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introduzione alla teologia PDF

107 Pages·2017·1.31 MB·Italian
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I T NTRODUZIONE ALLA EOLOGIA DISPENSE AD USO DEGLI STUDENTI Sommario Introduzione ............................................................................................................................................ 3 Capitolo I: La teologia nella vita della Chiesa .................................................................................... 8 1. Storia del termine teologia .............................................................................................................. 8 2. Le origini della teologia ................................................................................................................. 9 3. Sviluppo storico della teologia ................................................................................................... 11 3.1 Il periodo patristico ................................................................................................................ 11 3.2 La teologia monastica e la teologia scolastica .................................................................... 15 3.3 L’epoca moderna .................................................................................................................... 19 4. Prospettive e caratteri del lavoro teologico dal Concilio Vaticano I all'epoca contemporanea ......................................................................................................................................... 22 5. Alcune considerazioni sulla teologia a partire dalla sua storia ............................................. 24 Capitolo II: Teologia e Rivelazione ..................................................................................................... 27 1. Dio, soggetto trascendente e personale della teologia ............................................................ 28 2. Estensione dell’oggetto della teologia ....................................................................................... 30 3. Il cristocentrismo della teologia .................................................................................................. 31 4. Rivelazione e Chiesa: la comunità credente come luogo di comprensione della Parola di Dio .............................................................................................................................................................. 33 4.1 La ricezione e la conservazione della Rivelazione ............................................................. 34 4.2 La comprensione e l’attualizzazione della Rivelazione .................................................... 36 Capitolo III: Teologia e fede, aspetti sapienziali ............................................................................... 39 1. Dimensione oggettiva (fides quae) e soggettiva (fides qua) della fede ................................ 40 2. La conoscenza di fede .............................................................................................................. 44 3. Teologia e contemplazione ..................................................................................................... 45 4. Dimensione ecclesiale della teologia ..................................................................................... 46 Capitolo IV: Teologia e linguaggio su Dio ........................................................................................ 49 1. Analogia entis e triplice via tommasiana .................................................................................... 50 2. Rischi e opportunità del parlare di Dio in parole umane ....................................................... 53 3. Quale filosofia è adatta a un linguaggio su Dio? ..................................................................... 56 3.1 Uno sguardo alla storia del rapporto tra teologia e filosofia ........................................... 57 3.2 I requisiti per una filosofia che possa essere strumento adeguato per la teologia ........ 58 Capitolo V: La teologia come scienza: fede e ragione nel lavoro teologico .................................. 61 1. La teologia, scienza della fede .................................................................................................... 