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Le invasioni barbariche PDF

200 Pages·2012·7.152 MB·Italian
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«ritengo prezioso il piccolo ma denso libro di Claudio Azzara. .. un preciso e affidabile vademecum dei fatti relativi alle migrazioni tra antichità e Alto Medioevo e dei problemi storici che esse hanno posto e pongono» FRANCOC ARDINI A partire dai secoli quarto e qUÙlto si verificò, negli immensi spazi compresi fra l'Asia e l'Europa, un vasto processo di spostamenti a catena di popolazioni le quali finirono, dopo un vario e lungo peregrinare, per stabilirsi in sedi diverse da quelle d'origine, trasformando in profondità gli assetti del mondo allora noto. Il libro ripercorre le complesse yicende che portarono alla sostituzione dell'impero romano d'occidente con una pluralità di regni barbarici assai eterogenei e di disuguale durata, fino agli estremi fenomeni migratori che investirono lo spazio europeo nei secoli decimo e undicesimo. Una chiara esposizione che si inserisce in un filone di indagine storica assai vivace e innovativo. Claudio Azzara insegna Storia medievale nell'Università di Salerno. Per il Mulino ha pubblicato anche «L'Italia dei barbari» (2002), «Le civiltà del Medioevo» (2004), «Il papato nel Medioevo» (2007), «La Chiesa nel Medioevo» (con A.M. Rapetti, 2009). € 12,00 ■Cov deers i�glni:gS ua&e!C l ISB9N7 8-88-15-2387( I1 I1 Società editrice il Mulino 9 78881253 870: I lettori che desiderano informarsi sui libri e sull'insieme delle attività della Società editrice il Mulino possono consultare il sito Internet: www.mulino.it ClauAdzizoa ra Lei nvasbiaornbia riche Socieedtiàti rMliu clei no ISBN9 78-88-15-23870-2 Copy©r i1g9h9bt9yS ocieedtiàti Mrlui lcieBn ool,o Ngunoaev.da i z2i0o0n3e. Tutidt iir siotnrtoii s eNrveastsipu.an rdati qe u epsutbab lipcuaeòzs isoenree fotocorpiipartoaad,ro cthtimave,im aotraio,zt zraatsami enqs usaalf soiramsai om ez-zeol ettmreocnciacrnoei,pc roo,g driagfii-ctsoaen,l o enn e tie rmini prevdiaslltleiag c ghete u tieDlli ar idt'tAou tPoerarel .ti rnef ormsaiz ioni vedisali wwwt.om ulino.it/edizioni/fotocopie INDICE Introduzione p. 7 I. Roma e i barbari alla vigilia delle grandi mi- grazioni 13 Il. Le grandi migrazioni e la nascita dei regni nell'Occidente 51 Ili. La migrazione dei longobardi in Italia e l'e - vangelizzazione delle stirpi barbariche 87 IV. Le migrazioni dei popoli slavi e le ultime in- vasioni contro la cristianità 119 Conclusioni 145 Appendice. Le invasioni barbariche e la fine di Roma: miti per il mondo contemporaneo 151 Letture consigliate 167 Indice dei nomi e dei luoghi 181 5 INTRODUZIONE Pochi temi della storia occidentale hanno avuto la ca­ pacità di colpire non solo l'interesse degli studiosi ma an­ che l'immaginazione popolare con la stessa fortissima ca­ rica di suggestione delle migrazioni ( o, dal punto di vista dei romani, delle invasioni) barbariche, cioè di quel vasto fenomeno di spostamenti a catena, tra l'Asia e l'Europa, di popolazioni eterogenee che, a partire dal IV-V secolo d.C., finirono per stabilirsi in sedi diverse da quelle origi­ narie, spesso sul suolo che era già appartenuto all'impero romano. Basti pensare, per esempio, a come nel lessico i­ taliano moderno siano rimasti il nome di un'antica stirpe, i vandali, e quello di un re unno, Attila, entrambi legati a vicende risalenti al V secolo, per significare comporta­ menti di cieca violenza devastatrice, o anche come gli stessi termini barbaro, barbarico, barbarie vengano larga­ mente applicati a individui o ad atti contraddistinti da una primitiva e selvaggia rozzezza. Allo stesso tempo, è altrettanto vero che pochi argo­ menti come questo si sono prestati con tanta frequenza a letture impropriamente attualizzanti, condizionate da ciò che accadeva nel presente, e a pesanti deformazioni ideo­ logiche: rischi non sempre agevoli da evitare, ove si tenga conto del nesso che tiene legata in modo indissolubile la vicenda delle invasioni barbariche a un evento epocale quale fu il crollo dell'impero romano d'Occidente, perce­ pito dalla nostra cultura come l'epilogo stesso del mondo antico. Si è potuta così costituire, tra la fine del secolo scorso e i primi decenni del nostro, l'interpretazione del tramonto della civiltà greco-romana, e dei suoi alti e pecu­ liari valori, in quanto «uccisa» da un nemico esterno (se­ condo la nota formula di André Piganiol) - i barbari, per l'appunto -, quale sorta di modello, di prefigurazione, 7 delmloard teelm load ecrinvaoi clctiàd eanstsaalses,i nata da« nuobvair bdairv io»li,tnv a o litdae ntciofiinbc oalt­i scevpiicuhtict