Alain Badiou L’IPOTESI COMUNISTA In questo libro, sosterremo quindi, anche in forma dettagliata nel caso di tre esempi (Maggio '68, la Rivoluzione culturale, la Comune di Parigi), che i fallimenti apparenti, talora cruenti, di eventi legati in profondità all'ipotesi comunista, sono stati e permangono tappe della sua storia. Almeno per tutti coloro che non rimangono accecati dall'uso propagandistico della nozione di fallimento. Cioè semplicemente per coloro che continuano a essere animati dall'ipotesi comunista in quanto soggetti politici, che si servano o meno del termine "comunismo". In politica contano il pensiero, l'organizzazione e l'azione. Talvolta alcuni nomi propri servono da riferimento, come Robespierre, Marx, Lenin... I nomi comuni (rivoluzione, proletariato, socialismo...) sono già molto meno capaci di nominare una sequenza reale della politica d'emancipazione, e il loro uso si trova rapidamente esposto a un'inflazione priva di contenuto [...]. Una vera politica ignora le identità, persino quella, tanto tenue, tanto variabile, dei "comunisti". Essa non conosce altro che quei frammenti del reale attraverso i quali un'Idea dimostra che è in corso il lavoro della sua verità. Alain Badiou L’ipotesi comunista traduzione di Livio Boni Andrea Cavazzini Antonella Moscati titolo originale L'hypothèse communiste Scan e OCR by Natjus © 2009 Nouvelles Éditions Lignes © 2011 Edizioni Cronopio Vico Donnaromita, 16 - 80134 Napoli Tel./fax 0815518778 www.cronopio.it e-mail: [email protected] ISBN 978-88-89446-67-6 Indice Preambolo Che cosa s'intende per fallimento? I. Siamo ancora contemporanei di Maggio '68 1. Maggio '68 rivisitato, quarantanni dopo 2. Abbozzo di un esordio 3. Di quale reale questa crisi è lo spettacolo? II. L'ultima rivoluzione? III. La Comune di Parigi: una dichiarazione politica sulla politica IV L'Idea del Comunismo PREAMBOLO Che cosa s'intende per fallimento? 1 A partire dalla metà degli anni Settanta del secolo scorso comincia il riflusso del "decennio rosso" che era iniziato con questa quadruplice occorrenza: lotte di liberazione nazionale (Vietnam e Palestina innanzitutto), movimento mondiale della gioventù studentesca (Germania, Giappone, USA, Messico...), rivolte nelle fabbriche (Francia e Italia) e Rivoluzione culturale in Cina. Questo riflusso trova la propria forma soggettiva nel rinnegare rassegnato, nel ritorno alle vecchie abitudini, comprese quelle elettorali, nella deferenza verso l'ordine capital-parlamentare o "occidentale", nella convinzione che aspirare a meglio sia aspirare a peggio. E trova la propria forma intellettuale in quella che in Francia ha assunto lo strano nome di "nouvelle philosophie". Sotto questa denominazione si ritrovano, pressoché, immutati, tutti gli argomenti dell'anticomunismo americano degli anni Cinquanta: i regimi socialisti sono infami dispotismi, dittature sanguinarie; nel- l'ordine dello Stato si deve contrapporre al "totalitarismo" socialista la democrazia rappresentativa, che certo è imperfetta ma che è di gran lunga la meno peggio delle forme di potere; nell'ordine della morale, molto più importante dal punto di vista filosofico, bisogna magnificare i valori del "mondo libero" di cui gli Stati Uniti costituiscono il centro e i garanti; l'idea comunista è un'utopia criminale che, fallita ovunque, deve far posto a une cultura dei "diritti umani" che combini il culto della libertà (ivi compresa, e innanzitutto, la libertà d'intraprendere, di possedere e d'arricchirsi, garanzia materiale di tutte le altre) e una rappresentazione vittimistica del Bene. Il Bene, infatti, altro non è che la lotta contro il Male, il che equivale a dire che ci si deve prendere cura esclusivamente di chi si presenta o viene esibito quale vittima del Male. Quanto al Male, esso non è altro che ciò che il libero Occidente definisce tale, quel che Reagan definiva "l'Impero del Male". Ed eccoci tornati al punto di partenza: l'Idea comunista, ecc. Oggi questo apparato propagandistico sta passando di moda per diverse ragioni, prima fra le quali il fatto che "nessu- no Stato davvero potente si richiama più al comunismo e nemmeno al socialismo. Certo, diversi artifici retorici sono stati riciclati nella "guerra contro il terrorismo" che in Francia ha assunto le sembianze di una crociata anti-islamista. Tuttavia è difficile credere seriamente che un'ideologia religiosa, particolarista, retrograda nella sua visione sociale e fascisteggiante quanto alla concezione dell'azione e dei suoi esiti, possa sostituirsi a una promessa d'emancipazione uni- versale fondata su tre secoli di filosofia critica, internazionalista e laica che impegnava risorse scientifiche ed era capace di mobilitare, nel cuore delle metropoli industriali, sia l'entusia- smo operaio che quello degli intellettuali. Già l'amalgama tra Stalin e Hitler rivelava un pensiero estremamente povero, per il quale il solo criterio di ogni impresa collettiva è il numero di morti. Nel qual caso, del resto, i genocidi e i massacri coloniali, i milioni di morti delle guerre civili e mondiali attraverso le quali il nostro Occidente ha forgiato la propria potenza, avrebbero dovuto a loro volta squalificare, agli occhi degli
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