P A N I Tradizione e prospettive della panificazione in Sardegna P A N I Tradizione e prospettive della panificazione in Sardegna P A N I Tradizione e prospettive della panificazione in Sardegna La pubblicazione di questo volume è stata resa possibile grazie Indice al sostegno del BANCO DI SARDEGNAS.p.A. e della FONDAZIONE BANCO DI SARDEGNA Collana di ETNOGRAFIA E CULTURA MATERIALE Coordinamento Paolo Piquereddu Coordinamento redazionale Anna Pau Grafica e impaginazione Ilisso edizioni 7 PANI DI SARDEGNA 274 SU CRISPÈSU: ARTE POPOLARE FIGURATIVA E PLASTICA Progetto grafico copertina Aurelio Candido Alberto Mario Cirese IN SU PAN’E SA COJA ORROLESE Lucia Marrocu Ortu Referenze fotografiche Le fotografie sono state appositamente realizzate 19 LA CULTURA DEL PANE NELLA SARDEGNA TRADIZIONALE per questo volume da Pietro Paolo Pinna e fanno parte dell’ARCHIVIOILISSO, Giulio Angioni 280 LA FÉSTA DE IS BAGADÍUS A SIURGUS al quale appartengono anche le fotografie di Mario De Biasi, Sebastiano Giulio Angioni Satta, Salvatore Mura, Max Leopold Wagner e le immagini n. 36, 81, 511. 52 IL PANE IN SARDEGNA DALLA PREISTORIA Le seguenti foto appartengono agli archivi: n. 1 ARCHIVI ALINARI; n. 42 AR- ALL’ETÀ ROMANA 285 FARE IL PANE A VILLAURBANA CHIVIO CONTRASTO; nn. 38, 40, 61, 74-75, 111-116, 581, 635 ARCHIVIO MA- RIANNE SIN-PFÄLTZER; n. 24 ARCHIVIO FULVIO ROITER; nn. 469, 472-475 ARCHI- Tatiana Cossu Mirella Tatti, Sebastiano Chighini VIOISRE. È vietata ogni ulteriore riproduzione e duplicazione 60 GRANO E PANE NELLA SARDEGNA GIUDICALE 289 QUOTIDIANITÀ E CERIMONIALITÀ Barbara Fois NEI PANI PER I BAMBINI Anna Lecca 63 L’ETERNA CONTESA DEL GRANO Un sentito ringraziamento è rivolto ai panificatori, il cui lavoro ha permes- 315 IL PANE RACCONTATO Francesco Manconi so la pubblicazione di questo volume, e a tutti coloro che hanno collabo- Roberto Randaccio rato a vario titolo, in particolare: il Museo della Vita e delle Tradizioni Po- polari Sarde di Nuoro, negli addetti alla gestione e nella persona del 67 I PANI DELLA TRADIZIONE direttore generale dell’ISRE Paolo Piquereddu; le due Soprintendenze per i Giannetta Murru Corriga 329 IL PANE NARRATO DAL POPOLO Beni Archeologici della Sardegna, nelle persone dei soprintendenti France- Chiarella Addari Rapallo sco Nicosia e Vincenzo Santoni; il Civico Museo Archeologico “Genna Ma- ria” di Villanovaforru nella persona del curatore Ubaldo Badas; il Civico 230 LA MOLA ASINARIA: UNA COMPLESSA MACCHINA 340 GRANO, FARINA E PANE NELLA MEDICINA POPOLARE Museo Archeologico alle Clarisse di Ozieri nella persona del direttore Lu- ANIMALE Nando Cossu crezia Campus; il Museo Civico “Casa Atzori” di Paulilatino nelle persone Maria Gabriella Da Re dei componenti la Società Cooperativa “Archeotour”; il Museo delle Tradi- zioni Agroalimentari “Casa Steri” di Siddi nella persona del direttore Anna 343 IL LESSICO DEL PANE 233 LE MOLE ASINARIE DECORATE Maria Steri; il Museo Etnografico di Sant’Antioco nelle persone dei compo- Giovanni Lupinu nenti la Società Cooperativa “Archeotour”; il Comune di Muravera nella Margherita Coppola persona del Sindaco Salvatore Piu; la Pro Loco di Olmedo nella persona 357 PAROLE E FORME DEL PANE IN SICILIA PER UN dperel spidreesnitdee Mntaer iMa aSsesrirmauo; Mla eSloonciie; tlàa CPoroo pLeorcaoti vdai “UFossrausmsa Ti rnaeiallnai ”p deri sFoonrad odne-l 236 PANE DI GHIANDE: UN’INTERVISTA DI VENTI ANNI FA POSSIBILE CONFRONTO CON I PANI DELLA SARDEGNA Maria Teresa Mazzella gianus; il Comitato del 2005 per i festeggiamenti di San Marco di Lei; il Antonino Cusumano Priore di San Giovanni Battista di Fonni Roberto Marceddu; Marianne Sin- Pfältzer per la premurosa disponibilità; Salvatore Ferrandu per la fonda- 239 IL MAIS IN SARDEGNA 373 IL PANE A LIEVITAZIONE NATURALE: mentale opera di supporto e consulenza relativamente a Thiesi, Cheremule Gerolama Carta Mantiglia UN ALIMENTO DA RISCOPRIRE e Bessude; Anna Maria Cabras, Gianluca Corsi, Bianca Moncelsi, Luisa Giovanni Antonio Farris, Manuela Sanna, Monne, Giuseppina Rosa e Antonietta Sanna per la preziosa competenza; 242 PERCHÉ L’ORZO DIVENTI PANE. Angelo Aste, Giovanni Maria Demartis, Anna Pia e Stefano Demontis, Cate- Maria Cristina Dore, Mariella Dettori rina Dessì, Stefania Farris, Ivo Serafino Fenu, Giuseppe Fogarizzu, Simona I SAPERI FEMMINILI PERDUTI Frau, Franco Fresi, Silvana Frongia, Graziella Manconi, Salvatore Novellu, Giannetta Murru Corriga 383 L’EVOLUZIONE DELLA COLTURA DEL GRANO DURO Mena Orrù, Giovanna e Pasqua Palimodde, Vincenzo Palimodde, famiglia IN SARDEGNA: ASPETTI VARIETALI E QUALITATIVI Piras, Teresa Piu, Luisa Putzu, la Società Cooperativa Teatro “Fueddu e Ge- 248 IL PANE DI SAN GIOVANNI Marco Dettori, Mario Lendini stu”, Maria Spissu Nilson, Fulvio Stellino, Venturino Vargiu e Graziella Mat- Paolo Piquereddu ta, per il generoso sostegno; Maria Piliu per la consultazione al corredo fo- tografico della sua tesi di laurea; Maria Pasqua Carta, Giovanna Chessa, 391 IL PANE FRA TRADIZIONE E MERCATO Maria Francesca Cocco, Costantino Corongiu, Giovanna Maria Manca, Vit- 253 LA CANDELARÌA DI ORGOSOLO Sergio Lodde torina Manca, Mariedda Pes, Santeddu Putzolu per la ricerca relativa a Se- Paolo Piquereddu dilo; il Mulino Sulis di Samugheo; la Panetteria “Da Graziella” di Nuoro. 