ANNE PERRY INCUBO A DEVIL'S ACRE (Death In Devil's Acre, 1985) 1 L'agente Withers starnutì mentre il gelido vento di gennaio, salendo dal Tamigi, spazzava il vicolo. Mancavano ancora tre ore all'alba e i lampioni a gas delle strade principali illuminavano a malapena quel luogo deprimente, dove dominava la sporcizia, e confinante con Devil's Acre, all'ombra di Westminster. Starnutì di nuovo. Lo pungeva alla gola l'odore acre del mattatoio, distante una cinquantina di metri, oltre al puzzo dei canali di scolo, di spazzatura stantia e del sudiciume accumulatosi nel corso degli anni. Diamine, era strano... il cancello del cortile era aperto! Non avrebbe dovuto esserlo, non a quell'ora del mattino. Probabilmente non c'era motivo di preoccuparsi: qualche giovane apprendista si era dimenticato di chiuderlo... certi ragazzi erano proprio sbadati. Comunque, era pur sempre un diversivo alla estenuante noia di percorrere gli squallidi marciapiedi. Attraversò la strada e si avvicinò ai freddi locali. Meglio dare un'occhiata all'interno, controllare che tutto fosse in ordine. Mise dentro la testa dal cancello. Regnava il silenzio... soltanto un vecchio ubriaco addormentato sul selciato. Meglio farlo spostare, prima che arrivassero quelli del mattatoio e lo buttassero fuori a calci. Alcuni di loro si divertivano a tormentare i vecchi. - Ehi, paparino - disse a voce alta, chinandosi a scrollare la spalla dell'uomo. - Vattene. Non è posto per te, questo. Com'è che uno si sceglie un posto come questo per farsi una dormita, proprio non lo so! L'uomo non si mosse. - Coraggio, amico! - Lo scrollò con più energia e sollevò la lanterna per vedere meglio. Che il vecchio fosse morto assiderato? Non sarebbe stato certo il primo che l'agente Withers vedeva, e non erano tutti vecchi. Negli inverni rigidi, un sacco di bambini morivano di freddo. La luce illuminò la faccia dell'uomo. Sì, il poveraccio era morto; gli occhi erano spalancati e vitrei. spalancati e vitrei. - Strano - disse Withers a voce alta. - Di solito il freddo li uccide nel sonno. - La sua faccia aveva invece un'espressione sbalordita, come se la morte l'avesse colto di sorpresa. Spostò la lanterna verso il basso. - Dio Onnipotente! - L'inguine e le cosce erano inzuppati di sangue; i pantaloni di lana marrone erano stati squarciati con un coltello e gli organi genitali completamente asportati. Giacevano inservibili tra le ginocchia... sanguinanti, carne irriconoscibile, una massa di polpa scarlatta. La faccia di Withers si coprì di sudore, che gelò all'istante. Ebbe un conato di vomito mentre le gambe prendevano a tremare in maniera incontrollabile. Sant'Iddio, che razza di essere umano era quello capace di fare una cosa del genere a un suo simile? Indietreggiò barcollando e si appoggiò alla parete, chi‐ nando un po' la testa per vincere la nausea. Passarono diversi minuti prima che il cervello gli si snebbiasse abbastanza da poter riflettere sul da farsi. Doveva chiedere aiuto, poco ma sicuro. E andarsene da lì, da quell'obbrobrio disteso a terra. Si raddrizzò, si diresse al cancello e lo richiuse con forza alle spalle, ringraziando il vento tagliente dell'est, anche se portava con sé il gelo del mare. I delitti non erano per niente rari nei brulicanti bassifondi londinesi nell'anno del Signore 1887. Ma un atto di una bestialità simile non gli era mai capitato di vederlo. Doveva trovare un collega da mettere di guardia così poi sarebbe potuto andare a fare il suo rapporto e lasciare che della cosa si occupassero i suoi superiori. Grazie al cielo non era abbastanza anziano da dover risolvere lui quella faccenda! Due ore più tardi l'ispettore Thomas Pitt, reggendo una lanterna, chiuse il cancello del mattatoio e rimase in piedi nel cortile. Abbassò lo sguardo sul cadavere, che era nella stessa posizione in cui