Roma, 1990: uno stanzone traboccante di plichi e scatoloni è l’archivio raccomandazioni del sottosegretariato alla Difesa. Quindici anni dopo, nel 2005, si scopre che le Poste hanno un database il quale, oltre alle richieste di assunzioni e promozioni, contiene anche le lettere di risposta – tra i destinatari, persino due cardinali. La “spintarella” è il sistema più usato in Italia per far muovere i lavoratori da un posto all’altro. Ma è anche il modo più sicuro di immobilizzare il Paese intero. Perché livella ogni merito, azzera qualunque formazione, blocca la ricerca. Dal settore della sanità a quello universitario, dagli scambi di poltrone del grande capitalismo al micro-nepotismo della piccola impresa, questa inchiesta ironica e incalzante racconta il colossale spreco delle menti migliori di generazioni di italiani. Il genio della sperimentazione sulle staminali che fugge all’estero perché qui deve “aspettare il suo turno” per essere promosso; il brillante fi sico costretto a comprare meteoriti su eBay e analizzarli nel tinello; il barone che con una telefonata “fa fuori” da un concorso un promettente cardiologo e molti altri. Attingendo alla propria esperienza, Floris rivaluta l’individualismo meritocratico degli anni Ottanta e analizza il Sessantotto cogliendone, oltre ai meriti, alcuni inediti demeriti. Rievoca le avventure di un giovane giornalista e dei suoi coetanei in un’Italia medioevale, fatta di caste, castelli e feudi inespugnabili. Diagnostica senza pietà la malattia degenerativa che distrugge le migliori cellule della società, una progressiva paralisi che minaccia il futuro di tutti e che la classe dirigente del Paese non può o non vuole curare. Ma, tra Steve Jobs e Alberto Sordi, Floris individua anche esempi di resistenza e possibilità di ripresa. Ci vorrà una cura da cavallo, ma l’Italia dal mal di merito può ancora guarire.