402 LA RIPROPOSTA DELLA TRADIZIONE: 259 IL PANE DEI POVERI DI SAN COSTANTINO CONTINUITÀ E NUOVE PROSPETTIVE Maria José Meloni Vladimira Desogus 262 I PANI E LA FESTA DI SAN MARCO A LEI 410 INDICE DELLE LOCALITÀ E DEI PANIFICATORI Franca Rosa Contu © 2005 ILISSO EDIZIONI - Nuoro www.ilisso.it 412 BIBLIOGRAFIA (a cura di Maria Teresa Mazzella) 270 SU PANE ’E SANTU TILIPPU DI CUGLIERI ISBN 88-89188-54-5 Gian Franco Farina 418 AVVERTENZE REDAZIONALI La pubblicazione di questo volume è stata resa possibile grazie Indice al sostegno del BANCO DI SARDEGNAS.p.A. e della FONDAZIONE BANCO DI SARDEGNA Collana di ETNOGRAFIA E CULTURA MATERIALE Coordinamento Paolo Piquereddu Coordinamento redazionale Anna Pau Grafica e impaginazione Ilisso edizioni 7 PANI DI SARDEGNA 274 SU CRISPÈSU: ARTE POPOLARE FIGURATIVA E PLASTICA Progetto grafico copertina Aurelio Candido Alberto Mario Cirese IN SU PAN’E SA COJA ORROLESE Lucia Marrocu Ortu Referenze fotografiche Le fotografie sono state appositamente realizzate 19 LA CULTURA DEL PANE NELLA SARDEGNA TRADIZIONALE per questo volume da Pietro Paolo Pinna e fanno parte dell’ARCHIVIOILISSO, Giulio Angioni 280 LA FÉSTA DE IS BAGADÍUS A SIURGUS al quale appartengono anche le fotografie di Mario De Biasi, Sebastiano Giulio Angioni Satta, Salvatore Mura, Max Leopold Wagner e le immagini n. 36, 81, 511. 52 IL PANE IN SARDEGNA DALLA PREISTORIA Le seguenti foto appartengono agli archivi: n. 1 ARCHIVI ALINARI; n. 42 AR- ALL’ETÀ ROMANA 285 FARE IL PANE A VILLAURBANA CHIVIO CONTRASTO; nn. 38, 40, 61, 74-75, 111-116, 581, 635 ARCHIVIO MA- RIANNE SIN-PFÄLTZER; n. 24 ARCHIVIO FULVIO ROITER; nn. 469, 472-475 ARCHI- Tatiana Cossu Mirella Tatti, Sebastiano Chighini VIOISRE. È vietata ogni ulteriore riproduzione e duplicazione 60 GRANO E PANE NELLA SARDEGNA GIUDICALE 289 QUOTIDIANITÀ E CERIMONIALITÀ Barbara Fois NEI PANI PER I BAMBINI Anna Lecca 63 L’ETERNA CONTESA DEL GRANO Un sentito ringraziamento è rivolto ai panificatori, il cui lavoro ha permes- 315 IL PANE RACCONTATO Francesco Manconi so la pubblicazione di questo volume, e a tutti coloro che hanno collabo- Roberto Randaccio rato a vario titolo, in particolare: il Museo della Vita e delle Tradizioni Po- polari Sarde di Nuoro, negli addetti alla gestione e nella persona del 67 I PANI DELLA TRADIZIONE direttore generale dell’ISRE Paolo Piquereddu; le due Soprintendenze per i Giannetta Murru Corriga 329 IL PANE NARRATO DAL POPOLO Beni Archeologici della Sardegna, nelle persone dei soprintendenti France- Chiarella Addari Rapallo sco Nicosia e Vincenzo Santoni; il Civico Museo Archeologico “Genna Ma- ria” di Villanovaforru nella persona del curatore Ubaldo Badas; il Civico 230 LA MOLA ASINARIA: UNA COMPLESSA MACCHINA 340 GRANO, FARINA E PANE NELLA MEDICINA POPOLARE Museo Archeologico alle Clarisse di Ozieri nella persona del direttore Lu- ANIMALE Nando Cossu crezia Campus; il Museo Civico “Casa Atzori” di Paulilatino nelle persone Maria Gabriella Da Re dei componenti la Società Cooperativa “Archeotour”; il Museo delle Tradi- zioni Agroalimentari “Casa Steri” di Siddi nella persona del direttore Anna 343 IL LESSICO DEL PANE 233 LE MOLE ASINARIE DECORATE Maria Steri; il Museo Etnografico di Sant’Antioco nelle persone dei compo- Giovanni Lupinu nenti la Società Cooperativa “Archeotour”; il Comune di Muravera nella Margherita Coppola persona del Sindaco Salvatore Piu; la Pro Loco di Olmedo nella persona 357 PAROLE E FORME DEL PANE IN SICILIA PER UN dperel spidreesnitdee Mntaer iMa aSsesrirmauo; Mla eSloonciie; tlàa CPoroo pLeorcaoti vdai “UFossrausmsa Ti rnaeiallnai ”p deri sFoonrad odne-l 236 PANE DI GHIANDE: UN’INTERVISTA DI VENTI ANNI FA POSSIBILE CONFRONTO CON I PANI DELLA SARDEGNA Maria Teresa Mazzella gianus; il Comitato del 2005 per i festeggiamenti di San Marco di Lei; il Antonino Cusumano Priore di San Giovanni Battista di Fonni Roberto Marceddu; Marianne Sin- Pfältzer per la premurosa disponibilità; Salvatore Ferrandu per la fonda- 239 IL MAIS IN SARDEGNA 373 IL PANE A LIEVITAZIONE NATURALE: mentale opera di supporto e consulenza relativamente a Thiesi, Cheremule Gerolama Carta Mantiglia UN ALIMENTO DA RISCOPRIRE e Bessude; Anna Maria Cabras, Gianluca Corsi, Bianca Moncelsi, Luisa Giovanni Antonio Farris, Manuela Sanna, Monne, Giuseppina Rosa e Antonietta Sanna per la preziosa competenza; 242 PERCHÉ L’ORZO DIVENTI PANE. Angelo Aste, Giovanni Maria Demartis, Anna Pia e Stefano Demontis, Cate- Maria Cristina Dore, Mariella Dettori rina Dessì, Stefania Farris, Ivo Serafino Fenu, Giuseppe Fogarizzu, Simona I SAPERI FEMMINILI PERDUTI Frau, Franco Fresi, Silvana Frongia, Graziella Manconi, Salvatore Novellu, Giannetta Murru Corriga 383 L’EVOLUZIONE DELLA COLTURA DEL GRANO DURO Mena Orrù, Giovanna e Pasqua Palimodde, Vincenzo Palimodde, famiglia IN SARDEGNA: ASPETTI VARIETALI E QUALITATIVI Piras, Teresa Piu, Luisa Putzu, la Società Cooperativa Teatro “Fueddu e Ge- 248 IL PANE DI SAN GIOVANNI Marco Dettori, Mario Lendini stu”, Maria Spissu Nilson, Fulvio Stellino, Venturino Vargiu e Graziella Mat- Paolo Piquereddu ta, per il generoso sostegno; Maria Piliu per la consultazione al corredo fo- tografico della sua tesi di laurea; Maria Pasqua Carta, Giovanna Chessa, 391 IL PANE FRA TRADIZIONE E MERCATO Maria Francesca Cocco, Costantino Corongiu, Giovanna Maria Manca, Vit- 253 LA CANDELARÌA DI ORGOSOLO Sergio Lodde torina Manca, Mariedda Pes, Santeddu Putzolu per la ricerca relativa a Se- Paolo Piquereddu dilo; il Mulino Sulis di Samugheo; la Panetteria “Da Graziella” di Nuoro. 