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Lezioni di regia PDF

222 Pages·1973·5.235 MB·Italian
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Titolo ori si naie Ntf uroktich relit surf S. ìijzenìieÌM Iskuwtvo, Moskva 1958 Copyright © 1964 Giulio Einaudi editore s. p>a., Torino Traduzione di Luigi Longo LEZ|QN| Q| REGIA SERGEJ M. EJZENSTEJN A cura di Paolo Gobetti Piccola Biblioteca Einaudi Indice p, 3 Premessa 5 La soluzione registica 25 La messa in scena 78 La scansione fìlmica rri L’inquadratura x66 Problemi di composizione Appendice 201 Filmografia 2x4 Nota lessicale 219 Nora bibliografica Il primo incontro mi è rimasto impresso per sempre nella memoria. Fu nel 1928, quando l’istituto di cinematografia (Gik)1 era sistemato nei locali dell’ex ristorante Jar, sul viale Le* ningradskij. Squilla il campanello, e gli studenti del primo anno del­ la sezione di regia s'affrettano a prender posto in aula. Nella vecchia sala dello Jar, tra gli specchi, che nc rico­ prono quasi interamente le pareti, si stagliano le bianche colonne, che mascherano gli stretti pannelli divisori. Le camicie da cow-boy, tra cui risaltano qua e là kosovorot- ki1 di satin nero - abbigliamento usuale dei giovani all’i­ nizio del primo piano quinquennale -, rendono il quadro variopinto. Gli studenti, emozionati, aspettano l’arrivo dell’inse­ gnante. Il suo nome è già famoso da noi e all’estero, conoscia­ mo il suo volto dalle fotografie, ma nessuno di noi ha an­ cora avuto modo di vederlo. Oggi ci terrà la prima lezione. Si sente un rumore dietro la porta, che subito si spalan­ ca: ed ecco che entra nell’aula... Ci alziamo, lo guardiamo con attenzione, ma non sa­ premmo dire quale sia la sua statura, il suo aspetto: non vediamo neppure le persone che lo accompagnano. Nella coscienza s’imprime un primo piano: l’immensa cupola della fronte coronata da una criniera di capelli 1 [Gosudarstvennyj Instimi Kinematogrtfù, Istituto statale di cinema* tog rafia]. 1 [Camicie russe alte di collo c abbottonate su un lato]. 4 LEZIONI DI REGIA scomposti c, sotto, gli occhi, scrutatori e intelligenti, clic lampeggiano. Questo primo piano si riflette infinite volte negli spec­ chi delle pareti. Negli occhi di EjzenStejn s'accende una scintilla di ma­ lizia. Sentiamo che dice: - Buongiorno. Sedete.., - Indicando le immagini rifles­ se negli specchi, continua: — Siete fortunati: come potete vedere, non avete un insegnante solo, ma un'infinità! E subito la nostra tensione scompare. Fu questo il mio primo incontro con Sergej Michajlo- viè EjzenStejn. E cosi continuai a vederlo nella memoria anche in seguito, benché passassero gli anni, la criniera dei suoi capelli si facesse meno folta, e rughe spietate gli s’in­ fittissero intorno agli occhi e solcassero la nitida cupola della fronte. Cosi continuavo a vederlo perché ogni incontro con S. M. EjzenStejn produceva, anche molti anni dopo, la stes­ sa impressione nelle nuove generazioni studentesche: Timpressione d’un incontro con un uomo dal pensiero creativo appassionato, sempre teso in avanti, dedito a una ricerca ininterrotta. A quegli occhi non si poteva mentire, non si potevano nascondere i piccoli trucchi che pochi minuti prima erano magari parsi leciti e degni. ... Ho dinanzi a me gli stenogrammi delle lezioni, i pia­ ni e gli appunti di lavoro di molti anni. Riflettono l'opera svolta da S. M. EjzenStejn come insegnante di regia al Gik. Per darne un quadro completo ci vorrebbero interi volumi... Perché non sceglierne una parte, la più interes­ sante e significativa? Ma la scelta è difficile. Nel corso di ogni lezione o eser­ citazione sorgevano e si esaminavano problemi tra i più importanti dell'arte della regia. Prendo quindi la prima cartella che mi viene in mano. Contiene gli appunti presi nel corso delle lezioni tenu­ te verso la metà degli anni trenta. Le stesi in qualità di as­ sistente di Sergej Michajloviè. Apro la cartella e mi fer­ mo alle prime pagine. La soluzione registica Non si tratta oggi del solito lavoro. Non è una sempli­ ce lezione, e neppure un’esercitazione pratica, come quan­ do sotto la guida di Sergej Michajloviè il regista dalle «venti teste» - e cioè la comunità studentesca - rappre­ senta collettivamente frammenti e scene. Oggi gli stu­ denti presentano i risultati delle proprie ricerche auto­ nome. Il compito assegnato è la regia di una delle scene centra­ li del Pére Goriot di Balzac, quella dell’arresto di Vautrin. Ogni studente deve trovare la propria soluzione scenica. Lo studente V-skij espone le proprie idee. Analizza la struttura del romanzo, definisce il posto e il significato della scena in questione nella riduzione cinematografica dell’intera opera, interpreta la natura sociale dei rapporti e dei caratteri dei protagonisti: Rastignac, Goriot, Vau- trin... Sergej Micha jloviè è contento: l’analisi è acuta, le idee dello studente sull’opera sono concrete e interessanti. Ma... La fronte di EjzcnStejn si corruga, i suoi occhi si sposta­ no da chi parla