La presente pubblicazione è stata realizzata con il sostegno di (U FONDAZIONE CUP CASSA DI USFAIIMIO DI UDINE t fOADINONl Consorzio Universitario del Friuli In copertina Sergej Ejzenstejn con Jean-Georges Auriol Sergej Ejzenstejn durante le riprese di Qué viva Mexico! (1930-31) Progetto grafico della copertina cdm associati ^jts Università degli studi di Udine © FORUM 2009 Editrice Universitaria Udinese srl Via Palladio, 8 - 33100 Udine Tel. 0432 26001 / Fax 0432 296756 www.forumeditrice.it ISBN 978-88-8420-531-5 A CURA DI FRANCESCO PITASSIO LA FORMA DELLA MEMORIA MEMORIALISTICA, ESTETICA, CINEMA NELL’OPERA DI SERGEJ EJZENSTEJN FORUM Indice Francesco Pitassio Introduzione pag. 7 Storia e autobiografia Vittorio Strada Cinema, storia, mito. Biografia e autobiografia di un regista < » 15 Maria Ferretti Memoria pubblica e costruzione dell’identità collettiva nell’Urss degli anni Trenta: /’Aleksandr Nevskij » 23 La teoria della memoria Leonardo Quaresima Le forbici della teoria » 61 Ornella Calvarese Le Memorie di Ejzenstejn, o del montaggio come stile » 77 Raffaella Faggionato Riflessi dell’estetica dello ziznetvorcestvo di Nikolaj Fedorov nella concezione dell’arte di Ejzenstejn » 87 Alessia Cervini Per una filosofia della memoria. Una lettura di Metod fra scienze naturali e storiche » 109 6 INDICE Antonio Somaini La colonna verticale della storia. Ejzenstejn e la cultura messicana » 121 Daniele Dottorini Nachleben. Tempo, storia e memoria delle immagini » 147 La messa in scena della memoria Andrea Lena Corritore La rivoluzione con gli occhi di un primitivo: Ottobre di Sergej Ejzenstejn » 161 Dunja Dogo Per una memoria del l917. Le versioni di Ejzenstejn e Sub » 177 I documenti della memoria Sergej Michajlovic Ejzenstejn Le cinque epoche (a proposito della realizzazione del film La linea generale) » 193 Naum Klejman Nota a ‘Le cinque epoche’ » 201 I ntroduzione Vede così il nostro occhio solo quando lo guida la passione. E la passione che col suo bagliore illumina l’oggetto e lo mette in evidenza. B. Pasternak Fare ritorno a Sergej Michajlovic Ejzenstejn è ancora una operazione cul turale necessaria, o utile? Interrogare la sua opera per lungo tempo così presente può oggi condurre a risultati inattesi, o addirittura inediti? Gli ultimi decenni hanno assistito a un interesse rinnovato per l’opera del regista sovietico, non più vincolato ai lacciuoli della realizzazione di un epos politico configurato nei testi o a essi traslato, né alla esemplare manifestazio ne di una presunta e chimerica grammatica cinematografica. Il progressivo ac cesso all'opera teorica di Ejzenstejn, in virtù dell’impegno certosino e appas sionato di studiosi quali Naum Klejman e Pietro Montani, ha consentito un confronto diretto con il laboratorio teorico del cineasta e la ricostruzione filo logica della genesi di un pensiero di straordinaria vivacità, troppo spesso reifi cato in alcune fortunate formulazioni. Per certi versi, i tempi più recenti hanno visto un declino dell'opera cine matografica di Ejzenstejn, cristallizzata nella parodia o in riletture geniali, o metabolizzata in forme audiovisive ad ampia diffusione e rapida digestione1. Mentre altri cineasti e altri fenomeni sono occasione di collazioni e restauri, il cinema di Ejzenstejn pare consegnato una volta per tutte a un fastidio attuale, esito di una sovraesposizione precedente. Accanto a questa inopinata deca denza, la produzione teorica si è rivelata una miniera di eccezionale ricchezza, pronta a pagare i propri dividendi anche oggi. La curiosità onnivora di Ej- 1 1 Lo segnalava già anni fa J. Aumont, ‘Rileggere Ejzenstejn: il teorico, lo scrittore’, in S.M. EjzenStejn, 7/ montaggio, a cura di P. Montani (Venezia: Marsilio, 1986). 