PAOLO DI LUCIA IL NOMOTROPISMO DI ANTIGONE Τὸ ξυνὸν ἀρχὴ καὶ πέρας. Eraclito In the paper Il nomotropismo di Antigone Antigone’s behavior is looked from the perspective of nomotropism or acting with reference to rules (the word ‘nomotropism’ is a neologism coined by Amedeo Giovanni Conte). In particular, the first part of the paper explores in the perspective of nomotropism the meaning of verses 902-912 of Sophocles’s Antigone. The second part of the paper deals with the paradoxical aspect of Antigone’s nomotropism. Nel saggio Il nomotropismo di Antigone, il comportamento di Antigone è interpretato alla luce del concetto di nomotropismo o agire in relazione a norme (il termine ‘nomotropismo’ è stato coniato da Amedeo Giovanni Conte). In particolare, la prima parte del saggio indaga alla luce del fenomeno del nomotropismo i versi 902-912 dell’Antigone di Sofocle. La seconda parte del saggio ha per oggetto il carattere paradossale del comportamento nomotropico di Antigone. *** 0. Introduzione. 1. I due dilemmi di Antigone. 1.1. Primo dilemma: il dilemma morale di Antigone. 1.2. Secondo dilemma: il dilemma parentale di Antigone. 2. Il paradosso del nomotropismo di Antigone. 2.1. Antigone agisce nomotropicamente in-funzione-di un νόμος. 2.2.Il νόμος in-funzione-del quale Antigone nomotropicamente agisce è un νόμος inadempibile e inviolabile. Dike, 17, 2014, p. 153-168 154 Paolo di Lucia 0. Introduzione. 0.1. L’Antigone di Sofocle (496 a. C.- 406 a. C.) inizia con un dialogo tra la protagonista, Antigone, e sua sorella Ismene. La prima a parlare è Antigone1, che informa la sorella Ismene del bando del re Creonte relativo ai loro due fratellli Eteocle e Polinice: Creonte ha deciso così per i nostri fratelli: a uno l’onore della tomba, all’altro niente. Ha fatto seppellire Eteocle con tutti gli onori, secondo la tradizione, come è giusto che sia. Ma il povero Polinice, che è morto come è morto, lui no. Mi hanno riferito il bando: ai cittadini di Tebe è vietato seppellirlo e nessuno lo può piangere; il suo cadavere deve rimanere senza funerale, senza tomba, dato in pasto agli uccelli: son già lì che lo fissano, si faranno un bel banchetto!2 Nel racconto di Antigone scritto dalla filosofa francese Simone Weil (1909- 1943), il conflitto tragico nel quale è avvinta Antigone è così descritto: Antigone non può sopportare che il corpo di suo fratello Polinice sia trattato in modo così disonorevole. Tra i due doveri di fedeltà: la fedeltà al fratello sconfitto, e la fedeltà alla patria vittoriosa, ella non esita un istante. Si rifiuta di abbandonare suo fratello, il fratello la cui memoria è maledetta dal popolo e dallo Stato. Decide di seppellire il cadavere, nonostante il divieto del re e la minaccia di morte. 3 Alla domanda di Creonte: E hai osato infrangere la legge [νόμος]? Antigone risponde: E chi l’ha fatto questo bando? Dio? A me non risulta! Oppure la Giustizia dei morti? Non ha mai stabilito leggi simili! Non credevo che i tuoi ordini [κηρύγματα] fossero così potenti da obbligare un essere umano a infrangere le leggi degli dèi [θεῶν νόμιμα]. Quelle sono leggi non scritte e incrollabili [ἄγραπτα κἀσφαλῆ θεῶν νόμιμα]. Non sono di oggi o di ieri: vivono da sempre, e nessuno sa quando siano apparse.4 1 Una probabile etimologia del nome Ἀντίγονος è “nato in sostituzione (di un altro figlio morto)” oppure “nato in contrasto”. 2 Sofocle, Antigone, traduzione di Davide Susanetti, 2012, p. 59 (versi 21-30). Ismene è impaurita; il suo carattere la predispone più all’obbedienza che alla ribellione e risponde: “Dobbiamo piegarci a chi è più forte di noi, obbedire agli ordini, anche peggiori di questi. Io darò retta a chi comanda e chiederò perdono ai morti: è così e non posso farci niente. Che senso ha tentare l’impossibile?” Cfr. Sofocle, Antigone, traduzione Davide Susanetti, 2012, p. 63 (versi 61-68). 