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luiss guido carli libera universita' degli studi sociali dipartimento di giurisprudenza aa 2011/12 tesi PDF

230 Pages·2013·2.12 MB·Italian
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LUISS GUIDO CARLI LIBERA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI SOCIALI DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA A.A. 2011/12 TESI IN DIRITTO DELLE CRISI D’IMPRESA L’AZIONE REVOCATORIA NEI CONFERIMENTI IN CAPITALE RELATORE : Prof. Vincenzo De Sensi CORRELATORE: Prof. Andrea Palazzolo CANDIDATO: Francesco Cerverizzo MATRICOLA N. 087603 L’AZIONE REVOCATORIA NEI CONFERIMENTI IN CAPITALE INDICE PREMESSA…………………………..………………...…..…….…..........PAG. 1 CAPITOLO I IL SISTEMA REVOCATORIO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO 1. Fondamento, natura giuridica e funzione dell’azione revocatoria.........PAG. 5 2. L’azione revocatoria nel sistema del codice civile……………..............PAG. 12 3. (segue); l’azione revocatoria ordinaria in sede civile..…………............PAG. 17 4. (segue); l’azione revocatoria ordinaria in sede fallimentare..................PAG. 22 5. L’azione revocatoria fallimentare e la sua posizione nel “sistema” delineato dalla “Legge fallimentare” (Regio Decreto n. 267 del 1942); generalità e criticità emerse…………………………………..……………….................PAG. 26 6. I rapporti tra l’azione revocatoria ordinaria e l’azione revocatoria fallimentare…...…………………………………………………..................PAG. 31 7. La teoria “indennitaria” e “antiindennitaria” (o redistributiva)….....PAG. 37 8. Il presupposto oggettivo nella revocatoria fallimentare: l’eventus damni…………………………………………………………………….…..PAG. 43 9. Il presupposto soggettivo nella revocatoria fallimentare. La conoscenza dello stato di insolvenza: la c.d. scientia decoctionis. Gli elementi “presuntivi”. La prova negativa e positiva della scientia decoctionis. Analisi della giurisprudenza in materia…...………………………..………....................PAG. 46 I CAPITOLO II LA “NUOVA” AZIONE REVOCATORIA FALLIMENTARE DOPO LE MODIFICHE INTRODOTTE DAL DECRETO LEGGE N. 35/2005 (CONVERTITO IN LEGGE N. 80/2005) 1. L’azione revocatoria fallimentare: riflessioni dopo le modifiche apportate dalla riforma ai sensi del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 (convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80)..........................................................................PAG. 54 2. Il “periodo sospetto” e il caso di consecuzione di procedure................PAG. 61 3. Gli atti “sproporzionati” ex art. 67, comma 1, n. 1, L.F........................PAG. 71 4. La revocatoria dei pagamenti effettuati con mezzi anormali ex art. 67, comma 1, n. 2, L.F.; il concetto di “anormalità”.........................................PAG. 84 5. La revoca dei pagamenti dei debiti liquidi ed esigibili ex art. 67, comma 2, L.F.................................................................................................................PAG. 100 6. La revocatoria degli atti a titolo oneroso e delle garanzie per debiti contestualmente creati.................................................................................PAG. 103 CAPITOLO III L’AZIONE REVOCATORIA E IL DIRITTO SOCIETARIO 1. Stato di insolvenza della società e posizione dei soci............................PAG. 114 2. Il fondamento “contrattuale” della società………...............................PAG. 120 3. Conferimenti, capitale e patrimonio: aspetti generali..........................PAG. 125 4. La disciplina dei conferimenti ai sensi dell’art. 2342 c.c.