402 LA RIPROPOSTA DELLA TRADIZIONE: 259 IL PANE DEI POVERI DI SAN COSTANTINO CONTINUITÀ E NUOVE PROSPETTIVE Maria José Meloni Vladimira Desogus 262 I PANI E LA FESTA DI SAN MARCO A LEI 410 INDICE DELLE LOCALITÀ E DEI PANIFICATORI Franca Rosa Contu © 2005 ILISSO EDIZIONI - Nuoro www.ilisso.it 412 BIBLIOGRAFIA (a cura di Maria Teresa Mazzella) 270 SU PANE ’E SANTU TILIPPU DI CUGLIERI ISBN 88-89188-54-5 Gian Franco Farina 418 AVVERTENZE REDAZIONALI Pani di Sardegna Alberto Mario Cirese Felice fu, davvero, quel momento in cui scoprii, scoprim- i pani di Sardegna ci abbagliarono, il tema divenne mo, i pani sardi: bellezza, e non soltanto cibo, sia pur centrale, e prese il via un fervido lavoro collegiale, don- prezioso. E di lì nacque lo scritto Per lo studio dell’arte ne nelle loro case a dar vita all’arte, e studenti e studen- plastica effimera in Sardegnache più oltre si ristampa. tesse in esercitazioni e tesi. Così negli angusti armadi a Alla fine degli anni Cinquanta, mezzo secolo fa, gli stu- vetri del nostro corridoio, in Facoltà, cominciarono ad di sulle tradizioni sarde erano certo già vivi anche in allinearsi, prima, ed a stiparsi poi, le trine, i merletti, i Sardegna, ed anche con frutti egregi. Non c’era ancora trafori, i dischi, i rami, i pastorali, le croci di pane: una però, nell’isola, un insegnamento universitario di Storia raccolta preziosa che, dopo averla per anni curata ed delle Tradizioni popolari: il primo venne attivato infatti a accresciuta, Enrica Delitala ha infine donato al museo Cagliari, facoltà di Lettere e Filosofia, nel dicembre del dell’ISRE di Nuoro perché, fuori dagli stipi, goda della lu- 1957. Iniziò allora la mia pendolarità sarda, poi durata ce e dello spazio cui ha diritto. quindici anni. E subito mi parve che – fermo restando il Dal fervore della scoperta nacque anche un libro, Pla- carattere generale dell’insegnamento: tutte le tradizioni e stica effimera in Sardegna: i pani, che Enrica Delitala, non quelle sarde soltanto – l’incarico imponesse anche Chiarella Rapallo, Giulio Angioni ed io pubblicammo un preciso dovere che dirò isolano: progettare e realizza- nel 1973 con la cura grafica di Tonino Casula: quasi re rilevamenti e spogli sistematici che, anche con l’impe- cinquanta bellissime immagini di pani, splendidi. E per gno degli studenti, dessero basi documentarie più ricche quel libro (ristampato poi nel 1976 ma ormai, credo, e salde agli studi sulle tradizioni sarde. Venne così confi- introvabile) scrissi una nota, Per lo studio dell’arte pla- gurandosi il progetto che chiamai Repertorio e Atlante stica effimera in Sardegna, che cronologicamente si tro- Demologico Sardo, e che dal 1964 ebbe nel BRADS il va a coincidere con il chiudersi della mia pendolarità suo Bollettino. Strumento principe del Repertorio furono sarda. Ma, in sé e nel mio itinerario di studio, quella ovviamente i questionari, avviati fin dal 1960 con natu- nota non chiuse: aprì. Di lì a poco la ristampai – Arte rale varietà di oggetti. Tra gli altri ci fu anche il pane: plastica effimera: i pani sardi, 1977 – e in un Poscritto un tema che all’inizio fu presente per ragioni sistemati- dissi di quella “bivalenza o bifunzionalità o biplana- che e non per suo proprio spicco o rilevanza; inoltre il rità” che i pani di Sardegna mi avevano rivelato con il questionario – redatto nel 1965 ed intitolato Tipi e le de- loro “essere per un verso alimento o sussistenza e per nominazioni del pane – considerò il pane soprattutto in l’altro forma e segno”. E furono proprio questi concetti quanto prodotto fabrile e in quanto cibo: tipi di farina e che, riverberandosi sulle considerazioni museografiche, di lievito, modi di preparazione e di cottura, e simili. mi portarono ad associare gli “oggetti” e i “segni” fin Tuttavia subito ci si impose, senza però che ce ne avve- nel titolo stesso del libro in cui ristampai la nota: Og- dessimo, quella che poi ebbi a chiamare la “biplanarità” getti, segni, musei. Ed in appresso altrettanto avvenne, dei pani, e cioè il loro valere ed agire come segno oltre nei contenuti oltre che nel nome, sia negli scritti dedi- che come alimento. Nel questionario infatti ci furono cati a Segnicità, fabrilità, procreazione, tra il 1979 e il anche domande sulle “forme”, passando così all’altra 1984, sia in quelli che, nel 1994, Pier Giorgio Solinas e faccia: dal pane che nutreal pane che dice. Ovviamente, gli altri amici senesi riunirono in Il dire e il fare nelle per documentare le forme, il