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PENSIERI DI RAMANA MAHARSHI (Quaderni Advaita) PDF

76 Pages·2017·1.26 MB·Italian
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1 Ramana Maharshi - Mahasamadhi 52° Anniversario ASSOCIAZIONE ITALIANA RAMANA MAHARSHI Mahasamadhi di Sri Ramana 52° Anniversario a New york Traduzione a cura di Laura Quaderno n° 1 8 Maggio 2006 2 Ramana Maharshi - Mahasamadhi 52° Anniversario Mahasamadhi di Sri Ramana 52° Aniversario a New York Il cinquantaduesimo Aradhana del Maharshi è stato celebrato dall’Ashram Arunachala nella Sala della Comunità del tempio di Ganesha nel Queens, a New York, domenica 14 aprile 2002. Erano presenti molti devoti, per la maggior parte provenienti dai tre stati della regione. Il programma è iniziato con la recitazione del “Marital Garland of Letters.” Per una felice coincidenza, l’inizio ha coinciso esat- tamente con la data (14 Aprile) e l’ora (8: 47 P.M., IST) in cui il Maharshi esalò l’ultimo respiro cinquantadue anni fa. Tutti sono rimasti stupefatti a questa notizia. Inoltre, i devoti allo Sri Ramanasramam stavano recitando il medesimo poema nello stesso istante, cosa che ci ha unito tutti insieme nella ghirlanda dellaPresenza di Bhagavan. Dennis Hartel ha dato il benvenuto ai devoti e ha fornito brevi no- tizie biografiche sulnostro ospite relatore ed amico, il Dr. Eric Ford.Eric sta per trasferirsi sulla CostaOccidentale, e dato che è l’unico astrofisico che conosciamo, abbiamo pensato di chiedergli almeno una lezione prima della sua partenza. L’argomento? Qualcosa di semplice: le attuali teorie sulla creazione, le idee sulla creazione nei Veda e quelledel Maharshi sulla creazione. Con la sua profonda conoscenza del soggetto, è stato ingrado di riassumere questo ampio argomento in soli trenta minuti. Davvero un’impresa! La sua dissertazione, intitolata per scherzo “Dal Big Bang a Bhagavan”, è stata apprezzata da tutti. Alla funzione, abbiamo avuto la presenza di molti validi cantanti, anche se per mancanza di tempo, soltanto alcuni hanno potuto offrire le 3 Ramana Maharshi - Mahasamadhi 52° Anniversario loro canzoni. “Upadesa Saram” e”Arunachala Pancharatnam” sono state recitate da tutti i devoti. Sono stati cantati i Veda ed è stata offerta un’arati, seguita da un prasad, costituito da un pasto gustoso, preparato con cura. L’Ashram dei bambini, presso l’Ashram Arunachala di Nuova Scozia, si terrà dal 19 al 23 agosto (da lunedì a venerdì). Chi desidera che i propri figli lo frequentino, chiami per maggiori informazioni: Darlene: 902-665-2263 o l’Ashram di New York: 718-575- 3215 LETTERE & COMMENTI Consapevolezza Mi chiedo se mi potrete aiutare su un argomento che mi arrovella ultimamente. Non ricordo indicazioni del Bhagavan al proposito. Il mio dilemma è questo: Quanta attenzione devo dedicare alla mia esperienza presente, sia essa buona o cattiva, essendo”consapevole” se mi si passa il termine. E quando allontanarsi da questa esperienza e chiedersi ‘A chi sta succedendo questo?’ Se fatta troppo presto, questa tecnica sembra negare il fatto di essere presenti nel mondo. Spero di essermi spiegata con chiarezza. Ogni risposta sarà apprezzata. Essere pienamente in sé, essere consapevole del presente, come dici, è utile per sviluppare il distacco. Il distacco libera la mente e le permette di immergersi all’interno, o di dissolversi. Quando cambiare da questa pratica all’indagine dipende dalla pakva (idoneità)del sadhaka. La tecnica Vichara non rifiuta “l’essere presenti nel mondo”, piut- tosto procura un metodo per realizzare che tu sei presente “come” mondo. Nulla sarà separato. In breve,essere “consapevole” durante le tue attività va bene, ma si dovrebbe, con la mente ben concentrata, passare un po’ di tempo ogni giorno cercando l’origine della mente. Mentre si appro- fondisce questa pratica, si scoprirà che non esiste alcuna cosa come la “mente”,ma solo il Sé. Il Direttore. 