agli altri studenti: come reagiscono a quan­ to viene esposto? - Vautrin, - continua V-skij, - è di statura superiore alla media, ha i capelli color rosso mattone coperti da una parrucca. Veste di nero, e al posto della cravatta porta un nastro bianco. Balzac non usa sfumature nel ritrarre i suoi personaggi. Essi sono decisamente negativi o decisamen­ te positivi. Accade però che lo stesso protagonista, dipin­ to all’inizio positivamente, venga, alla fine del romanzo, 6 LEZIONI DI REGIA rappresentato come negativo. Dopo il funerale di Goriot, Rastignac lancia una sfida a Parigi e va a pranzo dalla ba­ ronessa Nucingen. In questo ambiente sociale il contegno esteriore di Rastignac deve, se non vuole rovinarsi, diven- tare negativo» Se Vautrin, dopo che Lucien si è impicca­ to, continuasse la lotta, sarebbe condannato. Invece si ar­ rende e diventa capo della polizia. In parole povere, Bal­ zac rappresenta tutto in un contrasto di bianchi e neri. Anch'io quindi darò Vautrin in bianco e nero... - Quando si parla di una cosa chiarissima, - lo inter­ rompe Sergej Michajloviè, - si usa un'espressione piut­ tosto banale: «nero su bianco». Evidentemente la gam­ ma bianco-nera si associa a immagini molto nette e grafi­ camente precise. Vautrin corrisponde a una sensazione si­ mile?.». Il vero volto di Vautrin ci era noto prima dell'ar­ resto?,., - SI, - risponde V-skij. - È descritto nel romanzo. Sergej Michajloviè, che si era accoccolato sui gradini che portano al piccolo palcoscenico dell’aula - quando ascolta, si siede sempre in qualche posto ai lati -, balza in piedi e comincia a spiegare: - No, diviene noto nel corso della scena dell’arresto e attraverso quanto seguirà. All’inizio c'è in Vautrin qual­ cosa di misterioso e di dissimulato, cioè di poco chiaro. Che sia un fuorilegge e un avventuriero, il lettore e lo spettatore possono soltanto indovinarlo. Fino a che non gli è stata strappata la parrucca, la sua «maschera», molti particolari ci sono forniti in modo sfumato. Sorge quindi il dubbio: è opportuno presentare Vautrin con colori cosi netti e bruschi? Non corrisponde meglio alla sua caratte­ ristica e a ciò che deve venir espresso dalla regia una cer­ ta indeterminatezza di colori?,.. Segue un momento di silenzio. Gli studenti tacciono, in attesa della risposta che darà alla domanda lo stesso Sergej Michajloviè. Si tendono neirascolto perché ora avrà inizio ciò che distingue EjzenStejn come insegnante: da un’osservazione particolare il discorso si svilupperà fi­ no a toccare i principi stessi dell’atto creativo. Ora Sergej Michajloviè è al centro dell’aula. - Osservate, - dice, - ciò che avviene in tutta la serie LA SOLUZIONE REGISTICA 7 di romanzi di Balzac dove agisce il forzato Jacques Collin. Balzac farà indossare a Collin la tonaca nera, ma solo in seguito. La prima volta, nel Pére Goriot, lo vediamo na­ scosto sotto il sembiante del borghese Vautrin. Egli ma­ schera la propria colpevole natura non solo davanti alla polizia, ma anche davanti al lettore. Si realizzi per lo scher­ mo tutta la serie dei romanzi o il solo Pére Gorìot, dovre­ mo comunque presentare fin dall’inizio Collin maschera­ to. Non però nascosto dietro una «maschera nera». Bal­ zac lo nasconde in modo più complesso e piu interessan­ te: la maschera di Vautrin è il suo modo di comportarsi. Vautrin si presenta dapprima come un «buon diavolo», un tipo gioviale che ama il vino e non disdegna il ballo. Un bonaccione, si direbbe. Ma è proprio questa la sua mime­ tizzazione, la sua maschera. Essa si squarcia nella scena dell’arresto, dopo la quale nello spettatore non rimango­ no più dubbi circa la natura di Vautrin. Poi Collin si pre­ senta nelle Illusions perdues, quando Lucien si appresta a suicidarsi. Ora veste di nero, ha i capelli incipriati e por­ ta scarpe dalle fibbie d’argento; è bruno di colorito e de­ turpato dalle cicatrici... Di nuovo Balzac maschera Col­ lin; s’indovina vagamente, leggendo, chi si può nasconde­ re dietro la figura dell’abate Don Carlos Herrera. Qui por­ ta una maschera bianco-nera. Ma nel Pére Goriot, pre­ sentando il forzato sotto le spoglie di Vautrin, è meglio, per quel che riguarda il colore, attenersi a toni sfumati. In genere tutto ciò che ha detto V-sktj circa il bianco e il nero nei personaggi di Balzac dovrebbe provocare le vo­ stre obiezioni... Sergej Michajlovii analizza il metodo creativo di Bal­ zac, esamina il suo modo di descrivere nel corso delle va­ rie tappe del suo lavoro, raffronta Pére G or tot con Splen- deurs et tnisères des courtisanes. - Mentre in Pére Goriot Balzac presenta a tutto tondo una figura umana, - egli dice, - in Splenderne et misères des courtisanes si trovano le caratteristiche di un roman­ zo puramente poliziesco: al posto di caratteri si hanno pedine da scacchi, e s’intreccia una trama molto comples­ sa, non intrinseca però, ma impostata su colpi di scena esteriori, anche se a effetto. In Pére Goriot, invece la tra­

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