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Il primo libro delle Elegie di Properzio PDF

546 Pages·1980·18.37 MB·Italian, Latin
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ACCADEMIA TOSCANA DI SCIENZE E LETTERE «LA COLOMBARIA» «STUDI» LIII SESTO PROPERZIO IL PRIMO LIBRO DELLE ELEGIE INTRODUZIONE, TESTO CRITICO E COMMENTO a cura di PAOLO FEDELI FIRENZE LEO S. OLSCHKI EDITORE MCMLXXX A l ricordo di Eduard Fraenkel e di Virgilio Paladini PREMESSA De! I libro delle elegie di Properzio ho preso ad occuparmi vari anni fa, subito dopo la pubblicazione del mio commento giovanile al IV libro (1965); interrotto più volte per dare la pre­ cedenza a lavori meno impegnativi, il commento al I libro è ora finalmente concluso. Dico questo perché in esso è riprodotto fedelmente, e non sfuggirà al lettore attento, il progressivo cam­ biamento dei miei interessi nel corso di questi anni: la preferenza accordata in una fase all’analisi stilistica, in un’altra all’interpre­ tazione del testo e alla ricerca delle sue matrici culturali e, spero, l’acquisto di una metodologia più sicura e di una maggiore con­ sapevolezza critica a mano a mano che il commento procedeva e aumentavano le mie conoscenze della cultura alessandrina e della tradizione poetica latina. Più volte mi sono chiesto se non fosse necessario riprendere il lavoro dalle origini; ma ho desi­ stito da ima revisione radicale, che si sarebbe protratta per anni e probabilmente, una volta terminata, mi avrebbe posto di nuovo di fronte all’identico interrogativo. Lo scopo principale del presente lavoro è il commento al I libro delle elegie. Per quanto concerne la descrizione dei codici, la loro suddivisione in famiglie e il valore accordato ad ogni famiglia non ho nulla da aggiungere a quanto ho scritto in pro­ posito nella sin troppo lunga prefazione al commento del IV libro (Bari 1965, pp. xxxi-xlv). Ho collazionato i codici su fo­ tocopie, pur essendo convinto che solo in pochi dettagli di trascurabile importanza avrei potuto correggere le precise col­ lazioni di Enk: ciò che si è puntualmente verificato. D’altra parte la pubblicazione del Thesaurus criticus ad Sexti Propertii textum dello Smyth (Leiden 1970) mi ha permesso di essere parco nella citazione di congetture e di limitarmi a quelle più significative nella storia degli studi properziani. Forse non avrei portato a termine il presente commento, se nel corso di questi anni non mi fossi potuto giovare costante- mente dell’aiuto e dei consigli di non pochi studiosi : la mia rico­ noscenza va in primo luogo ad Elio Pasoli, con il quale ho spesso discusso problemi relativi ad una poesia non sempre facile da interpretare: nel corso degli anni mi sono andato sempre più convincendo del fatto che quello che un tempo a me sembrava un rispetto eccessivo del testo tràdito era, in realtà, il metodo più sano per accostarsi alla poesia di un autore troppo spesso travisato o ritenuto oscuro per ima imperfetta conoscenza del suo stile e delle sue fonti. Di questo insegnamento debbo essergli grato, così come lo sono nei confronti di amici e colleghi, quali Anthony Camps, Francesco Della Corte, Italo e Scevola Ma- riotti, Cesare Questa, Alessandro Ronconi, Enzo Tandoi, Alfonso Traina, che in questi anni non mi hanno mai lesinato consigli e suggerimend preziosi. L’epoca di redazione del volume coincide in massima parte con il mio periodo d’insegnamento all’Università di Friburgo (1968-1975): non è per me facile esprimere in modo adeguato il debito di riconoscenza nei confronti dei miei allievi elvetici, con i quali ho trattato in più d’un semestre problemi relativi al I libro delle elegie di Properzio, e di colleghi friburghesi, come Giovanni Pozzi e Thadeusz Zawadzki, che pur operando in campi diversi molto hanno contribuito ad ampliare l’orizzonte delle mie conoscenze. Ma questo libro non sarebbe mai stato scritto, se nella prima e più difficile