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il regime di risoluzione delle crisi bancarie alla luce di una proposta di direttiva europea PDF

164 Pages·2013·1.02 MB·Italian
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Corso di Laurea magistrale in Economia e Finanza Tesi di Laurea IL REGIME DI RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE ALLA LUCE DI UNA PROPOSTA DI DIRETTIVA EUROPEA Relatore Ch. Prof. Alberto Urbani Laureando Paola Rivaletto Matricola 822575 Anno Accademico 2012 / 2013 i Indice Introduzione 3 CAPITOLO 1 LA CRISI DELLA BANCA. NUOVE PROSPETTIVE EMERSE DOPO LA CRISI FINANZIARIA DEL 2008 1.1 La “specialità” dell’attività bancaria 6 1.2 Cause e soluzioni delle situazioni di crisi: una panoramica generale 15 1.3 La recente crisi: gli avvenimenti dal 2007/08 ad oggi 21 1.4 Le nuove prospettive dei regulators 31 CAPITOLO 2 LA RISPOSTA DEGLI ORGANISMI COMUNITARI. LA PROPOSTA DI DIRETTIVA BRRD 2.1 Le risposte alla crisi 35 2.2 Inserimento della direttiva BRRD nel progetto dell’Unione Bancaria Europea 40 2.3 La proposta di direttiva BRRD: contenuti 47 2.3.1 L’applicazione del resolution regime. Le resolution authorities 53 2.3.2 Misure preparatorie e misure preventive 58 2.3.2.1 Contingency plans 58 2.3.2.2 Preventative powers 64 2.3.3 Misure preparatorie e misure preventive: regime di gruppo 68 2.3.4 Early intervention powers 75 2.3.5 Misure risolutive 81 i I 2.3.5.1 Vendita dell’attività d’impresa 83 2.3.5.2 Bridge Bank 84 2.3.5.3 Separazione delle attività (Bad bank) 87 2.3.5.3.1 Il modello di bad bank in Germania. La SAReB spagnola 91 2.3.5.4 Debt write down tool (Bail-in) 95 2.3.6 Ulteriori proposte (cooperation e financing) 103 CAPITOLO 3 LA PROPOSTA DI DIRETTIVA A CONFRONTO CON L’ATTUALE ORDINAMENTO ITALIANO 3.1 La crisi della banca nell’ordinamento italiano 108 3.1.1 Ruolo della Banca d’Italia e forme di intervento 110 3.1.2 Le procedure 114 3.1.3 Il ruolo dei sistemi di garanzia dei depositanti 121 3.1.3.1 Rapporto tra Bank Resolution Funds e sistemi di garanzia dei depositi esistenti 126 3.2 L’innovazione portata dalla proposta di Direttiva comunitaria 130 3.3 Bail-in: alcune questioni irrisolte 137 Conclusioni 143 Bibliografia 147 Riferimenti normativi 160 Sitografia 163 ii II Introduzione Alla base della creazione dell’Unione europea vi è una profonda idea di coesione, intesa come unanimità e compattezza di intese e propositi sostenuti dall’impegno di costruire un progetto comune. Gli avvenimenti degli ultimi anni, che prendono avvio con lo scoppio della crisi finanziaria negli Stati Uniti ed il suo successivo diffondersi in Europa, hanno senza dubbio destabilizzato tale coesione, sia dal punto di vista politico che economico, creando forti tensioni fra gli Stati membri e minando le fondamenta stesse dell’Unione. Arginare gli effetti di tali avvenimenti di squilibrio ha richiesto numerosi e complessi interventi anche dal punto di vista legislativo, sia a livello nazionale che da parte di Commissione e Parlamento europei. Tra questi, vi è anche l’oggetto principale di analisi del presente lavoro, ovvero la proposta di direttiva presentata nel giugno 2012 dalla Commissione in tema di risoluzione e risanamento delle crisi degli enti creditizi, cosiddetta BRRD (Banking Recovery and Resolution Directive). Nella prima parte dell’elaborato, si è ritenuto opportuno offrire una panoramica sul tema delle crisi bancarie, presentando le caratteristiche dell’operatività dell’intermediario bancario che lo rendono meritevole di una disciplina e tutela “speciale” da parte dell’ordinamento. L’analisi di tali caratteristiche ci aiuta a comprendere quanto sia delicato il tema della prevenzione e gestione delle crisi all’interno dell’ordinamento creditizio. Inoltre, capire a fondo ciò che rende un’impresa bancaria diversa rispetto a tutte le altre tipologie di imprese può aiutare, in particolar modo, a comprendere se il framework