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La verità del falso. Studi in onore di Cesare G. De Michelis PDF

249 Pages·2015·8.831 MB·Italian
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I libri di Viella 199 La verità del falso Studi in onore di Cesare G. De Michelis a cura di Gabriella Catalano, Marina Ciccarini, Nicoletta Marcialis vviieellllaa Copyright © 2015 - Viella s.r.l. Tutti i diritti riservati Prima edizione: luglio 2015 Prima edizione digitale in formato pdf: novembre 2015 ISBN 978-88-6728-527-3 (ebook-pdf) Questo volume è stato realizzato con il contributo del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. viella libreria editrice via delle Alpi, 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 758 fax 06 85 35 39 60 www.viella.it Indice Premessa 7 Luca BeviLacqua Mistificazione e menzogna in Baudelaire: una lettura de Le Mauvais Vitrier 17 Mario caraMitti Il Placido Don: espellere Šolochov dalla storia letteraria? 27 antonio cariLe «Famosa scripta». L’uso politico della diffamazione nelle biografie imperiali a Costantinopoli Nuova Roma 39 vaLerio casadio «Sappiamo dire molte menzogne simili al vero». Il dettato delle Muse e le origini dello “statuto” del falso nella letteratura greca antica 51 GaBrieLLa cataLano Meteore del plagio: Goethe e La Guzla di Mérimée 57 carMine chiodo Un falsario seicentesco delle lettere politiche e storiche di Traiano Boccalini: Gregorio Leti 67 Francesca chiusaroLi Il grafema, il segno grafico e le “scritture brevi” per la realizzazione del falso 75 PaoLo d’anGeLo «Dell’inventato, che è quanto dire, del falso». Manzoni e l’immaginazione come specie della falsità 87 6 La verità del falso Marina ForMica Un falso Oriente. Da Gemelli Careri all’Abate Vella 97 andrea GareFFi La più perfetta delle lontananze 111 danieLe Garrone Chi ha scritto la Bibbia ebraica? A saperlo… 125 donateLLa GavriLovich Lo strano caso della nevrastenia del regista Vsevolod Mejerchol’d. Un’autobiografia “a regola d’arte” 135 tonino GriFFero Falsi sentimenti (atmosferici)? Autentico e inautentico nella sfera emozionale 143 danieLa GuardaMaGna Apocrifi e falsi shakespeariani 151 MichaeL haGeMeister The Protocols of the Elders of Zion – a Forgery? 163 raFFaeLe Manica Una congiuntura editoriale degli anni Settanta 173 eLisaBetta Marino Quando la finzione diventa racconto: Roger Dodsworth, the Reanimated Englishman di Mary Shelley 185 reinhard Markner Gerd Heidemann and the Correspondence between Mussolini and Churchill: a Prelude to the Hitler Diaries Scandal 193 diane Ponterotto Maneuvering between Truth and Falsehood: Hedging Strategies in Political Interviews 203 Franco saLvatori e aLessandro ricci Cartografia e mistificazione della realtà geografica. La “rappresentazione addomesticata” come fattore d’identità 221 Patrizia seraFin «…ne qua subaerato mendosum tinniat auro?». La verità e il suono del falso 237 Premessa di Gabriella Catalano, Marina Ciccarini, Nicoletta Marcialis 1. La verità del falso Cosa mai potrebbero avere in comune il falso e la verità? È sempli- cemente una coppia di opposti che si escludono a vicenda, difformi negli intenti e nella sostanza? O verità e falsità hanno più punti in comune di quanto si possa a prima vista ipotizzare considerando l’una l’immediata negazione dell’altra? Solo da questi pochi quesiti è chiaro che il provoca- torio ossimoro di una verità del falso appartiene a qualsiasi studio che ha come oggetto i meccanismi e gli esiti della contraffazione. Se il vero, che sembra imporsi come indiscusso, è il rovescio del falso, la loro giustap- posizione ha come effetto immediato la distanza, così che la verità appare improvvisamente quale assai discutibile principio di identificazione. È del tutto evidente quanto l’era digitale, alla quale siamo ormai av- vezzi, abbia aumentato a dismisura le occasioni di falsificazione, assoluta- mente immediate, a portata di mano, invitanti. Da qui la ragione dell’odier- na congiuntura tanto favorevole a ricerche, convegni e saggi sul tema e da qui l’esigenza di inoltrarsi in sempre nuove domande e percorsi. Come si sa, il plagio ha mietuto vittime fra studiosi, scrittori e politici, è divenuto una pratica tanto diffusa in ambito universitario da rendere necessari chia- rimenti pubblici circa i confini esistenti fra autorialità e bene comune, si è autoeletto a formula di successo rendendo famosi scrittori in erba, disin- volti navigatori nel mondo del web. Un problema ovviamente complesso, da approfondire e da spiegare, ancora più problematico poi se si allarga la cerchia e si pensa a insigni scrittori accusati di plagio (per esempio Brecht) che hanno ricusato ogni condanna appellandosi all’arbitrio creativo, capar- biamente libero di attingere da ogni dove: a essere rivendicato può essere 8 Gabriella Catalano, Marina Ciccarini, Nicoletta Marcialis l’impegno didattico della ripetizione, il gesto della riscrittura e del montag- gio, ma anche l’originalità di una pratica della falsificazione, dove acume critico e dialogo con voci altrui possano risultare concretamente vincenti contrastando in fieri ogni astratta individualità creatrice. Proprio a cospetto di tali rivendicazioni