61 2. Il rapporto fra la teologia e gli altri ambiti del sapere ............................................................. 64 3. Teologia e scienza ......................................................................................................................... 66 1 Capitolo VI: Le fonti della teologia..................................................................................................... 69 1. Origine comune e unità di Tradizione e Scrittura ................................................................... 69 2. La Sacra Scrittura .......................................................................................................................... 72 2.1 L’ispirazione della Bibbia ...................................................................................................... 72 2.2 L’interpretazione della Bibbia .............................................................................................. 73 3. La Tradizione ................................................................................................................................ 76 3.1 I luoghi della Tradizione ........................................................................................................ 80 3.2 I criteri di riconoscimento della Tradizione ........................................................................ 84 4. Il Magistero .................................................................................................................................... 84 4.1 Il linguaggio impiegato dal Magistero ................................................................................ 86 4.2 Immutabilità e sviluppo del dogma .................................................................................... 88 4.3 Il rapporto fra teologia e Magistero ..................................................................................... 91 Capitolo VII. Il metodo teologico........................................................................................................ 95 1. La struttura del metodo ............................................................................................................... 95 1.1 L’auditus fidei o momento positivo del metodo teologico .................................................... 96 1.2 L’intellectus fidei o momento speculativo del metodo teologico........................................... 97 2. L’attuazione del metodo teologico ........................................................................................... 103 2.1 Considerazioni sulle fonti della teologia .......................................................................... 103 2.2 Elementi che caratterizzano i diversi metodi e approcci ................................................ 104 2.3 Rapporto fra ricerca teologica e autorità del Magistero ................................................. 105 2 INTRODUZIONE L’obiettivo che ci proponiamo nel nostro Corso di Introduzione alla Teologia è quello di acquisire la consapevolezza di come si fa teologia. In altre discipline si possono avere saggi di ciò che è la “teologia in atto”: si affrontano le diverse questioni (di dogmatica, morale, ecclesiologia, e così via) esaminando prima la Scrittura, poi i Padri, il pensiero teologico, il Magistero, e infine svolgendo una riflessione sistematica fino ai confini di ciò che è patrimonio acquisito della fede; poi si accenna alle questioni aperte, che rimangono da approfondire. Lo specifico di questo Corso, invece, è riflettere sulla teologia in sé, sul come si fa teologia e perché: in altre parole rifletteremo sulla natura, sul metodo e sulle fonti dell’attività teologica. Una definizione iniziale di teologia Rivolgendosi ai teologi dell’Università di Salamanca, nel 1982, Giovanni Paolo II così si esprimeva: «La funzione essenziale e specifica del lavoro teologico non è cambiata, né può cambiare. La formulò, già nel secolo XI, sant’Anselmo di Canterbury, con una frase ammirevole per esattezza e densità: “Fides quaerens intellectum”, la fede che cerca l’intelligenza. […]»1. Nel momento iniziale del nostro percorso, la formula coniata da sant’Anselmo ci offre una descrizione semplice e al tempo stesso sufficientemente precisa di ciò che è la teologia, della sua essenza. I diversi aspetti dell’attività teologica verranno illuminati progressivamente lungo il Corso che stiamo