Michael talbot MIGrazIonI dI un CuCulo e dI un usIGnolo: Il ConCerto rV 335 dI VIValdI e nuoVe ConsIderazIonI suI ConCertI rV 335a e rV anH. 14 sommario Il Concerto per violino in la maggiore, rV 335, di antonio Vivaldi, intitolato The Cuckow, godette di una straordinaria popolarità sul suolo britannico durante il diciottesimo secolo. Il brano si caratterizza per l’ampio uso del registro sovra- cuto, gli effetti onomatopeici che richiamano il canto degli uccelli e un tessuto orchestrale semplice e omofonico. Conosciuto in Inghilterra fin dal 1717, questo concerto rimase un vero e proprio cavallo di battaglia per molte generazioni di virtuosi, continuando a essere riproposto, sia pur attraverso versioni sempre più lontane dal testo originale, fino al secolo successivo. a prima vista, non sembra affatto che venga imitato il verso del cuculo, dal momento che l’intervallo discendente che ne imita il richiamo è una quarta anzi- ché una terza: questo ci spinge a ritenere spurio il titolo del brano. all’inizio della primavera, tuttavia, il verso del cuculo descrive un intervallo più ampio di una terza, ragion per cui la sua autenticità non può essere del tutto scartata, anche se Vivaldi, altrove, rappresenta il cuculo con un intervallo di terza. Il modello del movimento lento di rV 335 –otto battute il cui organico pre- vede solamente il solista sostenuto dal basso continuo –è uno dei prediletti da Vivaldi. l’influente musicista di origine tedesca J. C. Pepusch lo prese a prestito in un suo concerto per violino in la maggiore, integrando l’accompagnamento orchestrale con delle parti aggiuntive per gli strumenti ad arco mancanti. un suo allievo residente a londra, il violinista-compositore J. H. roman, portò con sé la musica di rV 335 in svezia, la sua nazione di provenienza, sostituendo il tempo mediano del brano con uno di propria composizione. esiste, infine, una versione ancora diversa di rV 335 conservata ad ancona, in- titolata Il rosignuolo, i cui movimenti veloci trasmettono numerose varianti e il cui movimento lento è pressoché identico a quello del concerto rV anh. 14. nonostante quest’ultimo brano fosse stato pubblicato sotto il nome di Francesco Maria Veracini in una antologia di Concerti a cinque edita verso il 1717 da Jeanne roger, Marc Pincherle riteneva fosse opera di Vivaldi. In effetti, lo stile di rV anh. 14 richiama per molti aspetti quello vivaldiano, ma possiede altresì alcune caratteristiche ‘idio- sincratiche’, la più evidente delle quali consiste nell’utilizzo di una armatura di chiave con due soli diesis (laddove Vivaldi, a differenza di Veracini, impiega sem- pre tre diesis per la tonalità di la maggiore). la questione inerente la reale pater- nità del concerto rV anh 14 non è, dunque, definitivamente risolta. – 87– Federico Maria sardelli la MIsterIosa Mano dI Franzanton HorneCK ossIa, PerCHé rV 402, 416 e 420 non sono laVorI GIoVanIlI una ricognizione personale fra i manoscritti della collezione schönborn di Wiesentheid mi permette di far luce su un particolare della musicologia vival- diana che mi ha sempre lasciato perplesso: la datazione dei tre concerti per vio- loncello rV 402, 416 e 420, trasmessi da copie manoscritte in parti staccate conservate a Wiesentheid.1la letteratura critica vivaldiana colloca unanimemente questi concerti a cavaliere fra il 1708 e 1709. la discussione sulla datazione di queste tre composizioni particolari non è oziosa perché, se fosse vera la vulgata «1708-1709», si tratterebbe di un primato fra le musiche databili di Vivaldi e nel genere del concerto per violoncello in particolare. da quali premesse discende quella datazione? Viene detto che questi tre con- certi furono copiati da Franz anton Horneck, un