Quaderns d’Italià 19, 2014 139-150 Il Diario di viaggio in Svizzera di Antonio Fogazzaro Jean-Jacques Marchand Université de Lausanne [email protected] Abstract Antonio Fogazzaro (1842-1911), noto soprattutto per i suoi romanzi tra naturalismo, decadentismo e spiritualismo, come Piccolo Mondo Antico, Piccolo Mondo Moderno e Il Santo, esordì nel 1873 con il racconto in versi Miranda. Tuttavia la sua prima prova let- teraria risale al 1868 con il Diario di viaggio in Svizzera, che rimase inedito fino al 2006. Di questa breve opera, vengono studiati, sulla scia dell’ottima edizione datane da Fabio Finotti, i nessi con la tradizione del diario di viaggio del Sette e dell’Ottocento e con la scapigliatura milanese, nonché le anticipazioni di alcuni passi di Miranda, Malombra e Piccolo Mondo Antico. Parole chiave: naturalismo; decadentismo; spiritualismo, scapigliatura, diario di viaggio, racconto in versi e in prosa. Abstract. Antonio Fogazzaro’s Diario di viaggio in Svizzera Antonio Fogazzaro (1842-1911), known above all for his novels on naturalism, decadentism and spiritualism, such as Piccolo Mondo Antico, Piccolo Mondo Moderno and Il Santo, began his literary career in 1873 with the narrative poem Miranda. However, his first literary attempt is the Diario di viaggio in Svizzera, which remained unpublished until 2006. In relation to this work, in the line of the excellent edition of Fabio Finotti, this article studies the links with the tradition of the travel journal of the 18th and 19th centuries, with the milanese scapigliatura, and the anticipation of several passages of Fogazzaro’s works written in the years 1873-1895, such as Miranda, Malombra and Piccolo Mondo Antico. Keywords: naturalism; decadentism; spiritualism, scapigliatura; literary travel journal; novel in verse and in prose. ISSN 1135-9730 (paper), ISSN 2014-8828 (digital) 140 Quaderns d’Italià 19, 2014 Jean-Jacques Marchand All’inizio del Novecento, un giornalista letterario parigino volle sapere che cosa Gabriele D’Annunzio pensasse di quell’Antonio Fogazzaro, i cui romanzi, come Piccolo mondo antico e Piccolo mondo moderno, dopo il loro successo in Italia, erano stati tradotti in Francia.1 D’Annunzio rispose in modo piuttosto sprezzante: «Oh, il est de Vicence...».2 Un laconico giudizio che collocava lo scrittore vicentino in un irrimediabile provincialismo. Il trascorrere di un seco- lo ha probabilmente attenuato questo divario tra i due autori e la fortuna di Fogazzaro, —anche a dispetto di una certa critica talvolta un po’ reticente—, non ha cessato di progredire negli anni seguenti, grazie anche alla scuola che ne adottò presto i testi —almeno quelli non furono messi all’Indice— e ai media come il cinema e la televisione che diffusero adattamenti di suoi roman- zi negli anni Quaranta e Cinquanta.3 Si ricorderà pure che Fogazzaro, vent’anni prima della redazione dei due romanzi più noti scritti tra l’ultimo decennio dell’Ottocento e l’inizio del Nove- cento, esordì come poeta con una novella in versi intitolata Miranda del 1873 e con un primo romanzo dal nome di Malombra del 1881. Va però detto che il suo primissimo scritto in prosa, anche se forse lui non lo considerava veramen- te un’opera letteraria, fu il Diario di viaggio in Svizzera che scrisse nel 1868. Lo scritto rimase inedito per più di un secolo, finché Fabio Finotti non lo fece conoscere, pubblicandolo nel 2006 in una ottima edizione, tanto sul piano filologico, quanto su quello del commento (introduzione e note).4 Il Diario però non venne poi né studiato né rivalutato, benché lo meritasse tanto per la qualità della scrittura quanto per il fatto che costituì una sorta di laboratorio per alcuni passi che ricompariranno in alcune opere posteriori, ed in partico- lare in Miranda e in Malombra. Nel 1868, Fogazzaro ha 26 anni; si era sposato due anni prima con la contessa Margherita di Valmarana di Vicenza, ed ha appena conseguito il brevetto di avvocato per compiacere al padre, ma è ben deciso di dedicarsi alla letteratura. Il racconto del suo viaggio in Svizzera può essere considerato il banco di prova, o almeno il laboratorio, del suo ingresso in letteratura, visto che non è solo una relazione fatta giorno per giorno degli eventi e delle rifles- sioni delle ultime ore, ma che costituisce lo spunto per considerazioni di vario tipo, che troveranno la loro conferma e il loro ampliamento nelle opere degli anni seguenti. La circostanza del viaggio sembra quasi fortuita: alla fine del mese di luglio del 1868 i giovani coniugi decidono di compiere una cura termale estiva, non a Recoaro, come usava nelle loro famiglie, ma a San Bernardino nei Grigioni, 1. Il primo, del 1895, era stato pubblicato in traduzione francese nel 1897 e il secondo, del 1901, nel 1903. 