l'aveva trovato l'agente. Alla luce grigia del mattino aveva un aspetto grottesco. Pitt si chinò e sollevò la spalla del morto per vedere se sotto c'era qualcosa... magari un'arma, o altre ferite. La sola mutilazione non poteva spiegare il decesso. E un uomo violentato in quel modo orribile non avrebbe tentato di proteggersi in qualche modo... almeno di arrestare la fuoriuscita del sangue? Era un pensiero nauseante, e lo scacciò dalla mente, ignorando il sudore freddo che gli inzuppava la camicia. Esaminò il corpo. Non c'era sangue sulle mani del morto, neanche una traccia. Perfino le unghie erano pulite, particolare già eccezionale per chiunque frequentasse un quartiere come quello, addirittura impensabile in uno che dormiva nel cortile del mattatoio! Continuando a cercare, trovò un'ampia macchia scura sulla schiena dell'uomo che inzuppava il tessuto della giacca. Era vicino alla colonna vertebrale, proprio tra le costole, in direzione del cuore. Sollevò la lanterna per un esame più attento, ma sulle pietre non c'erano altre tracce di sangue. Espirò lentamente e si rialzò, asciugandosi con un gesto inconscio le mani sui pantaloni. Adesso poteva guardarlo in faccia. Aveva un viso quadrato con un grosso naso; la carnagione era di un pallido color prugna e la bocca segnata da rughe di espressione. Gli occhi erano piccoli e rotondi... la tipica faccia di un uomo al quale piaceva fare la bella vita. Il corpo era massiccio, poco più alto della media, le mani forti, carnose e pulitissime, i capelli castano-grigi. L'abito, di grossa lana marrone, era sformato in più punti dall'uso e spiegazzato sullo stomaco. Nelle pieghe del panciotto trovò delle briciole. Pitt ne prese una, la schiacciò tra le dita e l'annusò. Formaggio: stilton, se non si sbagliava, o una qualità simile. Gli abitanti di Devil's Acre non pranzavano a base di formaggio stilton. Ci fu un rumore alle sue spalle, un fruscio di piedi. Si voltò per vedere chi era, felice di avere compagnia. - 'Giorno. Pitt. Cos'abbiamo questa volta? - Era Meddows, il medico legale, un uomo capace di un buonumore insopportabile nei momenti meno opportuni. Ma invece di suonare offensiva, la sua voce in quell'occasione pareva uno sprazzo di equilibrio mentale nel corso di un terribile incubo. - Oh. mio Dio! - Era a fianco di Pitt e fissava il cadavere. - Poveraccio. - È stato pugnalato alla schiena - lo informò Pitt. - Davvero? - Meddows inarcò un sopracciglio e guardò Pitt con la coda dell'occhio. - Be', è già qualcosa. - Si accovacciò, tenne la lanterna in equilibrio nella giusta angolazione e iniziò a esaminare con cura il corpo. - Non occorre che tu stia a guardare - commentò senza voltare la testa. - Ti dirò io se c'è qualcosa di interessante. Tanto per cominciare, questa mutilazione è un lavoro grossolano... basta un coltello affilato e zac! Bell'e fatto! - Non è stata la mano di un esperto? - domandò Pitt fissando sopra la testa di Meddows la luce dell'alba riflettersi nelle finestre del mattatoio. - Per niente, solo... - Meddows sospirò. - Solo l'odio più stramaledetto. - Un pazzo? Meddows fece una smorfia. - Chi lo sa? Prendilo e te lo dirò... forse. A ogni modo, chi è questo povero diavolo? Lo sai già? Pitt non aveva nemmeno pensato a perquisire il corpo. Era la prima cosa che avrebbe dovuto fare. Senza rispondere si chinò e cominciò a frugare nelle tasche del morto. Trovò tutto quello che si era aspettato, tranne del denaro, e forse quello non si aspettava di trovarlo. C'era un orologio d'oro, molto rovinato ma ancora funzionante, e un anello con quattro chiavi. Una sembrava la chiave di una cassaforte, due erano chiavi di porte, e la quarta doveva essere di una credenza o di un cassetto, a giudicare dalle dimensioni... esattamente quelle che tiene in tasca qualsiasi uomo di mezz'età, moderatamente benestante. Trovò