giovane – negli anni in questione – compositore tedesco che oggi ci è noto soprattutto per essere stato al servizio del conte Johann Philipp Franz von schönborn, canonico e poi principe-vescovo di Würzburg; questo nobile tedesco divideva col fratello minore rudolf Franz erwein, dilettante di violoncello, una grande passione per la musica. dopo essere stati entrambi in Italia, ove ebbero istruzione e contatti musicali di alto livello,2 i due fratelli continuarono a coltivare la loro passione acquistando musica durante i loro numerosi viaggi e facendosela reperire in Italia da alcuni loro corrispon- denti. Horneck fu uno di questi: nel 1708 Johann Philipp Franz lo inviò a perfe- zionare la sua preparazione musicale a düsseldorf3 e poi a Venezia e roma. È Federico Maria sardelli, Via de’ serragli 132, 50124 Firenze, Italia. email: [email protected] 1 si tratta, rispettivamente, dei numeri 778, 776 e 760 del catalogo di FrItzzoBeley, Die Musikalien der Grafen von Schönborn-wiesentheid. Band 2: handschriften, a cura di Fromuth dangel-Hofmann, tutzing, schneider, 1982, pp. 147, 149, 150. 2 Johann Philipp Franz, dopo esser stato educato al collegio dei gesuiti di Würzburg (1687-1689), fu mandato a roma al Collegio germanico, ove studiò dal 1690 al 1692. I suoi due fratelli minori damian Hugo e rudolf Franz erwein studiarono nello stesso collegio romano dal 1693 al 1695 (cfr. Peter Walter, Zur Ausbildung am Collegium Germanicum im 18. Jahrhundert: Reformvorschlage von zwei geistlichen Reichsfiirsten aus dem hause Schönborn, «Quellen und Forschungen aus italienischen archiven und Bibliotheken», 61, 1981, pp. 362-379). Maestro di cappella al Collegio germanico era in quegli anni ottavio Pitoni. sia Johann Philipp Franz che rudolf Franz erwein ebbero a roma contatti con arcangelo Corelli, Bernardo Pasquini e Matteo Fornari (cfr. FrItzzoBeley, Rudolf Franz Erwein Graf von Schönborn (1677-1754) und seine Musikpflege, Würzburg, Kommissionverlag Ferdinand schöningh, 1949, pp. 11, 19 e 29-30). nell’estate del 1708 Johann Philipp Franz fu di nuovo a roma, da dove suo fratello rudolf Franz erwein gli chiedeva di spedirgli «seiden vor die theorbe sowohl als auch violin und violoncello» (cfr. FrItzzoBeley, Rudolf Franz Erwein, cit., p. 19). 3 Horneck fu mandato a lezione dal compositore Joseph Paris Feckler (1666-1735), che dal 1707 – 89– FederICo MarIa sardellI accertato che Horneck si trovasse a Venezia tra il novembre 1708 e il marzo 1709,4 e da lì inviasse della musica manoscritta al suo padrone.5si è sempre sostenuto che fra le musiche italiane che Horneck spedì da Venezia in quel periodo si tro- vassero i tre concerti vivaldiani rV 402, 416 e 420. Ma per sostenere questa tesi è necessario avere a disposizione due elementi: essere certi che la mano che copiò i tre concerti vivaldiani sia quella di Horneck e poter dimostrare che fra gli invii veneziani del 1708-1709 vi fossero proprio quelle tre composizioni. Partiamo da quest’ultimo elemento, ossia le spedizioni musicali indirizzate a Würzburg a Johann Philipp Franz von schönborn. Bisogna ricordare che Horneck non era il solo procacciatore di musiche di cui il conte si serviva. lo stesso mae- stro di Horneck a düsseldorf, Joseph Paris Feckler, provvedeva Johann Philipp Franz di musiche di agostino steffani e altri compositori.6 a Venezia Horneck era in contatto con Matthias Ferdinand von regaznig (o regatschnig), mercante e rappresentante presso la serenissima dell’elettore arcivescovo di Mainz (che era zio dei due schönborn).7anche regaznig fece recapitare a più riprese, fra il 1708 e il 1713, musica manoscritta e stampata a Johann Philipp Franz. Ci restano poche, laconiche descrizioni, nella corrispondenza di