LA RESPONSABILITÀ FRA REGOLE E CLAUSOLE GENERALI Corso di Diritto civile A.A. 2013-2014 Prof. Giuseppe Vettori 1 INDICE PARTE PRIMA. LA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE E I SUOI “CONFINI”. 1. Le questioni aperte …………………………………………………...........» p. 6 2. La responsabilità contrattuale dalla codificazione agli ’70 ………………..» p. 7 3. L’interpretazione dell’art. 1218 c.c. nella dottrina e nella giurisprudenza attuale ……………………………………………………………………...» p. 10 4. Inadempimento e colpa in Italia e negli ordinamenti europei ……………..» p. 13 5. L’imputabilità dell’inadempimento nella giurisprudenza italiana ………...» p. 14 6. L’onere della prova ………………………………………………………..» p. 16 7. La Buona fede nella formazione e nell’esecuzione del contratto …………» p. 17 7.1. La buona fede nel sistema italiano ………………………………………...» p. 18 7.2. L’evoluzione della giurisprudenza italiana ………………………………..» p. 18 7.3. Sulla discrezionalità del giudice …………………………………………..» p. 19 7.4. Sui contenuti della discrezionalità ………………………………………...» p. 21 7.5. La buona fede nel diritto comunitario ……………………………………..» p. 21 7.6. Le conseguenze della violazione ………………………………………….» p. 26 7.7. La buona fede nella fase di trattative e conclusione del contratto ………...» p. 28 7.8. Tipologia della condotta …………………………………………………..» p. 31 7.9. Natura della responsabilità precontrattuale ……………………………......» p. 32 7.10. La buona fede nella esecuzione del contratto ……………………………..» p. 33 8. La responsabilità pre-contrattuale: la svolta giurisprudenziale e le resistenze dottrinali …………………………………………………….......» p. 34 8.1. Regole di responsabilità e di validità ……………………………………...» p. 34 8.2. La coesistenza fra contratto valido e la responsabilità per la violazione della buona fede nelle trattative ……………………………………….......» p. 37 8.3. Le asimmetrie informative e la regola di buona fede ……………………..» p. 38 8.4. Natura della responsabilità contrattuale e onere della prova ……………...» p. 39 8.5. L’obbligo di informazione fra fattispecie e comportamento ……………...» p. 40 9. L’espansione della responsabilità contrattuale . Il contatto sociale ed altre figure ..…………………………………………….......................................» p. 41 9.1. La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e gli obblighi di protezione ……………………………………………………...» p. 41 9.2. Le ipotesi di responsabilità da contatto sociale …………………………....» p. 45 9.3. La responsabilità medica …………………………………………………..» p. 45 9.3.1 Il nuovo D.L. 13 settembre 2012, n. 158 ……………………………….....» p. 49 9.4. La responsabilità dell’insegnante in caso di minore autolesionista ……….» p. 52 9.5. La responsabilità della banca per pagamento di un assegno a soggetto non legittimato ……………………………………………………………….....» p. 53 9.6. Mediazione tipica ………………………………………………………….» p. 55 9.7. La responsabilità dell’ex datore di lavoro nei confronti dell’ex dipendente .......................................................................................................................» p. 56 2 9.8. Ulteriori ipotesi ……………………………………………………………» p. 57 9.9. Profili sistematici della responsabilità da contatto sociale ………………..» p. 58 PARTE SECONDA LA RESPONSABILITÀ AQUILIANA 1. Il sistema della responsabilità aquiliana oggi………………………….......» p. 61 2. Antigiuridicità e danno ingiusto ……………………………………….......» p. 61 2.1. Ingiustizia e selezione del danno nella sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 500 del 1999 …………………………………………..........» p. 61 2.2. Dalla lesione del diritto soggettivo alla lesione dell’interesse protetto …...» p. 62 2.3. Ingiustizia del danno e discrezionalità dell’interprete ….............................» p. 63 2.4. Il caso Vitali e gli esiti della sentenza sul risarcimento degli interessi legittimi ………………………………………….........................................» p. 64 3. Il danno ingiusto nella