questionario chiese che i ri- opere dell’uomo. levamenti fornissero anche fotografie e disegni. E furono Tornando oggi su queste remote cose, mi accade di con- appunto le fotografie – primissime quelle dei pani di San siderare che la mia parabola sarda, 1957-72, si aprì e Sperate procurate da Assunta Schirru e pubblicate in si chiuse con l’incontro (anzi la scoperta, per me) di parte nel primo numero del BRADS, 1966 – che dettero due singolari e affascinanti specializzazioni culturali alla ricerca una decisiva svolta: in pura levità di forme, dell’isola. La prima fu quella del lucido gioco metrico di mutos, muttettus, trintasex, chimbantachimbe ed altro, su cui tanto felice tempo spesi fin dai miei primi giorni 1 1. Cottura del pane, Tratalias, 1914-15 (foto Vittorio Alinari). sardi. La seconda fu poi quella del nitido svariare dei 7 Pani di Sardegna Alberto Mario Cirese Felice fu, davvero, quel momento in cui scoprii, scoprim- i pani di Sardegna ci abbagliarono, il tema divenne mo, i pani sardi: bellezza, e non soltanto cibo, sia pur centrale, e prese il via un fervido lavoro collegiale, don- prezioso. E di lì nacque lo scritto Per lo studio dell’arte ne nelle loro case a dar vita all’arte, e studenti e studen- plastica effimera in Sardegnache più oltre si ristampa. tesse in esercitazioni e tesi. Così negli angusti armadi a Alla fine degli anni Cinquanta, mezzo secolo fa, gli stu- vetri del nostro corridoio, in Facoltà, cominciarono ad di sulle tradizioni sarde erano certo già vivi anche in allinearsi, prima, ed a stiparsi poi, le trine, i merletti, i Sardegna, ed anche con frutti egregi. Non c’era ancora trafori, i dischi, i rami, i pastorali, le croci di pane: una però, nell’isola, un insegnamento universitario di Storia raccolta preziosa che, dopo averla per anni curata ed delle Tradizioni popolari: il primo venne attivato infatti a accresciuta, Enrica Delitala ha infine donato al museo Cagliari, facoltà di Lettere e Filosofia, nel dicembre del dell’ISRE di Nuoro perché, fuori dagli stipi, goda della lu- 1957. Iniziò allora la mia pendolarità sarda, poi durata ce e dello spazio cui ha diritto. quindici anni. E subito mi parve che – fermo restando il Dal fervore della scoperta nacque anche un libro, Pla- carattere generale dell’insegnamento: tutte le tradizioni e stica effimera in Sardegna: i pani, che Enrica Delitala, non quelle sarde soltanto – l’incarico imponesse anche Chiarella Rapallo, Giulio Angioni ed io pubblicammo un preciso dovere che dirò isolano: progettare e realizza- nel 1973 con la cura grafica di Tonino Casula: quasi re rilevamenti e spogli sistematici che, anche con l’impe- cinquanta bellissime immagini di pani, splendidi. E per gno degli studenti, dessero basi documentarie più ricche quel libro (ristampato poi nel 1976 ma ormai, credo, e salde agli studi sulle tradizioni sarde. Venne così confi- introvabile) scrissi una nota, Per lo studio dell’arte pla- gurandosi il progetto che chiamai Repertorio e Atlante stica effimera in Sardegna, che cronologicamente si tro- Demologico Sardo, e che dal 1964 ebbe nel BRADS il va a coincidere con il chiudersi della mia pendolarità suo Bollettino. Strumento principe del Repertorio furono sarda. Ma, in sé e nel mio itinerario di studio, quella ovviamente i questionari, avviati fin dal 1960 con natu- nota non chiuse: aprì. Di lì a poco la ristampai – Arte rale varietà di oggetti. Tra gli altri ci fu anche il pane: plastica effimera: i pani sardi, 1977 – e in un Poscritto un tema che all’inizio fu presente per ragioni sistemati- dissi di quella “bivalenza o bifunzionalità o biplana- che e non per suo proprio spicco o rilevanza; inoltre il rità” che i pani di Sardegna mi avevano rivelato con il questionario – redatto nel 1965 ed intitolato Tipi e le de- loro “essere per un verso alimento o sussistenza e per nominazioni del pane – considerò il pane soprattutto in l’altro forma e segno”. E furono proprio questi concetti quanto prodotto fabrile e in quanto cibo: tipi di farina e che, riverberandosi sulle considerazioni museografiche, di lievito, modi di preparazione e di cottura, e simili. mi portarono ad associare gli “oggetti” e i “segni” fin Tuttavia subito ci si impose, senza però che ce ne avve- nel titolo stesso del libro in cui ristampai la nota: Og- dessimo, quella che poi ebbi a chiamare la “biplanarità” getti, segni, musei. Ed in appresso altrettanto avvenne, dei pani, e cioè il loro valere ed agire come segno oltre nei contenuti oltre che nel nome, sia negli scritti dedi- che come alimento. Nel questionario infatti ci furono cati a Segnicità, fabrilità, procreazione, tra il 1979 e il anche domande sulle “forme”, passando così all’altra 1984, sia in quelli che, nel 1994, Pier Giorgio Solinas e faccia: dal pane che nutreal pane che dice. Ovviamente, gli altri amici senesi riunirono in Il dire e il fare nelle per documentare le forme, il questionario chiese che i ri- opere dell’uomo. levamenti fornissero anche fotografie e disegni. E furono Tornando oggi su queste remote cose, mi accade di con- appunto le fotografie – primissime quelle dei pani