incominciando, ma è utile fin da subito avere un’idea di ciò di cui parleremo. Cerchiamo di comprendere la formula anselmiana, concretizzandola: possiamo dire che la teologia è attività di colui che ha fede –il credente– il quale sente il desiderio e la necessità di comprendere meglio ciò che crede (il mistero di Dio, di Cristo, il mistero della propria esistenza in rapporto a Dio e agli altri, ecc), di giungere a una comprensione (intellectus) più chiara e profonda del contenuto della propria fede. In realtà, come vedremo nel seguito, è la Chiesa intera, più che il singolo credente, il “soggetto” che approfondisce la conoscenza della verità in cui crede, il soggetto cioè dell’attività teologica. La teologia dunque è la disciplina (che ha carattere di scienza, come vedremo) grazie alla quale la verità rivelata, accolta nella fede, viene esplicitata, compresa, approfondita ed espressa nel linguaggio umano. L’attività teologica è necessaria poiché la verità che Dio ha manifestato nella rivelazione supera le capacità di comprensione dell’uomo; al tempo stesso, nonostante tale “sproporzione” tra la verità rivelata e le capacità della ragione umana, l’attività teologica è possibile poiché, grazie alla luce della fede, l’uomo è in grado di comprendere, in una certa misura, ciò che ha creduto. Come sintesi delle considerazioni appena svolte leggiamo, nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede Donum Veritatis (1990), un breve ma significativo passaggio: «La verità donata nella rivelazione di Dio sorpassa evidentemente le capacità di conoscenza dell’uomo, ma non si oppone alla ragione umana. […] Anche se la verità rivelata è superiore 1 GIOVANNI PAOLO II, Discorso ai docenti di teologia nella Pontificia Università di Salamanca, 1 novembre 1982. 3 ad ogni nostro dire ed i nostri concetti sono imperfetti di fronte alla sua grandezza ultimamente insondabile (cf. Ef 3, 19), essa invita tuttavia la ragione –dono di Dio fatto per cogliere la verità– ad entrare nella sua luce, diventando così capace di comprendere in una certa misura quanto ha creduto»2. Conviene a questo punto chiarire con qualche esempio quanto abbiamo detto finora: in che senso l’uomo che accoglie con fede il rivelarsi di Dio e l’insieme di verità che Dio comunica, sente il bisogno di comprendere tali verità? Non sono esse evidenti alla ragione? Ci basterà pensare ad alcuni contenuti/verità fondamentali della fede per renderci conto che uno sforzo dell’intelletto è necessariamente richiesto all’uomo nel momento stesso in cui accoglie tali verità.  Nella Professione di fede, noi affermiamo di credere in un solo Dio, Padre onnipotente… in un solo Signore Gesù Cristo… nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita. Credere che il Padre è Signore, come lo è il Figlio e lo Spirito Santo, non “spiega” come ciò possa essere, rimanendo salda la verità che Dio è “uno”. Il credente che vuole rivolgersi a Gesù o al Padre nella preghiera, è spinto a chiedersi con “Chi” sta parlando, Chi è il soggetto a cui si rivolge. La storia dimostra come la riflessione dei credenti, fedeli, teologi e pastori nella Chiesa, abbia gradualmente portato a precisare il significato dei termini impiegati per riferirsi a Dio e alle Persone divine, fino ad esprimere in modo corretto il mistero trinitario, e a ricavarne numerose luci, pur senza riuscire a comprenderlo in modo esaustivo.  L’altro mistero (cioè realtà che supera la nostra capacità di comprensione) principale della fede cristiana è l’incarnazione del Figlio di Dio. Noi confessiamo che Dio si è fatto uomo, è entrato nel tempo, nella finitezza, assumendo la natura umana. Ebbene, anche questa verità interpella la ragione dell’uomo, poiché non riusciamo a comprendere come la grandezza di Dio possa essere “contenuta” entro i limiti e nella debolezza della natura umana. L’espressione perfectus Deus perfectus homo, così piena di luce poiché ci dice che Dio si è veramente fatto l’Emmanuele, il Dio con noi, è al tempo stesso misteriosa, e ci stimola ad addentrarci per quanto possibile nel mistero della Persona di Gesù.  