dottrina e nei progetti di uniformazione europea …» p. 65 4. Il fatto ed il nesso di causalità …………………………………………......» p. 67 4.1. La causalità penale ………………………………………………………...» p. 67 4.2. La causalità materiale come elemento sostanziale dell’illecito …………...» p. 68 4.3. L’imputazione per omissione colposa nel caso Franzese …………………» p. 69 4.4. L’imputazione per omissione colposa nella Cassazione a Sezioni unite civili ………………………………………………………………………..» p. 71 4.5. Nesso causale e ipotesi di responsabilità oggettiva ……………………….» p. 72 4.6. La prova ……………………………………………………………….......» p. 72 5. La responsabilità extracontrattuale come azione a protezione del contratto, delle relazioni familiari e del mercato ……………………………………..» p. 73 5.1. La doppia vendita immobiliare …………………………………………....» p. 73 5.2. La tutela aquiliana per “ indebolimento della posizione contrattuale”: il caso CIR-Fininvest ………………………………………………………...» p. 75 5.3. I mercati finanziari e l’Offerta pubblica di acquisto ………………………» p. 83 6. Responsabilità civile e danni endo-familiari ……………………………....» p. 89 6.1. Sulla privatizzazione del diritto di famiglia …………………………….....» p. 89 6.2. Rapporto fra coniugi e diritti dei singoli ………………………………......» p. 90 6.3. Genitori e figli …………………………………………………………......» p. 93 6.4. Diritti danni e comunità familiare ………………………………………....» p. 95 7. La responsabilità civile a protezione del mercato. Il risarcimento del danno per violazione della normativa antitrust …………………………………...» p. 96 PARTE TERZA IL RIMEDIO RISARCITORIO 1. Il danno patrimoniale e le teorie sul danno ……………………………….» p. 103 1.1. Il danno come regolatore delle attività sociali ……………………………» p. 103 1.2. La nozione unitaria di danno e di risarcimento ……………………………» p. 103 1.3. Il danno fra tipicità e atipicità ……………………………………………..» p. 105 1.4. La teoria dualista del danno …………………………………………….....» p. 106 3 2. I criteri di risarcimento del danno patrimoniale. Inquadramento sistematico. I rimedi del risarcimento per equivalente ed in forma specifica ……………………………………………………………………………...» p. 108 2.1. L’art. 1223 c.c., il principio di integralità del risarcimento del danno ……» p. 112 2.2. Art. 1224 c.c., i danni nelle obbligazioni pecuniarie ………………….......» p. 114 2.3. Art. 1225 c.c., la prevedibilità del danno …………………………….........» p. 118 2.4. Art. 1226 c.c., il risarcimento secondo equità …………………………......» p. 120 2.5. Art. 1227 c.c., il concorso del fatto colposo del creditore ………………...» p. 122 2.6. Art. 2056 c.c., II co., il risarcimento secondo equità del danno da lucro cessante: il danno futuro ed il problema dei danni permanenti alla persona ……………………………………………………………………………...» p. 123 2.7. Art. 2057 c.c., danni permanenti ………………………………………......» p. 125 3. Il danno non patrimoniale ………………………………………………....» p. 126 3.1. L’evoluzione del danno non patrimoniale …………………………….......» p. 127 3.1.1. Gli antecedenti …………………………………………………………….» p. 129 3.1.2. La rilettura costituzionale del danno risarcibile, Cass., 11 novembre 2008, n. 26972 ……………………………………………………………………» p. 130 3.1.3. Concetto e autonomia del danno esistenziale ……………………………..» p. 131 3.2. La ricerca della tutela più efficiente ……………………………………….» p. 133 3.2.1. Il rilievo costituzionale dell’interesse ……………………………………..» p. 133 3.2.2. Illecito e danno. I limiti della teoria del concorso ed il danno non patrimoniale da inadempimento …………………………………………...» p. 135 3.2.3. Integralità e duplicazione del danno ………………………………………» p. 138 3.2.4. La prova e la domanda ……………………………………………………» p. 139 3.2.5. La liquidazione del danno, il criterio tabellare ……………………………» p. 140 3.2.6. Il rapporto tra disciplina generale e di settore. Il Codice delle assicurazioni private ……………………………………………………………………...» p. 144 3.2.7. Le ultime pronunce in materia di danno non patrimoniale ………………..» p. 146 3.3. Danno non