MARIA ANTONIETTA LA NOTTE CHIRONE: STORIE E RACCONTI DI UNA VITA SANTA 1 Volevo correre. Correre dalla mia malattia... Non voglio mi pianga l’altro mi piango da sola e poi... basta! Volevo incantarmi a vedere la luce del tabernacolo. E l’ho fatto. Volevo sentire palpitare le cose che mi sostengono... ... Ho fiducia in Cristo. È la mia sola risposta. Lui mi è vicino e io Lo sento. (da un messaggio del 3 aprile 2016) 2 PREFAZIONE Chi ha conosciuto Maria Antonietta La Notte Chirone nella sua esistenza terrena sa bene quanto ella abbia rappresentato i valori autentici dell’one- stà d’animo, della bontà del cuore, dell’ altruismo infinito in uno ad un’al- tissima professionalità, senza mai volersene fare un vanto ed evitando accuratamente ogni riconoscimento, celebrazioni o le luci di una ribalta che avrebbe più di ogni altro meritato, ma a cui accuratamente e puntual- mente sfuggiva. La sua infinita umiltà la portava a tanto, ma invano, perché dal suo modo di porsi, dall’intelligenza delle sapienti espressioni che utilizzava, dalle innumerevoli opere di bene che - come “un angelo silenzioso” - compi- va quotidianamente, si intuiva subito che si trattava di una persona non comune, ma di eccezionale carisma umano e professionale. La modestia e l’umiltà si coniugavano ad una preparazione eccezionale, non solo su tematiche giuridiche ma di cultura generale profonda in ogni settore. Ella spaziava dalla storia, all’economia, alla politica, alla storia della Chiesa e delle Religioni, temi questi ultimi, che caratterizzavano la sua profonda fede. Era un modello ideale di persona e di giudice completo, il più alto in cui ci si possa mai imbattere . Il tratto caratterizzante, unico e irripetibile, era l’amore per il prossimo fino alla rinuncia di sé e nella professione aveva trasfuso pienamente questa sua logica di vita. “La giustizia suppone già molto amore” diceva Frederic Ozanam, sto- rico e intellettuale cattolico francese dell’8oo beatificato da Giovanni Paolo II nel 1997. Partendo da questi intenti per lei tutto era superabile anche a costo di grandi sforzi e sacrifici personali. Il suo atteggiamento era di profondo impegno e di dedizione assoluta per gli altri, nonostante gli eventi della vita non la ricompensassero in pari termini per l’altruismo profuso. M.Antonietta ha avuto il merito grandissimo di non perdere mai il senso alto della giustizia, della misericordia e carità, valori che dovrebbero ispirare tutti nella vita ma che purtroppo tendono progressivamente a scemare. Per lei niente e nessuno era mai un numero e il suo anelito è 3 stato sempre quello di rendere giustizia a chi avesse subito un torto, supe- rando ostacoli burocratici, intollerabili lungaggini e disfunzioni. Per lei il suo lavoro era un servizio da rendere ai bisognosi di giustizia. Viveva in maniera saggia e lungimirante il contrasto esistenziale nel de- cidere e nella gestione delle vicende umane che passavano al suo vaglio. Spesso diceva che il lavoro costringe ai compiti a casa tutti i giorni per tutta la vita professionale, per indicare che la professione non è più tale ma è una missione che coincide con la vita stessa. E allora diventa molto difficile conciliare il ruolo di genitore, di moglie, di cittadino partecipe delle vicende del proprio tempo con il proprio lavoro. In questo dissidio lei ha sempre privilegiato le esigenze di giustizia e so- prattutto dell’utente che vede nel giudice la speranza della sua vita per un torto subito. Riusciva a coniugare una profondissima cultura generale con la specifi- cità del suo settore disciplinare e soprattutto con capacità nel settore del processo civile telematico da tutti riconosciute superiori, perchè lei aveva visto in questo strumento una forma di miglioramento e di accelerazione per uscire dalla palude dell’immobilismo in cui si versava da anni. Per lei che era stata abituata a Foggia, Barletta e poi a Trani a gestire mi- gliaia di fascicoli in condizioni ambientali disastrose e degradate (a Trani aveva ereditato un ruolo istruttorio con circa dodicimila procedimenti riducendolo significativamente a poche centinaia di pendenze) e in tempi biblici, il processo telematico doveva rappresentare il volano verso una giustizia più rapida, perché, come si ripete ormai da tempo, una