ebook img

Maestri italiani del secondo '900 : Luigi Spazzapan ... PDF

2010·2.8 MB·Italian
by  
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview Maestri italiani del secondo '900 : Luigi Spazzapan ...

FONDAZIONE GIORGIO AMENDOLA E ASSOCIAZIONE LUCANA IN PIEMONTE CARLO LEVI LORIS DADAM MAESTRI ITALIANI DEL SECONDO '900 Luigi SPAZZAPAN, Virgilio GUIDI, Gigi CHESSA, Francesco MENZIO, Carlo LEVI, Enrico PAULUCCI, Italo CREMONA, Filippo SCROPPO, Piero RUGGERI, Josè ORTEGA, Giacomo SOFFIANTINO, Ezio GRIBAUDO, Francesco TABUSSO, Nino AIMONE, Romano CAMPAGNOLI, Luigi GUERRICCHIO, Giacinta VILLA, Loris DADAM, Salvatore FERRARA, Salvatore FIUME, Sandro CHIA, Mimmo PALADINO, Fernando EANDI, Elena MONACO CERABONA EDITORE Continuità di un impegno Il programma culturale della Fondazione Giorgio Amendola, per il 2010, si conclude con questa mo¬ stra, che conferma ormai i nostri spazi espositivi come una realtà radicata nella città, nella regione e che si sta lentamente muovendo in una dimensione nazionale. Esponiamo circa 60 opere, di varie tecniche e dimensioni, di 24 artisti che hanno caratterizzato la se¬ conda metà del '900, alcuni scomparsi, altri ancora attivi e creativi. Siamo riusciti ad assicurarci opere di grande valore storico, come il Gigi Chessa del 1928, il Cremona del 1948, il Paulucci del 1946, i Gribaudo del 1958, gli Scroppo del 1963, l'Aimone «pop» del 1967. Siamo poi riusciti ad avere opere dei quattro artisti principali dei Sei di Torino ed un Ruggeri del 1971. Grazie alla generosa collaborazione con la Galleria Ferrara di Sant'Arcangelo (Potenza) possiamo mo¬ strare a Torino una splendida serie di Luigi Guerricchio degli anni '70 ed una «cartapesta» dello spagnolo/ lucano Josè Ortega. Uno scambio culturale Piemonte/Lucania che intendiamo proseguire e sviluppare. Abbiamo poi in mostra i Maestri ed amici di sempre: Soffiantino, Tabusso, Aimone, Villa, Campagno¬ li, Dadam e Monaco. Ringraziamo poi i collezionisti che hanno prestato le loro opere per questo evento. Ancora una volta abbiamo organizzato una mostra che vuole innanzitutto essere una riflessione sui percorsi dell'arte moderna, un evento culturale, che si muove su diversi piani: scientifico, artistico, didat¬ tico, nella migliore tradizione della nostra Fondazione. Prospero Cerabona Presidente della Fondazione Giorgio Amendola Si ringraziano per il prestito delle opere: Novacoop - Novara - 17 Piergiorgio Bosco -1, 3,4,10,11,15 Vincenzo Vasconi - 2, 5, 6, 9, 27, 55 Galleria Ferrara Sant'Arcangelo (Pz) - 7, 8,26, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 50, 51, 52,53, 54 Erica ed Egle Scroppo -12,13,14 Studi, Convegni, Ricerche della Fondazione Giorgio Amendola e dell'Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi - 25 Sale espositive Presidente della Fondazione Giorgio Amendola Prospero Cerabona via Tollegno, 52 - Torino Curatore mostra e catalogo tel. 011.2482970 - 3482211208 PSIrLoVgIAe tBtoU ReZdI Oal, lEeDstITimRIeCnEt IoL RINNOVAMENTO vernissage Sabato 4 dicembre 2010 ore 17 Direttore Responsabile PROSPERO CERABONA Fino al 31 gennaio 2011 Redazione DOMENICO CERABONA orario Fotocomposizione: lun. - ven. 10-12,15.30-19.30 © EDITRICE IL RINNOVAMENTO sabato e domenica su prenotazione VIDEOIMPAGINAZIONE GRAFICA DI TESTI E IMMAGINI via tollegno 52 -10154 Torino tel. 0112482970 - [email protected] www.fondazioneamendola.it [email protected] Finito di stampare nel mese di novembre 2010 da artale (forino) La Regione Piemonte dà il benvenuto alla mostra «Maestri della seconda metà del '900» organizzata nelle sale espositive dell'Associazione Lucana Carlo Levi e della Fondazione Giorgio Amendola: un'interessante occasione non solo per gli esperti del settore, ma anche e soprattutto per il pubblico. L'iniziativa mette in mostra e a confronto tanti maestri della pittura moderna, valorizzando i numerosi percorsi, le differenti forme di espressione, la varietà dei mezzi e dei linguaggi usati. Il nostro riconoscimento va agli organizzatori che sono riusciti