8 FRANCESCO PITASSIO zenstejn, l'attenzione alla speculazione coeva, la capacità di dialogo con le pun te più avanzate della cultura europea del primo Novecento fondano la varietà della sua riflessione: altrimenti, come spiegare la passione per la zootecnia o la biologia sperimentale dimostrate dal futuro regista di La linea generale, nel l'articolo ‘Cinque epoche’ qui pubblicato per la prima volta, dopo la sua appa rizione sulla Pravda nel 1926? La preziosa nota esplicativa del testo, redatta appositamente da Naum Klejman, dipana i molti fili di una fitta trama, capaci di far tessere a Ejzenstejn una riflessione di eccezionale ricchezza. L’attenzio ne rinnovata nella seconda metà del secolo scorso per i processi e le modalità di significazione, l’efficacia comunicativa, le forme testuali hanno trovato un inatteso interlocutore in Ejzenstejn , nella ricerca di una soluzione al Problema fondamentale dell'unificazione e della connessione globale delle for me, il problema del principio di organizzazione che presiede a tutte le opera zioni locali di produzione di significati e di sensi. Questo principio, dice Ej zenstejn, non può che coincidere con l'organizzazione del pensiero per mezzo delle forme che lo manifestano, e quindi non è qualcosa che preesiste all'opera, ma qualcosa che letteralmente ‘è in opera'2. Un pensiero direttamente implicato con le immagini, coessenziale a esse3. Ma anche capace di forzarne sempre i limiti, per tendere verso una rispettiva eccedenza sintonica con gli sviluppi della riflessione post-strutturalista4. Ej zenstejn merita indubbiamente di essere anche considerato alla luce delle sue letture: una operazione in parte compiuta attraverso i suoi testi pubblicati o so lo manoscritti; in altra difficoltosa, per lo smembramento della sua biblioteca, mai interamente ricomposta in «un'unità nuova, sotto il segno di un’altra, su periore qualità»5. Ma la sua riflessione e la sua opera cinematografica richie 2 P. Montani, ‘Introduzione’, in S.M. EjzenStejn, La natura non indifferente, a cura di P. Montani (Venezia: Marsilio, 19923), p. XXIV. 3 Si veda, tra gli altri, G. Deleuze, Cinema 2. L’Image-temps (Paris: Minuit, 1985) (trad, it.: L’immagine-tempo [Milano: Ubulibri, 1989], pp. 175-183). 4 Per una rilettura di Ejzenstejn alla luce di Foucault, si veda: M.-C. Ropars-Wuilleumier, ‘Rileggere Ejzenstejn: il montaggio in espansione e la pensée du dehors', in P. Montani (a cura di), Sergej Ejzenstejn: oltre il cinema (Pordenone: La biblioteca dell’immagine, 1991). Per una analoga operazione, alla luce del concetto di différance elaborato da Derrida, si ve da B.E. Mayer, ‘Eisenstein y Derrida: montaje, diferancia, sinergia, metafisica’, Discurso. Ri vista de teoria y analisis, n. 15 (1993); Id., ‘Ejzenstejn: il suono dell'immagine’, Fotogenia, n. 1 (1994). 