3 Cfr. Simone Weil, Antigone, 2009, pp. 15-16. Il racconto di Simone Weil, destinato agli operai delle fonderie di Rosières, fu pubblicato il 16 maggio 1936 sulla rivista “Entre nous”. 4 Sofocle, Antigone, traduzione di Davide Susanetti, 2012, p. 89 (versi 450-457). Si confronti la traduzione di Raffaele Cantarella: “Ma per me non fu Zeus a proclamare Il nomotropismo di Antogone 155 0.3. Nel passo che ho appena citato (i versi 450-457) Antigone invoca a giustificazione del proprio agire le leggi degli dèi [θεῶν νόμιμα]. Non è questo l’unico passo della tragedia di Sofocle nel quale Antigone adduca una giustificazione del proprio agire facendo appello ad una legge [νόμος]. V’è almeno, un secondo passo nel quale il ragionamento di Antigone è, tuttavia, diverso e sorprendente. Si tratta del passo corrispondente ai versi 902-912, nei quali Antigone dichiara che, se Polinice, invece che suo fratello, fosse stato suo marito o suo figlio, ella non avrebbe sfidato il volere dei cittadini, seppellendo il suo corpo: E questa è la bella ricompensa, Polinice, per aver sepolto il tuo cadavere! Ma ho fatto bene a renderti questi onori. Chi è saggio lo capisce. Non avrei affrontato questa fatica, non avrei agito contro la città, per un figlio o per un marito. Perché dico così? Per quale legge [νόμος]? Se mi fosse morto un marito, avrei potuto averne un altro. O fare un figlio con un altro uomo, se avessi perso il figlio che avevo. Ma mia madre e mio padre ormai sono morti, e un altro fratello non potrebbe più nascermi. Ho seguito questa legge [νόμος] e ho scelto di onorare te prima di tutto, o fratello mio. (corsivo mio)5 0.4. I versi appena citati (i versi 902-912) sono stati “oggetto di interminabile discussione tra filologi e non filologi, e si è giunti perfino a dubitare della loro genuinità”.6 quel divieto, né Dike, che dimora con gli dèi negli inferi, tali leggi fissò per gli uomini. E non pensavo che i tuoi editti [κηρύγματα] avessero tanta forza, che un mortale potesse trasgre- dire le leggi non scritte incrollabili degli dèi [ἄγραπτα κἀσφαλῆ θεῶν νόμιμα]. Infatti, queste non sono di oggi o di ieri, ma sempre vivono, e nessuno sa da quando apparvero.” (Sofocle, Edipo Re. Edipo a Colono. Antigone, traduzione di Raffaele Cantarella, 1982, 2013, p. 289.) 5 Sofocle, Antigone, traduzione di Davide Susanetti, 2012, pp. 121-122 (versi 902-912). Si confronti la traduzione di Raffaele Cantarella: “E anche ora, o Polinice, per avere coperto il tuo corpo questa sorte ottengo. Eppure io ti resi onore giustamente, per chi ha senno. Infatti, mai, né se fossi divenuta madre di figli, né se fosse stato il cadavere di mio marito a corrompersi, io mi sarei assunta questo ufficio entro il volere dei cittadini. E in forza di quale principio [νόμος] lo affermo? Morto il marito, ne avrei avuto un altro; e da un altro uomo avrei avuto un figlio, se quello mi fosse mancato: ma ora che mia madre e mio padre sono in fondo all’Ade, non è mai più possibile che mi nasca un fratello. Eppure poiché secondo questa legge [νόμος] ti ho particolarmen- te onorato, è sembrato a Creonte che questa fosse una colpa e che io abbia osato una cosa terribile, fratello mio.” (Sofocle, Edipo re. Edipo a Colono. Antigone, traduzione di Raffaele Cantarella,1982, 2013, pp. 317-319.) Si confronti la traduzione di Ezio Savino: “Oggi, Polinice, ho seppellito il tuo cadavere: ed ecco il frutto. Doveroso rito, darebbe la ragione; certo avessi avuto in me forza di madre, e i figli