2. La battuta venne riportata da Ugo Ojetti sul Corriere della Sera dell’11 gennaio 1911. 3. Va menzionato almeno il film Piccolo mondo antico, che Mario Soldati trasse dal romanzo nel 1941. 4. Antonio Fogazzaro, Diario di viaggio in Svizzera (1868), Vicenza: Accademia Olimpica, 1996 («Collana Fogazzaro» n. 1). È un’edizione che ci ha offerto non pochi spunti per il nostro articolo. Il Diario di viaggio in Svizzera di Antonio Fogazzaro Quaderns d’Italià 19, 2014 141 luogo anche più vicino per loro che abitano a Milano, secondo quanto viene comunicato dallo stesso Antonio alla suocera Valmarana: Alcuni ricordi dei miei vecchi incomodi intestinali mi, anzi ci, han persuasi di cambiare idea e di provare le acque di S. Bernardino che sono identiche a quelle di Recoaro.5 Il diario comincia a Lugano, due giorni dopo l’invio di questa lettera, cioè il 29 luglio, e narra il viaggio da Lugano a San Bernardino passando per Bel- linzona; il soggiorno in montagna per la cura dal 2 al 13 agosto; e il ritorno, per Coira, Zurigo, Lucerna e il passo del Gottardo, dal 14 al 16 agosto. Ma se il breve viaggio in Svizzera viene annunciato assai tardi alla famiglia, in realtà deve essere stato preparato con molta cura dall’autore. Infatti in que- sto Diario di una cinquantina di pagine si possono rilevare numerose allusio- ni a tutta una serie di autori che hanno descritto questi —o simili— paesaggi alpini, le popolazioni che ci vivono, e più vicino nel tempo a guide turistiche di vario genere.6 In realtà, anche se lo fa per svago e per un uso apparentemente del tutto privato, Fogazzaro sa bene che scrivendo un diario di viaggio, e più partico- larmente un diario di viaggio nelle alpi, egli non si appresta a scrivere il diario di un distinto giovane, che deve compiere il suo esame di coscienza giornalie- ro, o di un adolescente che racconta le proprie speranze e i propri amori —per citare altre forme possibili di diario— ma che si confronta con un genere letterario ben consolidato —il diario di viaggio—, che lo induce a rifarsi a modelli e a giudizi che vanno da Tacito fino alle più recenti edizioni della guida Baedecker. E perciò questo esile Diario si trova ad essere collegato sia al pas- sato, cioè a tutta la tradizione, per lo più letteraria, del diario di viaggio, di cui assume la struttura, sia al presente con un adeguamento ai gusti fra scapiglia- tura e realismo, sia al futuro come banco di prova di evocazioni naturalistiche e di riflessioni filosofico-morali, che troveranno sviluppo e compimento nelle opere dei decenni seguenti. È l’analisi di questo triplo aspetto letterario che intendo approfondire in questo articolo, al di là dell’aspetto puramente aned- dotico degli eventi di una quindicina di giorni trascorsi tra Svizzera meridio- nale, orientale e centrale. Il concetto moderno di viaggio, un viaggio laico, a scopo non commerciale, ma di svago e di riflessione viene di solito collegato al Grand Tour che, dalla fine del Seicento, i giovani nobili inglesi compivano in Europa; tuttavia più che di svago questo lungo viaggio con soggiorni di vari mesi, prevalentemente in Francia e in Italia, ma anche in Svizzera e in Germania, compiuto con un pre- cettore e vari servitori, era un viaggio di formazione, essenzialemente culturale e di acquisizione di buone maniere. L’abitudine si diffuse poi nel Settecento e nell’Ottocento anche nell’alta società dei principali paesi dell’Europa continen- 5. Lettera di Antonio Fogazzaro alla suocera del 27 luglio 1868 alla suocera, in O. Morra, Fogazzaro nel suo piccolo monde (dai carteggi familiari), Bologna: Cappelli, 1960, p. 116. 6. Rinviamo all’introduzione e alle note dell’ed. cit. per la loro individuazione. 