regolamentare esistente è adeguato. Successivamente, si analizzerà la crisi finanziaria scoppiata nel 2007-08 e 3 le sue ripercussioni fino ai giorni nostri. Infatti, è possibile indicare in alcune sue dinamiche le ragioni dell’intervento comunitario che ha portato, dopo numerosi passaggi, alla proposta di direttiva BRRD. La prima parte del lavoro si concluderà, poi, esaminando le lezioni tratte dal legislatore comunitario dalla recente crisi, le quali hanno provocato un importante cambio di prospettiva rispetto agli anni che l’hanno preceduta. Si vedrà, infatti, come tale “cambio di rotta” – insieme alla presa di coscienza di altri cambiamenti ritenuti necessari dopo la crisi del 2008 – sia stato alla base dell’inizio di un percorso comunitario che ha posto l’accento, prima, sulle crisi bancarie transfrontaliere, e poi, sulla creazione di un quadro comune per la gestione delle crisi degli enti creditizi. La parte centrale dell’elaborato è dedicata all’analisi vera e propria dei contenuti della proposta comunitaria, la quale sviluppa quattro differenti temi tra loro strettamente collegati: quello della preparazione alle situazioni di crisi, quello della risoluzione, quello della cooperazione tra Stati membri ed, infine, quello relativo alle misure di finanziamento della risoluzione. In particolare, ci si concentrerà sulla valutazione degli strumenti di risoluzione (cc.dd. “resolution tools”) previsti dal legislatore europeo, in quanto l’idea di fornire agli Stati membri uno strumentario comune da utilizzare nelle situazioni di dissesto costituisce il punto focale dell’intervento della Commissione che, più volte, ha sottolineato come le diseguaglianze presenti tra le legislazioni degli Stati abbiano contribuito ad accentuare le situazioni di crisi ed esacerbare tensioni già esistenti. Infine, il lavoro si concluderà con una breve disamina dell’apparato regolamentare attualmente in vigore nell’ordinamento italiano. Quest’ultima parte si propone, da un lato, di fornire al Lettore alcuni utili spunti per il confronto tra il 4 regime nazionale e quello, invece, predisposto dal legislatore comunitario, e, dall’altro lato, di evidenziare alcune criticità sorte durante l’analisi dello strumentario contenuto nella proposta di Direttiva. 5 CAPITOLO 1 LA CRISI DELLA BANCA. NUOVE PROSPETTIVE EMERSE DOPO LA CRISI FINANZIARIA DEL 2008 SOMMARIO 1.1 La “specialità” dell’attività bancaria 1.2 Cause e soluzioni delle situazioni di crisi: una panoramica generale 1.3 La recente crisi: gli avvenimenti dal 2007/08 fino ad oggi 1.4 Le nuove prospettive dei regulators 1.1 La “specialità” dell’attività bancaria Il nostro Paese, a differenza di altre realtà europee, vide uno sviluppo piuttosto tardivo del sistema bancario e finanziario, al quale, tra l’altro, la prima legislazione in materia – si sta parlando del secolo XIX – dimostrava uno scarso interesse, se non fosse che per la parte di regolamentazione riguardante il contenimento della liquidità monetaria. Agli albori, l’attività delle banche non costituiva oggetto di legislazione “speciale”, nella convinzione che le regole del mercato costituissero, per così dire, una regolamentazione più che sufficiente1. 1 Per approfondimenti v. CAPRIGLIONE F., Evoluzione della disciplina di settore, in CAPRIGLIONE F. (a cura di), L’ordinamento finanziario italiano2, Padova, 2010, pag. 54 ss. L’Autore, in particolare, fa notare che: «[…] la mancanza di un processo di industrializzazione non consente di valutare appieno il significativo ruolo che l’azione creditizia è in grado si svolgere nel supportare lo sviluppo economico. Conseguentemente, le banche non sono prese in considerazione dal legislatore, poco attento all’essenzialità della loro funzione; dette istituzioni sono equiparate ai numerosi altri soggetti che svolgono un’attività a carattere imprenditoriale e, come tali, sottoposte alla generale disciplina prevista dal codice di commercio, senza che si individui per esse un regime normativo speciale che valga a differenziarle rispetto alle altre imprese.», pag. 55-56. 