di San siderare che la mia parabola sarda, 1957-72, si aprì e Sperate procurate da Assunta Schirru e pubblicate in si chiuse con l’incontro (anzi la scoperta, per me) di parte nel primo numero del BRADS, 1966 – che dettero due singolari e affascinanti specializzazioni culturali alla ricerca una decisiva svolta: in pura levità di forme, dell’isola. La prima fu quella del lucido gioco metrico di mutos, muttettus, trintasex, chimbantachimbe ed altro, su cui tanto felice tempo spesi fin dai miei primi giorni 1 1. Cottura del pane, Tratalias, 1914-15 (foto Vittorio Alinari). sardi. La seconda fu poi quella del nitido svariare dei 7 lettori in modi che ne consentissero la più viva e im- religiosamente aprendo la teca agli occhi amici, per glo- SARDEGNA: PANI ARCHITETTURA CROCI mediata godibilità. Ma poi non ne fu nulla. E credo riarmi di così raro oggetto e per gioire di stupefatti sguar- che ormai continuerà così: da parte mia per legge di di, trovavo sempre al loro perfetto posto, librati, i lieti ra- natura, e da parte altrui per manco d’amore; mi con uccelli e fiori che con tanto raffinata levità quel pane finge. Finché poi una volta, or fa tre anni, mi venne Ventanas funti tristes, idea di condividerne l’immagine con altri, ed in assenza Birdieras in dolu… di più adeguati mezzi, stolidamente usai lo scanner, pog- giando la fragile scultura a faccia in giù sul vetro. L’esito Ma qualche malinconia viene anche dal poi, se è vero fu per un verso quasi disastroso e per l’altro entusia- che, per far eseguire pani nell’antico stile, talvolta è oc- smante. Una prima immagine riuscì assai bella e il pane SU CABUDE OCULO DEL TRANSETTO DESTRO ARREGULA PANE PER CAPODANNO SANTA MARIA DI CORTE - SINDIA PANE PER LA FESTA DE IS BAGADIUS MORES (SS) SIURGUS (CA) corso mostrare alle panificatrici il nostro libro del 1973. superò la prova indenne. Ma in quella foto era persa la 2 La demagogia degli agit-prop – credo si debba dura- verticalità della sagoma arborea, ed il pane sembrava mente dirlo contro le dimenticanze –, quella demagogia, piuttosto raffigurare qualcosa di orizzontale come, che pani in plastiche forme che tanto mi colpì in appresso. allora, accusò noi e i nostri musei demologici di far ope- so, un’aiuola. Volevo invece, ed era giusto, che la verti- Versificazione e modellazione, l’impasto e le parole: due ra di rapina e spoliazione culturale ai danni del ‘popo- calità dell’albero non scomparisse, e ripetei perciò l’ope- mondi espressivi tra loro affini oltretutto perché sono lo’. Oggi è chiaro che fummo proprio noi, i rapinatori, a razione cambiando la collocazione della scultura sul ve- ambedue del tutto “inutili”: che è il proprio, appunto, salvare nei grigi corridoi della Facoltà memorie che per- tro. Mutati gli equilibri, però, il pur lieve peso del pane della bellezza. Civiltà assai alta, dunque, e tanto più fino il popolo ha perduto. Ma qui mi fermo: di continua- ne spezzò due rametti. Disastro, appunto; ma la sorte mi per il fatto d’essere fiorita da così aspre durezze di vita. zioni, scomparse, riprese ed oblii so assai poco (e mi si fu, come altre volte, amica: i rametti si disposero con 4 Ma ai ricordi lieti si accompagna anche il rammarico stringe il cuore al pensiero che il mondo che fu nostro grazia ai piedi della pianta, staccati dalla brezza e non per cose non fatte. Due altri specifici modi isolani di muoia anche negli aspetti di umanità e amore e dolcez- stroncati dall’uragano. L’immagine tutta poi, come ben creare bellezza mi parvero allora strettamente affini za di cui ci nutrimmo). Perciò non mi azzardo a tocca- mostra la foto, risultò morbida e lieve, quasi aggiungen- ai versi e ai pani, ed altrettanto ricchi: il ballo e le tes- re il tema, e mi rifugio nel mondo cui appartenni, dei do valenze all’originale. siture (iteranti anch’essi, come i mutos e i pani). Ma li pani antichi: cui dedico appunto due foto. A conclusione del lieto e triste e forse vano divagare sfiorai appena, da lungi. Ancor più debbo dolermi per La prima è una composizione che realizzai nel 2001, valga l’augurio che, umile e intensa, la bellezza dei un progetto che, pur se tracciato, non ebbe poi vita. quando ferocia esterna e connivenze nostrane mi spin- pani di Sardegna trovi occhi e cuore, ancora, in chi Dedicai allora alla logica dei metri sardi tempi lunghi sero a riprendere l’uso di quegli auguri natalizi che da viene appresso. di studio, faticosi ma felici. A fianco però di queste decenni avevo abbandonato. A tema scelsi una somi- analisi che miravano a cogliere e capire il fascino del glianza che da tempo mi aveva stupito: quella tra la cro- Roma, novembre 2005 costruire metrico sardo c’era l’abbandono alle imma- ce che la luce disegna sul muro di una chiesa sarda e la gini: al loro fascino in sé. E così progettai (ed un edi- croce in cui furono foggiati tanti pani isolani. Così ad tore continentale, importante, accettò l’idea) una an- una foto dell’oculo del transetto destro della chiesa di tologia dell’Arte del trobear, come ebbi a chiamarla: Santa Maria di Corte di Sindia affiancai quelle di due mutos e tutto