5 S.M. EjzenStejn, Teoria generale del montaggio, a cura di P. Montani, con un saggio di F. Casetti (Venezia: Marsilio, 19892), p. 227. INTRODUZIONE 9 dono, proprio per le alterne e sempre sintomatiche vicende, pure una valuta zione attraverso le letture di cui sono state oggetto6. In quale maniera si è tramandata la memoria di Ejzenstejn, nel quadro del la cultura cinematografica? Questa potrebbe essere una prima domanda dalla quale muovere, per tracciare un grafico delle trasformazioni degli interrogati vi cogenti, degli ordini di priorità di un ambito specifico della riflessione. In questa cornice, un celebre conflitto degli anni Venti tra il cineasta sovietico e il teorico di origine ungherese Béla Balàlzs, attraverso un’indagine filologica sul le lezioni dei rispettivi interventi può gettare nuova luce sulle fortune concet tuali delle due figure e sulle relazioni tra cultura cinematografica e ideologia. E quel che si prefigge il contributo di Leonardo Quaresima a questo volume. In che modo Ejzenstejn ha partecipato alla edificazione di una memoria collettiva eterodiretta, in Un’Unione Sovietica progressivamente sempre più sottomessa al giogo stalinista? Per un’entità statuale caratterizzata da una vi cenda storica così traumatica, dalle cesure profonde sul piano simbolico e, drammaticamente e semplicemente, demografico7, l'istituzione di una memo ria collettiva, prodotta e veicolata attraverso forme comunicative di massa e funzionale agli apparati di potere, capace di fluidificare e rendere compatibili le transizioni più brutali è fondamentale. Come asserisce nel suo testo Vittorio Strada, Ejzenstejn fu un ‘regista mito-storico’: un autore di opere con l'esplici ta finalità di rappresentare fatti storicamente avvenuti. In questo senso, l'ope ra cinematografica di Ejzenstejn entra in relazione con i saperi costituiti sulle fasi e i momenti tematizzati nei suoi film: storiografici, ideologici e - va da sé - iconografici; collaborando, nello stesso tempo, alla costruzione di una mito logia in funzione del potere politico, ancorché attraverso traiettorie eccentri che. Lo dimostrano pienamente le proposte di Maria Ferretti, Andrea Lena Corritore e Dunja Dogo, aprendo un duplice, fertile fronte di indagine: la col locazione dell’opera cinematografica del regista nel reticolo dei dibattiti coe vi, da un lato; il confronto e il dialogo intrattenuto dal cineasta con la produ zione cinematografica a lui contemporanea, troppo spesso negletta dinanzi a una figura così ricca e problematica quale quella di Ejzenstejn. o semplificata in opposizioni poco produttive8. La questione della memoria interessa anche un genere praticato altrettan- 6 La proposta pionieristica è stata fatta da F. Casetti/I tre Ejzenstejn. Sul modo in cui è sta to letto Ejzenstejn teorico’, in Sergej Ejzenstejn: oltre il cinema... cit. 7 Si veda A. Graziosi. Storia dell’URSS di Lenin e Stalin (Bologna: Il Mulino, 2007). 8 Ejzenstejn vs. Balàzs, o Ejzenstejn vs. Vertov, o ancora Ejzenstejn vs. Kulesov sono alcune, celebri, possibili sfide. Del confronto con il creatore dei Kinoki dà ampio conto Y. Tsivian (a cura di), Lines of Resistance. Dziga Vertov and the Twenties (Pordenone: Le Giornate del Cinema Muto, 2004). Di quello con Kulesov rende conto un articolo inedito del cineasta e 10 FRANCESCO PITASSIO to personalmente dal regista e teorico: l’autobiografia, ovvero il racconto del proprio io a partire da un atto di rammemorazione. Narrazione fattuale o trap pola per i lettori? Specchio posto dinanzi a sé o riflesso deformato a uso e con sumo altrui9? Nelle condizioni drammatiche dell’Unione Sovietica tra gli anni Trenta e Quaranta, persino lo spazio della scrittura privata era sottoposto a un regime di sorveglianza; in questo caso, un vincolo imposto dallo stesso autore, per salvaguardarsi. Le Memorie10 di Ejzenstejn, stese alla soglia della morte, recano lo stigma di questa imposizione, nelle rimozioni di nomi, figure e vi cende letteralmente indicibili; o nella proiezione