patrimoniale e diritti inviolabili nel tempo presente. Il ruolo dell’interprete ……………………………………………………………...» p. 149 4 PARTE PRIMA LA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE E I SUOI “CONFINI” 5 1. Le questioni aperte. La responsabilità è oggetto di un’evoluzione che è in atto in tutti gli ordinamenti nazionali1, ma i tratti delle novità legislative e giurisprudenziali non sono affatto univoci. Le questioni aperte sono essenzialmente due2. Il rapporto fra contratto e illecito3 e la delimitazione del danno risarcibile4. Iniziamo dalla prima. Il sistema del codice separa il contratto e l’illecito (1173 c.c.), parla di responsabilità del debitore (1218 c.c.) e di fatti che cagionano un danno ingiusto5. Le obbligazioni derivano quindi dal contratto e dalla legge che fissa negli articoli 1218 e 2043 le condizioni per il sorgere di un obbligo di risarcimento in presenza di determinati fatti. E’ ingiusto un fatto o un atto contra legem che lede diritti e interessi protetti o viola un dovere (art. 2043 c.c.) E’ obbligato a risarcire il danno chi non esegue esattamente la prestazione salva l’impossibilità non imputabile. La distinzione, com’è noto, affonda le sue radici nella storia e impegna per lungo tempo l’interprete in un’opera di qualificazione di fattispecie dannose che si rinvia ora all’uno ora all’altro settore, in un contenzioso particolarmente serrato, anche, per il diverso vantaggio che il danneggiato può trarre dall’una o dall’altra disciplina. Non manca però, di recente, più di un sintomo che rende tale separazione concettuale assai meno esplicativa e probante di quanto la tradizione insegna. Entrambe le discipline, sono caratterizzate da una costante tendenza ad un ampliamento di tutela per la parte danneggiata attraverso una erosione dei caratteristici tratti distintivi che si era soliti assegnare alle due aree. Le diversità , fra contratto e illecito, si giustificavano tradizionalmente, osservando il diverso fondamento delle regole di responsabilità che era individuato ora nella violazione del rapporto fra creditore e debitore (contratto) ora nella generalità del dovere di non ledere che incombe indistintamente su tutte le persone( illecito); ma la revisione di tali presupposti sono già da tempo acquisite al dibattito dottrinale e legittimano ampi rinvii a quanto diremo nel proseguo. La giurisprudenza teorica e pratica ha esteso l’ambito della responsabilità aquiliana almeno in un triplice senso: a) si sono ricompresi entro questa area le lesioni di diritti di credito, degli interessi legittimi e di ogni altro interesse giuridicamente protetto; b) si è riconosciuta l’esistenza di una pluralità di criteri di imputazione oggettivi e indiretti oltre la sola colpa e il dolo; c) si è ampliata l’area del danno risarcibile. Sul versante opposto l’opera di revisione dottrinaria è stata ancora più stratificata. Si è ripensato a fondo il criterio della colpa, valorizzando la oggettiva violazione del titolo da cui trae origine il 1 G. ALPA, Diritto della responsabilità civile, cit., p. 291: «Distribuzione dei rischi e allocazione dei costi sono esito di un processo culturale che…si apre a una prospettiva per così dire “sociale” o collettiva, fermo il fatto che preoccupazione del legislatore non è più (soltanto) quella di individuare il responsabile e di stabilire a quali condizioni questi è obbligato a riparare il danno, ma diventa (anche) quella di istituire criteri di riparazione dei rischi che consentano, al tempo stesso, di assicurare la più ampia tutela dei danneggiati e di distribuire le perdite nel mondo economico. Il problema del danno, nei suoi riflessi economici, diviene così un problema di carattere sociale, e si tende perciò a studiare il modo di contenere anche gli effetti indotti sul piano dei costi sopportati dalla collettività ». 