regaznig, circa il contenuto di queste spedizioni e i desideratadello schönborn in relazione alle composizioni di Vivaldi:8 «[...] und auch versicherung gegeben zu trachten noch einige rare compositiones des Vivaldi zu erhalten und nechstens zu behendigen [...]» [annotazione del 27.2.1710] si trovava a düsseldorf al servizio di Johann Wilhelm, principe elettore del Palatinato (cfr. loWell lIndGrene ColIntIMMs, The Correspondence of Agostino Steffani and Giuseppe Riva, 1720-1728, and Related Correspondence with J. P. F. von Schönborn and S. B. Pallavicini, «royal Musical association research Chronicle», 36, 2003, p. 10). 4 Poiché già nel giugno del 1708 a düsseldorf Horneck si rivelava ferrato nei «solidis principis Musica», egli venne mandato a Venezia dove arrivò, dopo alcune tappe tedesche, il 21 novembre 1708. all’inizio di marzo 1709 ripartì da Venezia alla volta di roma, dove giunse il 16 marzo (cfr. FrItz zoBeley, Rudolf Franz Erwein, cit., pp. 28-29). 5 Horneck spediva da Venezia la musica all’agente Peter obladen di augsburg, il quale la reca- pitava a Würzburg presso la residenza di Johann Philipp Franz (cfr. FrItzzoBeley, Rudolf Franz Erwein, cit., p. 28). 6 Cfr. adaMGottron, Joseph Paris Feckler. kurmainzer hofkapellmeister 1728-1735, «archiv für Musikwissenschaft», 19./20. Jahrg., H. 3./4. (1962/1963), pp. 186-193. 7 Cfr. FrIedrICH HausMann, Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder seit dem westfalischen Frieden (1648), II (1716-1763), Vaduz, sändig reprint Verlag, 2011, p. 426. 8 le trascrizioni che seguono furono fatte da Fritz zobeley dal carteggio dei conti von schönborn e pubblicate nel suo Rudolf Franz Erwein, cit., pp. 32-34. le fonti archivistiche non musicali della fa- miglia schönborn sarebbero dovute apparire in un volume più volte annunciato da zobeley (Archivalische Quellen zur Geschichte der Musikpflege im hause Schönborn aus den hausarchiv in wiesentheid: Musikbriefe und Dokumente von c1640 bis 1800) che purtroppo non vide mai la luce. dopo la morte di zobeley, avvenuta nel 1969, il carteggio schönborn, fino ad allora custodito nel castello di Wiesentheid, confluì nello staatsarchiv Würzburg. non ho ancora avuto modo di condurre perso- nalmente un’indagine di questi materiali, ma si ha comunque l’impressione che gli stralci pubblicati da zobeley nel suo volume del 1949 rappresentino tutto quello che d’interessante attorno agli acquisti di regaznig e Horneck poteva emergere da quelle carte. – 90– la MIsterIosa Mano dI Franz anton HorneCK «[...] so ich worhero vor ein equivoque gehallten und von dem Vivaldi verstanden allhie nicht zu erfragen seind [...]» «[...] alcune delle più nove e belle Cantate con stromenti V.V. e oboe se si puotesse, 12 Motetti di chiesa de più nuovi e rinomati authori come lotti, Polaroli, Colombani, quirino etc per soprano, tenore e Basso e una dozzena de più nuovi Concerti del Vivaldi, lotti e Polaroli [...]» [annotazione del 15.6.1712] Queste note sono successive al 1710 e non si conosce nessuna descrizione ri- guardante le spedizioni musicali di Horneck o regaznig del periodo 1708-1709. Inoltre, queste esili tracce non consentono di risalire ad alcuna composizione par- ticolare, né chiarire se le composizioni citate siano quelle effettivamente reperite o solo quelle richieste. Bisogna altresì ricordare che il tentativo di far coincidere la musica inviata in quel periodo a Johann Philipp Franz con ciò che resta oggi nella collezione schönborn di Wiesentheid è molto arduo e funziona solo in rari casi: le spedizioni erano dirette a Würzburg, residenza del fratello maggiore, che nel 1719 sarà creato principe-vescovo di quella città e duca di Franconia; nel microscopico paesino di Wiesentheid, dove