6 Così come ancora oggi accade, fu il manifestarsi di una grave crisi – la crisi del ’29 – la causa scatenante la nascita, nei legislatori di diversi Paesi europei, della consapevolezza dell’importanza del ruolo svolto dall’attività bancaria e della sua implicita rischiosità. In Italia, questa presa di coscienza si tradusse nella predisposizione della legge bancaria del ’36, la quale legittimò un forte controllo pubblico sull’operatività delle banche che caratterizzò il nostro Paese sostanzialmente fino all’emanazione del d.lgs. n. 385/932. Sebbene ora il controllo esercitato sulle banche abbia caratteri radicalmente diversi rispetto a quelli che guidavano la logica di fondo, profondamente interventistica, della legge bancaria del ’36, – si ricordi il fondamentale passaggio, avvenuto con il recepimento delle direttive comunitarie e la successiva approvazione del t.u.b., dalla c.d. vigilanza strutturale a quella prudenziale3 – una cosa rimane 2 CAPRIGLIONE F., op. cit., pag. 72 ss. In merito al ruolo svolto dalla crisi del ’29 e alla nuova prospettiva adottata dal legislatore italiano, l’Autore spiega che: «[…] le vicende economiche degli anno 1929-1930 svolgono un’azione catalizzatrice nella ricerca di nuove formule volte ad assicurare la stabilità del sistema bancario […] La grande crisi induce a ravvisare nel ricorso alla concezione interventistica pubblica in economia il fondamento di un nuovo modello organizzativo bancario, non solo in grado di prevenire situazioni del genere all’epoca tristemente sperimentate, ma soprattutto idoneo a supportare un adeguato sviluppo economico (e, dunque, a superare gli squilibri derivanti dai ritardi del nostro paese nel processo di industrializzazione, di cui in apertura si è detto).», pag. 73-74. Sul ruolo di cui fu investito il settore bancario v. SANASI D’ARPE V., La vigilanza nella crisi e nel risanamento dei gruppi bancari, Napoli, 2008, pag. 11, che, riferendosi alla legge bancaria del ’36, dice: «[…] si intese l’attività bancaria quale istituzione, quasi incaricata di una funzione sociale o comunque di interesse pubblico, perché idonea almeno in astratto a realizzare – anche a discapito dell’elemento imprenditoriale – l’interesse generale dei risparmiatori e degli operatori professionali.» 3 «[…] la vigilanza […] viene esercitata non più nell’ottica dell’imposizione di scelte imprenditoriali a cui l’attività bancaria deve conformarsi, bensì attraverso la previsione di preventive, oggettive e trasparenti disposizioni […] Si passa […] da una visione marcatamente statalista ad una impostazione tipicamente liberista del mercato, nel quale l’entità statuale non interviene ora dirigendo ora indirizzando le politiche economiche per il mezzo della discrezionalità “priva di fini” attribuita all’organo di vigilanza, ma si limita a emanare norme e a vigilare sulla loro corretta applicazione da 7 immutata, ovvero la convinzione che il sistema bancario necessiti di una particolare forma di supervisione rispetto alla maggior parte delle altre tipologie di imprese e che ciò risulti ancor più evidente quando si va ad analizzare il tema della crisi e delle patologie4. Tale “specialità” è giustificata in dottrina da una serie di ragioni. Prima fra tutte è la natura stessa dell’attività bancaria e le modalità con cui essa viene svolta. L’attività bancaria si caratterizza, infatti, da un lato, per la funzione assicurativa svolta nei confronti dei risparmiatori/depositanti e, dall’altro lato, per l’inalienabilità degli impieghi5, ed entrambe queste peculiarità fanno sì che il tema della stabilità debba essere affrontato con maggiore attenzione rispetto a quanto si è abituati a fare con riferimento ad altri tipi di imprese che non assumono gli stessi rischi cui è soggetta, invece, un’impresa bancaria. Ciò