anche due fazzoletti, entrambi sudici ma di buon cotone e con orli ben rifiniti, e tre fatture, due per spese di ordinaria amministrazione casalinga, la terza per una decina di bottiglie di costoso vino di Borgogna... lo si sarebbe detto un tipo che amava soddisfare i propri vizi, almeno per quanto riguardava la tavola. Ma il particolare più importante era il nome e l'indirizzo sulle fatture: Dr. Hubert Pinchin, 23 Lambert Gardens, località molto distante da Devil's Acre sia come livello sociale sia come tenore di vita. Cosa ci faceva il dottor Pinchin nel cortile del mattatoio, ucciso e mutilato in modo orribile? - Dunque? - domandò Meddows. Pitt ripeté nome e indirizzo. La faccia di Meddows si raggrinzì in un'espressione di comica sorpresa. - Davvero inverosimile - commentò. - A proposito, era probabilmente svenuto e quasi morto quando gli hanno fatto questo lavoretto. - Indicò la parte bassa del corpo. - Se può essere di consolazione... Sai dell'altro, vero? - L'altro? Di cosa stai parlando? L'altro cosa? La faccia di Meddows s'indurì. - L'altro cadavere, amico. L'altro che abbiamo trovato castrato come questo. Non mi dire che non lo sapevi? Pitt era sbalordito. Come poteva essergli sfuggita una simile mostruosità? - Un giocatore d'azzardo o un ruffiano - proseguì Meddows. - Dall'altra parte dell'Acre... non appartiene alla tua zona. Ma, come ho detto, anche quel poveraccio era evirato, anche se non così malamente. A quanto pare, abbiamo un maniaco in libertà. Si è riusciti a evitare che i giornali ne facessero una notizia sensazionale. La vittima apparteneva alla categoria di uomini che finisce spesso accoltellata... succede, con il mestiere che fanno. - Si rialzò lentamente, con uno scricchiolio delle ginocchia. - Ma questo è diverso. Forse aveva visto tempi migliori, ma mangiava ancora bene. E oserei dire che la sua aria trasandata potrebbe essere dovuta più a eccentricità che a mancanza di mezzi. L'abito è logoro, ma la biancheria è nuova, e abbastanza pulita, non la indossava da più di un giorno, direi. Pitt pensò al formaggio stilton e alle unghie pulite. - Sì - disse con voce neutra. Sapeva che Meddows lo stava osservando, e aspettava. - Va bene. Se qui hai finito, sarà meglio farlo portare via. Esegui l'autopsia e fammi sapere se c'è dell'altro. - Naturalmente. A quel punto veniva la parte peggiore. Pitt considerò se poteva demandare a un altro il compito di informare la famiglia, la vedova, se ce n'era una. E, come sempre, non riuscì a sottrarsi alla convinzione che spettasse a lui. Se non l'avesse fatto, avrebbe avuto l'impressione di tradire sia l'agente che mandava in sua vece sia i parenti del defunto. Diede tutti gli ordini necessari agli uomini che aspettavano fuori. Il cadavere doveva essere rimosso e il cortile sigillato, e andava eseguita una perquisizione minuziosa alla ricerca di un indizio sull'autore di quel delitto. Bisognava indagare sui vagabondi che si trovavano nella zona, sugli abitanti del quartiere, sulle prostitute, insomma su chiunque potesse avere visto qualcosa. Nel frattempo, lui si sarebbe recato al numero 23 dei Lambert Gardens per informare la famiglia, a quell'ora probabilmente intenta a far colazione, che il padrone di casa era stato assassinato. Pitt fu accolto da un maggiordomo dall'aria molto competente. - Buongiorno, signore - disse in tono educato. Pitt era uno sconosciuto per lui, ed era troppo presto per una visita mondana. - Buongiorno - rispose Pitt. - Sono della polizia. È questa la residenza del dottor Hubert Pinchin? - Sì, signore, ma al momento il dottor Pinchin non è in casa. Se è un caso urgente, posso raccomandarle un altro medico. - Non mi occorre un medico. Mi dispiace, ma porto brutte notizie. Il dottor Pinchin è morto. - Oh, santo cielo! - La faccia del maggiordomo s'irrigidì, ma