decisio- ne, seppur favorevole, giunta in tempi non congrui si risolve nella sostan- za in un diniego di giustizia. Anche in questo aspetto organizzativo non abbandonava mai la sua vi- sione critica degli eventi. Si poneva il problema della preparazione e della formazione del personale e dei magistrati, delle ore di lavoro davanti ad un monitor, dei guasti e disfunzioni dei sistemi informatici che avrebbe- ro potuto appesantire anzicchè snellire il lavoro. Quel processo telematico che, nonostante le difficoltà e i frequenti mal- funzionamenti, lei benediceva durante la convalescenza e l’ultima parte della sua vita. Costantemente, anche durante la chemioterapia o la ra- dioterapia, ha sempre chiesto della sua consolle per poter formulare e 4 spedire provvedimenti. Bastava che avesse un minimo di forza sia perché tenesse udienza sia che si mettesse al lavoro e a nulla valevano gli inviti degli altri a soprassedere, perchè lei, con la sua consueta dolcezza, ma con assoluta e disarmante determinazione, replicava che dall’altra parte c’era qualcuno che aspettava la sua decisione. Ogni suo provvedimento era sempre accurato, ricercato, per lei ogni sentenza, ordinanza o decreto era come se fosse stato l’unico della sua carriera, nell’esclusivo intento di fare giustizia al di là di ogni barriera o intralcio formalistico. Aveva la capacità di considerare ogni caso come un problema interamen- te nuovo. In questo si servì, ad esempio, del diritto dell’Unione Europea, con disapplicazione della normativa interna con essa contrastante per l’effettività della tutela del lavoratore. Nessuna questione era più o meno importante perché, come diceva Ein- stein, quando si tratta della giustizia, non c’è distinzione tra i grandi problemi e i piccoli, perché i principi generali che riguardano l’azione dell’uomo sono indivisibili. È stata ricevuta dal Santo Padre la mattina dell’11 aprile 2016, quando già la malattia non le dava più molte speranze. Quel giorno l’omelia della messa di Sua Santità riguardò la condanna dei dottori della legge, quelli che sono aggrappati alla lettera senza compren- dere lo spirito e l’umanizzazione della regola. Il modello di giustizia trac- ciato in quell’occasione dal Santo Padre coincideva esattamente con lei. Certo le delusioni non le sono mancate e di tanto in tanto ne parlava, mai come una sconfitta per sé, ma sempre per l’occasione persa per il bene e per la giustizia. Disapprovava la deriva burocratica del lavoro, i successi determinati dalla logica dell’appartenenza a questo o quel gruppo, e basati su carriere co- struite a tavolino fatte di valutazioni superelogiative ma corrispondenti nella realtà a logiche spartitorie e lottizzatrici. Ma anche questo suo di- sappunto era sereno, mai recriminatorio, perché in fondo a lei interessava rendere giustizia agli ultimi e ai deboli e non la carriera. Univa, alla cultura giuridica, un profilo umano di tale spessore che trasu- dava da ogni suo intervento anche tecnico. Ha espresso ed esprime il vero senso della magistratura, dell’essere magi- 5 strato, di cui era profondamente consapevole, come un percorso di con- tinuo approfondimento ed evoluzione, con l’umiltà che la caratterizzava, quella che appartiene ai grandi. Per questo amava tanto i momenti di formazione, ai quali partecipava sempre e con piacere condividendo la gioia che provava nell’attribuire un volto alle persone con le quali aveva scambiato tante idee e riflessioni sul- le piattaforme informatiche, proveniente dalla consapevolezza che (con le sue parole) “ognuno di noi svolge una parte importante: il collega più anziano o, quello maggiormente padrone della materia di cui si parla perchè ti mette a parte delle sue conoscenze ( talora acquisite con non poco sacrificio), e, quello più giovane, che magari ha preso da poco possesso della sede, perchè con i suoi dubbi ( che possono anche sembrare elementari), ti fa restare con i piedi per terra facendoti comprendere che ci sono concetti o principi generali che ... avevi finito per dare così scontati ... da perderli quasi di vista e che non ci si deve mai stancare di andare a riprendere.” Se Livatino nel discorso tenuto a Palermo nel 1984 diceva che il magistra- to chiamato ad applicare le norme deve apparire oltre che essere sempre