risulta, inoltre, ancora più evidente qualora si tenga presente che le passività delle banche sono utilizzate come moneta, il che rende ancora più delicato il problema della stabilità di tali intermediari6. parte dei singoli protagonisti attivi nei diversi mercati.»: SANASI D’ARPE V., La vigilanza nella crisi e nel risanamento dei gruppi bancari, Napoli, 2008, pagg. 15 e 16. In generale sull’argomento, tra tutti, v. BRESCIA MORRA C., Le forme della vigilanza, in CAPRIGLIONE F. (a cura di), op. cit., pag. 303 ss. 4 A questo proposito, si veda SANASI D’ARPE V., op. cit., pag. 2: «[…] la gestione delle situazioni di crisi rappresenta una delle manifestazioni maggiormente significative dell’intervento pubblico sulla vita dell’impresa bancaria. La ragion d’essere di tale intervento risulta agevolmente comprensibile ove si tenga conto delle implicazioni sistematiche che potrebbero scaturire dall’estensione del dissesto nei riguardi di altri protagonisti del settore creditizio. Di qui l’esigenza di tutela della stabilità del sistema quale elemento fondativo della funzione di controllo esercitata dallo Stato nei confronti delle imprese del settore e, soprattutto, come origine dei peculiari modelli introdotti dalla normativa di settore onde consentire l’intervento pubblico sulle situazioni di crisi dell’impresa.». Allo stesso modo, v. BOCCUZZI G., Gli obiettivi di vigilanza e gli strumenti per la prevenzione e la gestione delle situazioni di anomalia. Quadro di sintesi, in BOCCUZZI G. (a cura di), La crisi dell’impresa bancaria. Profili economici e giuridici, Milano, 1998, pag. 116. 5 COSTI R., L’ordinamento bancario5, Bologna, 2012, pag. 246. 6 Così COSTI R., loc. cit. 8 Inoltre, il fatto che le passività della banca siano rappresentate da fondi rimborsabili a vista mentre le attività non sono immediatamente disponibili, rende ancora più problematica l’attività svolta dall’intermediario bancario; quest’ultimo, infatti, risulta in questo modo particolarmente vulnerabile non solo a situazioni di crisi di particolare gravità ma anche a semplici – si direbbe quasi fisiologiche – tensioni di liquidità. L’elevato leverage che caratterizza la struttura del passivo bancario fa sì che la banca dipenda fortemente dalla scelte di gestione effettuate in merito alla coerenza di scadenze tra attivi e passivi (c.d. asset liability management); scelte sbagliate e/o azzardate in merito possono provocare situazioni di illiquidità e, addirittura, gravi perdite derivanti dalla conversione in denaro delle attività meno liquide che si rendono necessarie per fronteggiare eventuali improvvise ed ingenti richieste di rimborso dei depositanti7. La situazione, poi, può aggravarsi se, a quanto detto, si aggiunge la manifestazione all’esterno della situazione di difficoltà della banca, rendendo ancora più difficile e costoso il reperimento delle risorse necessarie per superare la temporanea situazione di tensione finanziaria. Il secondo elemento di “specialità” riguarda la numerosità degli interessi coinvolti. L’impresa bancaria rappresenta di fatto l’aggregazione di una gamma di interessi di più ampia portata di quella che normalmente è coinvolta nei dissesti di 7 BOCCUZZI G., L’amministrazione straordinaria e la liquidazione coatta amministrativa: i presupposti oggettivi per l’attivazione delle procedure, in MORERA U. – NUZZO A. (a cura di), La nuova disciplina dell’impresa bancaria III, Milano, 1996, pag. 2. In merito alle particolari caratteristiche dell’attività bancaria, v. anche COSTI R., op. cit., pag. 245 ss e FERRO-LUZZI P., Le imprese bancarie in amministrazione straordinaria, in CIRENEI M.T. – DE MARTIN G.C. (a cura di), Il sistema creditizio nella prospettiva del mercato unico europeo, Milano, 1990, pag. 188, dove l’Autore parla dell’impresa bancaria come di «una impresa […] che paradossalmente è sempre ad un passo dal fallimento». 9

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