a radunare così tante significative opere di artisti famosi, con l'intento di coinvolgere anche il mondo del collezionismo. Siamo poi particolarmente lieti che questa mostra costituisca un primo esempio di gemellaggio e collaborazione tra soggetti culturali del Piemonte e della Basilicata, due regioni geograficamente distanti, ma legate da tanti aspetti culturali, umani ed industriali, da Carlo Levi alla Fiat di Melfi. Il confronto fra esperienze figurative così varie e complesse sancisce il valore culturale della mostra e la trasforma in un reale momento di riflessione sui valori dell'arte moderna, certamente di stimolo anche per il mondo delle scuole e per i pubblici più distanti. Michele Coppola Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Per l'Arte Moderna LORIS DADAM Quello che unifica gli artisti di questa mostra è un percorso di fuoriuscita dalla «pseu- domonumentalità» del Novecento, inteso, non solo nella sua versione italiana e fascista, ma come movimento internazionale di «ritorno all'ordine». La reazione a tale «stile» ha avuto il massimo sviluppo nel dopoguerra (da cui il titolo «seconda metà del '900»), malgrado l'ostracismo del pci di Guttuso nei confronti dell'astrattismo. L'obiettivo era quello di ricol¬ locare la ricerca nell'alveo dei grandi movimenti dell'Arte Moderna europea. L'opera in mostra Casa con portici e bambini (1954) di Luigi Spazzapan (1889-1958) è uno degli straordinari paesaggi fatti a Torino, dall'anno del suo arrivo, nel 1928, redatto di getto con una velocità e visione compositiva totalmente suoi. Come scriveva Luigi Cariuccio «Spazzapan non è un pittore di idee, ma un occhio allo stato puro, che può contare sui servizi di una mano "che si è fatta bella e obbedisce anche nei momenti della più grande frenesia" (Venturi, 1946)» Italo Cremona (1905-1979) è un altro figlio inquieto della cultura torinese fra le due guerre e nel dopoguerra: pittore, incisore, scenografo, saggista, romanziere, giornalista. Studio per carillon (1948), in mostra, è un bellissimo quadro del 1948: la vista simultanea dei due lati dà al quadro una notevole dinamica come se la donna fosse davanti allo specchio. C'è un qualche richiamo cezanniano, ma la linea corre lungo i corpi con grande libertà e sensualità, accen¬ tuata dalla luminosità che esalta i volumi. La luce è anche la protagonista di Studio di nudo (1968), dove ombre geometrizzate sottolineano i volumi del corpo e la dolcezza del viso. Virgilio Guidi (1891-1984) è una delle figure più importanti nella ricerca sulla luce come elemento di definizione dello spazio, condotta senza soluzione di continuità nel corso di una vita lunghissima. In questa direzione subisce il fascino di Venezia e si susseguono gli studi della luce sull'acqua e il cielo della laguna, ritratta con le atmosfere più diverse. Il qua¬ dro esposto Bacino di San Marco, del 1981, è uno splendido esempio del periodo: l'isola di San Giorgio e la punta della dogana vengono trasfigurate in un azzurro luminoso da sciabolate di sole di un giallo oro alla Turner. La luce promana dalTinterno del colore stesso e ne defi¬ nisce piani e prospettive. Siamo riusciti ad avere in esposizione alcune opere dei «Sei di Torino», o meglio, dei quattro che, dopo la fondazione del gruppo nel 1929, hanno continuato la loro ricerca lungo il filone originario: Gigi Chessa, Francesco Menzio, Carlo Levi ed Enrico Paulucci. Il quadro di Gigi Chessa (1898-1935) Natura morta è particolarmente prezioso perché data 1928, cioè an¬ tecedente alla fondazione dei Sei. Il quadro non possiede ancora la luce e la freschezza delle opere seguenti direttamente influenzate dalla Scuola di Parigi. Comunque il rigore composi¬ tivo, specie nella parte sul tavolo (rapporto acini-tovagliolo bianco) risente l'influenza caso- ratiana. Il quadro di Francesco Menzio (1899-1979) Finestra è del 1964 e rappresenta un'opera della piena maturità, tipico della sua luminosità fluida, avvolgente, di matrice matissiana. Si noti come anche il colore delle zone