autoriali si rende sempre più necessario parlare, studiare, interrogarsi sulle mutevoli identità della falsi- ficazione. Per affrontare il falso bisogna, come si è detto, interrogarsi sulla verità. Perché in fin dei conti falsificare implica una sostituzione di identità che da un lato si confronta con momenti strutturali (cioè identificativi) di un’opera e dall’altro pone al centro il problema della distanza. Distanza che permette la riproduzione ma che diventa altresì rivelatrice della non identità. Come ha affermato con sapienza di connaisseur Federico Zeri, il falsario immetterà sempre nell’oggetto falsificato un dettaglio rivelatore che lo pro- fila, seppure in maniera nascosta, come appartenente a un’epoca diversa. A insinuarsi, nello spazio ristretto di una copia il cui scopo è la conformità totale con l’originale, è la disparità storica, funzionante come inconsapevole traccia di un divario incolmabile da qualsiasi perfezione imitativa. Perciò, chi è professionalmente investito del ruolo di smascherare il falso, sarà tenu- to a smontare l’oggetto, a scrutarlo fin nei dettagli esercitando quel metodo prossimo all’autopsia che, fin dagli albori settecenteschi, ha fatto da trait d’union fra la scienza della natura (si pensi all’Histoire naturelle di Buffon) e la nascita della storia dell’arte (il pensiero va, ovviamente, a Winckelmann). Solo un’osservazione perspicace o una lettura ripetuta e riflessiva consentirà di scorgere quegli elementi rivelatori che rendono palese l’inganno. Tuttavia, se si parte dal presupposto che il falso ha a che fare con la verità, non si potrà né dovrà ridurre il senso della ricerca a una mera caccia alle fonti veritiere o a un’azione più o meno eclatante di smascheramento. A essere chiamati in causa sono l’attenzione dello studioso e dell’interprete, la sua esperienza e la sua conoscenza, la sua mente e i suoi occhi. Implicitamente, ma in maniera rigorosa e responsabile, a essere coinvolti sono la filologia e l’atto critico in generale, inclini per vocazione a definire lo statuto dell’opera individuandolo nei canoni e nei generi, nella tradizione e nell’intertestualità, nella funzione dell’autore, nelle condizioni di nascita e accoglienza alla quale sarà desti- nata. Insomma, l’esercizio che ogni falso esige e impone al critico come all’interprete è in fin dei conti quello della comparazione, gesto primario di qualsiasi esegesi. La pratica del paragone renderà immediatamente palese come il falso implichi un orizzonte metodologico e tematico quanto mai eterogeneo e Premessa 9 vasto, obbligando il critico a confrontarsi con una molteplicità di forme (dalle manipolazioni alle copie, dai travestimenti ai plagi e ai pastiche) che impediscono qualsiasi approccio normativo o rigidamente unitario. Perché in ognuna di queste occasioni il metodo della falsificazione sarà differente e in maniera diversa lo stesso prototipo, oggetto di imitazione, manifesterà le proprie sembianze, rivelate in maniera più o meno subdola. Basti pensa- re ai numerosi casi in cui a essere falsa è la copia di un originale inesisten- te. Anche qui – valgano, uno per tutti, i canti di Ossian di cui si è invaghita mezza Europa in quel Settecento così prodigo di avventurieri come di fal- sari – ci si appella a un archetipo astratto che agisce attraverso i criteri ele- mentari della tipizzazione, dell’accumulazione e della ridondanza. Poiché il falso, è bene tenerlo sempre presente, si inscrive in prima istanza – lo si attui per motivi ideologici, politici o economici – nell’orizzonte di attesa dei fruitori, nel loro gusto che si attesta e cambia col tempo, determinando le scelte del falsario, ma anche l’intrusione della sua mano estranea all’atto primario della creazione. Tutto ciò sia che il prototipo sia esistente o no. In entrambi i casi il falso si confronta con prodotti canonici, gioca con le aspettative, riempie vuoti lasciati nei testi o nelle curve della storia, sfrut- tando l’onda di un successo e l’accoglienza del pubblico. Così, più che opposti, vero e falso appaiono contigui, paradossalmente uniformi, come suggella ogni letteratura che non può che essere prodotto della finzione. È perciò che lo studio dei falsi, o di una fenomenologia del falso, richiede allo stesso tempo attenzione filologica e fantasia, passione per il dettaglio e immersione in quella sottile dialettica oppositiva e integrativa insieme che unisce il falso alla verità. [GC] 2. Cesare De Michelis e il manoscritto inesistente Falso e verità sono davvero inestricabilmente intrecciati in molti cam- pi della comunicazione umana e non solo: si pensi, ad esempio, alle capa- cità mimetiche di alcuni insetti che si fingono fiori o foglie per catturare le loro prede o per sfuggire ai predatori. Tra gli esseri umani una delle alterazioni del vero più significativa e frequente è la menzogna. Ne esistono vari tipi e sfumature, tante quante la fantasia umana ha saputo inventarne, ma tutte hanno al loro interno uno specifico e particolare “vero” che ne palesa la reale funzione. Tra alcuni casi archetipici possiamo annoverare la falsa gentilezza, o menzogna “pie-

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