fase della sua redazione non avessi avuto il sostegno e l’incoraggiamento affettuoso di Virgilio Paladini e di Eduard Fraenkel: l’uno mi ha insegnato a conoscere e ad amare la poesia di Properzio, l’altro mi ha indicato il tipo di commento, al quale ho cercato di attenermi, pur essendo consapevole della difficoltà di seguire un simile exmplum. Nel tirare le somme di un periodo della mia vita e dei miei studi non posso fare a meno di riconoscere quanta importanza abbiano avuto per me, per la mia formazione, 1’humanitas del primo e la doctrina del secondo. È giusto, quindi, che ad essi sia dedicata questa mia fatica, nella speranza che sia non indegna del loro ricordo. Paolo Fedeli Bari 26 ottobre 1976 INTRODUZIONE Verso la fine del 29 o nei primi mesi del 28 a. C. Sesto Pro­ perzio, un giovane poeta di origine umbra, pubblicò a Roma un libro di elegie in cui l’amore per la sua domina costituiva il tema dominante. A Roma egli si era trasferito - come affermerà poi nella prima elegia del IV libro, che rappresenta per molti aspetti un consuntivo della sua vita e della sua attività poetica - per tentare la carriera forense, che apriva la via alla carriera politica. Il padre era morto durante la sua fanciullezza e la fa­ miglia, un tempo ricca, era stata ridotta in rovina dalle guerre civili e dalle lotte tra gli eserciti rivali che avevano devastato e riempito di lutti l’Umbria. Ma ben presto Properzio capì che le contese forensi non erano fatte per lui; l’amore per una donna del gran mondo romano fu la sua esperienza di vita e al tempo stesso la fonte della sua ispirazione poetica. È questo un elemento che lo accomuna a Catullo, il rappresentante più illustre della generazione precedente dei poeti neoterici, per cui la scelta del­ l’attività poetica era stata una scelta di vita e l’impegno poetico si era rivelato inconciliabile con quello politico. Ma ha giustamente osservato il La Penna (nell’introduzione a Properzio. Elegie, traduz. di G. Leto, Torino 1970, XXVII) che se già Catullo e i poeti della sua generazione avevano pro­ vato un analogo distacco dai valori correnti della loro società, in Properzio c’è una più chiara coscienza di tale distacco : infatti «esso viene quasi teorizzato in ima filosofia diatribica, diventa la scelta consapevole di un modo di vita, in un periodo in cui questo problema della scelta si acuisce in modo particolare, anche perché la scelta deve essere fatta di fronte alle pressioni di un regime che mira ad una restaurazione morale della ciuitas ». Alla fine del 29 la scena politica è ormai saldamente dominata da Ottaviano, il trionfatore di Azio, che sta portando a compi­ mento la progressiva conquista delle leve statali. Mecenate ha già dato avvio alla sua accorta ed intelligente attività, tutta rivolta ad organizzare il consenso della cultura nei confronti del regime. In questa atmosfera il giovane poeta umbro pubblica un libro di elegie in cui sono assenti gli elogi dei potenti e l’esperienza politica non ha alcun peso : anzi, le sole allusioni ad avvenimenti della storia recente non dovevano risultare troppo gradite a chi guidava la vita politica romana: proprio combattendo contro Ottaviano nel bellum Perusinum un congiunto di Properzio aveva trovato la morte e non è certo un caso che con la celebrazione dello scomparso, unita a sentimenti di esecrazione per la guerra civile, si chiuda la prima raccolta poetica di Properzio. Subito dopo la pubblicazione del libro di elegie Mecenate non si lascerà sfuggire il giovane talento; cercherà di integrarlo nel regime augusteo, ma non riuscirà ad indurlo ad esprimere una piena adesione al regime, se non nell’ultima fase della sua attività; e anche allora ciò avverrà non senza ripensamenti e, certo, senza eccessivo entusiasmo da parte di Properzio. Ma l’intento di questa introduzione non è quello di tracciare un bilancio della produzione properziana o di anticipare