Dopo le esperienze traumatiche della dittatura e della guerra, per l’Italia è giunto il momento di voltare pagina. Bisogna affrontare il processo di pace e impegnarsi nella ricostruzione, ma più di ogni altra cosa alla nazione serve un nuovo ordine politico-istituzionale, che ne definisca anche la posizione sullo scacchiere internazionale. Se gli accordi di Yalta ci hanno affiancato alle democrazie occidentali, la svolta verso il blocco del socialismo reale è ancora possibile, e sono in molti a spingere in quella direzione. Una popolazione divisa si trova così a vivere passaggi fondamentali: il referendum tra Monarchia e Repubblica, i lavori della Costituente, l’approvazione della Carta costituzionale. Fino alle prime elezioni repubblicane, che con un risultato clamoroso e in parte inaspettato consegnano la guida del Paese alla Democrazia cristiana. Sullo sfondo, la firma del trattato di pace a Parigi, gli incentivi del Piano Marshall, il delinearsi della contrapposizione mondiale che prenderà il nome di guerra fredda. Montanelli e Cervi ci chiamano a ripercorrere un momento di forte fermento, animato da personaggi del calibro di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Scelba, Pajetta, Umberto II di Savoia. Tra i tentativi di ripresa e tensioni anche violente – come quelle nate dal “caso Troilo” – possiamo rivivere i mesi cruciali, carichi di speranze e timori, che hanno segnato l’immediato dopoguerra e deciso il nostro futuro. Indro Montanelli, è stato il più grande giornalista italiano del Novecento: inviato speciale del “Corriere della Sera”, fondatore del “Giornale nuovo” nel 1974 e della “Voce” nel 1994, è tornato nel 1995 al “Corriere” come editorialista. Ha scritto migliaia di articoli e una cinquantina di libri. Tra gli ultimi volumi pubblicati da Rizzoli ricordiamo Morire in piedi e La sublime pazzia della rivolta nel 2006, L’impero bonsai nel 2007, I conti con me stesso nel 2009 e Ve lo avevo detto nel 2011. Mario Cervi (Crema 1921) per molti anni è stato inviato speciale del “Corriere della Sera”, articolista e inviato de “il Giornale” e de “la Voce”. Dal 1997 al 2001 è stato direttore de “il Giornale”. Tra le sue opere, pubblicate da Rizzoli, ricordiamo Storia della guerra di Grecia, Mussolini – Album di una vita, I vent’anni del “Giornale” di Montanelli. Storia d’Italia 1. L’Italia dei secoli bui 2. L’Italia dei Comuni 3. L’Italia dei secoli d’oro 4. L’Italia della Controriforma 5. L’Italia del Seicento 6. L’Italia del Settecento 7. L’Italia giacobina e carbonara 8. L’Italia del Risorgimento 9. L’Italia dei notabili 10. L’Italia di Giolitti 11. L’Italia in camicia nera 12. L’Italia littoria 13. L’Italia dell’Asse 14. L’Italia della disfatta 15. L’Italia della guerra civile 16. L’Italia della Repubblica 17. L’Italia del miracolo 18. L’Italia dei due Giovanni 19. L’Italia degli anni di piombo 20. L’Italia degli anni di fango 21. L’Italia di Berlusconi 22. L’Italia dell’Ulivo STORIA D’ITALIA INDRO MONTANELLI MARIO CERVI L’Italia della Repubblica 2 giugno 1946-18 aprile 1948 Premessa di Sergio Romano Proprietà letteraria riservata © 1985 Rizzoli Editore, Milano © 2000, 2012 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-586-4302-0 Per la parte aggiornata: Testi appendice e inserto a colori – Massimiliano Ferri Ricerca iconografica – Silvia Borghesi Mappe – Angelo Valenti Prima edizione digitale 2013 da edizione aggiornata BUR Storia d’Italia gennaio 2012 In copertina: un gruppo di ragazzi legge un quotidiano, Roma, 1946 © Bettmann/Corbis progetto grafico di Giona Lodigiani per Mucca Design Per conoscere il mondo BUR visita il sito www.bur.eu Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata. Premessa Quando Montanelli e Cervi scrissero questo libro, erano passati meno di quarant’anni dalle vicende di cui dovettero occuparsi. Come inviati speciali e cronisti, entrambi avevano