in ombra del primo piano risulti pieno di luce e costru¬ isca una «griglia» di pausa nei confronti della potenza coloristica del paesaggio che preme e filtra dalle griglie e dal vetro riflesso. Le due opere in mostra di Carlo Levi (1902-1975) appar¬ tengono all'ultimo periodo: Maternità è del 1970 e riprende in bicromia uno dei temi popolari del confino lucano e del successivo dopoguerra molto schierato ed ideologizzato: gli occhi sono sbarrati sul mondo, le mani accennano ad una carezza. Più interessante è Carrubo del 1972: come abbiamo già osservato, negli ultimi anni Levi torna ad Alassio dove sviluppa la sua ricerca sui rapporti organici fra gli esseri viventi, in un'anima cosmica che tutto unisce in un comune pagano spirito della vita. Il tronco del carrubo ha il viso di un animale e tutto il bosco si contorce in un animismo che ricorda le saghe gotiche. Dei «Sei», Enrico Paulucci (1901-1999) è quello che ha portato più a fondo la ricerca sul colore ed è andato più in là nel li¬ berarsi dell'oggetto e far parlare autonomamente i rapporti fra i colori. I tre bellissimi quadri in mostra ne sono la dimostrazione. Caffettiera (1946) risente ancora della lezione di Braque e Matisse, ma l'equilibrio compositivo è tutto «torinese»: il «tracciato» visivo scandito dai rossi dei pomodori, il graficismo della caffettiera che connette lo sfondo disegnato sul bruno scuro alla Braque, che rimanda al vaso e da qui ai limoni, ecc., colore, pittura e disegno sono molto ben fusi tra di loro. In Marina, del 1950, si vede come il soggetto sia ormai solo puro pretesto compositivo: siamo ormai sul bordo dell'astrazione, così come Regata, del 1974, sono una composizione dinamica di azzurri dove le notazioni rosse e gialle accentuano il moto rotatorio centripeto. Filippo Scroppo (1910-1993), pittore, partigiano, teologo valdese, insegnante, organizza¬ tore culturale, critico d'arte e giornalista, arriva a Torino nel 1934, passa per una fase espres¬ sionistica per approdare nel primo dopoguerra all'astrattismo, vissuto come «decantazione» della materia per giungere al centro dello spirito delle cose. Nel programma del mac (Movi¬ mento Arte Concreta - 1952), fondato da Scroppo, si legge che la pittura astratta è la «diretta presentazione di oggetti in cui si vengano obicttivando i bisogni spirituali dell'uomo». Le tre opere in mostra rappresentano due momenti fondamentali del maestro: Forme organiche e Incastri arancio bruni sono del 1963 e sono ben rappresentative del suo viaggio dentro l'or¬ ganicità della vita, indagata con amore, ma anche senza dramma, con una luce quieta e di pace. Forme evanescenti è del 1972 e rappresenta l'ultimo passaggio dove la pittura s'è ormai trasformata in areografia e gli spazi sono pura luce, che non urla né brilla, ma sta lì, eterna. Nel 1971, anno del Napoleone azzurro, Piero Ruggeri (1930-2009) non è ancora il grande poeta della notte: la sua pittura informale/astratta si snoda ancora su una gamma di colo¬ re che gli permette di ripercorrere criticamente i grandi notturni della storia, Rembrandt, Caravaggio, Tintoretto, ... La strada comunque è già aperta e questo quadro, pur essendo pieno di luce, risulta di una tonalità registrata nel tardo meriggio. La composizione si gioca tutta nel rapporto fra la massa scura quadrangolare di base che «ancora» col proprio peso al «terreno» e la massa scura soprastante che, come una vela (il cappello di Napoleone?) tende a volare. Tutte le pennellate gestuali fra le due masse hanno la duplice funzione «dialettica» di «soffiare» sulla vela perché si alzi e, nel contempo, di tenerla «ancorata» alla base come delle sartie. Grande quadro: riesce a far muovere con estrema sintesi grandi masse scure. Il cerchio, posto nel centro geometrico del quadro, è la cerniera del moto. In un'intervista del 1989, in occasione della mostra delle opere qui esposte, Giacinta Villa (1943-2003) dichiarava: «...ho condotto la mia ricerca cercando di decantare quelle che io considero incrostazioni simboliche