temi che saranno via via sviluppati nell’analisi delle singole elegie. Mi limito qui a riassumere le principali opinioni sulla cronologia, sul titolo e sulla composizione del I libro delle elegie di Properzio. Il terminus ante quem per la datazione del primo libro delle elegie è fornito da 2, 31, scritta in occasione della dedica del tempio di Apollo Palatino: se ne deduce, quindi, che il primo libro deve essere stato pubblicato prima dell’8 ottobre del 28. Nella prima elegia, che ha la funzione di riepilogo e probabil­ mente è stata scritta dopo le altre, Properzio ricapitola le vicende di un anno di seruitium amoris·, di conseguenza la redazione del libro avrà avuto inizio nel 29, ma non è escluso che in epoca anteriore siano state scritte elegie che non parlano di Cinzia. Tutto lascia pensare che abbia visto giusto il Leo Ausgew. kl. Sehr. Il 180-181, il quale ha sostenuto con decisione l’anteriorità del primo libro di Properzio nei confronti del primo libro di Tibullo e ne ha sottolineato la novità sia nei confronti della pro­ duzione dei poetae notti sia nei confronti di quella di Cornelio Gallo. Che il primo libro sia stato pubblicato isolatamente, prima degli altri, è provato in primo luogo da ragioni interne: è signi­ ficativo, infatti, che Properzio non ricordi né Mecenate né altri personaggi della cerchia di Ottaviano e dedichi il libro al presso- — 10 — che sconosciuto Tullo; inoltre 1, 22, con il suo aspetto di σφρα- γίς, ha la chiara funzione di chiusa della raccolta: su questi motivi rinvio soprattutto a Birt Das antike Buchwesen in seinem Verhältnis.! pur Litteratur, Berlin 1882, 413-414. Esistono, poi, due preziose testimonianze, l’una di Proper­ zio stesso, l’altra di Marziale: all’inizio della XXIV elegia del II libro (w. 1-2) Properzio afferma, riferendosi al libro già pub­ blicato: tu loqueris cum sis ìam noto jabula libro / et tua sit tota Cynthia lecta foro. In uno degli Apophoreta di Marziale, incluso nella serie di doni librari (14, 183-195), si legge il seguente di­ stico, preceduto dall’« inscriptio » Monobiblos Properti·. Cynthia, facundi carmen iuuenale Properti, / accepit famam, non minus ipsa dedit (14, 189). Rothstein 483 ritiene che a monobiblos1 occorra supplire editio e che Marziale designi con l’espressione il rotolo, o il volume, che conteneva l’edizione completa di Properzio. Questa asserzione era già stata confutata, subito dopo la com­ parsa della prima edizione del commento di Rothstein, da Frie­ drich « Rhein. Mus. » 62 (1907) 370-374, il quale aveva fatto notare che quando Marziale allude ad un’edizione in un unico rotolo o volume di un’opera in più libri, si serve dell’espres­ sione in membranis·, cfr. 14, 188 (Cicero in membranis) si comes ista tibi fuerit membrana, putato / carpere te longas cum Cicerone uias, 14, 190 {Titus Liuius in membranis) pellibus exiguis artatur Limus ingens, / quam mea non totum bibliotheca capit, 14, 192 (Ouidi Meta­ morphosis in membranis) haec tibi multiplici quae structa est massa tabella, / carmina Nasonis quinque decemque gerit e inoltre 14, 184 (Homerus in pugillaribus membranis) Ilias et Priami regnis inimicus Vlixes I multiplici pariter condita pelle latent, 14, 196 ( Vergilius in membranis) quam breuis immensum cepit membrana Maronem / ipsius uultus prima tabella gerit. Altrimenti Marziale parla di Homeri Batrachomiomachia (14,183), di Vergili Culix (14,185), di Μενάν­ δρου Θαΐς (14, 187). Contro l’opinione del Rothstein cfr. anche Birt Die Buchrolle in der Kunst, Leipzig 1907, 32 n. 2, Henriksson Griechische Büchertitel in der römischen Literatur, Helsinki 1956, 51. 1 Diversamente dalla maggior parte degli studiosi properziani considero ma­ schile monobiblos ; questa è anche l’opinione di Reichmann Ties, VEI 1422, 79 sgg.: se, infatti, è impossibile dedurre il genere della parola dalle attestazioni latine, gli esempi greci citati da Liddell-Scott (Galen. 