assistito a molti di quegli eventi, ne avevano incontrato i protagonisti, ne avevano raccontato le fasi. Si accingevano, quindi, a fare la storia di un periodo in cui avevano vissuto e di cui essi stessi (soprattutto Montanelli) potevano considerarsi una fonte. La difficoltà dell’opera consisteva quindi anzitutto nella necessità di trovare un giusto equilibrio fra partecipazione e distacco, fra la severità dello sguardo storico e la vivacità del coinvolgimento personale. Misurata con questi criteri l’opera rimane, a venticinque anni dalla prima edizione, uno dei migliori affreschi esistenti di una delle fasi più cruciali della storia italiana del Novecento. I problemi da affrontare erano molti. Occorreva scegliere la forma dello Stato. Occorreva dare all’Italia una costituzione. Occorreva chiudere il capitolo della guerra sottoscrivendo un trattato di pace che permettesse al Paese di riconquistare la sua sovranità. Occorreva sfamare gli Italiani, ricostruire le città distrutte, rimettere in moto la macchina dell’economia nazionale, dare una risposta al secessionismo siciliano e agli umori autonomisti delle regioni di frontiera. Ed era necessario affrontare questi problemi in un Paese dove vi erano, insieme ai postumi della guerra civile, forti contrapposizioni politiche: tra monarchici e repubblicani, tra democristiani e comunisti, tra i partiti della Resistenza e ciò che ancora restava del fascismo di Salò. Il rischio era che ciascuna di queste sfide diventasse la causa di nuove rotture nazionali. Il rischio maggiore, probabilmente, fu corso quando la vittoria della Repubblica venne messa in discussione per alcuni interminabili giorni dal problema del quorum. Occorreva calcolare il risultato del referendum sul numero degli elettori votanti o su quello dei voti validi? Il problema fu risolto da una decisione della Corte di Cassazione e soprattutto dal buon senso di cui Umberto II dette prova quando decise di lasciare. Un altro nodo venne al pettine un anno dopo, quando l’Assemblea costituente, dopo la firma del trattato di pace, dovette votarne la ratifica. La classe politica antifascista aveva autorizzato il Paese a pensare che l’Italia sarebbe stata considerata potenza alleata o, quanto meno, che non sarebbe stata trattata come un Paese sconfitto. Era quindi inevitabile che la perdita delle colonie e dell’Istria suscitasse risentimenti, rancori e qualche rigurgito nazionalista. Un terzo nodo fu rappresentato dalla collocazione internazionale dell’Italia. Il viaggio di De Gasperi negli Stati Uniti e la formazione nelle settimane seguenti di un nuovo governo, senza i comunisti e i socialisti, ebbero luogo durante i lavori dell’Assemblea costituente. La rottura della collaborazione fra i partiti del CNL (Comitato di liberazione nazionale) avrebbe potuto influire sui lavori dell’Assemblea e rendere più difficile l’approvazione della Carta. Prevalse invece, ancora una volta, il buon senso. E lo stesso buon senso prevalse dopo le elezioni del 18 aprile 1948, quando Palmiro Togliatti e Pietro Nenni accettarono la sconfitta. Il quadro che emerge da questo libro è quello di un Paese sdoppiato che vive su due livelli. A chi osserva esclusivamente il primo livello, l’Italia appare continuamente sull’orlo di una crisi che la renderebbe ingovernabile. Per chi osserva il secondo, è un Paese impegnato nella propria ricostruzione. Quando abitano il primo livello gli Italiani sembrano agitati da posizioni inconciliabili. Quando abitano il secondo sono capaci di compromessi pragmatici. Molti uomini politici ebbero il merito di evitare che i due livelli entrassero in rotta di collisione. Per Montanelli e Cervi colui che maggiormente si adoperò per l’unità del Paese fu Alcide De Gasperi, a cui gli autori avrebbero dedicato il libro successivo. Sergio Romano L’ITALIA DELLA REPUBBLICA
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