il resto presentati a un pubblico vasto di pani, l’uno di Mores e l’altro di Siurgus: architettura pa- ni croci. Nascono curiosità: la quasi identità di forme è un caso? o c’è stato un comune modello? o sono le forme che per propria misteriosa forza erompono? Ma, transetti e fantasie a parte, viene da chiedersi, importuni, se i pa- I pani a corredo del presente saggio, figg. 4-17, e quelli ni di Sardegna non avrebbero meritato che qualcuno, alle figg. 380, 383, 549 e 556, fanno parte della raccolta magari tra i suoi figli, le studiasse da vicino, quelle for- della Cattedra di Storia delle Tradizioni popolari della facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, attualmente conservati me, critico o storico d’arte, demologo o che so mai altro. al Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde di Nuoro. Il transetto della foto è a Sindia, i due pani sono al mu- Si tratta di una preziosa documentazione messa insieme tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, seo dell’ISRE di Nuoro, vittoriosi ancora, lo spero, contro grazie al puntuale lavoro degli studenti e dei laureandi le ingiurie del tempo. È invece in casa mia, a Roma, ed guidati dalla prof.ssa Enrica Delitala. in stato di conservazione fino a poco fa perfetto, il pane raffigurato nell’altra foto che unisco. Opera delle felici mani di Peppina Solinas, questo pane mi giunse da Si- 4. Tunda, 33 cm, Busachi, anni Sessanta, Nuoro, Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde. maxis, Oristano, per il tramite di Maria Teresa Mazzella Si tratta di un pane realizzato per il Capodanno, sul quale quando discusse a Roma la sua tesi sui pani sardi, nel venivano modellate scene legate alle attività pastorali o 1986: buon lavoro il suo, e partecipazione estrema, la agricole. Il pane, dopo esser stato benedetto, veniva tagliato dal capofamiglia che teneva per sé il primo pezzo mia, a quei lavori del Repertorio sardo che ormai erano e destinava il secondo al bestiame o ai campi. da anni così ben guidati da Enrica Delitala (che per 5. Cabuànnu, 22 cm, Noragugume, anni Sessanta, l’occasione, è caro ricordarlo, da Cagliari venne a tene- 3 Nuoro, Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde. re di persona la sua correlazione). Pane donato dai ricchi proprietari ai propri lavoranti, Quel pane di Simaxis è durato a lungo indenne, ermeti- pastori e contadini, in occasione del Capodanno. 5 2. Cartoncino augurale del Natale 2001, Ai pastori era destinato quello con la raffigurazione realizzato da Alberto Mario Cirese. camente chiuso com’era (ed è) nella scatola di vetro in del recinto per il gregge (sa mandra), mentre i contadini 3. Ramo di pane con fiori e uccelli, Simaxis, 1986. cui lo stivò in soffice coltre l’autrice. Cosicché ogni volta, avevano un cabuànnu con l’aia (s’arzola). 8 9 lettori in modi che ne consentissero la più viva e im- religiosamente aprendo la teca agli occhi amici, per glo- SARDEGNA: PANI ARCHITETTURA CROCI mediata godibilità. Ma poi non ne fu nulla. E credo riarmi di così raro oggetto e per gioire di stupefatti sguar- che ormai continuerà così: da parte mia per legge di di, trovavo sempre al loro perfetto posto, librati, i lieti ra- natura, e da parte altrui per manco d’amore; mi con uccelli e fiori che con tanto raffinata levità quel pane finge. Finché poi una volta, or fa tre anni, mi venne Ventanas funti tristes, idea di condividerne l’immagine con altri, ed in assenza Birdieras in dolu… di più adeguati mezzi, stolidamente usai lo scanner, pog- giando la fragile scultura a faccia in giù sul vetro. L’esito Ma qualche malinconia viene anche dal poi, se è vero fu per un verso quasi disastroso e per l’altro entusia- che, per far eseguire pani nell’antico stile, talvolta è oc- smante. Una prima immagine riuscì assai bella e il pane SU CABUDE OCULO DEL TRANSETTO DESTRO ARREGULA PANE PER CAPODANNO SANTA MARIA DI CORTE - SINDIA PANE PER LA FESTA DE IS BAGADIUS MORES (SS) SIURGUS (CA) corso mostrare alle panificatrici il nostro libro del 1973. superò la prova indenne. Ma in quella foto era persa la 2 La demagogia degli agit-prop – credo si debba dura- verticalità della sagoma arborea, ed il pane sembrava mente dirlo contro le dimenticanze –, quella demagogia, piuttosto raffigurare qualcosa di orizzontale come, che pani in plastiche forme che tanto mi colpì in appresso. allora, accusò noi e i nostri musei demologici di far ope- so, un’aiuola. Volevo invece, ed era giusto, che la verti- Versificazione e modellazione, l’impasto e le parole: due ra di rapina e spoliazione culturale ai danni del ‘popo- calità dell’albero non scomparisse, e ripetei perciò l’ope- mondi espressivi tra loro affini oltretutto perché sono lo’. Oggi è chiaro che fummo proprio noi, i rapinatori, a razione cambiando la collocazione della scultura sul ve- ambedue del tutto “inutili”: che è il proprio, appunto, salvare nei grigi corridoi della Facoltà memorie che per- tro. Mutati gli equilibri, però, il pur lieve peso del pane della bellezza. Civiltà assai alta, dunque, e tanto più fino il popolo ha perduto. Ma qui mi fermo: di continua- ne