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Le classi sociali negli anni '80 PDF

279 Pages·1986·25.63 MB·Italian
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i Sagittari Laterza @ 1986, Gius. Laterza & Figli Prima edizione 1986 Sesta edizione 1987 Paolo Sylos Labini e classi sociali negli anni '80 Editori Laterza Proprietà letteraria riservata Gius. Saterza & Figli Spa, Roma-Bari Finito di stampare nel marzo 1987 nello stabilimento d'arti grafiche Gius. Laterza & Figli, Bari CL 20-2688-0 ISBN 88-420-2688-3 a Marinella con amore e gratitudine INTRODUZIONE Mi occupai dei problemi riguardanti i mutamenti nella struttura delle società moderne, principalmente ma non esclusivameilte della società italiana, nel 1972, in una conferenza il cui testo fu poi pubblicato nello stesso anno. Due anni dopo, nel 1974, rielaborai l'analisi e pubblicai, presso Laterza, un breve Saggici sulle classi sociali, che negli anni successivi fu oggetto di nume- rosi dibattiti. Quell'analisi era stata provoczra da esigenze diverse, alcune di carattere immediato: comprendere i motivi di quello che ncl 1972 appariva come un nuovo pericolo fascista (non era la prima volta in questo dopoguerra); comprendere il ruolo politico delle classi medie in rapida trasformazione; individuare le ragioni del deludente esito delle riforme tentate nel decennio precedente. Aveva la sua parte anche un'esigenza interpretativa più ampia che mi si era presentata molti anni prima e che può essere chia- rita dal titolo di una nota che avevo scritta nel lontano 1952 e che in seguito, per sollecitazione dell'amico Francesco Forte, pub- blicai nella rivista Economia e lavoro Produtlori di ricchezza D: e produttori di servizi: classe operaia e classe media. Come ap- punto appare dal titolo, mettevo in evidenza l'ampia, se pure incompleta, sovrapposizione fra classe media e settore dei servizi privati e pubblici - altrimenti chiamato terziario: in quella nota sostenevo che la crescita molto forte di questo settore aveva portato e stava portando con sé una forte espansione della classe media, e cercavo di esaminare le conseguenze sociali e politiche di tale espansione. Nel breve saggio del 1974 riprendevo quelle riflessioni e cercavo di approfondirle per esaminare criticamente la validità di una tesi attribuita a Marx e ai suoi seguaci, ma in realtà assai più diffusa: la tesi del bipolarismo classista, sia pure ten- denziale; una tesi che s'insinuava non solo nelle costruzioni di alcuni sociologhi ben lontani da Marx, ma anche nell'analisi che diversi economisti andavano svolgendo (e tuttora svolgono) sulla base della dicotomia profitti-salari, sostanzialmente identica alla dicotomia capitalisti-proletari. Sebbene presentate come analisi di prima approssimazione, si attendevano poi invano le succes- sive approssimazioni. È vero: numerosi studiosi e diversi leader ?olitici in frequenti affermazioni e dichiarazioni davano grande rilievo alle << classi intermedie >> e ai << ceti medi D. Ma senza sistematiche analisi teoriche ed empiriche questi << ceti medi » restavano in una sorta di limbo sia per le dimensioni che per i connotati. Per chiarire la questione conveniva esaminare complessiva- mente la struttura sociale del nostro paese, confrontandola con quella di altri paesi, in condizioni simili ovvero in condizioni decisamente diverse; in particolare, conveniva studiare i movi- menti nel tempo delle diverse strutture sociali. È appunto ci6 che ho tentato di fare nel lavoro di tredici - o di undici - anni fa, usando i dati dei censimenti e degli annuari statistici, nazionali e internazionali. Un'analisi della struttura sociale che non faccia riferimento alle quantità si risolve in una pura fabu- lazione; ma un'analisi che dia importanza esclusiva o anche solo prevalente alle quantità è monca e fuorviante, giacché ag- gregati sociali quantitativamente stabili possono nascondere tra- sformazioni interne di grande rilievo. Ora, mentre le variazioni quantitative sono agevolmente individuabili. non lo sono i mutamenti qualitativi. A rigore, l'esame di tali mutamenti spetta essenzialmente allo storico; il cultore di discipline sociali, tuttavia, può studiare le opere degli storic;, cercando di estrarre ciò che gli occorre per inte- grare e dare un significato alle analisi quantitative; e può per lo meno sforzarsi d'impostare i problemi interpretativi nei ter- mini giusti. Il Saggio sulle classi sociali riguardava in via principale l'Italia e solo subordinatamente e schematicamente altri paesi; in questo saggio la proporzione è rovesciata e la dimensione internazionale prevale sull'altra. Comincerò con l'Italia per poi estendere l'analisi a diversi altri paesi appartenenti