il fratello minore rudolf Franz erwein si dilettava di violon- cello, le copie di musica da Würzburg cominceranno ad arrivare soprattutto a par- tire dal 1719.9Inoltre, lo stesso rudolf Franz erwein si riforniva autonomamente di nuove musiche durante i suoi numerosi viaggi diplomatici. le acquisizioni di musica italiana dei due schönborn continuarono ben oltre il periodo delimitato dall’attività italiana di Horneck; lo stesso regaznig servì Würzburg come agente da Venezia fino al 1720 ed è possibile che fino a quella data egli abbia potuto in- viare musica allo schönborn.10Infine, anche i figli di rudolf Franz erwein parte- ciperanno all’incremento della collezione di musiche italiane del genitore, con invii da Venezia, roma, leida, Vienna e Mainz durante il terzo decennio del secolo.11 la florida cappella e il repertorio musicale della residenza vescovile di Würzburg andò accrescendosi finché nel 1724 Johann Philipp Franz morì improv- visamente (si sospettò per avvelenamento) dopo una lunga battuta di caccia.12 la collezione musicale di Würzburg restò inaccessibile al fratello e infine andò de- plorevolmente distrutta nel corso della II guerra mondiale. Il suo contenuto resta per noi ignoto perché non ne esiste un catalogo.13 Quel che oggi è preservato a 9 Cfr. loWelllIndGren– ColIntIMMs, The Correspondence, cit., p. 10. 10 Cfr. alessandroBorIn, Critical Edition of Antonio Vivaldi’s op. 6 Concertos, with Introduction and Critical Commentary, tesi di Master of Philosophy, università di Birmingham, 2011, p. 19. 11 Cfr loWelllIndGren, Count Rudolf Franz Erwein von Schönborn (1677-1754) and the Italian Sonatas for Violoncello in his Collection at wiesentheid, in Relazioni musicali tra Italia e Germania nell’età barocca, atti del VI Convegno Internazionale sulla musica italiana nei secc. XVII-XVIII, lovena di Menaggio, (Como), 11-13 luglio 1995, a cura di alberto Colzani, norbert dubowy, andrea luppi e Maurizio Padoan, Como, a.M.I.s./Centro italo-tedesco, 1997, pp. 257-302: 269-270. 12 Cfr. FrItzzoBeley, Rudolf Franz Erwein, cit., pp. 50-51. 13 resta invece il catalogo della collezione musicale del successore di Johann Philipp Franz, ossia il principe-vescovo Friedrich Carl von schönborn: si tratta del Catalogus Deren hoff: Musicalien, con- – 91– FederICo MarIa sardellI Wiesentheid coincide dunque solo in piccola parte con ciò che si trovava a Würzburg. non vi è dunque, allo stato delle conoscenze, nessun dato documentale che permetta di legare i tre concerti vivaldiani alle spedizioni che Horneck effettuava da Venezia nei pochi mesi in cui vi risiedette, quand’anche ne fosse stato lui il co- pista. sappiamo infatti che Horneck lavorò al servizio di Johann Philipp Franz finché questi morì nel 1724: durante tutto quest’arco di tempo può aver conti- nuato a copiare musica per lui. la carta dei tre concerti di Vivaldi è normale carta tedesca di formato verticale vergata da mano tedesca: non vi è alcun elemento paleografico e cartaceo che possa far ricollegare la copiatura di quei tre mano- scritti alla città di Venezia e al periodo 1708-1709. Copie italiane dei tre concerti potrebbero benissimo esser state spedite dall’Italia a Würzburg fino al 1724 e colà copiate in parti staccate – da Horneck o da altri – e girate a Wiesentheid per il di- letto di rudolf Franz erwein. oppure acquisite direttamente da rudolf Franz erwein o dai suoi figli fino al terzo decennio del settecento. Il secondo elemento – in realtà il principale – su cui si regge la datazione dei concerti rV 402, 416 e 420 è fondato su una osservazione paleografica e consiste nell’identificazione di Horneck come copista dei tre concerti. Fu Karl Heller, nel suo fondamentale saggio del 1971 sulle