1, 410; Ammon. Vii. Arisi, p. 11 W.; Lyd. Mag. 1, 28; Suid. s. v. Φιλάγριος) sono tutti in favore di μονόβιβλος maschile; cfr. anche Henriksson Griechische Büchertitel inJer römischen Literatur^ Helsinki 1956, 3. — 11 — Un’ulteriore testimonianza può essere rappresentata dalla tradizione manoscritta properziana, malgrado il suo valore sia fortemente limitato dal fatto che in N manca il titolo del libro : il primo libro è definito monobìblos in A F P V, mentre in D si legge nell1explicit del IV libro: Propertii Aurelii Nautae Vmbrii Monobìblos liber feliciter explicit. Poiché mancano attestazioni sicure di libri che abbiano avuto un titolo analogo (in proposito cfr. Henriksson, Griechische Bü­ chertitel cit., 53), c’è chi ha pensato che monobìblos sia il titolo dato al primo libro da un editore, dopo la pubblicazione dell’intera opera di Properzio (cosi Butler-Barber XXXIV). Al contrario tra i critici moderni Henriksson è il più propenso a ritenere che Properzio stesso abbia attribuito alla raccolta il titolo di mono- biblos: secondo lui il poeta scelse questo termine per evitare di ricorrere a liber singularis, dato che singularis avrebbe potuto ori­ ginare travisamenti, se fosse stato inteso nel senso di eximius. Di diverso parere era stato Moriz Haupt Opusc. I 286, secondo cui il monobìblos dei codici properziani sarebbe interpolato sulla base dell’'inscriptio dell’epigramma di Marziale; per quanto ri­ guarda, poi, la testimonianza di Marziale, che egli non abbia tratto il titolo da antiche edizioni properziane è dimostrato, se­ condo Haupt, dai suoi lemmi analoghi per altri scrittori augu- stei (Vergilius in membranis·, T. Ltuius in membranis·, Ouidi Meta­ morphosis in membranis). A me sembra plausibile l’ipotesi del Birt, Das antike Buchwesen cit., 414, secondo cui dalla testimonianza di Marziale si può dedurre soltanto che il primo libro delle ele­ gie di Properzio era stato pubblicato a parte e circolava separato dagli altri. Sulla base delle attestazioni di Properzio e di Marziale la mag­ gior patte degli studiosi properziani ritiene certo che il nome della donna amata abbia dato il titolo al libro intero; il Leo Ausgew. kl. Sehr. Π 182 fu il primo a mettere in rilievo la con­ suetudine, antica quanto Mimnermo, di dare il nome della donna amata come titolo a raccolte di versi d’amore, per onorare in tal modo l’oggetto della propria passione; è significativo, secondo il Leo, che nel catalogo degli elegiaci romàni che chiude il II li­ bro delle elegie Properzio citi la Leucadia di Varrone, la Lesbia di Catullo, la Quindlia di Calvo e la Licoride di Gallo. Dopo di lui spetta soprattutto al Wilamowitz Hell. Dicht. I 232 il me- rito di aver segnalato che un filo diretto collega la Nonno di Mimnermo alla Lyde di Antimaco, alla Leontion di Ermesianatte, ai titoli dei libri di Euforione e di Partenio, per giungere sino alle raccolte dei poetae noni che, come Valerio Catone nella Lydia e Varrone Atacino nella Leucadia, adottarono come titolo il nome della donna amata. Da parte sua il Wilamowitz ritiene che dal­ l’elogio di Mimnermo in 1, 9, 11 si debba dedurre che Properzio si sia voluto ricollegare intenzionalmente al suo esempio. Eppure, malgrado questa teoria sia per molti versi seducente, una sia pur minima cautela non dovrebbe essere fuori luogo: anche in questo caso il Friedrich « Rhein. Mus. » 62 (1907) 371 ha fatto notare che non è lecito trarre precise deduzioni dalle parole di Marziale (Cynthia, facundi carmen ìuuenale Properti)·, è possibile, infatti, che egli designi con Cynthia il primo libro di Properzio semplicemente perché Cynthia era la prima parola della prima elegia: analogamente in 4,14,3 egli definisce passer il liber di Catullo, perché con questa parola ha inizio il primo vero carme della raccolta catulliana (è noto che la dedica veniva con­ siderata extra librum)·, ugualmente in 14,185, 2 ne nucibus positis ARMA VIKVMQVE