2 V. C. CASTRONOVO, La responsabilità civile in Italia al passaggio del millennio, in Europa dir. priv., 2003, 1, p. 123 ss.; F. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme del diritto delle obbligazioni, in Riv. dir. civ., 2006, 6, p. 440 ss. 3 L’osservazione delle normative nazionali in atto o in itinere e i testi volti alla uniformazione adottano un criterio selettivo che sfuma dall’ingiustizia del danno del nostro art. 2043, verso i «fatti dannosi anormali» dell’Avant-projet francese, l’«interesse protetto» dei Principles sino all’«opinione comune» del nuovo codice olandese. Ciò determina una spiccata atipicità del rimedio e un primo problema che è alle radici del modello culturale della responsabilità. Il rapporto fra contratto e illecito. 4 F. BUSNELLI, L’illecito civile nella stagione europea delle riforme, cit., p. 444. 5 V. sin d’ora A.di Majo, Profili della responsabilità civile, Torino, 2010, p.3 ss. 6 rapporto che lega le parti e si sono comprese ipotesi di responsabilità ove è assente un dovere di prestazione ( le ipotesi di contatto sociale). Non è dubbio che in tal modo la rigida contrapposizione fra le due aree di responsabilità appare sempre più oscillante: da un lato si tende ad assegnare sempre maggiore tutela ad interessi diversi da situazione assolute, dall’altro si include nell’area della responsabilità contrattuale ipotesi di responsabilità (da contatto sociale) di incerta qualificazione. Tutto ciò richiede un’ attenta verifica e una riprova si ha nel diritto europeo in formazione ove fra i nodi essenziali del processo di uniformazione del diritto privato, l’attenzione è rivolta proprio al rapporto tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. Un attento studioso nel porre l’esigenza, sacrosanta, di sottrarre dal chiuso delle burocrazie le scelte fondamentali di un futuro diritto comune in Europa enumera le domande su cui si dovrebbe incentrare l’attenzione dell’intera comunità scientifica e delle istituzioni politiche. La prima di un lungo elenco di cinquanta è la seguente. Se i « rapporti contrattuali (debbano essere trattati) esclusivamente con la responsabilità contrattuale o (debbano) essere permesse delle forme concorrenti di responsabilità (contrattuale, extracontrattuale, restitutoria) » 6. Per procedere con la necessaria concretezza sarà seguita nel proseguo una precisa scelta di metodo. Saranno prima esaminati i presupposti della responsabilità contrattuale e extracontrattuale nella loro evoluzione. Si esamineranno poi i casi giurisprudenziali più rilevanti: dalle forme di violazione del contratto, alla responsabilità precontrattuale, dalla responsabilità endo-familiare alla tutela aquiliana della libertà contrattuale (il caso CIR –Fininvest), sino alle ipotesi di responsabilità da contatto sociale. 2. La responsabilità contrattuale dalla codificazione agli anni ’70. La disciplina positiva 7 ha oscillato nel tempo fra una valutazione oggettiva o soggettiva (basata sulla colpa) dell’inadempimento del contratto8 e su tale aspetto occorre fare un minimo di chiarezza. L’idea che la responsabilità abbia fondamento nella colpa ha radici chiare nel diritto comune9 e, nonostante le oscillazioni di Pothier10, è recepita poi nel Code civil e nel codice civile italiano del 6 M. HESSELINK, La dimensione politica di un codice civile europeo, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 3, 409-410. Che ciò abbia attinenza con una funzione deterrente delle regole di responsabilità risulta da diversi dati. Basta ricordare che l’azione collettiva risarcitoria disciplinata dal nuovo art. 140-bis del codice di consumo, si estende a tutti gli atti illeciti aquiliani o commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c. o in conseguenza di pratiche commerciali scorrette. 