fonti tedesche della musica strumentale di Vivaldi, a mettere per la prima volta in relazione i manoscritti di quei tre con- certi vivaldiani con la mano di Horneck.14 la didascalia «schreiber vermutlich Franz Horneck», che nel catalogo di Heller compare solo in relazione ai concerti rV 402, 416 e 420, non era però frutto di una personale osservazione di Heller, bensì di un’informazione ricevuta tramite corrispondenza privata da Fritz zobeley,15il maggiore studioso dei manoscritti di Wiesentheid: nel 1971 zobeley era morto da due anni senza aver ultimato il suo catalogo della collezione schönborn, che uscirà postumo nel 1982 a cura della sua allieva Fromuth dangel- Hofmann, attuale curatrice di quel fondo.16 l’identificazione della mano di Horneck risale dunque a zobeley e sta tutta in quella comunicazione privata e nell’avverbio «vermutlich» (presumibilmente). dal saggio di Heller l’informa- zione passò nella fortunatissima monografia di Michael talbot,17 e da lì – avendo purtroppo perso il «vermutlich» – in decine di altre pubblicazioni fino a diven- tare, in tempi recenti, una sorta di dogma, tantoché è stata coniata l’espressione servato nello staatsarchiv Bamberg, sterbeakte B 84 nr. 24. È stato trascritto ed introdotto da dIeter KIrsCH, Das Bamberger Drittel: Zum Repertoire der würzburger und Bamberger hofmusik unter Fürstbischof Friedrich Carl von Schönborn (1729-1746), in Im Dienst der Quellen zur Musik: Festschrift Gertraut haberkamp zum 65. Geburtstag, a cura di Paul Mai, tutzing, schneider, 2002, pp. 39-55. nel catalogo figurano due sole composizioni di Vivaldi, entrambe appartenenti alla tarda maturità: una copia della cantata Amor hai vinto, rV 683, ed un Salve Regina, rV 804, perduto. 14 Karl Heller, Die deutsche Überlieferung der Instrumentalwerke Vivaldis, «Beiträge für musikwissenschaftlichen Forschung in der ddr», Band 2, leipzig, VeB deutscher Verlag für Musik, pp. 178-187. 15 Cfr. KarlHeller, Die deutsche Überlieferung, cit., p. 204. 16 FrItzzoBeley, Die Musikalien, cit. 17 Cfr. MICHaeltalBot, Vivaldi, london, dent, 1978, p. 48. – 92– la MIsterIosa Mano dI Franz anton HorneCK «the three Horneck concertos» per identificare rV 402, 416 e 420.18zobeley, colui che ebbe quest’intuizione e la comunicò a Heller, era di certo l’unico a poter di- scernere la mano di Horneck fra le molte altre presenti fra i manoscritti di Wiesentheid. tuttavia, egli non scrisse nulla di ciò nel suo catalogo: i numeri 778, 776 e 760 che identificano, rispettivamente, rV 402, 416 e 420, non riportano al- cuna indicazione riguardo al copista. ed è strano, perché lungo tutto il suo cata- logo, in relazione ad altre composizioni, zobeley scrive talvolta «Handschrift Horneck» (di mano di Horneck). È dunque il caso di verificare le ricorrenze di questa definizione per dedurre, dall’osservazione dei manoscritti, le caratteristi- che della mano di Horneck e se questa coincida con quella che vergò i tre concerti di Vivaldi. Intanto, uno sguardo ai manoscritti dei nostri tre concerti vivaldiani rivela ca- ratteristiche prettamente tedesche: si tratta di copie in parti staccate scritte su carta tedesca di formato verticale, cm 22,5 ca x 30, rigata a 14 pentagrammi trac- ciati uno ad uno (anziché con un rastrello multiplo come era in uso a Venezia e in altre città d’Italia). Questo tipo di carta è comune alla gran parte dei manoscritti presenti a Wiesentheid ma è diversa dagli altri concerti per violoncello di Vivaldi colà conservati e stesi su carta orizzontale.19 la cosiddetta «mano di Horneck» presenta una grafia chiara, tondeggiante e un po’ timida: rV 420, parte staccata di violino primo, D-wD, 760 18 l’espressione è coniata e utilizzata da staVrIaKotsonI-BroWnnel suo The Solo Cello Concertos of Antonio Vivaldi, tesi di Master of Philosophy, università di liverpool, 2000, pp. 20-30, 46-47, 243, 251-259. 