espressionistica di eventi troppo dolorosi per essere del tutto obliterati - su tutti, la definitiva condanna politica del maestro Mejerchol'd. con le sue abominevoli conseguenze. Allo stesso tempo, il vincolo diviene per Ejzenstejn scrittore e teorico del montag gio un principio compositivo e costruttivo, uno strumento di organizzazione della memoria e di formazione di un’immagine dell’io dotata di una forza au tonoma, indipendente dalla sola rappresentazione dei fatti. Questa l’ipotesi a fondamento del saggio di Ornella Calvarese. Non siamo tuttavia i primi a riflettere sulla memoria in Ejzenstejn. Vi ave va pensato... Ejzenstejn! La questione di una memoria ontogenetica e filoge netica, e la costituzione di un pensiero permanente nella psiche ma proprio a uno stadio di sviluppo e civilizzazione antecedenti - il pensiero ‘pralogico’ nel la traduzione di Montani - pervadono i suoi scritti dalla metà degli anni Tren ta alla morte, ora raccolti in Metodxx. Si tratta della ricerca di un principio for male capace di recare in sé il senso del suo atto costruttivo - la sua memoria, l'accordo tra gesto e materiale capace di produrlo12. Per questo motivo, come documentano i lavori di Raffaella Faggionato e Alessia Cervini, la teoria di Ej zenstejn partecipa o dialoga con una più ampia area di riflessione, interessata al tema della memoria, da Fèdorov a Engels, da Vygotskij a Freud. Ma allo stesso tempo, la questione di una sopravvivenza immaginifica, di una capacità di associazione iconica è per Ejzenstejn un problema formale e costruttivo, un un saggio recentemente pubblicati: S.M. EjzenStejn, ‘Rayon et Gnòle (Essai de définition de la carence idéologique dans la forme)’ (1925), CiNéMAS. Eisenstein dans le texte, a cura di E Albera, n. 2-3 (2001); M. Iampolski, ‘La sublimation comme formation de la forme. Notes sur un article inédit d’Eisenstein’, ivi. 9 Si veda I. Tassi, Storie dell'io. Aspetti e storie deU’autobiografia (Roma-Bari: Laterza, 2007). Si veda anche la recensione dello studioso alla pubblicazione delle Memorie di Ejzenstejn, Il manifesto (14 marzo 2007). 10 S.M. EjzenStejn, Memorie. La mia arte nella vita, a cura di O. Calvarese (Venezia: Mar silio, 2006). 11 S.M. EjzenStejn, Metod (Moskva: Muzej Kino, 2002). Si veda anche N. Klejman, 'Grund- problem e le peripezie del Metodo’, in Sergej Ejzenstejn: oltre il cinema... cit. 12 P. Montani, ‘Introduzione’... cit. INTRODUZIONE 11 principio tabulare ben distinto dalla memoria come principio storico e narra tivo, e tale da consentire l’associazione tra il suo nome e quello di Aby War burg, e di suggerire l’attualità di entrambi, come proposto da differenti pro spettive nei saggi di Daniele Dottorini e Antonio Somaini. Forse, proprio questa tensione tra un principio sintagmatico e diacronico, e la forza paradigmatica di ogni singola immagine, tra l’efficacia del racconto e il potenziale sensuoso della associazione iconica rivelano il volto bifronte del la memoria di Ejzenstejn. rendendola tanto più attuale oggi, quando la ‘super ficie decorativa’13 pare così univocamente accessibile. Il presente volume non sarebbe potuto esistere senza il contributo diretto e in molti casi appassionato di molte persone e istituzioni. A presente e futura memoria, è più che doveroso ringraziarle. In primo luogo, tutti i partecipanti alla giornata di studi, grazie ai quali in quella sede e nella revisione dei contributi questo libro ha preso oggi forma. Desidero poi ringraziare la collega Rosanna Giaquinta, i cui preziosi sug