miei, o fosse sposo mio putrido di morte, non avrei tentato questa prova, sfidando il potente. A che logica obbedisce, e a che diritto [νόμος], quanto dico? Fosse stato lo sposo, a cadermi, trovavo altri. E altri figli, da diverso uomo, se restavo senza figli. Ma padre e madre, uniti, posano nel profondo Nul- la, e rifiorire di fratelli non è dato. Ecco il diritto [νόμος] per cui t’ho scelto, t’ho nobilitato, fratello caro: e Creonte lo giudica colpa, e scatto assurdo.” (Sofocle, Edipo Re. Edipo a Colono. Antigone, traduzione di Ezio Savino, 1977, 1989, p. 283.) 6 Cfr. Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lut- to, 2009, pp. 321-322. Cfr. anche Giampiera Arrigoni, La ‘filantropia’ di Antigone, al simposio La parola ad Antigone. Tra diritto, letteratura e filosofia. Milano 23 maggio 2014, pubblicato in 156 Paolo di Lucia Tra coloro che li hanno criticati più severamente troviamo Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), il quale scrive: Nell’Antigone v’è un passo che mi è sembrato un difetto, e per il quale non so che cosa darei se un filologo capace ci dimostrasse che è stato inserito in un secondo tempo e che non è autentico. Infatti, dopo che, nel corso della tragedia l’eroina ha superbamente esposto le ragioni della sua condotta rivelandoci tutta la nobiltà e la purezza della sua anima, alla fine, quando sta avvicinandosi alla morte, adduce a propria giustificazione un ulteriore motivo che è davvero pessimo e rasenta il ridicolo [das Komische]. Dice che quel che ha fatto per suo fratello, non l’avrebbe fatto per dei figli, se fosse stata madre, e nemmeno per un marito. Infatti – dice – se mi fosse morto il marito avrei potuto risposarmi, e se mi fossero morti i figli ne avrei potuto mettere al mondo altri con un nuovo marito. Ma con mio fratello è un’altra cosa. Non posso riavere un fratello perché mio madre e mia madre sono morti e dunque non c’è nessuno che potrebbe generarlo. Questo è almeno il senso nudo di questo passo, che sulle labbra di una eroina condotta a morte, altera secondo me l’atmosfera tragica [tragische Stimmung] e mi sembra troppo ricercato oltre che troppo simile a un calcolo dialettico [dialektischer Calcül].7 È forse proprio a causa dei dubbi sulla genuinità di quei versi che una delle traduzioni italiane più note dell’Antigone, quella del poeta Enzio Cetrangolo (1919-1986), non li riporta. Si legge infatti: Ed ora per seppellire te, Polinice, ecco il premio che ricevo. Ma quale legge santa io ho offeso? Gli occhi al cielo sollevo inutilmente. Chi posso invece invocare al mio soccorso? Mi hanno accusata di un’empietà per un atto pio.8 0.5. Con buona pace di Goethe, i versi 902-912 mi sembrano, invece, la testimonianza di un fatto essenziale per la comprensione del senso del comportamento di Antigone: il comportamento di Antigone non è dettato né dal semplice affetto nei confronti del fratello, né dal semplice rispetto nei confronti delle leggi degli dèi [θεῶν νόμιμα]. Seppellendo il corpo di Polinice, Antigone ha seguito un νόμος.9 questa rivista. 7 Johann Peter Eckermann, Gespräche mit Goethe in den letzten Jahren seines Lebens, 28. März 1827, 1848, pp. 128-129. 8 Cfr. Carlo Diano (ed.), Il teatro greco. Tutte le tragedie, 1980, p. 192. 