hoceso tlnoe« masesmee»r goepnptois,t e aléllesi otceii nia rlrie vedrescilTbiainpllooie.s izeivoin­i, dentepmreindvticee o rrestttoerhziazcnapan u,or a ev uto larfograt usnpiae :na ssliu ccdeius nsl oi bdratoli, t aosl­o saiin diccaotmiievTl or ,a modnetllo' Occ(iDdeUernn ­te tergdaeAnsbg e ndldaiOn sdweasSl)pd e ngdleegarln,in i 1918-E1d 9ia2 m2p.si poa hzainogn ood uatnocl heae l ­ tretitnacnotnos liesttitencun hrtieira avzez eir aalzez,i sta, chhea npnroe tdeics oon traapu pnto arrridemo p erroo­ mancoo rreod tetcoa dleafn rteees ncear dgeillnaeu ove gengteir maneitcihceai,mn etneetpg eor ret adtisr pieccii ­ ficvia lgoureir rAi qeurepisr.to op ovsailltpaeoe ,np ar e­ cissaurbeci ht-eoc omvee dr-eumnopa r etuensigate àr ­ maniucnaGa,e rmandeanltcluoemn notpaezciuolèni ia ri, soltuannmata ol decsotsrtar aut zaivoonelesi engoau ti­ta travlefoarr szoa ot,nu erlaml iag ldieolirlpeeo tifrelas iin,­ tendidmeelntlteaos timdoenlifolanente zic a,hi enr ealtà les tibraprib afurriocnuhonec rogdiico ullotd uirvee rse es foir giairnuo nnc ol idmifoa r tiscsoinmtaa minazione (cnuoifun r onsop eessstor aanncephire e icniflsuirs os­i manèio )l;t reitmuptotsiosm ipbiielcgeoa msreie n oin imi termgienrim eab naor bdaarmloo ,m encthqoeu eglelra­ manifuc sao ulnota r laem olctoem pondeenllt'ie teroge­ negaa labsasribaai rnli acrmagi,as ucroam podsagt ean ti nomapdrio vendiaelsnltteei pd peel l'Eourrioepena t ale delll'qeAu saielasi,e rciutnpaaer soaninont fleu seunlzlae stetsrsigebe ùr maniche. Seim isttio riorgircaoqfirucdsiiao tpsiro ans otp artoi­ priinp, a rtidceoplle anrseai,ue troor eia tnatriidoe mocra­ tidceol l'edsetsprtoerlmaia at niccihanae, m bimtaor xista nosno nmoa ncianttee rprpeatlaezsieiomnnefoinn tdea te, comievl o lreirn trnaeclicldiaeas arolece gi eertmàa anri­ca cailc'aa rcdhieu tni«apd oe mocrcaazriaat»td ear izzata formaes socdiita itcpioovm eu niett eanrdieon zui­almente gualidtiua n«rali ieb,ge errtmàa niincsao»md,mao a p,p or­ rea ll'asasuettotreois tcahriiadove ilslt'adi iRm opmear.o Idli veartstoe ggaisasmuennnecttiooo n frodnefetl­i nomeinnoo g geètr tiofl ecsonis mom edidaatlselczaez la­ tsat edseslfoalr em uliem piepgeiarnt dei voi,cdm ouesa ir l 8 è già accennato: se infatti gli storici italiani e francesi, ri­ specchiando il sentimento degli abitanti dei territori del­ l'impero che videro giungere i barbari, hanno preferito u­ sare la locuzione «invasioni barbariche», che implica an­ che, di per se stessa, un giudizio di merito circa la supe­ riorità della civiltà greco-latina, la cultura tedesca ha inve­ ce introdotto il termine «migrazione di popoli» (Volker­ wanderung), più neutro e in sostanza più corretto per una descrizione oggettiva di quanto accadde, ma alla radice del quale sta l'intento di fondo di «rivalutare» la parte barbarica, o meglio «germanica». Insomma, questo tema sconta, come pochi altri, condizionamenti e distorsioni di giudizio e resta continuamente esposto al pericolo delle suggestioni dell'oggi: gli stessi fenomeni migratori che ve­ dono ai nostri giorni vaste masse umane spostarsi dalle re­ gioni meno favorite a quelle economicamente più svilup­ pate del pianeta può ben correre il rischio di essere in qualche misura accostato alle antiche Volkerwanderun­ gen, magari da parte di chi, di fronte all'incalzare del cam­ biamento, è sempre pronto a paventare la fine dell'ordine a cui è abituato. Il periodo storico entro il quale si inserisce la stagione delle invasioni barbariche, che abbraccia, per usare cate­ gorie convenzionali, la tarda antichità e l'alto medioevo, al­ meno dal secolo IV fino alle «code» dei secoli X-XI, è at­ tualmente oggetto, più di altri, di una particolare attenzio­ ne storiografica che sta apportando modifiche sostanziali a molte delle conoscenze acquisite. Innanzi tutto, la tarda romanità viene sempre più apprezzata come un'epoca si­ gnificativa in sé, dotata di proprie dinamiche interne e di tratti specifici, anziché essere ridotta -come a lungo è sta­ to fatto - al rango di semplice tratto finale della secolare parabola dell'impero, contraddistinta soltanto da segnali di inevitabile e irreversibile decadenza; contestualmente, il processo della transizione dal mondo antico a quello me­ dievale viene finalmente colto in tutta la sua complessità e gradualità, in un complicato gioco di persistenze e di tra­ sformazioni, nei singoli settori, piuttosto che essere ridotto alla rigida contrapposizione di un «prima» e di un «dopo» divergenti, separati da una secca cesura. In questo senso muovono molti dei lavori più recenti, ispirati ad attitudini 9

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