….................PAG. 139 5. La revoca dei conferimenti in società. Analisi delle posizioni, dottrinarie e giurisprudenziali, favorevoli e contrarie alla “revocabilità”...................PAG. 147 6. Le conseguenze derivanti dall’accoglimento dell’azione revocatoria in ordine ai conferimenti effettuati in società……........................................PAG. 160 II 7. Ipotesi particolari di azione revocatoria: a) la revocabilità della sottoscrizione di un aumento di capitale sociale da parte del socio poi fallito; b) la revocabilità dell’alienazione di quote da parte del socio poi fallito………………………………………………………………………..PAG. 166 CONCLUSIONE.....................................................................................PAG. 174 BIBLIOGRAFIA.....................................................................................PAG. 181 III PREMESSA La riforma del diritto fallimentare, attuata con il decreto legge n. 35 del 14 marzo 20051 e con la successiva legge di conversione n. 80 del 14 maggio 20052, ha interessato anche la disciplina dell’azione revocatoria. L’istituto dell’azione revocatoria (sia essa ordinaria o fallimentare), o meglio il “sistema revocatorio” globalmente inteso, costituisce indubbiamente uno dei temi “aperti” del diritto fallimentare italiano, testimoniato dalla quantità di questioni che esso coinvolge, senza che abbiano trovato un assetto sicuro né in dottrina, né in giurisprudenza; è un settore contraddistinto da continue discussioni ed incertezze, a cominciare dalla natura - dichiarativa o costitutiva – dell’azione stessa, per passare al tema della identità o diversità tra revocatoria ordinaria e revocatoria fallimentare, che ovviamente coinvolge il problema del presupposto oggettivo di entrambe3. Aprendo una breve parentesi, va ricordato che l’intero “sistema” fallimentare è contraddistinto dalla evidente necessità di una tutela collettiva dei creditori. Si tratta di una necessità che deriva principalmente dall’incapacità ad adempiere del debitore e dai conseguenti effetti che tale situazione comporta. Viene ad esistenza, infatti, una situazione che è caratterizzata da elevati gradi di conflittualità tra i creditori; situazione che è determinata dalla presenza di un patrimonio presumibilmente incapiente (insufficiente quindi per tutti), e in cui il soddisfacimento di uno o di pochi determina, purtroppo, un danno per gli altri. 1 Vedi Decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 2005. 2 Vedi Legge 14 maggio 2005, n. 80, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2005 - Supplemento ordinario n. 91. 3 Così F. CORSI, L’azione revocatoria: dalla natura indennitaria dell’azione alla tipologia dei pagamenti, intervento al Convegno “I conflitti della giurisprudenza fallimentare e le aspettative di riforma”, Verona, 7 ottobre 2003, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2004, pp. 1181 e ss. 1 Di conseguenza, è pienamente giustificato il motivo per cui le procedure concorsuali, caratterizzate dall’essere unitarie e collettive, costituiscono un limite invalicabile alle pretese ed alle esecuzioni individuali, rendendole così o inammissibili o improcedibili una volta che le stesse procedure concorsuali siano state avviate4. Numerosi sono gli effetti che discendono, sia sul debitore sia sui creditori, dalla dichiarazione di fallimento del debitore imprenditore commerciale in stato d’insolvenza5. Per quel che concerne l’oggetto del presente lavoro – dedicato all’azione revocatoria nei conferimenti in capitale – l’analisi del “sistema revocatorio” deve essere sviluppata individuando e tenendo ben presenti – oltre, ovviamente ai “doverosi” approfondimenti dedicati a fondamento, natura giuridica, struttura, funzione, presupposti oggettivi e soggettivi della revocatoria fallimentare, etc. – gli elementi e i fattori che rappresentano le peculiarità e le dinamiche tipiche del diritto (o meglio, della crisi) d’impresa, e del diritto societario. Nell’ambito che ci interessa sono infatti numerosi i soggetti coinvolti (e di conseguenza le conseguenti ed esponenziali situazioni “dinamiche” che si vengono a creare): abbiamo in primo luogo i finanziatori dell’impresa, ovvero tutti quei soggetti che hanno fornito risorse – più o meno importanti – per il suo finanziamento. Tra questi soggetti è possibile distinguere, da un lato, coloro che hanno finanziato l’impresa in cambio 4 Così V. DE SENSI, L’etica del fallimento, in Rivista di diritto dell’impresa, 2003, pag. 167. 