Potremmo continuare con gli esempi. Quale rapporto esiste tra Dio e il cristiano: cosa significa che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5, 1-5) o, in altri termini, che Dio “inabita” nell’anima in grazia? In che senso la Madre di Dio è anche “madre” di ogni cristiano? Cosa significa che Cristo è realmente presente nell’Eucaristia? Qual è il contenuto dell’articolo di fede sulla risurrezione dei morti e sulla vita del mondo che verrà? Cosa intendiamo quando crediamo che la Chiesa è “corpo di Cristo”, «sacramento… dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»3, o quando ne affermiamo l’unità e la santità? Negli esempi proposti, e in tutti quelli che possiamo pensare, è evidente la necessità che alla fede si accompagni una riflessione razionale. In questo momento iniziale del nostro percorso ci basterà dire che tale necessità ha una duplice motivazione: la prima è il semplice fatto che i 2 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Istruzione Donum Veritatis, sulla vocazione ecclesiale del teologo (1990), nn. 1 e 6. 3 CONCILIO VATICANO II, Cost. Dogm. Lumen Gentium, n. 1. 4 contenuti delle diverse verità di fede (la Trinità, l’incarnazione, l’Eucaristia, ecc) non sono evidenti e comprensibili di per sé, per cui richiedono uno sforzo di penetrazione intellettuale. La seconda motivazione è invece un’esigenza del cuore dell’uomo che crede: le verità credute per fede sono verità che riguardano da vicino l’uomo, rivelano il suo rapporto con il Dio che lo ha creato e che lo invita alla comunione con Sé, gli svelano il senso della vita e gli indicano il modo pienamente umano di vivere ora e in vista dell’eternità. Per questo il credente sente la spinta a comprendere, per quanto gli è possibile, la Parola di Dio a cui crede, in quanto si tratta per lui di «parole di vita eterna»4. Coordinate fondamentali Prima di concludere questa introduzione è utile esporre brevemente tre punti fondamentali, che riceveranno più ampia trattazione nel seguito, ma che costituiscono come tre coordinate che orienteranno il nostro percorso. Ci sembra che sia proficuo, per chi si accosta alla teologia, averle presenti fin da subito, con l’idea di comprenderle e approfondirle criticamente con l’avanzare nello studio. 1. Rapporto fra teologia e Rivelazione Il contenuto centrale della fede cristiana è Dio stesso e il suo agire salvifico nei confronti dell’uomo. Proprio per questo l’attività di studio e di approfondimento razionale della fede ha preso, nel corso della storia della Chiesa, il nome di teologia, cioè discorso (lógos) su Dio (Theós)5. Ebbene, ciò che Dio è in Se stesso e il mistero della sua volontà nei confronti dell’uomo non sarebbe conoscibile se Egli non si fosse rivelato6. Pertanto il rapporto fra teologia e Rivelazione è fondamentale e imprescindibile: «il teologo perciò deve sempre far ricorso alla Rivelazione per verificare su di essa i risultati della sua ricerca. Il Dio di cui parla non è quello di una dotta costruzione filosofica, è il Dio vivente e vero che ha operato la nostra salvezza tramite Gesù Cristo»7. La teologia cristiana nasce fondamentalmente come risposta credente alla Rivelazione e non come sforzo umano di elevarsi a Dio: è riflessione sulla verità rivelata da Dio e accolta nella fede8. Ciò significa che, sebbene essa possa e debba avvalersi degli apporti di altre discipline e di altre fonti di conoscenza (filosofia, storia, scienze, ecc), il suo essenziale punto di riferimento rimane la Rivelazione, ricevuta e custodita dalla Chiesa. 2. Rapporto fra teologia e Chiesa La Rivelazione non è avvenuta semplicemente a beneficio di singoli individui nel corso della storia. Fin dal suo rivelarsi ad Abramo, Dio ha inteso costituire un popolo attraverso cui la sua 4 Cfr. Gv 6, 68. 5 Più avanti daremo qualche cenno sull’evoluzione linguistica che ha condotto all’affermarsi del termine teologia per designare la nostra disciplina. 6 «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelarsi in persona e manifestare il mistero della sua volontà (cfr. Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura (cfr. Ef 2,18; 2 Pt 1,4)». CONCILIO VATICANO II, Cost. Dogm. Dei Verbum, n. 2; cfr. anche n. 6. 7 J.-P. TORRELL, La teologia cattolica, Jaca Book, Milano 1998, 15. 8 Questo è anche uno dei caratteri distintivi della teologia cristiana rispetto ad altre tradizioni religiose o di pensiero. 