gerimenti, consigli e concreto aiuto hanno permesso l’organizzazione della giornata di studi. La mia gratitudine a Pietro Montani, per le cortesi e solerti indicazioni, e l’attenzione prestata alla elaborazione della giornata. Un ringraziamento al Dipartimento di Lingue e Civiltà dell’Europa Cen tro-orientale, nelle persone del direttore, Giorgio Ziffer, e della segretaria am ministrativa. Stefania Zimolo. per il sostegno continuo offerto all’iniziativa. Il Corso di Laurea in Mediazione culturale. Lingue dell’Europa Centrale e Orientale è stato il terreno didattico su cui si è delineato il progetto della gior nata di studi; glie ne sono grato, come agli studenti appassionati che hanno se guito i lavori. Ringrazio per la fiducia la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, nella persona della Preside, Antonella Riem Natale. L'attenzione solerte e il contributo diretto di due istituzioni hanno permes so la pubblicazione del volume: al Consorzio Universitario del Friuli, nelle per sone di Giovanni Frau e di Ernesto Liesch, e alla Fondazione CRUP il mio più sincero ringraziamento. Il presente volume non avrebbe questa forma senza la generosità umana e intellettuale di Naum Klejman, Gian Piero Piretto e Antonio Somaini. Grazie a loro esso è più ricco, con un'immagine più completa della memoria. Francesco Pitassio 13 E Jameson, ‘Postmodernism, or the Cultural Logic of Late Capitalism’, New Left Review, n. 146 (1984) (trad, it.: Il postmoderno, o la logica culturale del tardo capitalismo [Milano: Garzanti, 1989], p. 26). C , , . inema storia mito B iografia e autobiografia di un regista Vittorio S*trada Aleksandr Gladkov, uomo di lettere e di teatro che negli anni Trenta col- laborò con Mejerchol'd. sul quale ha lasciato importanti pagine di ricor di, si espresse su Ejzenstejn a mio vedere in termini interessanti, forse per altri aspri. Scrive Gladkov che Ejzenstejn è «la figura più tragica dell’arte sovieti ca», un artista che «alla fine degli anni Venti era intenzionato a fare una ridu zione cinematografica del Capitale di Marx» e «negli anni Quaranta ha esalta to gli ‘zar buoni’ con i più inequivocabili fini politici immediati». L’analisi che Gladkov fa della figura e dell’opera di Ejzenstejn è severa, investendo la ge nerazione degli intellettuali sovietici degli anni Venti, persone «altezzose e iro niche», convinte di possedere la «più progressista concezione del mondo» e «sicure che tutto andasse per il meglio e, nonostante la difficoltà e la furiosa re sistenza del nemico, la vittoria finale fosse scientificamente assicurata» e «tutte le varianti della storia fossero calcolate», una «presunzione», questa, che «si diffondeva su ogni cosa». Sergej Ejzenstejn, continua Gladkov, «apparteneva a questa categoria di persone e, quando essa fu storicamente sterminata a metà degli anni Trenta, egli restò come una sorta di mammut». Seguono poi parole dure nei riguardi del regista: «E possibile definire intelligenti le concezioni di Aleksandr Nevskij e Ivan il Terribile?». Quanto al film Ottobre'. È al livello delle vignette propagandistiche delle Finestre della ROSTA. Tutto ciò è infinitamente inferiore al livello della storia autentica [...] Una persona davvero intelligente non si lascia trasformare in un lacchè dei bisogni di affer mazione di una tirannia. Tale persona avrebbe trovato termini neutrali per ag girare la situazione. Già. ma allora non avrebbe potuto svolgere il ruolo di pri mo regista del cinema sovietico. Storico della cultura russa, Venezia.