5 La dichiarazione di fallimento produce, nei confronti dei creditori, gli effetti che possono essere schematicamente riassunti come segue: 1) li assoggetta al concorso e ad un soddisfacimento paritario e contestuale; 2) li priva, a determinate condizioni, dei benefici che, in termini di pagamento o di costituzione di garanzie e di titoli prelazionari essi abbiano potuto conseguire, in tempo anteriore, ciascuno in danno di altri; 3) vieta loro ogni iniziativa volta a conseguire il soddisfacimento forzoso dei loro crediti; 4) conforma i crediti, anche imponendo alcuni sacrifici, in relazione alla loro natura; 5) rende inefficace il soddisfacimento individuale che essi abbiano potuto conseguire, in tempo successivo, ad iniziativa del debitore e attraverso pagamenti diretti o in forza degli effetti di strumenti negoziali, e li obbliga alle relative restituzioni in favore della massa; 6) li rende beneficiari, attraverso alcune regole di carattere assoluto e relativo, di un sistema di inefficacia legale e revocatorio volto da un lato a fissare la consistenza del patrimonio del debitore al momento in cui essa interviene, dall’altro a ristabilirne l’integrità in funzione del soddisfacimento nella successiva liquidazione del patrimonio stesso; 7) rende nei loro confronti inopponibile ogni effetto pregiudizievole che, in relazione a beni o a diritti patrimoniali avocati al fallimento, possa derivare da giudizi e pronunce giurisdizionali proseguiti gli uni e intervenute le altre in epoca ad essa successiva; Cfr. G. FAUCEGLIA, L. PANZANI (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, vol. I, Fallimento: presupposti, istruttoria, organi, effetti, revocatoria e piani attestati, Utet, Torino, 2009, pag. 482; P. PAJARDI, A. PALUCHOWSKI, Manuale di diritto fallimentare, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 312. 2 della promessa, giuridicamente vincolante e coercibile, della restituzione del capitale e della quota di interessi, cioè i creditori; dall’altro lato, è invece possibile distinguere coloro che hanno finanziato l’impresa senza alcun vincolo di restituzione, né del capitale né degli interessi, ma con l’aspettativa – non coercibile – di ottenere la distribuzione di tutto ciò che non sia necessario per pagare i creditori e per far funzionare l’impresa6. In un contesto caratterizzato da una situazione di pericolo generalizzato (sia esso solo teorico o, ancor peggio, reale) per i creditori, l’obiettivo che deve essere perseguito (per allontanare, o quantomeno, sminuire i rischi potenziali) è quello di tutelare, nel miglior modo possibile, l’interesse rappresentato dal mantenimento della capienza del patrimonio (o quantomeno, di quello che ne è rimasto). Secondo questa lettura, appare alquanto interessante e pertinente l’osservazione secondo cui “i creditori sarebbero titolari di un diritto al mantenimento di un attivo superiore al passivo, e che questo diritto darebbe fondamento alle c.d. azioni di massa, cioè a quelle azioni il cui risultato utile rifluisce a vantaggio di tutti i creditori indistintamente e alla cui proposizione sarebbe legittimato il curatore”7. È in quest’ottica che è possibile inquadrare l’azione revocatoria come l’elemento fondamentale ed imprescindibile di un sistema che, nel suo insieme, mira a disincentivare chi opera per l’impresa e con l’impresa dal tenere comportamenti pregiudizievoli per i creditori nel loro complesso o (in caso di alterazione dell’ordine di soddisfazione) anche solo per alcuni di essi. Tale sistema mira in via preventiva a far emergere, in maniera tempestiva, la situazione di pericolo, nonché a ripristinare la situazione anteriore. È possibile notare che sussiste un rapporto di forte integrazione tra i due sistemi di tutela, cioè tra la tempestività dell’emersione del pericolo e successive azioni revocatorie e risarcitorie. Solitamente, più ci si allontana dal momento in cui il patrimonio comincia a diventare insufficiente per i diritti dei creditori, minore diventerà 6 Per maggiori approfondimenti su questa interessante distinzione vedi L. STANGHELLINI, La nuova revocatoria fallimentare nel sistema di protezione dei diritti dei creditori, destinato agli Studi in onore di Franco Di Sabato e agli Atti del convegno dell’Associazione Italiana degli Studiosi del processo civile, Napoli, 26-27 ottobre 2007, pubblicato in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2009, I, pp. 69-98. 