9 Secondo il filologo Karl Reinhardt, Sophokles, 1976 (traduzione italiana, p. 98): “An- tigone segue il νόμος dell’amore fraterno così come segue la legge divina e la propria na- tura. Per Sofocle l’uno e l’altro si includono a vicenda.” Rimando ad un ulteriore studio la suggestiva ipotesi, suggeritami da Ignasi Terradas Saborit, secondo la quale vi sarebbe un rapporto tra il νόμος invocato da Antigone (nei versi 902-912) e la legge che governa il sistema della parentela nei sistemi matrilineari. Questa prospettiva di ricerca sarebbe con- fermata dai versi 466-467: “[…] lasciare insepolto quel corpo, il figlio di mia madre, quella, sì, sarebbe stata una vergogna!” (Sofocle, Antigone, 2012, traduzione di Davide Susanetti, p. 89-91.) Sui sistemi matrilineari cfr., Claude Lévi-Strauss, Les structures élémentaires de la parentalité, 1947 (traduzione italiana: Le strutture elementari della parentela, 1969, 2010, cap. IX, pp. 183-200); Meyer Fortes, Kinship and Marriage among the Ashanti, 1950, pp. 273-276; Il nomotropismo di Antogone 157 Dunque, il comportamento di Antigone può essere fecondamente reinterpretato alla luce del concetto di agire nomotropico (o nomotropismo)10: quell’agire in relazione a norme o regole [Regelbezogenheit], che è il concetto-chiave della sociologia filosofica del diritto di Amedeo Giovanni Conte.11 Ma: Qual è esattamente il νόμος che Antigone ha seguito? Per rispondere a questa domanda è essenziale considerare due fatti che emergono dalla lettura dei versi 902-912. Il primo fatto consiste nella compresenza, accanto al dilemma morale (se onorare il fratello Polinice, seppellendolo, o onorare la patria, lasciando Polinice insepolto), di un dilemma parentale (se preferire il marito, o preferire il figlio, o preferire il fratello). (§. 1. I due dilemmi di Antigone). Il secondo fatto consiste, invece, nel carattere paradossale del comportamento di Antigone: Antigone agisce in-funzione-di un νόμος inadempibile e inviolabile. (§ 2. Il paradosso del nomotropismo di Antigone). 1. I due dilemmi di Antigone. Per rispondere alla domanda che ho formulato (Qual è esattamente il νόμος che Antigone ha seguito?), rileggiamo i versi 904-908: Non avrei affrontato questa fatica, non avrei agito contro la città, per un figlio o per un marito. […] Ma mio padre e mia madre ormai sono morti, e un fratello non potrebbe nascermi. Ho seguito questo νόμος e ho scelto di onorare te prima di tutto, o fratello mio.12 In questi versi dell’Antigone si contraggono, in uno, due dilemmi, distinti ma non irrelati: il primo dilemma è il dilemma morale, vissuto da Antigone, se onorare il fratello Polinice, seppellendolo, o onorare la patria, lasciando Polinice insepolto (§ 1.1.); il secondo dilemma è il dilemma parentale, soltanto astrattamente evocato Pier Giorgio Solinas, L’esogamia perfetta. Lo spazio genealogico dell’affinità, 1998, pp. 203-299 (§ 5.1. alle pp. 284-288). Per questi ed altri preziosi riferimenti bibliografici ringrazio Ignasi Terradas Saborit. 10 Il termine ‘nomotropismo’ appartiene al lessico filosofico di Amedeo Giovanni Conte ed è modellato su ‘fototropismo’ (orientamento degli organismi viventi rispetto alla sorgente luminosa). Cfr. Amedeo Giovanni Conte, Nomotropismo. Agire in-funzione-di regole, 2000, rielaborato in Amedeo Giovanni Conte, Sociologia filosofica del diritto, 2011. 11 La sociologia filosofica del diritto si ispira, tra altro, alla sociologia comprendente [verstehende Soziologie] di Max Weber (1864-1920), che indaga l’orientamento dell’azione a un ordinamento posto [Orientierung des Handelns an einer gesatzten Ordnung]. 12 Sofocle, Antigone, traduzione di Davide Susanetti, 2012, pp. 121-122 (versi 902- 912). 158 Paolo di Lucia da Antigone, se preferire il marito, o preferire il figlio, o preferire il fratello (§ 1.2.).13 1.1. Primo dilemma: il dilemma morale di Antigone. 