ebook img

La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti PDF

507 Pages·2013·2.89 MB·Italian
Save to my drive
Quick download
Download
Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.

Preview La guerra fredda culturale. La CIA e il mondo delle lettere e delle arti

Ladri di Biblioteche Questo ebook è stato condiviso per celebrare il Centenario della Rivoluzione russa 1917-2017 Le terre/Interventi 89 I edizione digitale: luglio 2013 © 1999 Frances Stonor Saunders Pubblicato per la prima volta nel Regno Unito da Granta Books © 2004 Fazi Editore srl Via Isonzo 42, Roma Tutti i diritti riservati Titolo originale: Who Paid the Piper? The CIA and the Cultural Cold War Traduzione dall’inglese di Silvio Calzavarini Grafica di copertina: Maurizio Ceccato ISBN: 978-88-7625-346-1 www.fazieditore.it www.facebook.com/fazieditorepaginafan @FaziEditore www.youtube.com/EditoreFazi Google plus Fazi Editore Frances Stonor Saunders LA GUERRA FREDDA CULTURALE LA CIA E IL MONDO DELLE LETTERE E DELLE ARTI prefazione di Giovanni Fasanella traduzione di Silvio Calzavarini El cominciò: «Qual fortuna o destino anzi l’ultimo dì qua giù ti mena; e che è questi che mostra ’l cammino?» «Là su di sopra, in la vita serena» rispuos’io lui, «mi smarri’ in una valle, avanti che l’età mia fosse piena». DANTE, Inferno, XV Poiché viene sussurrato dovunque, so che è un segreto. WILLIAM CONGREVE, Love for Love Prefazione di Giovanni Fasanella D’accordo, chi perde ha sempre torto. E, con il crollo del Muro di Berlino, la storia ha dato il suo inappellabile giudizio: l’Occidente capitalista e democratico era dalla parte della ragione; l’Oriente comunista e totalitario da quella del torto. Si può discutere se il mondo del dopo guerra fredda sia più sicuro o meno. Di certo è più libero. Da questo punto di vista, non c’è che da rallegrarsi per l’esito della lotta che dal 1947 al 1989 ha visto il Bene contrapporsi al Male, se si vuole usare una metafora dell’oltranzismo atlantico. Il Male era distruttivo. E il Bene aveva il diritto-dovere di difendersi. Anche con metodi non ortodossi. Data la natura del pericolo, il fine a volte poteva giustificare i mezzi. Ma fino a che punto? C’era un limite oltre il quale anche il Bene sarebbe passato dalla parte del torto? È la domanda che ispira ogni riga del libro di Frances Stonor Saunders, una poderosa e inconfutabile ricostruzione dei rapporti, durante la guerra fredda, tra la CIA e l’intellighenzia anticomunista dell’Europa occidentale. La risposta non è semplice, anche perché le dimensioni catastrofiche della sconfitta finiscono inevitabilmente per ingigantire le virtù del vincitore. E uno dei meriti dell’autrice è quello di raccontare con dei sani sussulti morali, ma senza mai sconfinare nel moralismo, né cedere alla tentazione del giudizio facile. L’argomento è molto delicato. Anzi, diciamo pure scabroso. Tocca aspetti poco noti, sommersi e persino occulti della nostra storia recente. Sono in gioco molti dei nomi più altisonanti del Novecento, cervelli promossi dal servizio segreto americano per contrastare l’influenza comunista: scrittori e filosofi, scienziati e storici, registi e direttori d’orchestra, attori e critici d’arte, editori e giornalisti che si misero sì al servizio di una causa nobile, ma accettando spesso di “dimezzare” la propria intelligenza. Si può dunque comprendere l’imbarazzo con il quale il libro fu accolto da gran parte della stampa italiana, quando venne pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1999 e, l’anno dopo, negli Stati Uniti. Ci fu chi lo ignorò. E chi, non potendolo ignorare, ne disinnescò il potenziale esplosivo accusandolo di puritanesimo. Da noi capita che siano proprio intellettuali e giornalisti a far scattare meccanismi di rigetto, ogni volta che si tocca un nervo scoperto del nostro recente passato, e in particolare quando quel nervo è il rapporto tra intelligence e intellighenzia. Succede da alcuni decenni, da quando a metà degli anni Sessanta il «New York Times» pubblicò le prime rivelazioni sui finanziamenti del servizio segreto americano ad alcune prestigiose riviste letterarie europee. «Dicerie», «porcate dietrologiche», «fantasie complottarde», «fantapolitica»... Così, su tasselli fondamentali per decifrare e ricostruire la storia del dopoguerra, è calato un velo impenetrabile, che resiste ben oltre la caduta del Muro. Ma ora il saggio della Saunders arriva finalmente anche in Italia. E il lettore potrà finalmente farsene un’idea, senza la mediazione di un giornalismo a volte più preoccupato di sovrapporsi ai fatti, o di occultarli, che di raccontarli. Qualcuno, a ragione, ha definito questo libro la prima cronaca del complotto più misterioso e meno raccontato della storia. Quel complotto aveva