5 benedizione avrebbe raggiunto tutte le genti. Nella memoria di questo popolo è possibile «ripercorrere le tappe di un lungo cammino in cui Dio si fa conoscere, si rivela, entra nella storia con parole e con azioni»9. L’accoglienza e la comprensione della Rivelazione di Dio come tale (cioè il riconoscimento che certe parole e certe opere erano autentiche manifestazioni di Dio) sono avvenute in seno al popolo di Dio, alla comunità credente. Se tutto ciò è vero già per l’Israele dell’Antico Testamento, lo è con ancor maggiore evidenza per la Chiesa, il Nuovo Israele: dai suoi apostoli, Cristo, Verbo incarnato, si è fatto conoscere10 e ha affidato loro il compito –con la garanzia dell’assistenza dello Spirito di verità11– di annunciare a tutte le genti il Vangelo, pienezza della Rivelazione. In altre parole, Dio ha consegnato la Rivelazione, la sua memoria e la missione di farla conoscere in ogni luogo e in ogni tempo, alla Chiesa. «La Parola di Dio, il Vangelo, è un dono fatto direttamente da Cristo alla sua Chiesa e, solo mediante la Chiesa, ai singoli credenti. Perciò il soggetto primario e principale della Parola di Dio è la Chiesa stessa»12. Ciò significa che la teologia, in quanto riflessione che verte sulla Rivelazione accolta con fede, è propriamente un’attività della Chiesa in quanto popolo di Dio. E che il sentire cum Ecclesia è per il teologo una delle condizioni necessarie per contribuire ad un autentico progresso teologico. A tale conclusione porta anche la considerazione che la fede del singolo cristiano non è neppure essa qualcosa di “privato”, ma nasce e si nutre della relazione con la comunità dei credenti che è la Chiesa. «Non posso costruire la mia fede personale in un dialogo privato con Gesù, perché la fede mi viene donata da Dio attraverso una comunità credente che è la Chiesa. […] può essere la mia fede, solo se vive e si muove nel “noi” della Chiesa, solo se è la nostra fede, la comune fede dell’unica Chiesa»13. Pertanto, «come riflessione nata da questa fede, “la teologia è scienza ecclesiale, perché cresce nella Chiesa e opera nella Chiesa; per questo non è mai compito di uno specialista, isolato in una sorta di torre di avorio. È al servizio della Chiesa, e, pertanto, deve sentirsi dinamicamente integrata nella missione della Chiesa, specialmente nella sua missione profetica”»14. 3. Rapporto fra teologia e vita cristiana Il Vangelo è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1, 16). Il contenuto della Rivelazione, che possiamo anche designare come Vangelo, non è semplicemente una dottrina, una 9 BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 16 gennaio 2013. La Dei Verbum (n. 14) così si esprime: «Iddio, progettando e preparando nella sollecitudine del suo grande amore la salvezza del genere umano, si scelse con singolare disegno un popolo al quale affidare le promesse. Infatti, mediante l’alleanza stretta con Abramo (cfr. Gn 15,18), e per mezzo di Mosè col popolo d’Israele (cfr. Es 24,8), egli si rivelò, in parole e in atti, al popolo che così s’era acquistato come l’unico Dio vivo e vero, in modo tale che Israele sperimentasse quale fosse il piano di Dio con gli uomini e, parlando Dio stesso per bocca dei profeti, lo comprendesse con sempre maggiore profondità e chiarezza e lo facesse conoscere con maggiore ampiezza alle genti (cfr. Sal 21,28-29; 95,1-3; Is 2,1-4; Ger 3,17)». 10 Cfr. tra i numerosi passi, Gv 14, 8-11; 15, 15. 11 Cfr. Gv 15, 26-27; 16, 12-14. 12 B. MONDIN, Introduzione alla teologia, Massimo, Milano 19912, 15. 13 BENEDETTO XVI, Udienza Generale, 31 ottobre 2012. 14 GIOVANNI PAOLO II, Discorso alla Pontificia Università Gregoriana, 6 dicembre 1979. 6 teoria da conoscere, ma anche, inseparabilmente, fonte di vita nuova. Diventare cristiani significa infatti un vero e proprio nascere di nuovo (S. Paolo), per essere una sola cosa con Cristo, nel modo di pensare e di sentire: «bisogna… unirsi a Lui mediante la fede, lasciando che la sua vita si manifesti in noi a tal punto che di ogni cristiano si possa dire non solo che è alter Christus, un altro Cristo, ma ipse Christus, lo stesso Cristo»15. Tra conoscenza del Vangelo e vita cristiana si ha una certa circolarità: si deve conoscere il Vangelo per viverlo, ed è vivendolo che lo si può comprendere sempre di più. Vale per ogni cristiano la bella espressione di von Balthasar a proposito della Chiesa: «se la Chiesa capisce, è santa, e reciprocamente, nella misura in cui è santa, essa intende»16. Per la teologia, ciò ha profonde conseguenze. L’attività teologica non può essere disgiunta da una autentica vita di fede. Non è necessario