corretto, imparziale, al di sopra di ogni sospetto, Maria Antonietta lo è stata sempre con il suo esempio di vita e con la misericordia del suo cuore. Il magistrato deve parlare solo attraverso le sue sentenze e, nel suo caso, le sue pronunce continuano a far parlare gli altri con ammirazione, con devozione, con ossequio e con rispetto. Maria Antonietta ci ha insegnato che la giustizia non è una verità senten- ziata ma è una creazione perpetua: ci ha insegnato a riformare noi stessi e a consultare il buon senso, l’equità, l’amore per il prossimo, invece che l’autorità; che non ha senso essere giudici se prima non si è uomo o donna del proprio tempo, che per giudicare un altro uomo bisogna co- noscere il segreto del suo pensiero, delle sue sventure, delle sue emozioni e soprattutto è necessario avere la capacità di contemperare bontà e fermezza insieme, come lei, senza proclami, ha sempre fatto . L’unicità della sua bellezza d’animo era però, più in generale, anche al di fuori del proprio lavoro, rappresentata dalla sua capacità di fare del bene a tutti quelli che incontrava nel proprio cammino, in silenzio, con discre- zione, senza mai renderlo pubblico quasi clandestinamente. Opere che si sostanziavano nelle più svariate forme di sostegno: da quello psicologico 6 a saggi consigli di vita, ad elargizioni liberali o aiuti per persone in grave difficoltà. Il suo impegno era a vantaggio di tutti, anche di chi le faceva del male. Perché in lei il disegno di Dio era molto alto e indecifrabile per la miseria delle logiche umane. “Ama il prossimo, chi ti è vicino. E perché devi amare il prossimo anche se non è tuo fratello, anche se non è tuo amico, anche se è proprio chi ce l’ha con te ed è contro di te? Devi amare il prossimo perché Dio ha avuto compassione di te e si è fatto prossimo” ( San Paolo Ef.2,12). E proprio per questo lei si è fatta prossimo di tutti anche nella malattia, continuando ad amare gli altri nonostante le atroci sofferenze vissute con un atteggiamento così pacato e innaturale per l’immaginario comu- ne, senza alcun lamento, recriminazione o battuta d’arresto, al punto che anche la morte l’ha colta serena, con il sorriso, dopo aver chiamato a raccolta tutti i suoi cari ed essersi preoccupata, come sempre, per gli altri, per il disagio che la sua dipartita avrebbe provocato in chi le stava vicino e mai per i lancinanti dolori della sua fine. Fino all’ultimo si è fatta prossimo per testimoniare, in coerenza con tutta la sua vita i sentimenti di amore viscerale, di carità e di misericordia, af- finchè si compisse in lei il progetto di Dio – “ Siate misericordiosi come il padre vostro è misericordioso” ( Lc 6,36) che si riassume in uno dei suoi ultimi messaggi inviato un giorno ad una carissima amica “aspetto con ansia che la giornata venga illuminata da un sorriso e da qualsiasi forma di manifestazione di amore e affetti. Il mio primo pensiero e’ che la vera luce travolga le persone che si sono smarrite e coloro che hanno subito ogni conseguenza per colpa loro e per ogni forma di ingiustizia. Se potessi parlare ad ognuno di loro, ripeterei incessantemente di non perdere mai la speranza in una vita migliore, di amare chiunque sia accanto e che ....ne e’ valsa e ne varra’ sempre la pena. Con il grande bene di sempre....un bacio. Maria Antonietta” Maria Antonietta anche ora è accanto non solo a quelli che l’hanno cono- sciuta ed amata, ma anche a chi vorrà ancora oggi avvicinarsi a lei, al suo pensiero, alle sue idee, al suo amore totale per gli altri, perché chi lascia una testimonianza di vita di una simile portata non muore mai, ma vive in eterno nella mente e nel cuore di tutti. 