7 Sul punto le osservazioni contenute nella Presentazione di P. RESCIGNO al volume di G. VISENTINI, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979, p. XVI-XVII; ma ora anche C.-W. CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, cit., p. 23 il quale nell’osservare che la riforma tedesca “è in linea con l’evoluzione giuridica internazionale, quale si manifesta in particolare nella disciplina della Convenzione di Vienna sulla compravendita internazionale di beni mobili, nei Principi Unidroit e nei Principi di diritto europeo dei contratti elaborati dalla Commissione Lando,” osserva che “essa, inoltre risponde ai precetti di vincolatività del contratto e di giustizia contrattuale: chi non è pronto ad eseguire la prestazione cui è tenuto, o comunque non è in condizione di provvedervi, non può infatti attendersi che l’altra parte rimanga vincolata al contratto (divenuto per lei incomodo o addirittura privo di valore), ma deve farsi carico del rischio di uno scioglimento del contratto.” 8 Così P. RESCIGNO, op. cit., p. XVI. 9 I. BIROCCHI e U. PETRONIO, voce Responsabilità contrattuale (dir. intern.), in Enc. dir., XXXIX, Milano,1988, p. 1064 ss. 10 POTHIER, Traité des obligations, I, cap. II, art. 1, § 1, n. 142, in Oeuvres complètes, I, Paris, 1821, p. 121-125. Si veda la diversa opinione espressa da CANNATA, Dai giuristi ai codici, dai codici ai giuristi: Le regole sulla responsabilità contrattuale da Pothier al codice civile italiano del 1942, in Legge, giudici, giuristi (Atti del Convegno di Cagliari 18-21 maggio 1981), Milano, 1982, p. 232 e in Riv. trim. dir. proc. civ., 1981, p. 995, e da I. BIROCCHI e U. PERONIO, op. ult. cit., p. 1068 che ravvisano la radice dell’art. 1147 del Code civil proprio in Pothier. 7 1865. Il codice austriaco segue tale tendenza anche se, attraverso un sottile gioco di presunzioni, la responsabilità per colpa si avvicina ad una forma di responsabilità oggettiva11.I segni dei tempi 12 influirono sulla codificazione italiana del 1942 e indussero a preferire una connotazione oggettiva dell’inadempimento, più idonea alla sicurezza del traffico, minacciata dalla instabilità della moneta e dall’economia di guerra13. L’art 1218 c.c. dispone così che il debitore, il quale non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento e il ritardo è stato determinato da un’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. La formulazione oggettiva della regola è evidente. Il debitore può liberarsi dall’obbligo assunto provando di aver adempiuto esattamente o dimostrando che vi è stata un’impossibilità di adempiere. Ne segue che sino a che la prestazione è possibile l’adempimento è sempre dovuto. D’altra parte non si è mai sopita una tensione esegetica più attenta al comportamento dell’obbligato e alla sua diligenza14 nella dottrina anteriore e coeva alla nuova codificazione15. 11 I. BIROCCHI e U. PETRONIO, voce Responsabilità contrattuale, (dir. interm.), cit., p. 1063 ss. in particolare pp. 1065- 1067; 12 OSTI, Revisione critica della teoria sulla impossibilità della prestazione, in Riv. dir. civ., 1918, p. 222 e per una analitica e lucida ricostruzione storica e sistematica della giurisprudenza teorica e pratica sotto il codice abrogato e sotto il nuovo codice, V. DE LORENZI, Classificazioni dogmatiche e regole operazionali in tema di responsabilità contrattuale, Milano, 1981, p. 11 ss.; G. VISINTINI, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979, p. 3 ss. 13 P. RESCIGNO, op. ult. cit., p. XVI. 14 L’analisi può partire dalle opere classiche di CHIRONI, La colpa nel diritto civile odierno. Colpa contrattuale, Torino, 1897, p. 685 ss.; GIORNI, Teoria generale delle obbligazioni nel diritto moderno, Firenze, 1903, p. 11 ss.; N. COVIELLO, Del caso fortuito in rapporto alla estinzione delle obbligazioni, Lanciano, 1895, p. 55 ss.; sino al bel libro di M. GIORGIANNI, L’inadempimento (corso di diritto civile), Milano, 1975, p. 196. 