1.1.1. Il primo dilemma evocato dai versi 902-912 è il dilemma morale: se onorare il fratello Polinice, seppellendolo, o onorare la patria, lasciando Polinice insepolto.14 Il dilemma morale di Antigone consiste nella impossibilità materiale per Antigone di adempiere congiuntamente due doveri (deontici), che, materialmente, non sono congiuntamente adempibili: il dovere di onorare il fratello seppellendone le spoglie, e il dovere di onorare la patria. Secondo il filosofo e logico finlandese Georg Henrik von Wright (1916-2003), un dilemma morale può essere caratterizzato come quella situazione, che nella lingua inglese è denominata con il termine ‘predicament’, nella quale si trova un agente quando: qualunque cosa egli faccia, egli commette un atto che non deve fare; qualunque cosa egli non faccia, egli omette un atto che deve fare.15 Un tipico esempio di predicament è quello descritto dal celebre episodio biblico di Jefte, narrato nel libro dei Giudici. Jefte fece un voto a Jahweh con queste parole: “Se tu mi farai vincere gli Ammoniti, quando tornerò vincitore dalla guerra contro di loro, colui che uscirà per primo dalle porte di casa mia per venirmi incontro, sarà sacro a Jahweh e glielo offrirò in olocausto.” Jefte mosse dunque contro gli Ammoniti e Jahweh li dette in suo potere. Egli li sconfisse da Aroer fino a Minnit, conquistando venti città. […] Quando Jefte tornò a casa sua in Maspa, sua figlia gli uscì incontro, per prima guidando un gruppo di fanciulle che danzavano al suono dei cembali. Quando egli la vide, si stracciò le vesti ed esclamò: “Ahimè! Figlia mia, davvero tu m’hai prostrato nel dolore. Sei tu la causa del mio turbamento, ché io l’ho promesso a Jahweh e non posso tirarmi indietro”. Ma ella rispose: “Padre, se hai fatto una promessa a Jahweh, poiché Jahweh ti ha concesso di vendicarti dei tuoi nemici, gli Ammoniti, fa’ di me secondo la tua promessa.”16 Jefte ha promesso a Dio che sacrificherà la prima persona che uscirà da casa sua, se Dio gli concederà la vittoria sugli Ammoniti. Ora, la prima persona che Jefte incontra è la propria figlia. Da un lato, dunque, Jefte deve sacrificare sua figlia in virtù della promessa fatta a Dio. Dall’altro, Jefte non può ucciderla perché ella è sua figlia. 13 Il concetto di dilemma parentale è introdotto da Maurizio Bettini, Il fratello di An- tigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. 321-338. 14 Cfr. Ruth Barcan Marcus, Moral Dilemmas and Consistency, 1980, pp. 121-122. Cfr. Carla Bagnoli, Dilemmi morali, 1996. 15 Georg Henrik von Wright, An Essay in Deontic Logic and the General Theory of Action, 1968, p. 79 (traduzione mia). 16 I Giudici, 1985, pp. 179-182 (traduzione di Paolo Sacchi). Il nomotropismo di Antogone 159 1.1.2. Sul piano logico, non v’è incompatibilità tra il dovere di mantenere la promessa fatta a Dio e il dovere di rispettare la vita dei propri figli. Tuttavia tali doveri entrano in conflitto sul piano ontologico, poiché la prima persona incontrata da Jefte è, purtroppo, sua figlia. Analogamente, sul piano logico non v’è incompatibilità tra il dovere della fedeltà a un fratello e il dovere della fedeltà alla propria patria, ma sul piano ontologico essi non sono congiuntamente adempibili. Il dilemma morale di Antigone (così come il dilemma di Jefte) nasce, dunque, da quella specie di conflitti di doveri che sono conflitti di dovere non assoluti, ma piuttosto sono conflitti di dovere relativi: relativi a certe circostanze di fatto. In altri termini, è possibile tracciare una distinzione tra doveri incompatibili per ogni possibile configurazione della realtà e doveri incompatibili, soltanto in una particolare, contingente, configurazione della realtà. Alla prima ipotesi corrisponde ciò che viene comunemente chiamato una antinomia. Alla seconda ipotesi corrisponde, invece, ciò che von Wright chiama predicament e Amedeo Giovanni Conte paranomia. 