approfondire ora questo punto, su cui torneremo più avanti. Ci basta per ora tenere presente che «la fede e la contemplazione appartengono pertanto allo statuto epistemologico della teologia»17 e che, d’altra parte, la teologia può e deve alimentare nel teologo (e nello studente di teologia) la fede e la contemplazione, il desiderio di santità. Ad ogni cristiano che intenda prendere sul serio la propria vocazione cristiana, san Josemaría Escrivá suggeriva: «Pietà di bambini, dunque; ma non ignoranti, perché ognuno deve impegnarsi, nella misura delle sue possibilità, nello studio serio e scientifico della fede: la teologia non è altro che questo. Pietà di bambini — ripeto — e dottrina sicura di teologi»18. Ci auguriamo che tali parole possano illuminare il cammino di tutti coloro che si dedicano con serietà e passione allo studio o alla ricerca teologica. Abbiamo formulato un’idea preliminare di cosa significhi fare teologia e fornito alcune coordinate fondamentali. Si tratta adesso di affrontare in modo organico e con più profondità le questioni principali che riguardano la disciplina teologica: qual è l’oggetto di studio della teologia? Quali sono i principi alla luce dei quali la teologia si sviluppa, in altri termini qual è il suo metodo? Quali sono le fonti della ricerca teologica? Questi ed altri sono gli aspetti che approfondiremo lungo il Corso, e che ci permetteranno di comprendere più a fondo l’essenza e il compito della teologia. Prima di sviluppare però i diversi temi in modo sistematico, ci sembra utile dirigere uno sguardo alla storia, per vedere come l’attività teologica ha preso forma nella Chiesa, a partire dai suoi albori. Tale prospettiva ci permetterà di cogliere –attraverso la vita stessa della Chiesa– i caratteri fondamentali del fare teologia, per poi esaminarli in modo riflesso e sistematico. 15 J. ESCRIVÁ, È Gesù che passa (1973), Ares, Milano 2003, n. 104. 16 H. U. VON BALTHASAR, Teologia e santità, in Verbum Caro, Morcelliana, Brescia 19854, 222. 17 G. TANZELLA-NITTI, Lezioni di Teologia Fondamentale, Aracne, Roma 2007, 6. 18 J. ESCRIVÁ, È Gesù che passa, n. 10. 7 CAPITOLO I: LA TEOLOGIA NELLA VITA DELLA CHIESA Se si vuole comprendere cosa sia la teologia non è sufficiente risalire al significato etimologico del temine theologia; non basta neppure ripercorrere l’evoluzione che il significato di tale termine ha avuto nel corso del tempo. Questo è interessante e lo vedremo. Ma è anche necessario cercare di apprendere direttamente dalla vita della Chiesa, dalla sua storia, come la teologia è stata fatta e come è stata compresa. Solo la Chiesa infatti sa che cosa sia la teologia, come si faccia teologia nel senso specifico, cioè cristiano, del termine. È questo il motivo del percorso storico che, seppure per brevissimi accenni, tratteggeremo nel presente capitolo. Abbiamo preso abbondante ispirazione, nella stesura di queste pagine, dal libro di J.-P. Torrel, La teologia cattolica19. 1. STORIA DEL TERMINE TEOLOGIA Etimologicamente, il termine theologia significa discorso, dottrina (lógos) su Dio (Theós). Questo significato però non diverrà specifico che con i cristiani. Presso i greci esso aveva un senso diverso: teologi erano i poeti (Esiodo, Omero, Orfeo) che creavano i miti riguardo agli dei. Teologia era sinonimo di mitologia. Essa aveva, per Platone, un forte valore educativo. Anche Aristotele ne parla negli stessi termini, tranne in un caso, in cui con il vocabolo theologia designa la parte della metafisica che tratta di Dio20. Presso gli stoici troviamo una distinzione chiara fra tre tipi di teologia: quella mitica, propria dei poeti; quella fisica, che elaborano i filosofi nel loro studio della natura; quella civile o politica, il cui luogo era il culto pubblico reso alle divinità. Con il neoplatonismo, il significato prevalente diviene quello filosofico, senza riferimento ad alcuna rivelazione soprannaturale da parte della divinità. Il termine teologia non è presente nella Bibbia, e nemmeno nelle opere dei Padri apostolici. Solo con molte cautele è entrato nel vocabolario dei cristiani, anche a causa dei possibili malintesi con il significato che esso aveva nella cultura pagana. Il suo senso diverrà via via più preciso, distinguendosi dall’uso pagano, nelle opere dei Padri greci, molto prima che nei Padri latini. Per Clemente di Alessandria (II secolo) il termine theologia significa conoscenza delle cose divine (in senso cristiano); Origene lo distingue con cura dall’uso pagano dicendo che la teologia è “una dottrina su Dio degna di Dio”; Eusebio di Cesarea (260 c.