15 Rispetto agli artt. 1224, 1225, 1226 del codice del 1865 il mutamento apportato dall’art. 1218 è notevolissimo e può essere compresa la ragione esaminando le diverse opinioni espresse in quel tempo dalla dottrina. a) Alcuno15 adotta una tesi rigorosamente soggettiva. Da un lato, si assegna prevalenza alla considerazione della diligenza cui il debitore è tenuto rispetto a quella delle circostanze che gli impediscono l’adempimento. Dall’altro, si riduce, in ogni caso, la rilevanza di quegli avvenimenti al metro della diligenza cui il debitore è in concreto tenuto. Il caso fortuito in questa costruzione è ciò che non può essere evitato con l’ordinaria diligenza. Unica eccezione si ha, per questo autore, nelle obbligazioni generiche perché il genus numquam perit. Tale eccezione però apre una falla larghissima nella tesi soggettiva, la quale varrebbe solo quando l’oggetto della prestazione è costituito da una cosa certa e determinata, la quale viene distrutta o danneggiata da un avvenimento a cui il debitore non avrebbe potuto sottrarla malgrado l’uso della diligenza cui era in concreto tenuto. L’eccezione mette poi a nudo il vizio di origine di tale tesi. Non si è tenuto conto che il concetto di impossibilità sopravvenuta, introdotto nella teorica della responsabilità del debitore dalla dottrina del secolo XIX, costituisce sostanzialmente la generalizzazione del concetto di “perimento della cosa” (interitus rei). Tale teoria si spiega con la prevalenza, nella economia meno recente, di rapporti obbligatori imperniati su cose specifiche. Prevalenza che comincia a mostrare le sue carenze con l’allargarsi della sfera dei rapporti obbligatori aventi per effetto cose generiche e obblighi di prestazione (l’espandersi delle industrie, i primi scioperi, e così via), che inducono taluno a tentare di sostituire al caso fortuito la colpa15. b) Altri15 tenta di attenuare la tesi soggettiva argomentando dall’art. 1225 del codice del 1865 (cause estranee). Il debitore sarebbe liberato solo quando l’evento che gli ha impedito di adempiere sia estraneo alla sua persona o alla sua azienda. Cosicché si risponderebbe oltre i limiti della disciplina quando l’impedimento trova la sua causa proprio nella sua persona o nella sua azienda. Questa ricostruzione tenta anche di attenuare il principio genus numquam perit, ammettendo la liberazione del debitore quando, pur esistendo la cosa in natura, non è in grado di consegnarla al creditore per un impedimento di carattere generale. In tal modo si lascia fuori una serie di casi meritevoli di considerazioni e l’esempio cui si fa più ricorso è sempre lo sciopero. c) Osti15 propone di risolvere il problema, in uno studio del 1918, con una tesi rigorosamente oggettiva. Il debitore può pretendere di essere liberato solo quando la prestazione è divenuta oggettivamente ed assolutamente impossibile per causa a lui non imputabile. L’autore si sforza di dimostrare: da un lato, che l’art. 1224 nel sancire la diligenza era diretto a regolare solo l’esattezza e non già l’inadempimento; e dall’altro che il caso fortuito, le cause estranee e la forza maggiore (artt. 1225 e 1226) andavano intesi in senso oggettivo. La tesi è stata accolta senza attenuazioni dal codice vigente. 8 Michele Giorgianni, autore di un limpido volume ancora attuale, 16 muove la sua analisi da una robusta indagine storica e da un esame delle esperienze straniere. Per controllare se la formulaa legislativa si adatti a qualsiasi tipo di prestazione muove dalla varietà del possibile contenuto della prestazione, ricordando che la impostazione prevalente e tradizionale, sulla scia del filone romanistico, teneva conto quasi esclusivamente delle obbligazioni di consegnare una cosa certa e determinata. La prestazione indica, invece, il comportamento cui il debitore è tenuto al fine di soddisfare l’interesse del creditore e nell’ambito di essa è possibile scorgere una notevole diversità di situazioni. 