oggettuali, per arrivare a definire la realtà (...) attraverso rapporti di colore che definiscano lo spazio ed il tempo, il prima ed il dopo, il presente e quello che ci sta davanti o dietro, non solo in termini di tempo, ma soprattutto in termini di percezione». Le opere esposte sono tutte dello stesso anno (1988) ed appartengono al periodo 1987-92, quello «razionalista» dell'autonomia della luce-colore, caratterizzati da ima ricerca di puri rapporti, di «pesi» specifici dove gli equilibri vengono raggiunti modulando i toni, le tinte e la luminosità relativa, raggiunta spesso con l'acquarello. Ne risultano quadri estremamente dinamici e, in questa fase, di grande felicità. Sistema dinamico con rossi è un grande acquarello dove i rossi creano un moto «rotatorio» attorno al quadrato azzurro centrale; Composizione con rettangolo azzurro (ricerca spaziale n. 2) è un olio dove il tema è il riequilibrio del gran «buco» azzurrino senza «far cadere» la composizione verso destra; in Incontri il movimento è del tipo «dentro-fuori» verso chi guarda, mentre II futuro è un acquarello pervaso da una grande quiete. Per Giacomo Soffiantino (1929), il dialogo con la natura (e con la connessa vicenda uma¬ na) è il discorso di tutta una vita. Egli scava da sempre negli anfratti degli organismi naturali per ricercarvi l'origine della vita, dove la vita è la luce, che, nei suoi quadri, proviene dall'in¬ terno stesso delle cose, degli organismi, che fa emergere brandelli di verità, ma che spesso, come in Turner, abbaglia e la verità sfuma come le ombre nella caverna di Platone. È un'arte che pone domande e va alla ricerca di risposte su problemi di fondo: non lascia tranquilli, non è rassicurante, anzi, semina interrogativi ed inquietudini. Dosso, del 2009, è una splen¬ dida sinfonia organica di grigi, bianchi, terre e sanguigne: lo squarcio in fondo con le radici (alberi?) apre il quadro verso il mondo; Continuità n. 5, del 2002, è una grande composizione spaziale di bruni e neri con drammatiche apparizioni di luce bianca; Il diario di Darwin, del 2009, è una riflessione sulla morte, dove il ciclo della morte organica, e, con essa, il sangue e il dolore, non è concluso, ma continua a svolgersi, senza fine, in un mare di luce. Luigi Guerricchio (1932-1996), pittore, incisore, ceramista, è il maggior artista lucano del Secondo Dopoguerra. È riuscito ad esprimere, con un segno duro, quasi «tedesco», intriso di una sottile vena di ironia i temi sociali della «questione meridionale» e le immagini del paesaggio lucano. Le quattro opere in mostra, tutte degli anni '70, sono particolarmente in¬ teressanti in quanto capaci di trasmettere il messaggio «sociale» senza la mediazione della figura umana, ma solo con la forza della pittura. La cava sembra una composizione astratta di tanti bassorilievi modanati; Lo studio è una composizione pervasa da una luce smorzata e tranquilla, dove lo spazio è definito dal manico della falce, la porta e l'agrifoglio, mentre i rotoli inclinati tengono legata la porzione in alto a sinistra; Girasole con sedia ha un'atmosfera elegiaca con questa gran zona d'ombra in primo piano, cui fa contraltare il sole abbacinante esterno. In tutte queste opere il disegno è marcato, quasi inciso, e il colore gli aggiunge una forza ulteriore. Questo è particolarmente evidente nell'Ulivo invernale, immagine di grande potenza espressiva, col tronco e le chiome che sembrano scolpiti nel grigio del cielo. Josè Ortega (1921-1990) è spagnolo, ma lucano di adozione, con un rapporto continuo con Matera dal 1973 fino alla morte. Così diceva: «...credo di dover qualcosa a Matera, perché ho incontrato laggiù l'elemento artigianale che è alla base di questo lavoro: la cartapesta. Io credo di aver aperto una prospettiva: quella di dare qualità artistica alla cartapesta, recuperando ai fini del¬ la grande battaglia dell'arte una modalità dell'espressione...». Muerte do nascimento, del 1973, è un tipico prodotto di questo recupero della cartapesta, usata per ottenere