19 Cfr. staVrIaKotsonI-BroWn, The Solo Cello, cit., p. 243. – 93– FederICo MarIa sardellI se andiamo ora a cercare, fra gli altri manoscritti di Wiesentheid, quelli che zobeley segnala sotto la definizione «Handschrift Horneck», restiamo confusi: sotto questa definizione vengono elencate mani differenti fra loro e talvolta si at- tribuiscono a Horneck manoscritti posteriori alle notizie biografiche che abbiamo su di lui.20un caso di cattiva attribuzione al lavoro scrittorio di Horneck è dato dal volume collettaneo 896, una raccolta di 12 sonate per violoncello che viene definito «spartito» da Horneck stesso durante il suo soggiorno veneziano: il co- dice è scritto da due copisti differenti (il primo copia le sonate 1-7 e il secondo le sonate 8-12, che sono di ambito romano). Questi due copisti sono, a loro volta, diversi da quell’«Horneck» che si dice aver vergato i tre concerti vivaldiani: rV 420, parte di violoncello (secondo zobeley «Handschrift Horneck»), D-wD, 760 20 È il caso del manoscritto n. 545, un concerto in Mi maggiore di Giovanni Benedetto Platti (1697- 1763) tratto dalla sonata op. V, n. 11 di arcangelo Corelli, datato fra il 1725 e il 1731 e dichiarato «au- tografo di Platti», con «successiva estrazione delle parti staccate da parte di Horneck e Guretzky» (cfr. FrItzzoBeley, Die Musikalien, cit., p. 56); le notizie biografiche su Horneck cessano per noi dopo la morte del suo patrono, nel 1724. – 94– la MIsterIosa Mano dI Franz anton HorneCK Incipitdel volume collettaneo D-wD, 896 (secondo zobeley «von der Hand Fr. Hornecks 1709/10 in Venedig spartiert») Incipitdella sonata n. 8 dello stesso volume – 95– FederICo MarIa sardellI ecco dunque tre diverse mani «di Horneck». Ma la faccenda peggiora se guar- diamo il codice miscellaneo 897, che viene definito «Handschrift von Horneck, nach venez.[ianischen] Vorlagen, 1708/09/10» (manoscritto di Horneck da modelli veneziani 1708/09/10): è una raccolta di 12 sonate redatte sì da un’unica mano, ma diversa dalle altre tre incontrate finora. Fra queste sonate figurano quattro duetti di un non precisato linike. sia che ci si riferisca a Johann Georg che a Christian Bernhard, si tratta comunque di compositori di area brandeburghese: i duetti di linike, come il loro autore, non sono probabilmente mai apparsi in la- guna; eppure, analizzando il codice, si scopre che furono redatti durante un unico lavoro scrittorio assieme agli altri brani italiani. Questa è dunque la quarta mano «di Horneck»: Incipitdel volume collettaneo D-wD, 897 (secondo zobeley «Hand von Fr. Horneck (nach venez.[ianischen] Vorlagen, 1708/09/10») un modo per uscire da questo labirinto m’è parso quello di andare a control- lare le stesse composizioni di Horneck, fra cui è più alta la possibilità che si tro- vino degli autografi. Wiesentheid custodisce ben otto composizioni di questo poco prolifico autore,21mentre le uniche altre finora note si trovano a uppsala e dresda.22l’unico appiglio per identificare la mano di Horneck fra le sue stesse 21 D-wD, nn. 595-603. si tratta di un offertoriume 6 concerti strumentali, dei quali uno (n. 600) si trova replicato in una trasposizione un tono più alto (n. 601). 22 In uppsala è conservato un concerto per violino in sol minore (S-Uu, Instr. mus. i hs. 19:19, parti staccate di copista ignoto); in dresda si trovano due concerti: in Mibmaggiore per fagotto (D-Dl, Mus.2746-o-1, partitura di copista ignoto) e in re maggiore per violino (D-Dl, Mus.2746-o-2, copia in parti staccate di Johann Georg Pisendel). – 96–
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