1) La consegna – Il creditore può avere la cosa con l’esecuzione forzata e assume prevalenza l’aspettativa verso la res, rispetto a quella formale del diritto al comportamento; analoga è la considerazione sul comportamento volto a trasferire una cosa certa e determinata. 2) Il trasferimento di cose generiche – Non c’è adempimento in forma specifica e quindi occorre tener conto anche del comportamento. Con un’eccezione: l’obbligazione pecuniaria, ove l’esecuzione forzata fa raggiungere al creditore l’oggetto della prestazione. Occorre ancora distinguere. a) Se il debitore si obbliga a trasferisce una quantità di merci che egli dovrà procurarsi, occorrerà esaminare se ancora esiste il genus da cui doveva essere tratta la cosa dovuta. Sicché può essere rilevante la ricerca delle ragioni che hanno provocato il perimento. b) Per le cose che il debitore deve ancora fabbricare occorre tenere in conto anche gli impedimenti incontrati in quella sua attività. c) Obbligazioni in cui il comportamento prende decisamente il sopravvento rispetto alla cosa, come nell’appalto. d) Il comportamento che non ha alcun riferimento a una cosa, come ad esempio il mandato o le prestazioni professionali. Giorgianni è scettico rispetto alla distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato per una ragione chiarissima: un comportamento del debitore è sempre un’obbligazione, mentre un risultato è sempre necessario. Varia però è la proporzione dei due elementi, perché vi sono rapporti in cui il comportamento prevale rispetto al risultato o viceversa. È la diversità del rapporto tra i due aspetti ad avere una grande rilevanza nella soluzione del problema della responsabilità. La conclusione è netta. L’art. 1218 c.c. prevede un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma si limita a disciplinare una sola ipotesi, quella in cui la prestazione è divenuta impossibile. Vi sono altre ipotesi in cui, pur permanendo la possibilità il debitore inadempiente, non può essere considerato responsabile. Da qui la conseguenza. La norma sconta l’equivoco di elevare l’impossibilità o la sopravvenienza a metro uniforme della responsabilità del debitore. Non si è tenuto conto che la sopravvenienza nel suo terreno originario aveva legittimamente il ruolo di presupposto di responsabilità, solo perché questa sorgeva precisamente quando si fosse verificata la perdita della res. La norma secondo Giorgianni rappresenta l’annullamento dello sforzo millenario compiuto dalla dottrina per creare un metro L’art. 1218 c.c. è interpretato in confronto con l’art. 1256 c.c., mentre all’art. 1176 si attribuisce rilievo in due ipotesi: nel precisare il concetto di imputabilità o meno dell’impossibilità sopravvenuta e nel risolvere il problema dell’esattezza dell’adempimento. Al contrario, se la prestazione è possibile il debitore è sempre responsabile. Unica eccezione si può avere quando l’adempimento metterebbe in conflitto il diritto del creditore con i diritti fondamentali della persona. In tali casi il debitore non sarebbe tenuto ad adempiere. d) Alcuni autori15 attenuano la concezione oggettiva con alcuni correttivi. L’impossibilità deve essere assoluta, ma con riferimento al tipo di obbligazione di cui si tratta e al tipico impegno di cooperazione che esso richiede. Il limite quindi non è la possibilità né la diligenza del buon padre di famiglia, ma l’impegno che il tipo di obbligazione richiede. Per fondare tale concetto meno rigoroso di impossibilità Betti argomenta dall’art. 1257, ma è dubbio che questa norma serva allo scopo. 