alle tre grandi aree: Occidente, area del socialismo reale, Terzo Mondo. Ecco i temi che mi propongo di esaminare. Nei capitoli primo e secondo esporrò alcune riflessioni sul processo di democratizzazione, che caratterizza lo svolgimento storico delle società occidentali: il problema delle classi sociali può essere correttamente inteso se si fa riferimento a questo processo. Sostengo che, nei paesi europei, il problema delle classi sociali costituisce essenzialmente un'eredità dell'epoca feudale e che le differenze di classe tendono progressivamente a ridursi. Nel terzo e nel quarto capitolo mi soffermerò sulla strut- tura sociale del nostro paese e sulla sua evoluzione recente. In special modo esaminerò il divario fra Nord e Sud, un divario che nel caso di certe regioni meridionali tende sensibilmente a diminuire, mentre rimane pressoché invariato nel caso di altre. Esaminerò quindi le tendenze osservabili nella distribuzione del reddito ed accennerò brevemente al ruolo dei sindacati. Per i principali problemi cercherò d'istituire confronti internazionali, che è il modo migliore per cercare di pervenire ad un equili- brato giudizio critico. Il quinto capitolo è dedicato alla conflittualità sociale, misu- rata con l'estensione degli scioperi: nei confronti internazionali si notano paesi a conflittualità alta o molto alta (l'Italia è in cima alla graduatoria) e paesi dove essa è bassissima (natural- mente, faccio sempre riferimento a paesi con un regime politico di tipo democratico): cerco di spiegare concisamente i motivi di tali enormi differenze. I1 sesto capitolo propone confronti più generali tra I'evo- luzione delle strutture sociali in paesi diversi. Per rendcre più agevoli e più significativi i confronti propongo di riunire in quattro gruppi le fondamentali strutture sociali (paesi di tipo capitalistico, paesi del socialismo reale, strutture arcaiche afri- cane, strutture coinposite) e introduco, in ciascun gruppo, delle suddivisioni. Vengono esaminate le tendenze che emergono dal- l'evoluzione sociale dei paesi industrializzati. Riflessioni parti- colari saranno dedicate al confronto fra due paesi che oggi tendono a dominare economicamente, l'uno, l'occidente, l'altro, l'oriente: gli Stati Uniti e il Giappone. I1 settimo e l'ottavo capitolo riguardano la struttura sociale e l'evolu~ionee conomica del più grande paese occidentale: gli Stati Uniti d'America. Adam Smith e Alexis de Tocqueville sa- ranno le mie guide per quel che riguarda la genesi storica della struttura sociale e dello sviluppo economico di questo paese; per il nostro tempo, userò osservazioni personali fatte durante i miei soggiorni negli Stati Uniti e - come economista - di- scuterò brevemente la questione, che oggi è ampiamente dibat- tuta in quel paese anche più che in Europa, del ruolo che spetta all'intervento pubblico nella vita economica e sociale. Jn un quadro internazionale, un esame, per quanto succinto, degli Stati Uniti conduce inevitabilmente a considerare l'altro grande gigante, l'Unione Sovietica. Nei capitoli nono e decimo esporrò appunto alcune osservazioni sulla struttura sociale e sulle tendenze economiche di questo paese e mi sforzerò di considerare non solo le origini degli aspetti tragicamente nega- tivi (in primo luogo, l'assenza delle libertà democratiche), ma anche gli aspetti economici e sociali che possono essere giudicati positivi (l'eliminazione delle vaste sacche di miseria economica e la bassa diseguaglianza nella distribuzione del reddito - con la grave eccezione, tuttavia, di una minoranza di privilegiati: la così detta Nornenklatura). Esaminerò brevemente l'assai sconcertante tendenza osserva- bile iiell'Unione Sovietica ncgli ultimi quindici o vent'anni: una certa flessioile nella durata media della vita. Quanto agli aspetti economici. mi propongo d'indagare sui motivi che hanno determinato, finora, il fallimento dei tentativi di riformare il sistema di pianificazione. Nell'undicesimo capitolo proporrò alcune riflessioni sui rap- porti fra innovazioni, mercato e socialismo, partendo dall'osser- vazione che i dibattiti sulla funzionalità di un'economia piani- ficata l-ianno trascurato l'argomento capacità d'innovare. Questo fondamentale problema è stato invece affrontato dalla recente riforma cinese, cui si dedicano alcuni commenti nel dodicesimo capitolo. La Cina rappresenta, e non solo a causa delle sue dimensioni, un caso di grande interesse. Sotto diversi aspetti, la Cina appartiene ancora al Terzo Mondo; politicamente è un paese del socialismo reale, ma con caratteristiche originali: sembra che vi sia stato avviato - ma siamo appena agli inizi -

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