-339) intitola Teologia ecclesiastica una sua opera. Egli distingue fra theologia propriamente detta e oikonomia (economia). Il termine economia designa l’agire di Dio nella storia per venire incontro all’uomo e salvarlo. Secondo tale distinzione, che diverrà classica in Oriente anche grazie all’influenza dei Padri Cappadoci, la teologia si occupa propriamente del mistero di Dio in senso stretto –di Dio Trinità– astraendo dal suo intervento nella storia, mentre l’economia comprende tutte le sue opere ad extra, quelle che costituiscono la storia della salvezza, e in particolare l’incarnazione che ne è il culmine. In Occidente, tra i Padri latini, l’unico significato conosciuto del termine theologia rimase, per molti secoli, quello pagano. Sarà Abelardo (1079-1142) ad introdurlo nell’ambito delle scuole cristiane. Inizialmente veniva usato con un duplice significato: come conoscenza di Dio distinta 19 J.-P. TORRELL, La teologia cattolica, Milano 1998. 20 Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, Libro E (sesto), 1026 a 19. 8 dall’economia, oppure semplicemente come discorso su Dio, che è il senso attuale del termine. Dopo Abelardo il vocabolo theologia verrà usato comunemente dai teologi, insieme ad altri già diffusi, come sacra doctrina o sacra pagina. 2. LE ORIGINI DELLA TEOLOGIA In un certo senso l’atteggiamento teologico è presente da sempre, sia nella Chiesa considerata nel suo insieme, sia nella vita dei singoli credenti. Infatti accogliere con fede una verità rivelata, porta sempre con sé anche la spinta alla riflessione per comprendere meglio ciò che si crede, e tale atto riflesso è già un fare teologia. Qui ci occuperemo di delineare, con brevi cenni, le origini dell’attività teologica vera e propria in seno alla Chiesa dei primi secoli. La nascita della teologia coincide con la nascita del cristianesimo. Essa infatti fu immediatamente motivata da due esigenze: 1) dalle necessità della trasmissione della fede; 2) dalla necessità di giustificare e difendere la fede nei confronti dei non credenti. Per quanto riguarda la prima esigenza, la diffusione del messaggio cristiano richiedeva innanzitutto l’annuncio del Vangelo a coloro che ancora non lo conoscevano. Il termine greco kérygma (annuncio) indica il contenuto fondamentale del messaggio cristiano proclamato dagli apostoli. Esso può essere enunciato sinteticamente così: «Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio morto per i nostri peccati e risorto dai morti»21. Distinguere all’interno del Vangelo questo contenuto essenziale è già frutto di una riflessione, di un pensiero teologico; tuttavia ciò è molto più evidente nel caso della catechesi. La catechesi22 era l’insegnamento che introduceva più a fondo nella conoscenza della fede i nuovi battezzati: era perciò necessario spiegare la verità rivelata rendendola il più possibile accessibile all’intelligenza dei nuovi cristiani. Anche la giustificazione della fede di fronte ai non credenti esigeva una riflessione adeguata. Il Nuovo Testamento23 stesso mostra già i segni dello sforzo per andare incontro alle esigenze degli interlocutori non cristiani: nei confronti degli appartenenti al popolo ebraico, Paolo si preoccupa di mostrare i fondamenti scritturistici dell’identità divina di Gesù (cfr. At 17, 1-4; At 18, 5) e lo stesso fanno gli evangelisti, soprattutto Matteo, quando mettono in luce il compimento delle profezie dell’AT in Cristo. Nei confronti del mondo ellenico di religione pagana, invece, sono soprattutto gli Atti degli Apostoli a testimoniare l’impegno di preparare l’annuncio di Cristo con argomentazioni adatte alla mentalità degli ascoltatori: si pensi al noto discorso di Paolo all’Areopago di Atene (cfr. At 17, 16- 34), o il riferimento a Dio come creatore per dissuadere i cittadini di Listra dall’offrire un sacrificio in onore di Paolo e Barnaba, scambiati per divinità (cfr. At 14, 8-18). 21 Cfr. At 2, 22-24; At 10, 36-43; 1Cor 15, 3-5. 22 Denominata, negli Atti degli Apostoli, didaché, insegnamento. Cfr. At 2, 42; 15, 35. 23 D’ora in avanti lo indicheremo con NT, mentre l’Antico con AT. 9

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