7 8 Maria Antonietta La Notte Chirone. Maria Antonietta La Notte Chirone, magistrato di Tribunale con decorrenza dall’ 01.08.1993 ( mentre la nomina ad uditore giudiziario è avvenuta con D.M. 01.08.1991), nominata Consigliere di Corte d’ Appello, con decorrenza 01.08.04, svolgeva le funzioni di Giudice del Lavoro di I° grado, presso il Tribunale di Trani, sin dall’ 08.02.1996, quantunque inizialmente e prima della riforma quale Pretore del Lavoro. Dalla data di conferimento delle funzioni giurisdizionali ha svolto funzioni promiscue presso l’ allora Pretura Circondariale di Foggia, sezione distaccata di Ortanova, nonché, è stata contestualmente adibita, quale Giudice dell’ Esecuzione, alla trattazione delle procedure di esecuzione mobiliare relative a tutto il territorio della Provincia di Foggia. Dal 25.09.1998 al 31.03.1999, con decreto n. 356 del 24.09.1998, e con decreto integrativo n. 384 del 16.10.1998, del Presidente della Corte d’ Appello di Bari, è stata applicata presso il Tribunale della Libertà di Bari, e, contestualmente alla III sezione del Tribunale di Bari, in funzione di Tribunale della Prevenzione, presso il quale, come rilevato anche in sede di parere per la nomina a Magistrato di Corte d’ Appello, del 23.11.04, redigeva “ un cospicuo numero di provvedimenti” ( n. 143 in soli mesi sei di applicazione). Nell’ A.A. 2002/2003, le veniva conferito, da parte dell’ Università degli studi di Bari – Istituto di Diritto del Lavoro, l’ incarico di cultore della materia, giusta delibera di presa d’ atto, da parte del CSM, del 18.09.03, con impegno orario quotidiano ed a titolo del tutto gratuito. Ella, fin da subito, ha redatto numerose sentenze ed ordinanze attinenti a complesse problematiche legate al mondo del lavoro, spesso risolvendo casi proposti per la prima volta alla interpretazione di un magistrato, che sono state pubblicate su varie riviste giuridiche attinenti a problematiche del mondo del lavoro, fra cui, per la loro particolare complessità, ci si limita a ricordare l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale nella causa La Grasta/SNAM S.p.A, pubblicata nella rivista “Il Diritto Marittimo, 1997, f. 4, pagg. 1099 e segg.), l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale del 29.9.1999, a seguito della quale la Corte Costituzionale, accettando la tesi da lei proposta, dichiarata la illegittimità 9 costituzionale dell’art. 22, comma XXXVI, della legge n. 724 del 1994 con propria sentenza n° 459 del 23.10/2.11.2000 e la sentenza in materia di competenza territoriale emessa in data 24.5.2000, confermata con sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 9547 del 13.7.2001 (in Foro Italiano, 2002, pag. 466 e segg.). In maniera costante, per tutto il periodo di svolgimento delle funzioni di Giudice del Lavoro, presso il Tribunale di Trani, come emerge dalle statistiche comparate e dai pareri ottenuti nel corso della carriera per le pregresse valutazioni, ha sempre dimostrato dei livelli di produttività molto elevata al punto che, pur avendo avuto, al momento del proprio insediamento in sede a Trani, ricevuto un numero di fascicoli da trattare, superiore a quello degli altri colleghi che svolgevano le funzioni di Giudice del lavoro, presso il medesimo Tribunale, ben presto riduceva in maniera rilevante le “ pendenze “, arrivando, negli ultimi anni a poco meno di mille pendenze, dalle circa 15 mila iniziali affidatele. Giusto a titolo esemplificativo, nell’ anno 1999, afronte di 2778 controversie di lavoro assegnate e di 42 procedimenti cautelari, emetteva 1196 sentenze, 20 ordinanze e 456 decreti; nell’ anno 2000, a fronte di 2875 controversie di lavoro e 62 cautelari, le sentenze erano 2267, le ordinanze 21 ed i decreti 372; nell’ anno 2001, a fronte di 3198 controversie di lavoro e 90 cautelari, le sentenze emesse erano 1694, i cautelari 1694, le ordinanze 39 e i decreti 715; nel 2002, le controversie di lavoro assegnate 3198, i cautelari 33 e le sentenze emesse 2051, i cautelari 45 e i decreti 787; nel 2003, le controversie di lavoro assegnate 5371, i cautelari 39, mentre le sentenze emesse 2079, le ordinanze 24, e i decreti 554. Gli stessi livelli venivano mantenuti invariati anche negli anni successivi, come dimostrano gli ultimi dati statistici comparati, dell’ uf-ficio di appartenenza e risalenti al 1° semestre del 2006 ove emerge che le pendenze, comprese le sopravvenienze, erano, in totale, fra controversie previdenziali e di lavoro, 6284, mentre quelle degli altri colleghi rispettivamente di 11338 e di 11539. I procedimenti definiti per quel periodo, per quel primo semestre erano di 1969. Nel corso degli anni il mantenimento degli stessi livelli di produttività era confermato dalla circostanza, riscontrabile per via documentale che i tempi di definizione dei giudizi in materia previdenziali si riducevano 10
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