conservò il suo sangue freddo. Arretrò di un passo. - Meglio che entri signore. Vuole essere così gentile da dirmi cos'è successo? Sarà meglio che sia io a comunicare la notizia alla signora Pinchin. Sono sicuro che lei lo farebbe con molto tatto, ma... - Per delicatezza, non concluse la frase. - Sì - disse Pitt. con un sollievo che gli procurò un lieve senso di colpa. - Sì. certo. - Com'è successo, signore? - È stato aggredito, pugnalato alla schiena. Credo che non abbia quasi sofferto. Mi dispiace. Il maggiordomo rimase per un attimo immobile a fissarlo. - Assassinato? - Sì. Mi dispiace - ripeté Pitt. - C'è qualcuno che possa identificare il corpo... magari qualcuno che non sia la signora Pinchin? Sarà penoso. - Era il momento di menzionare la mutilazione? Il maggiordomo aveva ritrovato il controllo dei suoi nervi. - Sì, signore. Informerò la signora Pinchin della morte del dottor Pinchin. Ha una cameriera bravissima che si prenderà cura di lei, e qui vicino abita un altro medico che la assisterà. Il cameriere, Peters, è con noi da dodici anni. Verrà lui a identificare il corpo. - Esitò un attimo. - Suppongo non ci siano dubbi, vero? Il dottor Pinchin era appena un po' più basso di me, senza barba, e di colorito scuro... - Lasciò quella vaga speranza sospesa nell'aria. Ma era inutile. - Il dottor Pinchin aveva un abito di tweed marrone, vecchio di qualche anno? - Sì, signore. È quello che indossava quando è uscito di casa ieri. - In questo caso, temo che ci siano pochi dubbi. Ma forse il cameriere dovrebbe accertarsene prima di comunicarlo alla signora Pinchin. - Sì, signore, naturalmente. Pitt gli diede l'indirizzo dell'obitorio, poi lo informò della natura delle altre ferite, e aggiunse che, di sicuro, la stampa avrebbe dato risalto alla notizia. Sarebbe stato opportuno tenere i giornalisti lontano dalla casa il più a lungo possibile, fino a quando qualche altro avvenimento avesse fatto passare in secondo piano il delitto. Pitt se ne andò senza incontrare la vedova. Non si era alzata dal letto e lui, con la sua immaginazione, vedeva lo shock iniziale, seguito dall'incredulità, poi dalla lenta accettazione della realtà, e alla fine l'inizio di un dolore inconsolabile. Naturalmente, doveva recarsi a parlare con il funzionario che si occupava dell'altro delitto, in apparenza tanto simile. Forse non c'era nessun nesso tra i due crimini, ma sarebbe stato assurdo ignorare quella possibilità. Forse gli avrebbero tolto l'incarico di seguire il caso. Gli era del tutto indifferente; non provava alcun diritto di proprietà, come era capitato altre volte. Chiunque avesse commesso quel delitto era entrato in un regno ben lontano dal mondo ordinario della malavita. Mentre avanzava contro le raffiche di vento che alzavano da terra i rifiuti, andava ripetendosi che non avrebbe avuto proprio niente da obiettare se gli toglievano quel caso. Attraversò la strada prima che passasse un calesse. Un ragazzo, che stava raccogliendo dello sterco di cavallo, smise di lavorare e si ap‐ poggiò alla ramazza. Aveva le mani paonazze e le dita spuntavano dai guanti bucati. Passò una carrozza chiusa, che li schizzò entrambi con un misto di fango e sterco. Il ragazzo sogghignò vedendo l'aria irritata di Pitt. - Avrebbe dovuto mettersi dietro di me, signore - disse in tono scanzonato. - Avrebbe evitato di insozzarsi. Pitt gli diede una moneta e ammise che aveva ragione. Alla stazione di polizia fu accolto con insolita cordialità. - Ispettore Pitt? Sì, signore. Suppongo che sia venuto a proposito del nostro delitto, signore, visto che è simile al vostro, vero? Pitt rimase sorpreso. Come faceva quel giovane agente a sapere di Hubert Pinchin? Il pensiero doveva esserglisi dipinto in viso, perché l'agente rispose alla domanda prima che Pitt avesse il tempo di farla. - È sull'edizione