Il 7 luglio 1966 sull’Expressen di Stoccolma si leggeva in testa a un ampio servizio questo titolo : «Don Andrea: una rivelazione letteraria mondiale?». Don Andrea è don Andrea Giovene, dei duchi di Girasole, l’autore Autobiografia di Giuliano di Sansevero. Il giudizio dell’Expressen si basa su una parte dell’Autobiografia di cui l’autore aveva fatto comporre a proprie spese un’edizione numerata, ed è condiviso da altre autorevoli voci: Corriere della Sera, Neue Zürcher Zeitung, Civiltà Cattolica, Il Mattino, Rivista di Studi Crociani, Il Ponte. A conferma di quei giudizi, il romanzo di Giovene, frutto di lunghi anni di lavoro svolto lontano dalle polemiche, dalle mode, dalle sollecitazioni di un facile successo, esce oggi nell’edizione italiana mentre si annunciano l’edizione tedesca, la svedese, la finlandese e altre sono in preparazione. La vita di Giuliano si svolge fra il 1903 e il 1957, mezzo secolo a cavallo delle due guerre mondiali, partendo dai ricordi dell’età umbertina fino alle prime conquiste spaziali. Dalla Napoli digiacomiana del 1912 al medioevale collegio del Giglio, al ritorno di Diaz dopo la vittoria, agli albori del fascismo e al mescolato dopoguerra del 1919. Quindi la scena si trasferisce nel sottobosco equivoco di Milano; poi si rinnova tra i puledri della caserma di cavalleria di Ferrara; si avvolge di ambigue ombre nel palazzo Grilli di Roma; ritrova luce e gioventù nella spiritosa Parigi. L'Autobiografia supera gli schemi dei cosiddetti generi letterari; è insieme narrazione, saggistica, lirica. Ed è proprio qui che si manifesta la sostanziale modernità dell’autore, realizzata non attraverso grossolane forzature dei temi e del linguaggio, ma in quella rigorosa sintesi stilistica che è poi il dono della poesia: l’unica, in ultima analisi, veramente capace di rappresentare il «moderno».