E se il Giovane Holden fosse stato una ragazza? In un albergo di New York per sole donne, Esther, diciannovenne di provincia, studentessa brillante, vincitrice di un soggiorno offerto da una rivista di moda, incomincia a sentirsi «come un cavallo da corsa in un mondo senza piste». Intorno a lei, sopra di lei, l'America spietata, borghese e maccartista degli anni Cinquanta, quella della guerra fredda e della caccia alle streghe anticomunista culminata nell'esecuzione dei coniugi Rosenberg. Un mondo alienato, una vera e propria campana di vetro che schiaccia la protagonista sotto la sua presunta protezione, togliendole a poco a poco l'aria. L'alternativa, nel caso di Esther, sarà o abbandonarsi al fascino soave della morte o lasciarsi invadere la mente dalle onde azzurre dell'elettroshock. Nel suo unico e bellissimo romanzo, la poetessa statunitense Sylvia Plath (1932-1963) narra con alto stile e con una semplicità che agghiaccia le insipienze, le crudeltà incoscienti, i tabù assurdi che possono spezzare qualunque adolescenza presa nell'ingranaggio stritolante di una normalità che ignora la poesia. Scaturito direttamente dalla sua esperienza autobiografica, La campana di vetro uscì poco meno di un mese prima del suicidio della Plath, provata dal fallimento del suo matrimonio con il poeta Ted Hughes (autore di Lettere di compleanno, romanzo pubblicato da Mondadori nel 1999 e proprio alla Plath dedicato) ed eletta in seguito, per la sua tragica vicenda di donna divisa tra la prigionia della condizione femminile e l'ardore dell'ispirazione poetica, a simbolo della riflessione femminista.