Saint Jean l’Evangeliste,1924 (Monographies gregoriennes, 4), pp. 10-11, 28- 30] affermavano: «il exista au moyen âge, l’âge d’or du chant grégorien, une interprétation tra- ditionnelle fixant dans le moindre détail l’expression à donner aux mélodies liturgiques». Si trattava di una «tradition universelle, qu’on retrouve dans tous les pays d’Occident; tradition primitive, qui, selon toutes vraisemblances, vient de Rome et remonte l’époque même de saint Grégoire» (per valutare storicamente questa «tesi romana» bisogna tenere conto del fatto che l’opuscolo venne scritto prima del sorgere del vero interesse per il canto antico–romano: ma in un’ottica ‘post-Stäblein’anche questa ipotesi potrebbe riprendere vitalità, cfr. per esempio BONIFACIOBAROFFIO, Il canto gregoriano nel secolo VIII, in Lateinische Kultur im VIII. Jahr- hundert. Traube-Festschrift, hrsg. v. Albert Lehner und Walter Berschin, St. Ottilien, Eos Ver- lag, 1989, pp. 9–23. Doveva dunque esistere una «interpétation traditionnelle» (non a caso l’e- spressione di Mocquereau e Gajard costituirà, trent’anni dopo, il titolo di un celebre contribu- to del p. Cardine: cfr. dom EUGÈNECARDINE, L’interprétation traditionnelle du Chant Grégo- rien, «Revue grégorienne», XXIX, 1954, pp. 50–57). Si deve constatare l’indipendenza delle scuole grafiche: «ces manuscrits n’ont pas été copiés les uns sur les autres»; e ci deve essere una “SOURCECOMMUNE” (in maiuscoletto nel testo) che i due studiosi identificavano, come già detto, con la tradizione romana. Aquesto punto sorgeva il problema di spiegare una così lunga stabilità, problema ‘romanticamente’risolto ricorrendo a una tradizione orale che si sarebbe mantenuta grazie a «l’effort de volonté» degli antichi, che vedevano il canto sacro 220 ALCUINO, I GRAMMATICI 2. la stabilità si estende sia al repertorio solistico sia a quello corale: per esso, evidentemente, «license for improvisatory input was limited»;8a me pare particolarmente significativa la stabilità del repertorio solistico, evi- dentissima a chiunque scorra i volumi 2 e 3 della Paléographie Musica- le: sarebbe infatti il repertorio solistico quello più ovviamente esposto alla trasformazione di tipo oralista; 3. i riferimenti che Aureliano compie al repertorio liturgico presuppongono un canto «absolutely fixed and specific [...] with fixed details», con rife- rimento al numero delle sillabe, il che fa pensare a una «visual inspection of noted music»;9 4. la differenziazione delle grafie all’inizio del sec. X: «Acommon neumed model ca. 800 would leave time for the notational differences ca. 900 to develop. The relatively moderate pace of notational change during the tenth century suggests that the neumatic differences ca. 900 have a remo- te, earlier departure point»;10 5. la divisione dell’Impero, avvenuta prima della metà del sec. IX, fa pen- sare d una diffusione ‘autorevole’ di un repertorio unitario nei decenni precedenti l’840 circa.11 Questi argomenti, che Levy presenta con onesta prudenza,12 portano a concludere che l’assenza di testimonianze neumatiche antiche «may reflect anything more than accidents of preservation».13 Agli argomenti del Levy aggiungerei alcune considerazioni complementari, che anche io ritengo deb- bano essere considerate non decisive, ma comunque, spero, suggestive al punto giusto. come «une chose sacre, un bien d’Eglise». Ma, a parte spiegazioni pie, ma certamente poco soddisfacenti come questa, la questione della stabilità del repertorio resta la difficoltà vera. 8LEVY, Gregorian chant and the Carolingians cit., p. 17; cfr. p. 207. 9Ivi, pp. 188, 192. Resta naturalmente il problema della cronologia dell’opera di Aureliano, che può andare dall’840-850 alla fine del secolo; ma, secondo quanto riferisce SUSAN RANKIN, Carolingian music, in Carolingian culture: emulation and innovation, ed. by Rosamond McKitterick, Cambridge, Cambridge University Press, 1994, pp. 274–316: 291 n. 30, Lawren- ce Gushee, l’editore della Musica disciplinanel Corpus scriptorum de musica(vol. 21), riter- rebbe necessario spostare la datazione al «first quarter of the ninth century», il che rendereb- be ulteriormente importante la testimonianza di Aureliano per la valutazione dell’ipotesi del Levy. 10LEVY, Gregorian chant and the Carolingians cit., p. 243. 11Ibid. 12Ivi, p. 112: «The evidence is spotty, and my results cannot pretend to be more than conjec- tures». L’unico argomento del Levy che non mi pare accettabile è quello relativo alla costitu- zione di scuole di canto (p. 214); ciò è vero e noto, ma non contrasta assolutamente con un pos- sibile quadro di trasmissione oralista. 13Ivi, p. 242. 221