16 GIORGIANNI, L’inadempimento, op. loc. cit. 9 soggettivo nella responsabilità del debitore. Il nuovo codice, secondo il suo pensiero, ha operato una commistione tra due serie di norme del codice abrogato le quali regolavano due distinte situazioni. Da un lato l’art. 1298 c.c. dall’altro gli articoli 1225 e 1226. Da qui la proposta di una interpretazione correttiva dell’art. 1218; il quale, si osserva, va posto in relazione con gli articoli 1256 e 1463 c.c. L’art. 1256 c.c. fissa il principio che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, quando non dipenda da causa imputabile, libera il debitore ed estingue l’obbligazione. Ed è evidente che una impossibilità che produce l’estinzione dell’obbligazione non può che essere assoluta e obbiettiva. D’altra parte l’art. 1218 c.c. contiene un solo modo con cui l’inadempimento si manifesta: quello costituito dalla impossibilità sopravvenuta della prestazione. Occorre dunque diversificare le ipotesi di inadempimento. a) Vi sono delle ipotesi in cui la impossibilità del debitore per inadempimento nasce quasi esclusivamente in caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione. Sono i casi di obbligazione di trasferire o consegnare una cosa determinata. Esistono norme speciali che ripetono il contenuto dell’art. 1218 e norme che, pur riferendosi a tale norma, aggravano la posizione del debitore imponendogli la prova dello specifico avvenimento che ha reso impossibile la prestazione. Si pensi ai seguenti articoli: 1693 trasporto, 1784 albergatore, 1787 magazzini generali; 422 trasporto marittimo, 951 trasporto aereo, 1681 trasporto terrestre. A ben vedere il sistema fondato nell’art. 1218 riesce solo a regolare l’obbligo del debitore di impedire la sopravvenuta impossibilità della prestazione. b) In altri casi, l’inadempimento si manifesta in una inazione del debitore o in una azione non idonea a soddisfare integralmente l’interesse del creditore. In queste ipotesi, la regolamentazione dell’inadempimento viene data attraverso l’indicazione dello sforzo che il debitore è tenuto a compiere. Come nell’art. 1218 è sancita la regola intesa a disciplinare l’obbligo di conservare la possibilità dell’adempimento, anche l’obbligo di soddisfare gli altri interessi del creditore diversi dalla conservazione della possibilità è disciplinato attraverso l’imposizione di una regola di condotta ( art. 1175 e 1176 c.c.) c) Vi sono norme nelle quali la legge impone esplicitamente l’uso di una certa diligenza prevista in astratto o in concreto, come nel caso del mandato della gestione d’affari o del trasporto di persone. La dottrina successiva approfondisce e conferma tale impostazione. 3. L’interpretazione dell’art. 1218 nella dottrina e giurisprudenza attuale. Si ribadisce che il criterio di imputazione è da sempre discusso in dottrina, divisa fra la priorità della colpa e forme di responsabilità oggettiva, e si reputa un metodo puramente esegetico inadeguato. La lettera degli articoli 1218, 1176, 1375 non porta ad risultato semplice e univoco ed è inopportuna “ la ricerca di un criterio riassuntivo e unitario di responsabilità dove la varietà delle programmazioni e finalità contrattuali suggerisce l’idea che il criterio debba essere in qualche misura articolato”17 Lo stesso codice civile nelle discipline di settore tiene conto degli interessi delle parti, della finalità del contratto e dell’efficienza economica della disciplina legale. E’ sufficiente qui un elenco delle disposizioni più significative. L’art. 1474 e gli obblighi del venditore; 1477 e la consegna della cosa nello stato in cui si trova al momento della vendita; 1478 sulla vendita di cosa altrui; 1480 e la garanzia per evizione; 1490 e 17 P. Trimarchi, , in Riv. dir.civ. 2008, 3, p. 341 ss. Id., Il contratto: inadempimento e rimedi, Milano, Giuffrè, 2010 10
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