4 Ramana Maharshi - Mahasamadhi 52° Anniversario Perché la Creazione? Ho una domanda scottante che non mi abbandona. Dopo aver studiato e fatto meditazione per molti anni, non riesco a scrollarmi questa: perché la questione della creazione è al primo posto. Non può essere perché abbiamo bisogno di diventare consapevoli del nostro vero Sé. Il nostro Sé è già consapevole, lo è sempre stato e sempre lo sarà. In tutti i libri sul Maharshi, egli ha sempre ignorato questo tipo di domanda e ha detto, “Vai dentro di te e chiedi chi si sta facendo quella domanda.” Ho fatto così per molti mesi e la domanda si è placata, ma non mi ha abbandonato. Mi sono rivolto, poi, agli scritti di Sri Aurobindo che sono stati utili per guardare il problema dal punto di vista del complessivo processo evo- lutivo; ma nella migliore delle ipotesi suona ancora sciocco, e vago come la domanda ‘perché la creazione’, se questo mondo nel quale viviamo è comunque illusorio? Un qualsiasi aiuto o suggerimento di alcune letture sarà una ben- edizione per me. Grazie per la vostra indulgenza. “Perché la creazione al primo posto?” Questa è una buona domanda per la mente. Ma noi siamo forse la mente? Noi, la sostanza creata, siamo in una posizione sfortunata per cer- care di capire cosa c’era nella mente del Creatore quando ha prodotto tutto questo, se c’è qualcosa di simile alla “mente” anche per il Creatore. Nessuna risposta intellettuale a questa domanda può essere corretta, poiché la verità risiede ben oltre il regno del creato –noi, gli individui. Dunque cosa fare? Dimenticare tutta la questione e andare avanti con la vostra vita quotidiana, o cercare la soluzione a questa domanda cercando di capire che cosa sia stato creato - “me”. “Me” o “Io” è per- fettamente apparente, ma ciò che non è apparente è ciò che questo “Io” è, da dove è venuto, dove va, e qual è la sua vera natura. È bene condurre questa indagine, poiché il Maharshi e altri saggi da tempo immemore hanno dichiarato che la risposta a questa domanda risolve tutte le altre domande. 5 Ramana Maharshi - Mahasamadhi 52° Anniversario Una volta conosciuto il nostro Sé – non intellettualmente, ma per diretta esperienza -, allora questa fastidiosa domanda sul proposito della creazione sarà messa a tacere. Il Direttore Tratto dal Mountain Path Traduzione a cura di Laura 08 Maggio 2006 1 Ramana Maharshi - Cinque versi sul Sé ASSOCIAZIONE ITALIANA RAMANA MAHARSHI RAMANA MAHARSHI Cinque versi sul Sé Commento a cura di Bodhananda Quaderno n° 5 27 Luglio 2006 2 Ramana Maharshi - Cinque versi sul Sé Cinque versi sul Sé Questi sono gli ultimi versi composti da Sri Ramana Maharshi. Furono scritti su richiesta di un devoto, Suri Nagamma, autore del libro “Lettere dal Ramanasram”. Bhagavan li scrisse in Telegu, usando però una forma metrica Tamil, chiamata venba, e quindi li tradusse in Tamil. Poiché già esisteva una composizione di Shankara chiamata Atma Paanchakam, Bhagavan decise di chiamare la sua composizione Ekatma Panchakam. 1. When, forgetting the Self, one thinks that the body is oneself and goes through innumerable births and in the end remembers and becomes the Self, know this is only like awaking from a dream wherein one has wandered over all the world. 1. «Quando, dimenticando il Sé, si pensa di essere il corpo… Quando si è errato fra innumerevoli nascite... Quando, alla fine, ricordando si diviene il Sé… Sappi che è solo come svegliarsi da un sogno, in cui si è vagato in tutto il mondo.» L’avidya, l’ignoranza metafisica dell’essente sulla sua stessa natura di puro essere, rende l’individuazione (o alterità o percezione) meta preminente all’attenzione dell’essente. 