legas egli designa l’Eneide con le sue prime parole. D’altra parte anche l’affermazione di Properzio in 2, 24,1-2 si potrebbe spiegare con la consuetudine di citare libri di poesia con la prima parola o con il primo verso o con qualche cosa che designasse l’inizio della raccolta: si ricordi che Pro­ perzio stesso definisce somnia gli Aitia di Callimaco (2, 34, 32). Accertata la pubblicazione del libro indipendentemente dagli altri e la sua circolazione in forma separata perlomeno all’epoca di Marziale, era inevitabile che si cercasse di determinare l’esi­ stenza o meno di un calcolato disegno nella disposizione dei carmi: un’indagine, questa, pienamente legittima, perché è noto che il gusto per la struttura simmetrica e per l’armonia delle parti costituisce uno degli elementi caratteristici della poesia post- neoterica, a partire dal Virgilio delle Bucoliche. Già Albert Otto « Hermes » 20 (1885) 557-560 cercò di dimostrare l’esistenza di una connessione logica tra le elegie del primo libro in un articolo che, tuttavia, aveva di mira piuttosto la struttura del libro delle elegie romane. Spetta a M. Ites, un allievo del Leo, il merito di aver condotto la ricerca più seria ed ancor oggi più convincente sulla struttura del mnobiblos·. nella dissertazione De Propertii elegis inter se conexis (Göttingen 1908) egli individua — 13 — un punto fermo nelle elegie dedicate a Tulio : non può essere un caso, infatti, che a Tulio siano dedicate la prima e l’ultima elegia: da un lato ciò basta ad assicurare unità al libro e ad avvalorare l’ipotesi di un’accurata e calcolata disposizione delle elegie ad opera di Properzio; dall’altro permette di supporre che le altre elegie a Tulio (la VI e la XIV) siano collocate all’inizio o alla fine delle varie sezioni del libro. Sulla base di questa constata­ zione Ites identifica tre sezioni (1-6; 7-13; 14-22), con ulteriori suddivisioni all’interno di esse: nell’ambito della seconda, ad esempio, occorre distinguere tra 7-9 e 10-13. I motivi che hanno indotto Ites a sostenere l’affinità tra i carmi da lui assegnati alle differenti sezioni sono sintetizzati nella seguente affermazione (p. 17) : « prima (se. pars) amicorum impetus reich, altera duobus cyclis paribus res amoris secundas et aduer- sas canit, tertia questus profert, omnes autem Cynthiae amore continentur ». A riprova del successo dell’indagine di Ites sta il fatto che essa è stata ripresa integralmente da Enk 1-2 e da Camps 10-11, il quale si limita ad introdurre lievi e discutibili variazioni, giusta­ mente criticate da Luck « Gnomon » 34 (1962) 155; recentemente anche Michelfeit « Rhein. Mus. » 112 (1969) 354-355 si è rifatto alle conclusioni di Ites. Una via diversa è stata tentata da Burck « Hermes » 80 (1952) 193-195: messe da parte le due ultime elegie, che avrebbero en­ trambe la funzione di σφραγίς, egli vede nel libro una biparti­ zione (1-10; 11-20). A suo dire le due parti si oppongono « moti­ visch und stimmungsmässig »: in 1-10 dominerebbe il motivo della fedeltà nei confronti di Cinzia; a partire dall’XI elegia ver­ rebbe introdotto e approfondito il tema della separazione, unito a quello del tormento per l’infedeltà di Cinzia. Non mi riesce chiaro, in tutto dò, il valore di 1,20 e mi sembra significativo che il Burck non se ne occupi: pur avendo dichiarato, infatti, di eliminare solo le due ultime elegie, giunto alla XIX egli mette fine alla sua analisi del primo libro per passare al secondo. Negli anni più recenti il tentativo più serio di definire la strut­ tura del monobiblos è stato compiuto da Otto Skutsch « Class. Philol. » 58 (1963) 238-239: lasciate da parte le ultime tre elegie, egli suddivide le altre in 4 gruppi di 5 (Skutsch è tra quanti ri­ tengono che 1,8 vada distinta in 8 λ e 8 b),' disposti a loro volta in uria successione chiastica: A1 (1-5); Bl (6-9); B2 (10-14); A2 (15-

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