7 Così I. PAGNI, Le azioni di massa e la sostituzione del curatore ai creditori, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2007, pp. 1037 e ss. 3 l’attivo e maggiore il numero degli atti potenzialmente revocabili; dopo un tempo sufficientemente lungo, il patrimonio a disposizione dei creditori sarà composto “solo” dalle aspettative revocatorie e risarcitorie. Il ripristino della situazione anteriore avverrà così in due modi: in forma specifica, eliminando gli atti compiuti in danno dei creditori, o per equivalente, facendo sorgere obblighi risarcitori8. È stato osservato che l’azione revocatoria fallimentare, originariamente innestata sul tronco dell’azione pauliana e adattata al contesto dell’insolvenza dell’imprenditore, se ne è successivamente distaccata fino a diventare, negli anni che vanno dal 1942 al 2005, “un monstrum le cui finalità erano state perse; con la riforma del 2005 essa è stata invece ricondotta nell’ambito delle regole di gestione conservativa del patrimonio a rischio di insolvenza, le stesse che governano l’azione degli amministratori e dei liquidatori”9. L’intervento riformatore del 2005 ha inciso su due aspetti: a) in primo luogo, ha ridotto alla metà i termini, anteriori all’accertamento giudiziale dell’insolvenza, nei quali può venire in rilievo il compimento dell’atto revocando; b) in secondo luogo, ha ampliato l’ambito delle esenzioni, ossia degli atti che, pur se compiuti durante il periodo sospetto, vengono esclusi dall’ambito di applicazione dell’azione revocatoria10. Vi è chi ha rilevato che il risultato pratico della riforma del 2005 consista essenzialmente in un considerevole ridimensionamento dell’istituto dell’azione revocatoria fallimentare, che può ora colpire, per ragioni sia cronologiche sia tipologiche, un novero di atti decisamente ridotto rispetto al passato11. 8 Vedi L. STANGHELLINI, Il credito “irresponsabile” alle imprese e ai privati: profili generali e tecniche di tutela, in Le Società, 2007, pp. 395 e ss. 9 Così L. STANGHELLINI, La nuova revocatoria fallimentare nel sistema di protezione dei diritti dei creditori, op. cit., pag. 81. 10 Vedi A. PATTI, Gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli per i creditori, in G. SCHIANO DI PEPE (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, Cedam, Padova, 2008, pp. 194. 11 Vedi S. BONFATTI, La disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, in S. BONFATTI, P.F. CENSONI, La riforma della disciplina dell’azione revocatoria fallimentare, del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Cedam, Padova, 2006, pp. 86-87. 4 CAPITOLO I IL SISTEMA REVOCATORIO NELL’ORDINAMENTO ITALIANO. 1. Fondamento, natura giuridica e funzione dell’azione revocatoria. La disciplina dell’azione revocatoria costituisce, riprendendo l’espressione citata nella Relazione del Guardasigilli al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. “Legge fallimentare”)12, “il problema centrale del fallimento”; espressione pienamente e tutt’ora valida anche se, come ha rilevato parte della dottrina più recente, tale istituto rappresenta, all’interno del “sistema fallimentare” non soltanto un “problema” (per quanto “centrale”), ma anche un “valore aggiunto”13. Sommariamente, citando le espressioni di autorevole dottrina, è possibile definire l’azione revocatoria (fallimentare) come un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale, strumento quindi funzionale alla reintegrazione nel patrimonio del debitore fallito di tutti i beni che ne siano usciti in violazione del principio della par condicio creditorum, al fine di assoggettarli alla esecuzione forzata concorsuale14. Interessante la posizione di chi ha sostenuto che il fallimento rappresenta la condicio iuris per rendere inefficaci gli atti di riduzione del patrimonio del debitore poi fallito, pregiudizievoli per la massa, che lo stato di insolvenza rendeva indisponibile15. 