spezzò due rametti. Disastro, appunto; ma la sorte mi per il fatto d’essere fiorita da così aspre durezze di vita. zioni, scomparse, riprese ed oblii so assai poco (e mi si fu, come altre volte, amica: i rametti si disposero con 4 Ma ai ricordi lieti si accompagna anche il rammarico stringe il cuore al pensiero che il mondo che fu nostro grazia ai piedi della pianta, staccati dalla brezza e non per cose non fatte. Due altri specifici modi isolani di muoia anche negli aspetti di umanità e amore e dolcez- stroncati dall’uragano. L’immagine tutta poi, come ben creare bellezza mi parvero allora strettamente affini za di cui ci nutrimmo). Perciò non mi azzardo a tocca- mostra la foto, risultò morbida e lieve, quasi aggiungen- ai versi e ai pani, ed altrettanto ricchi: il ballo e le tes- re il tema, e mi rifugio nel mondo cui appartenni, dei do valenze all’originale. siture (iteranti anch’essi, come i mutos e i pani). Ma li pani antichi: cui dedico appunto due foto. A conclusione del lieto e triste e forse vano divagare sfiorai appena, da lungi. Ancor più debbo dolermi per La prima è una composizione che realizzai nel 2001, valga l’augurio che, umile e intensa, la bellezza dei un progetto che, pur se tracciato, non ebbe poi vita. quando ferocia esterna e connivenze nostrane mi spin- pani di Sardegna trovi occhi e cuore, ancora, in chi Dedicai allora alla logica dei metri sardi tempi lunghi sero a riprendere l’uso di quegli auguri natalizi che da viene appresso. di studio, faticosi ma felici. A fianco però di queste decenni avevo abbandonato. A tema scelsi una somi- analisi che miravano a cogliere e capire il fascino del glianza che da tempo mi aveva stupito: quella tra la cro- Roma, novembre 2005 costruire metrico sardo c’era l’abbandono alle imma- ce che la luce disegna sul muro di una chiesa sarda e la gini: al loro fascino in sé. E così progettai (ed un edi- croce in cui furono foggiati tanti pani isolani. Così ad tore continentale, importante, accettò l’idea) una an- una foto dell’oculo del transetto destro della chiesa di tologia dell’Arte del trobear, come ebbi a chiamarla: Santa Maria di Corte di Sindia affiancai quelle di due mutos e tutto il resto presentati a un pubblico vasto di pani, l’uno di Mores e l’altro di Siurgus: architettura pa- ni croci. Nascono curiosità: la quasi identità di forme è un caso? o c’è stato un comune modello? o sono le forme che per propria misteriosa forza erompono? Ma, transetti e fantasie a parte, viene da chiedersi, importuni, se i pa- I pani a corredo del presente saggio, figg. 4-17, e quelli ni di Sardegna non avrebbero meritato che qualcuno, alle figg. 380, 383, 549 e 556, fanno parte della raccolta magari tra i suoi figli, le studiasse da vicino, quelle for- della Cattedra di Storia delle Tradizioni popolari della facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, attualmente conservati me, critico o storico d’arte, demologo o che so mai altro. al Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde di Nuoro. Il transetto della foto è a Sindia, i due pani sono al mu- Si tratta di una preziosa documentazione messa insieme tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, seo dell’ISRE di Nuoro, vittoriosi ancora, lo spero, contro grazie al puntuale lavoro degli studenti e dei laureandi le ingiurie del tempo. È invece in casa mia, a Roma, ed guidati dalla prof.ssa Enrica Delitala. in stato di conservazione fino a poco fa perfetto, il pane raffigurato nell’altra foto che unisco. Opera delle felici mani di Peppina Solinas, questo pane mi giunse da Si- 4. Tunda, 33 cm, Busachi, anni Sessanta, Nuoro, Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde. maxis, Oristano, per il tramite di Maria Teresa Mazzella Si tratta di un pane realizzato per il Capodanno, sul quale quando discusse a Roma la sua tesi sui pani sardi, nel venivano modellate scene legate alle attività pastorali o 1986: buon lavoro il suo, e partecipazione estrema, la agricole. Il pane, dopo esser stato benedetto, veniva tagliato dal capofamiglia che teneva per sé il primo pezzo mia, a quei lavori del Repertorio sardo che ormai erano e destinava il secondo al bestiame o ai campi. da anni così ben guidati da Enrica Delitala (che per 5. Cabuànnu, 22 cm, Noragugume, anni Sessanta, l’occasione, è caro ricordarlo, da Cagliari venne a tene- 3 Nuoro, Museo della Vita e delle Tradizioni Popolari Sarde. re di persona la sua correlazione). Pane donato dai ricchi proprietari ai propri lavoranti, Quel pane di Simaxis è durato a lungo indenne, ermeti- pastori e contadini, in occasione del Capodanno. 5 2. Cartoncino augurale del Natale 2001, Ai pastori era destinato quello con la raffigurazione realizzato da Alberto Mario Cirese. camente chiuso com’era (ed è) nella scatola di vetro in del recinto per il gregge (sa mandra), mentre i contadini 3. Ramo di pane con fiori e uccelli, Simaxis, 1986. cui lo stivò in soffice coltre l’autrice. Cosicché ogni volta, avevano un cabuànnu con l’aia (s’arzola). 