17 1.1.3. Tornando ai versi 902-912 dell’Antigone, ciò che colpisce il lettore è che Antigone, prima di decidere se onorare il fratello o onorare la patria (prima dunque di sciogliere il dilemma morale), si rappresenti astrattamente la possibilità che ad essere onorato con la sepoltura sia non il fratello, ma un marito o un figlio. Antigone subordina pertanto la soluzione del dilemma morale (se onorare il fratello Polinice, seppellendolo, o onorare la patria, lasciando Polinice insepolto) alla formulazione e alla soluzione di un dilemma parentale (se preferire il marito, o preferire il figlio, o preferire il fratello). Passiamo dunque a esaminare il dilemma parentale di Antigone. 1.2. Secondo dilemma: il dilemma parentale di Antigone. 1.2.1. Il secondo dei due dilemmi di Antigone (evocato soltanto astrattamente dalle parole di Antigone nei versi 902-912) è (per usare il lessico del filologo Maurizio Bettini), il dilemma parentale: se preferire il marito, o preferire il figlio, o preferire il fratello.18 Dice, infatti, Antigone: 17 Cfr. Georg Henrik von Wright, An Essay in Deontic Logic and the General Theory of Action, 1968; Amedeo Giovanni Conte, Codici deontici, 1976; Amedeo Giovanni Conte, Parerga leibnitia- na, 1978. Ma soffermiamoci ancora sul parallelismo tra il dilemma di Jefte e il dilemma di An- tigone. Nel dilemma di Jefte, la “particolare, contingente, configurazione della realtà” consiste nel fatto che Jefte ha liberamente e volontariamente fatto voto a Dio di sacrificare la prima persona che avrebbe incontrato. Dunque Jefte - si potrebbe dire - ha causato con la propria autonoma promessa, la situazione nella quale egli viene a trovarsi: il conflitto tra un primo νόμος (in forza del quale egli deve adempiere il voto fatto a Dio), e un secondo νόμος (il νόμος che gli impone il rispetto della vita della propria figlia). E, per questo, Jefte si straccia le ve- sti. Nel dilemma di Antigone, invece, “la particolare, contingente, configurazione della realtà” consiste nel fatto che è intervenuta ab extra una norma eteronoma (il bando di Creonte), che ha vietato ad Antigone (e a tutti gli altri cittadini di Tebe) di seppellire il corpo di Polinice. Antigone subisce, dunque, il decreto di Creonte che, vietando la sepoltura di Polinice, le im- pedisce il congiunto adempimento di due doveri (il dovere di onorare le spoglie del fratello; il dovere di onorare la patria) che dipendono entrambi da norme eteronome. 18 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. pp. 321 ss. 160 Paolo di Lucia Non avrei affrontato questa fatica, non avrei agito contro la città, per un figlio o per un marito. […] Ma mio padre e mia madre ormai sono morti, e un fratello non potrebbe nascermi. Ho seguito questa legge e ho scelto di onorare te prima di tutto, o fratello mio.19 Nei versi appena citati (i versi 902-912), come si è detto, Antigone mostra di legare la soluzione del dilemma morale (se onorare il fratello Polinice, seppellendolo, o onorare la patria, lasciando Polinice insepolto) alla formulazione e alla soluzione di un dilemma parentale (se preferire il marito, o preferire il figlio, o preferire il fratello). A mettere in evidenza questa connessione è stato Maurizio Bettini (Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009), il quale esamina un interessante parallelismo: il parallelismo che “da sempre si cita a proposito della giustificazione invocata da Antigone, ossia la risposta della moglie di Intafrene (vel Intaferne) a Dario, risposta che è riportata nel libro III delle Storie di Erodoto (484 a.C.- 425 a.C.)”