il nome in codice di “packet”. Ed era il programma segreto di guerra psicologica della CIA, varato con grande dispiegamento di mezzi e forze per «vincere senza combattere la terza guerra mondiale»: lo scontro con un nemico brutale all’interno dei propri confini, subdolo e insinuante all’esterno, capace di utilizzare con la stessa disinvoltura i carri armati e la propaganda più raffinata (occorrerebbe un libro analogo a quello della Saunders per documentare la guerra fredda culturale del KGB). Uno degli ispiratori di “packet” era Frank Lindsay, il veterano dell’OSS (il servizio di informazione USA durante il secondo conflitto mondiale) che tra il 1949 e il 1951 aveva organizzato in Europa la rete di stay behind, Gladio. E la punta di lancia del programma segreto era il Congresso per la libertà della cultura, un’internazionale di cervelli nata a Berlino nel 1950 come reazione alle marce dei Partigiani della pace ispirate da Mosca. Attivo in molti paesi almeno fino al 1967 attraverso una serie di rinomate riviste letterarie («Encounter» in Inghilterra, «Der Monat» in Germania, «Preuves» in Francia, «Tempo Presente» in Italia), il Congresso raccoglieva uomini di cultura in gran parte di estrazione liberaldemocratica o radicale, di sinistra non marxista o ex comunisti delusi dallo stalinismo. Il lettore rimarrà impressionato dai nomi in cui si imbatterà scorrendo le pagine della Saunders: da Bertrand Russell a John Dewey e Karl Jaspers, da Raymond Aron ad Arthur Koestler. E, fra gli italiani: Benedetto Croce e Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte e Guido Piovene, Altiero Spinelli e Carlo Levi, Italo Calvino e Vasco Pratolini. Alcuni di loro certamente sapevano che il Congresso era una creatura della CIA. Altri lo intuivano, ma preferivano non approfondire. Altri ancora, probabilmente, ne erano ignari. In ogni caso, tutti erano fortemente motivati dal fine. Ma, come si diceva, il Congresso per la libertà della cultura era soltanto la punta di lancia, la facciata nobile dell’operazione. Il merito principale di questo libro è quello di farci vedere, per la prima volta e con estrema chiarezza, che cosa c’era dietro. C’era una rete occulta costituita da privati e gruppi di amici che agivano sotto la copertura di fondazioni filantropiche e istituzioni varie. “Il consorzio”, come veniva chiamato. Uomini d’affari, avvocati, diplomatici, politici, dirigenti d’imprese di pubblicità, magnati della stampa e sindacalisti, molti dei quali, durante il secondo conflitto mondiale, avevano servito il governo americano nell’OSS, uffici della propaganda e della guerra psicologica. Era, in gran parte, la crema liberal e progressista della classe dirigente americana, selezionata dalla CIA nelle famiglie aristocratiche della costa orientale e nelle università più prestigiose (Harvard e Yale, Princeton e Columbia) dell’Ivy League, la mitica ‘Lega dell’edera’. La loro, scrive la Saunders, «È una storia occulta, in quanto crede nell’importanza delle relazioni personali, dei legami e delle connivenze “deboli”, nella rilevanza della diplomazia dei salotti e della politica di corridoio». Il ritratto che ne emerge è quello di una super lobby di sinistra fortemente impregnata di esoterismo, dove si respirava la «tipica atmosfera di un ordine come i Templari», secondo la stessa testimonianza di uno di loro. È un affresco spiazzante rispetto alla vulgata che, almeno in Italia, ha sempre rappresentato l’anticomunismo organizzato e occulto, che noi abbiamo conosciuto quasi esclusivamente nelle versioni della P2 e di Gladio, come il prodotto dell’ossessione di un oltranzismo atlantico golpista e antidemocratico. Quelli del consorzio, osserva la Saunders, erano un gruppo «di sofisticati anglofili che trovavano ragioni ai loro comportamenti nella tradizione dell’Illuminismo e nei principi racchiusi nella Dichiarazione d’Indipendenza». Erano «gli eletti che non erano stati eletti. [...] L’élite che decideva la politica estera statunitense e le linee della legislazione interna. Dai comitati di cervelli fino alle fondazioni, dai consigli di amministrazione fino ai club per gentiluomini, questi mandarini erano collegati tra di loro sia dalle loro appartenenze sia dalla fiducia condivisa nella propria superiorità». La stessa aristocratica convinzione che ebbe modo di esprimere, all’epoca del piano Marshall, Jean Cocteau. Gran maestro del Priorato di Sion, setta segreta europea che molti fili collegano agli ambienti del consorzio, lo scrittore e drammaturgo francese sosteneva che l’America «non sarebbe stata salvata dalle armi, né dal

See more

The list of books you might like

Most books are stored in the elastic cloud where traffic is expensive. For this reason, we have a limit on daily download.