straordinaria del pomeriggio, signore. A titoli cubitali. Una storia davvero orribile. So naturalmente che hanno l'abitudine di esagerare, tanto per far colpo sulla gente. Ciò nonostante... - Dubito che siano riusciti ad aggiungere qualcosa in questo caso - replicò Pitt con sarcasmo. Svolse la sciarpa e si tolse il cappello. Il cappotto gli pendeva più da un lato che dall'altro: doveva aver di nuovo sbagliato ad allacciare i bottoni. - Posso parlare con la persona che si occupa del vostro delitto, se è qui? - Sì, signore. È l'ispettore Parkins. Immagino che sarà felice di vederla. Pitt ne dubitava, ma seguì l'agente nell'ufficio caldo e buio, che odorava di carta vecchia e cera. Era più ampio del suo, e sulla scrivania vide la fotografia di una donna con quattro bambini. Parkins era un uomo bruno ed elegante, seduto a guardare con aria sconsolata un mucchio di carte. L'agente presentò Pitt con voce chiara e forte. L'espressione lugubre abbandonò all'istante la faccia di Parkins. - Si accomodi - lo invitò con cordialità. - Si accomodi... si sieda. Ecco, tolga queste pratiche... si metta comodo, amico. Sì, una storia disgustosa. Vorrà sapere tutto, immagino. L'abbiamo trovato nel canale di scolo. Morto stecchito. Assiderato... certo, non c'è da stupirsi visto il tempo che fa. Un tempo da lupi. E il peggio deve ancora arrivare. È stato accoltellato alla schiena, povero diavolo... una lama lunga e affilata, probabilmente un coltello da cucina, o qualcosa del genere. - Fece una pausa per riprendere fiato e si passò la mano tra i capelli radi. - Era un ruffiano, il cadavere è stato trovato da una prostituta del quartiere. Immagino che vorrà occuparsi lei del caso, dal momento che quasi sicuramente è collegato con il vo‐ stro. - Più che una domanda, la sua era un'affermazione. Pitt sussultò. - No! - esclamò suo malgrado. - Io pensavo che lei... - Niente affatto. - Parkins agitò le mani, come a voler declinare un favore. - Niente affatto. Lei è il più anziano, e ha molta più esperienza di me. Ho ammirato molto il modo in cui ha risolto la vicenda dei Bluegate Fields. - Vide l'espressione sorpresa di Pitt. - Oh, certe cose si vengono a sapere. Gli amici... una parola qui, una là... - Alzò un dito e lo agitò in un vago gesto di intesa. Pitt era sorpreso e lusingato. Era abbastanza sensibile da sentirsi lusingato che il suo coraggio venisse riconosciuto; era una sensazione particolarmente gradevole. E lui aveva avuto paura durante le indagini per il caso dei Bluegate Fields: aveva rischiato più di quanto potesse permettersi. - Il nostro era soltanto un ruffiano - proseguì Parkins. Meglio averlo perso, anche se non farà molta differenza, naturalmente. Qualcuno non tarderà a prendere il suo posto, anzi, sarà già stato rimpiazzato. Come fare un buco nell'acqua. Il vo‐ stro era un medico? Persona perbene. Sarà meglio che prenda tutto l'incartamento... il rapporto dell'autopsia e così via. E suppongo che vorrà vedere il cadavere. - L'avete ancora qui? - domandò Pitt. - Oh, sì, è passata soltanto una settimana. Con un tempo come questo non ci sono problemi. Sì, meglio che lei lo veda. Non si sa mai, forse riuscirà a capire se si tratta dello stesso maniaco. Pitt lo seguì in silenzio fino all'obitorio. Parkins aprì la porta, scambiò qualche parola con l'inserviente, poi invitò Pitt a entrare. Nel locale faceva freddo e c'era un lieve odore di muffa, come di medicinali vecchi. Parkins si avvicinò a uno dei tavoli coperti da lenzuola bianche e, deciso, scostò il telo mostrando non solo la faccia ma tutto il corpo nudo. Era un gesto stranamente indecente, persi no nei confronti del morto. L'istinto di Pitt fu di prendere il lenzuolo e ricoprire la parte inferiore del cadavere, ma si rese conto di non poterlo fare. In fin dei conti si trovava lì proprio per vedere. La ferita però