.20 Si legge nelle Storie di Erodoto che Dario aveva fatto catturare Intafrene e tutti i suoi parenti convinto che tramassero contro di lui. Scrive Erodoto: E dopo averli catturati li gettò in catene, condannandoli a morte. Ma la moglie di Intafrene veniva continuamente alla porta del re piangendo e gemendo: perseverando in questo atteggiamento, essa finì per suscitare la compassione di Dario, il quale le inviò un messaggero a riferirle queste parole: “Donna, il re Dario ti concede di salvare la vita di uno dei tuoi parenti imprigionati: scegli pure chi vuoi fra tutti.” La moglie di Intafrene rispose: “Se il re mi concede la vita di uno solo, allora fra tutti scelgo mio fratello”. Dario si stupì della risposta di Intafrene e le mandò a dire: Donna, il re si domanda in base a quale ragionamento [γνώμη] tu abbandoni tuo marito e i tuoi figli e preferisci che a sopravvivere sia tuo fratello, il quale ti è certo più estraneo dei tuoi figli e meno caro di tuo marito. E la donna rispose: O re, se il dio lo vuole, io posso avere un altro marito, e altri figli, se perdo questi; ma poiché mio padre e mia madre non sono più vivi, in nessun modo potrei avere un altro fratello. È in base a questo ragionamento [γνώμη] che ti ho dato quella risposta. 19 Sofocle, Antigone, traduzione di Davide Susanetti, 2012, pp. 121-122 (versi 902- 912). 20 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. pp. 321 ss. Cfr. Erodoto, Storie, III, 119, 5 ss. Secondo Paul Mazon e Alphonse Dain (Sophocle, Antigone, 1967), il passo di Erodoto è citato da Sofocle in segno di omaggio ad Erodoto. Il nomotropismo di Antogone 161 Dario lasciò libero, oltre al fratello, il maggiore dei figli, e mandò a morte tutti gli altri. 1.2.2. Dall’analisi del parallelismo tra il passo di Erodoto e il passo di Sofocle emergono con chiarezza, tra il dilemma della moglie di Intafrene e il dilemma di Antigone, una differenza e una analogia. 21 (i) La differenza consiste nel fatto che, mentre alla moglie di Intafrene viene espressamente chiesto di scegliere quale delle tre relazioni familiari ella volesse mantenere in vita, al contrario, Antigone non si trova a scegliere fra queste tre relazioni – è lei che si rappresenta, astrattamente, questa situazione, per motivare la propria decisione di privilegiare il rapporto con il fratello non su quello con gli altri congiunti (marito e figli), ma sul volere dei cittadini.22 Il dilemma è dunque, per Intafrene, drammaticamente concreto. Nel passo dell’Antigone (nei versi 902-912), il dilemma parentale è, invece, soltanto astrattamene evocato. (ii) Fin qui la differenza. Ed ecco l’analogia. L’analogia tra Erodoto e Sofocle consiste, invece, secondo Bettini, nel fatto che ambedue le donne (sia la moglie di Intafrene, sia Antigone) invocano una stessa ragione a sostegno delle proprie decisioni. Antigone designa questa ragione con il termine ‘νόμος’; la moglie di Intafrene con il termine ‘γνώμη’. La ragione è: “i figli e i mariti possono essere rimpiazzati, i fratelli non possono esserlo”.23 Secondo Bettini, il perché utilizzato per uscire da un dilemma “può rivelare aspetti nascosti della struttura sociale che lo ha generato”.24 In questi due casi, la ragione addotta a sostegno delle due decisioni rivela, secondo Bettini, un 21 Cfr. Stephanie West, Sophocles “Antigone” and Herodotus “Book Three”, 1999. Bettini (Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. 327-328) richia- ma alla memoria anche una ricerca dell’antropologa francese Denise Paulme (1909-1998), sui dilemmi parentali in Africa. Denise Paulme riferisce due racconti: un primo racconto dei Beté (Costa d’Avorio) e un secondo racconto dei Dogon (Sudan). Cfr. Denise Paulme (Littérature orale et comportements sociaux en Afrique noire, 1961. Bettini (Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. 