12 La “Legge fallimentare” è stata introdotta con il Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 1942, n. 81. 13 Vedi P. MENTI, La revoca dei pagamenti nell’esercizio dell’impresa alla prova della tesi antiindennitaria delle Sezioni Unite, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2007, pp. 498 e ss. 14 Vedi R. PROVINCIALI, Manuale di diritto fallimentare, Giuffrè, Milano, 1974, pag. 504; questa posizione è stata influenzata dalla concezione esclusivamente processuale della revocatoria elaborata da F. CARNELUTTI, Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, originariamente pubblicata in F. CARNELUTTI (a cura di), Sistema del diritto processuale civile, vol. I, Cedam, Padova, 1936, pp. 848 e ss. e successivamente ripubblicato in A. PROTO PISANI (a cura di), Diritto sostanziale e processo. Emilio Betti: Il concetto della obbligazione costruito dal punto di vista dell’azione. Francesco Carnelutti: Diritto e processo nella teoria delle obbligazioni, Giuffrè, Milano, 2007, pp. 206 e ss. Secondo tale posizione la revocatoria costituirebbe un caso di responsabilità senza debito e l’azione giudiziaria sarebbe diretta ad accertare il presupposto dell’azione esecutiva sul bene acquistato dal terzo. 15 Vedi G. DE SEMO, Diritto Fallimentare, Cedam, Padova, 1989, pp. 260 e ss. 5 Aprendo una breve parentesi, notiamo che è possibile rintracciare l’antecedente storico dell’azione revocatoria nel diritto romano16, dove era previsto lo strumento dell’actio pauliana con cui si consentiva ai creditori, anche rappresentati dal curator bonorum, di rimediare alle frodi perpetrate nei loro confronti e conservare così la garanzia patrimoniale del debitore; il rimedio previsto consisteva nella revoca degli atti pregiudizievoli compiuti dallo stesso debitore. In ordine agli atti gratuiti l’azione era concessa – al ricorrere dei presupposti del consilium fraudis e dell’eventus damni – quando il debitore avesse agito per sottrarre il patrimonio alla soddisfazione dei creditori rimanendo a causa di ciò insolvente. Con riferimento, invece, agli atti a titolo oneroso era necessario un ulteriore requisito, ossia che il terzo fosse consapevole della circostanza della realizzazione dell’insolvenza; era cioè necessario che il terzo fosse conscius fraudis. Una volta avvenuta la bonorum possessio da parte dei creditori gli stessi avevano la facoltà di far rescindere l’alienazione del bene come se questo non fosse mai stato trasferito ai terzi. Successivamente, nel diritto giustinianeo, l’azione pauliana viene concepita dalla fusione di due istituti, ossia l’interdictum fraudatorium e l’actio pauliana. Il primo istituto mirava a colpire gli atti fraudolenti compiuti dopo la missio in bona e doveva essere esercitato prima della venditio bonorum, mentre il secondo istituto era, invece, diretto alla rescissione degli atti fraudolenti compiuti prima o dopo la immissione nei beni, e poteva essere esercitato soltanto una volta che si era verificata la venditio bonorum17. È nel successivo diritto “intermedio”18 che l’azione revocatoria viene messa di fronte ad un bivio, per così dire, e vengono così distinte le azioni che vengono promosse “individualmente” da quelle che vengono invece esercitate in via “concorsuale”; ne consegue che nell’ipotesi in cui l’azione venisse esercitata 16 Per approfondimenti storici, in riferimento al diritto romano, sull’istituto dell’azione revocatoria vedi G.B. IMPALLOMENI, Studi sui mezzi di revoca degli atti fraudolenti nel diritto romano classico, Cedam, Padova, 1958. 17 Per maggiori approfondimenti sul tema vedi M. TALAMANCA, voce Azione revocatoria (Diritto Romano), in Enciclopedia del Diritto, vol. IV, Giuffrè, Milano, 1959, pp. 883-888. 18 Per maggiori approfondimenti vedi P. SANTARELLI, Per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, Cedam, Padova, 1964. 6

Description:
Il socio moroso non può partecipare alle decisioni dei soci. PAJARDI P., BOCCHIOLA M., La revocatoria fallimentare, Giuffrè, Milano,. 1998.
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