degli effetti in bassorilievo. Ritratto di conquistatore del Prado e Maximigliano, ambedue del 1972, sono carichi di ironia. Già in altre occasioni abbiamo negato che Francesco Tabusso (1930) potesse essere ascrit¬ to al novero dei «naif», prima di tutto per la sterminata cultura figurativa, antica e moderna, che è stata studiata, percorsa, digerita e trasformata dal Maestro, poi per ima triste ironia che permea i suoi quadri maggiori, dove l'imprevisto è sempre in agguato. Ed infine, per una straordinaria curiosità intellettuale, che, ad ottant'anni, è rimasta intatta. «Squallida sera d'in¬ verno» è l'illustrazione di una poesia di Beltramo (1980) ed è uno dei suoi tipici paesaggi con la neve, bellissimo da un punto di vista compositivo con i corvi che riequilibrano l'uccellino sul cespuglio pieno di bacche a destra. Come sempre nel Nostro, l'innocente si trova di fronte ad un inatteso pericolo. In Polleria (2006), riprende il tema della vittima innocente; Conversazioni a Rubiana (2007) è giocata su un'armonia di grigi e sull'equilibrio fra il cane e la scala; L'ultimo grappolo (2007) è molto poetico nel rapporto fra il bianco delle neve ed il grigio del cielo solca¬ to dai blu e dai rossi; Rita (2007), in una luce «fiamminga» la donna ci invita a seguirla verso l'ignoto, molto bello; Lepre nella tagliola (2007), dove donna, cavoli e lepre si muovono come in un balletto sulla scena innevata; Dispensa (2007), dove i prodotti sono esposti come le note sul pentagramma degli scaffali e la luce «metafisica» tiene i colori mezzo tono più basso del solito; Cantiniere (2008), è una vera festa della produzione agro-alimentare con alcuni notevoli pezzi di pittura. Nino Aimone (1932) è uno «sperimentalista radicale», un'anima inquieta alla continua ricerca della «forma» che meglio possa esprimere la sua voglia di ribellione. Questo lo porta ad uno sperimentalismo assoluto, unificato solo da una lucida intelligenza, da una naturale maestria compositiva e, psicologicamente, da un sottile senso di rassegnazione rispetto alla coscienza dei limiti della propria ricerca (l'arte, per quanto ribelle od urlata, non fa le rivo¬ luzioni). I quadri esposti appartengono ad epoche diverse, ma comunque non figurativi, vagando fra le sperimentazioni «pop-art» del 1967, la «crisi» dei primi anni '80 e la successiva via astratta. Oggetto grande cornice (1967), opera della fine del periodo pop, di grande felicità compositiva e coloristica, molto ironica; Programma con intervento giallo (1983), espressione di un periodo di crisi e ripensamento con una rivisitazione del «grado zero» della pittura ; Giorno e Notte (1995), di grande libertà compositiva e di esaltazione del colore, robusto, tenero e sensuale; Costellazione I (1996), opera molto poetica, dove, in un cielo blu fantasti¬ co, le stelle sono piantate come chiodi collegate fra loro da esili fili; Fulmine (1998), quadro straordinario dove Aimone supera se stesso nella creazione di uno spazio senza più limiti, veramente infinito. Cometa (2001) di Romano Campagnoli (1934) è il ritorno ad una pittura di rapporti dopo le grandi divagazioni nel nulla cosmico della fine anni '90. In un'atmosfera stranamente ele¬ giaca il cielo si popola di azzurro e di stelle filanti. Ezio Gribaudo (1929) è l'Indiana Jones dell'arte torinese: percorre il mondo e ne traduce le forme in opere di rilievi archeologici: il bassorilievo è la sua dimensione formale e di esso ne darà mille interpretazioni: dai flani tipografici del I960, ai logogrifi bianco su bianco, segui¬ ti dai metallogrifi, saccogrifi del 1973, gli inchiostri tipografici oro e sabbia; del 1977 gli Atlanti; del 1981 i logogrifi in legno di tiglio; dell'84 la serie dei Dinosauri; dell'89 i Teatri della Memoria; del 1993 la serie gli Alberi. Le due grandi opere esposte. Solisti senza applausi e Sottobosco, sono due rari quadri giovanili del 1958, chiaramente influenzati dal clima culturale newyorkese dell'epoca: de Kooning e Pollock, reinterpretati con grande abilità ed