330 ss.) ricollega, poi, al dilemma pa- rentale una sopravvivenza (survival) della Calabria ionica: il proverbio “Mariti mi n’abbrazzu, figghi mi ni fazzu, frati e soru comu fazzu?” (Traduzione: “Mariti posso abbracciarne (averne più d’uno), figli ne posso generare, ma come faccio se perdo fratelli e sorelle?”.) 22 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, p. 325. 23 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. 324-325. 24 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, p. 327. 162 Paolo di Lucia identico modo di concepire la parentela e la famiglia: esse sono (i) “una sorta di scacchiera in cui certi morti, a determinate condizioni, possono essere rimpiazzati dai vivi”;25 (ii) un “insieme di elementi che stanno fra loro in rapporto di sostituibilità o meno, come una scacchiera in cui alcune pedine possono essere rimpiazzate e altre no”;26 (iii) una “scacchiera in cui solo alcuni morti possono essere sostituiti da parenti vivi, mentre altri restano insostituibili. Come il fratello di Antigone”.27 1.2.3. Siamo ora in grado di rispondere alla domanda che ho formulato nel § 0.5: Qual è esattamente il νόμος che Antigone ha seguito?. Antigone ha agito nomotropicamente seguendo il νόμος: il νόμος della parentela secondo il quale è impossibile avere un fratello, una volta che siano morti ambedue i genitori. 28 È sul carattere paradossale di questo agire nomotropico (o nomotropismo) di Antigone che vorrei ora soffermarmi nel § 2. 2. Il paradosso del nomotropismo di Antigone. 2.0. Introduzione. I versi 902-912 dell’Antigone, contrariamente a quanto riteneva Goethe, sono essenziali per comprendere il senso del comportamento di Antigone. Tali 25 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, p. 337. La concezione della parentela rivelata dal confronto tra i dilemmi parentali è confermata, secondo Bettini, dall’analisi delle regole del lutto nel mondo romano (Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, pp. 335-338). 26 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, p. 338 27 Maurizio Bettini, Il fratello di Antigone. Dilemmi parentali, survivals e regole del lutto, 2009, p. 337. 28 L’impossibilità di avere un fratello, una volta che sono morti ambedue i genitori è un caso di impossibilità nomoforica [nomophoric impossibility], una impossibilità relativa a νόμοι. Cfr. Ame- deo Giovanni Conte/Paolo Di Lucia, Adýnaton. Four dichotomies for a philosophy of impossibility, 2012. Mentre, per Antigone, sarebbe possibile avere un marito e sarebbe possibile avere un fi- glio; è, invece, impossibile, per Antigone, avere un fratello, poiché ambedue i genitori sono morti: è impossibile sia in virtù di un atto naturale sia in virtù di un atto giuridico. Tuttavia, esiste in certe culture, come mi ricorda Edoardo Fittipaldi, l’istituto dell’affratellamento, della fraternisation, che consiste nel costruire una parentela, una consanguineità, prodotta artificialmente (com- mixtio sanguinis). Cfr. Giovanni Tamassia, L’affratellamento. (ἈΔΕΛΦΟΠΟΙΙΑ) Studio storico-giuridi- co, 1886. Un documento più recente, segnalatomi da Alberto Maffi, è il decreto di “fraterniz- zazione di Nakone”, di età ellenistica, sul quale si vedano gli studi di Henri e Micheline Van Effenterre, L’acte de fraternisation de Nakone, 1988, e di Pascal Payen, Sur la violence de guerre en Grèce ancienne. Anthropologie, histoire et structure, in Pascal Payen et Évelyne Scheid-Tissinier (a cura di), Anthropologie de l’Antiquité. Anciens objets, nouvelles approches, 2012, pp. 201-238.
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