8 9 Per lo studio dell’arte plastica effimera in Sardegna* renza di quanto accade per il legno o l’osso, i colori e 7. Pane de arzola, Rimasta finora nell’ombra, e priva comunque della rino- persino la creta, la materia su cui si opera è integral- 20 cm, Dualchi, anni Sessanta, Nuoro, Museo della Vita e manza che ha investito tanti altri fenomeni isolani, l’arte mente e giornalmente familiare, e le tecniche per padro- delle Tradizioni Popolari Sarde. della modellazione figurativa e ornamentale dei pani – neggiarla, dall’impasto fino alla cottura, sono patrimonio 8. Pane de pramma, 25 cm, esercitata quasi esclusivamente a mano libera e senza usuale e generalizzato fin dall’infanzia, così che la mo- Macomer, anni Sessanta, stampi – sembra invece costituire uno dei tratti culturali dellazione figurativa dei pani non è altro che un prolun- Nuoro, Museo della Vita e più intrinseci e rappresentativi della condizione sarda. gamento, un raffinamento e insomma una applicazione delle Tradizioni Popolari Sarde. Realizzato per la domenica Non che arti e prodotti consimili siano mancati o man- specifica di capacità e di competenze già di per sé abi- delle Palme; questo soggetto chino, altrove o in altri tempi, tanto nella vita popolare tuali e universalmente divulgate. Qualcosa di simile ac- è diffusissimo in tutta l’Isola. quanto a livello culto. Ma qui il fenomeno ha innanzi cade certo anche per altre arti femminili, ad esempio tutto di proprio una celebritas, se così può dirsi, cui è quelle esercitate con fili, trame e orditi; ma come è evi- difficile trovare riscontro in altri luoghi: una frequenza, dente, i tempi richiesti da coperte e tappeti sono assai una abbondanza, una vitalità sorprendenti, lungo un più lunghi, gli investimenti più onerosi, le competenze fittissimo succedersi di occasioni, non solo solenni o fe- e le tecniche più specializzate, e le scadenze più rade stive ma anche umilmente feriali e quotidiane, e per delle occasioni, potenziali o di fatto, che invece si offro- aree di diffusione che sembrano coprire densamente no o si offrivano alla modellazione dei pani con i ritmi tutta l’isola. E questa rilevanza di proporzioni esalta, e settimanali o quindicinali delle infornate. rende peculiarmente significativo, quel che la modella- Ne risulta, a ben guardare, che tra tutte le arti dette po- zione figurativa dei pani mostra anche altrove, ma in polari quella della modellazione figurativa dei pani è la modi tanto più radi e meno rilevanti: la sua compene- più prossima per condizioni, modalità e prodotti alla trazione diffusa e intima con la trama normale del vive- poesia di formazione e tradizione orale. Nella poesia po- re, con i tempi, i luoghi, le forme e i contenuti delle polare, infatti, la materia dell’espressione, ossia la lingua, abitudini domestiche e comunitarie, il suo parteciparvi non esce dal bagaglio delle disponibilità abituali e divul- (e il suo essere partecipata) con immediatezza così al gate, ed anche in questo caso può dirsi che la messa in livello della produzione come a quello della fruizione. forma metrica (versi, rime, strofe) è un prolungamento, In altre parole, il figurativo e la figurazione escono dalla un raffinamento e insomma una applicazione specifica di sia pur relativa eccezionalità che invece s’accompagna procedimenti o capacità già altrimenti disponibili. Ora è di solito alla maggior parte delle arti dette popolari (e proprio per questa familiarità e generale utilizzabilità 7 che è così nettamente di norma in quelle culte). A diffe- della materia con cui se ne costruisce l’espressione che la poesia popolare risulta essere quella che è: ripetibile o riproducibile, e ripetuta o riprodotta, in identità o va- rietà di situazioni, adattabile al loro mutare in una ine- sauribile serie di varianti che ciascuno produce o può produrre a suo modo, perché ciascuno dispone piena- mente dei mezzi che consentono non solo di usare i te- sti ma anche di intervenire su di essi. Ed altrettanto ac- cade, o quasi, anche con i pani modellati, pure essi ripetibili e ripetuti in serie di varianti che ciascuna delle manipolatrici può produrre a suo modo perché ciascu- na dispone delle tecniche e delle competenze occorren- ti per fare, disfare e insomma produrre le figure. Ma tra i due campi, quello della poesia di formazione e tradizione orale e quello della figurazione dei pani, c’è una ulteriore somiglianza. Nell’uno e nell’altro caso la materia dell’espressione non è durevole; se i modelli cui ci si ispira o le immagini che si pongono in essere hanno 6. Pane de arzola, 22 cm, una loro lunga continuità nel tempo, brevissimo e sostan- Dualchi, anni Sessanta, Nuoro, Museo della Vita zialmente effimero è invece il loro attualizzarsi attraverso e delle Tradizioni i mezzi materiali che costituiscono il supporto o il veico- 8 Popolari Sarde. lo dell’espressione: l’oralità per la poesia, e l’impasto di sua natura consumabile per i pani. Ma come accade per l’effimero della poesia popolare, che è riattualizzabile a * Testo del 1973 con lievi volontà, con o senza varianti, così è pure per i prodotti aggiustamenti e il Poscritto del 1977. di quella vera e propria arte plastica effimera che è la 6 10 11