ironia. La Natura morta (1990) di Salvatore Ferrara (1955) si caratterizza per la sua solare lumino¬ sità, per la maestria compositiva (il gioco dei gialli e rossi riequilibrato dal girasole in alto a sinistra) e per una pittura morbida e sensuale. Vecchia casa lucana (1990) è una riprova di abili¬ tà compositiva: le «direttrici» inclinate definite dalle due foto sul ripiano tengono assieme il quadro collegandone psicologicamente i vari episodi attorno alla presa luce rotonda; si noti come la mensola di sinistra sia inclinata in continuità con la soprastante fotografia. Tè pomeridiano (2004) di Salvatore Fiume (1915-1997) fa parte della serie delle odalische con le calze rosse, serigrafie polimateriche su broccato a 38 colori, tipiche della produzio¬ ne matura dell'artista, caratterizzata da un'atmosfera fiabesca orientaleggiante, sensuale ed esotica, costruita attorno al corpo della donna, morbido e luminoso come un arabesco. Si noti il cielo con le nubi nere che corrono come i pensieri dalla testa della donna verso il per¬ sonaggio sullo sfondo. La fabbrica anni '80, di Sandro Chia (1946), esponente della tendenza neo-espressioni¬ sta chiamata Transavanguardia, ha un forte richiamo formale a Leger con il segno forte e scuro che delimita la figura e le cose. Sembra evidente il riferimento alla deindustria¬ lizzazione con la fabbrica ridotta ad archeologia industriale e l'operaio che si sta «natu¬ ralizzando». Di Mimmo Paladino (1948), altro esponente della Transavanguardia, presentiamo due opere pressoché speculari, in quanto il soggetto e la struttura compositiva sono uguali: tutto viene giocato su una simmetria di base con asse lungo un archetipo umanoide centrale e su variazioni di forme sui due lati, da quelle maggiormente geometrizzate di Matematica I con richiami evidenti di rossi e di verdi, a quelle più amorfeggianti di Matematica II. L'effetto generale è di un fumettistico surrealismo. Donna alla finestra (1971) di Fernando Eandi (1926) si caratterizza per la luce, nello stesso tempo morbida e fredda, che promana dal corpo e si dilata a tutto l'ambiente circostante. Si «entra» nel quadro dalla coscia destra (dove il disegno è più definito) e si segue la luce del corpo, «incanalata» fra le due campiture nere, fino alla testa racchiusa in un involucro che volge a destra nella zona più luminosa. Da qui una macchia d'azzurro un po' più intensa fa ridiscendere verso il gruppo «organico» dal quale sembrano affiorare delle bottiglie. Il gra- ficismo di questa zona «attraversa» orizzontalmente il corpo all'altezza del pelo del pube e porta tutti ad «uscire» dalla porta di fondo. Quadro di grande abilità compositiva. Le sanguigne di Loris Dadam (1946) sono tre studi sulla figura umana del 2010, che, par¬ titi come base per altrettanti dipinti, hanno assunto una loro autonomia, nel senso che un intervento coloristico non avrebbe aggiunto nulla a quanto già espresso con le matite o il gesso. Torso maschile è fatto di rapide tracce al gessetto, con lo scopo di far scaturire i volumi con il minimo di segno; La musa inquieta è un esercizio di abilità prospettica e di disegno fatto con una grande partecipazione emotiva che traspare dal movimento della linea che ha il suo diapason nei capelli; Torso femminile è un altro esercizio di rapporto disegno-luce, dove una linea volutamente lasciata libera di correre fluida cerca una sinergia luministica nell'intervento del bianco e dell'oro. Maria Elena Monaco (1945) presenta due opere del 2010 La luce ruba il tempo e La fatica di Sisifo, dove una straordinaria abilità nel disegno si esprime in toni di verismo luminoso caravaggesco. Luigi Spazzapan - Casa con portici e bambini -1954 - Tempera su cartone 100x31 Virgilio Guidi - Bacino di S. Marco -1981 - Olio su tela - 60x50 Italo Cremona - Studio di nudo - 1968 - Olio su tela - 60x50 Italo Cremona Studio per Carillon - 1948 - Olio su tavola - 36x65 Gigi Chessa - Natura morta -1928 - Olio su tela - 33x43

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.