3 Ramana Maharshi - Cinque versi sul Sé La percezione definisce l’alterità e quindi l’individuo, il quale opera nel tempo quivi definito, in luogo dell’essente. Così il fenomenico diviene la sfera vitale, dove l’ente, identifi- cato col corpo, con la percezione dei sensi, persa la consapevolezza di essere, si ritiene esistente grazie alla percezione dell’individuazione; è questa a credere, a credersi esistente: individuo. Credenza in luogo di consapevolezza, individuo in luogo di essenza. È questa individuazione- credenza a rimanere quale seme causale e a manifestarsi nel ripristino della percezione, dopo l’esaurimento degli involucri precedenti. L’essente in sé non è soggetto al tempo, perché la sua Realtà è al di là di ogni tempo. È a questa Realtà che l’essente reintegra sé medesimo; tutte le individuazioni man mano interpretate, con i relativi involucri indossati, assumono la consistenza di un sogno già finito. L’alterità e la conseguente individuazione marcano il tempo definendolo. Alla loro risoluzione nella conoscenza, anche il tempo perde consistenza, sottraendo l’oggettività al fenomenico: le vite sono state un errare nel sogno. 2. One ever is the Self. To ask oneself ‘Who and wherea- bouts am I?’ is like the drunken man’s enquiring ‘Who am I?’ and ‘Where am I?’ 2. «Si è sempre il Sé. Chiedersi “Chi e dove sono ?” È come l’ubriaco che si chiede “Chi sono?” e “Dove sono?”» L’essente, il Sé e l’Essere sono un’unica e identica Realtà. Non c’è un solo momento, un solo istante in cui non si sia ciò che si è: l’essente. Esso è il medesimo Sé o atman di cui parla la tradizione, identico a Quello: il Reale. Chiedersi “Chi sono io?” è l’azione di chi, ubriaco del fenomenico, completamente accecato dall’ignoranza metafi- sica o avidya, crede che basti una domanda o una azione fenomenica a disciogliere l’individuazione che crede di essere. L’indagine sull’io necessita del distacco per prendere le dovute distanze dall’io stesso, per poterlo vedere e identificare in tutti i suoi aspetti, e della discriminazi- one per distinguere fra i vari livelli di oggettività nella percezione. La pura Realtà, l’Essere, il Sé, tutto questo è lo stato naturale dell’essente. 4 Ramana Maharshi - Cinque versi sul Sé Nessuna distanza spazio-temporale separa l’essente da ciò che è, solo l’ignoranza metafisica, che insieme è e non è. 3. The body is within the Self. And yet one thinks one is inside the inert body, like some spectator who supposes that the screen on which the picture is thrown is within the picture. 3. «Il corpo è nel Sé. Nonostante questo, si pensa invece di essere dentro il corpo inerte, come quegli spettatori credono che lo schermo sia entro il film che ivi si proietta.» Ritenere la coscienza di altro più reale della consapevolezza in sé è l’ignoranza metafisica. La sovrapposizione della percezione sull’essenza che ne è sostrato è l’ignoranza metafisica della propria autoesistenza, indipendentemente da ogni sensorialità. In questa ignoranza vengono accumulati tutti quei dati sensoriali che invece di essere immediata- mente risolti sono oggetto di adesione-apprensione. In questa ignoranza si formano le erudizioni: accumuli, contenuti, affettività in luogo di riconoscimento del libero fluire del continuo divenire. 4. Does an ornament of gold exist apart from the gold? Can the body exist apart from the Self? The ignorant one thinks ‘I am the body’; The enlightened knows ‘I am the Self’. 4. «Potrebbe mai esistere un gioiello d’oro senza l’oro? Può esistere il corpo separato dal Sé? L’ignorante pensa “Io sono il corpo”. L’illuminato conosce “Io sono il Sé”.» È l’ignoranza a far credere all’acqua del mare di essere un’onda, a far credere alla neve di essere un pupazzo, a far credere all’essente di essere un corpo fisico, un corpo emotivo, un corpo mentale. Il corpo mentale aderisce ad ogni percezione che lo impressiona, il corpo emotivo aderisce ad ogni vibrazione che lo attraversa, il corpo fisico aderisce al

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successo tutto!” Allora Ramdev cominciò a piangere ancor più e disse: sedia, mentre tutti i devoti siedono intorno ai suoi piedi. Alle otto di sera
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