142 Quaderns d’Italià 19, 2014 Jean-Jacques Marchand tale. Questi viaggi-soggiorni di formazione non esigevano, ma implicavano spesso, la scrittura di diari e di lettere ai familiari. Il Grand Tour —il termine comparve nella letteratura inglese alla metà del Settecento, anche se esisteva di fatto da un secolo nella formazione del «Compleat Gentleman»— aveva per scopo la visita delle grandi città europee e naturalmente dei monumenti dell’an- tichità greco-latina, in particolare Roma, Pompei ed Ercolano. In Svizzera, si visitavano al massimo Ginevra, soprattutto per i protestanti, talvolta Losanna, meno spesso Zurigo. Il passaggio delle Alpi costituiva solo una tappa spiacevo- le e pericolosa del Grand Tour nello spostamento dalla Francia all’Italia. A parte la sfida alla paura che ciò comportava, l’attraversamento delle montagne non rappresentava un elemento formativo o uno stimolo alla riflessione. È solo alla fine del Settecento che le sensibilità cambiano e che i viaggia- tori rivolgono maggiore attenzione al paesaggio e alla vita primitiva. Il paesag- gio, soprattutto quello dei laghi e dei monti, non sono più visti come ostaco- li o luoghi di passaggio verso città e monumenti, ma vengono ammirati di per sé; anche perché vi si trovano popolazioni primitive che si sono protette dalla corruzione della civiltà, e che sono i crogiuoli della libertà. Si pensi a Schiller e al suo Guglielmo Tell, poco dopo musicato da Rossini, si pensi alle Rêveries di Rousseau, che però non riguardano le alpi. Ma la novità sta anche nel fatto che vengono scritti diari di viaggio e che vengono anche talvolta pubblicati, creando un vero e proprio genere. Si ricorderanno i Voyages dans les Alpes di Saussure pubblicati a partire dal 1779, oppure, per la letteratura italiana, il Viaggio sul Reno e l’Elogio di Gessner del Bertola usciti fra il 1795 e il 1798. Nel primo Ottocento è tutto un fiorire di paesaggi alpini nella letteratura europea —si pensi a Mme de Stael, a Châteaubriand, a Lord Byron, a Victor Hugo— e questi paesaggi servono da supporto all’espressione spesso malinco- nica e talvolta tragica dei sentimenti. Nel secondo Ottocento, i viaggi si democratizzano e si velocizzano. Non si compie più un gran viaggio di formazione che serve da capitale per tutta una vita, ma si vanno a visitare e rivisitare città e luoghi in occasione di sog- giorni relativamente corti; si vogliono ritrovare luoghi descritti nei romanzi o cercare uno sfogo, un’esaltazione ai propri sentimenti in un momento di crisi o di emozione. Occorrono perciò aiuti pratici per compiere il viaggio nelle migliori condizioni e per non lasciarsi sfuggire un luogo o un paesaggio par- ticolarmente significativo lungo il percorso. Nascono così le guide: mentre i diari e le lettere erano rivolti al passato, registrando ciò che si era visto e i sentimenti che questi luoghi avevano suscitato, le guide sono rivolte al futuro; sono scritte per essere utilizzate nei futuri spostamenti. Le prime guide stam- pate e ristampate per più di un secolo e mezzo sono quella di Murray e quella di Baedecker (quest’ultima è diventata, come si sa, un nome comune per designare la guida turistica per antonomasia). Nelle guide il discorso mira all’utilità, alla razionalità: indica i tempi e i mezzi di spostamento, i luoghi da vedere, l’altezza delle montagne, la dimensione dei laghi, gli alberghi e i risto- ranti. Le guide perciò sono apparentemente l’antitesi di un diario romantico di viaggio: eppure non mancano le informazioni sulle leggende locali, i pae- Il Diario di viaggio in Svizzera di Antonio Fogazzaro Quaderns d’Italià 19, 2014 143 saggi e i sentimenti che possono suscitare, i luoghi comuni sugli abitanti, le relazioni tra monumento e sentimento; varie di queste guide costituiscono perciò un incentivo importante per i poeti e gli scrittori alla loro immagina- zione nell’ambientazione delle loro opere, per la creazione di personaggi, per le descrizioni paesaggistiche e per gli abbinamenti con i relativi sentimenti. Il Diario di Fogazzaro raccoglie in qualche modo questa doppia eredità della scrittura di viaggio dell’Ottocento. Ma il giovane Fogazzaro non appar- tiene già più al primo romanticismo: gli anni Sessanta dell’Ottocento a Mila- no, dove Fogazzaro risiede a partire dal 1866, sono segnati dalla presenza di poeti scapigliati come Emilio Praga, Arrigo Boito, Igino Ugo Tarchetti, Gio- vanni Camerana, Carlo Dossi, che frequenta senza aderire completamente al loro spirito rivoluzionario e libertario. Da loro però eredita una sensibilità critica nei confronti del conformismo borghese e di un romanticismo troppo sdolcinato alla Prati e alla Aleardi. Assume inoltre il loro doppio atteggiamen- to di adesione ad una sensibilità romantica, come l’espressione dei sentimenti, la ricerca di forme occulte delle attività spirituali, l’anelito verso l’infinito, ma anche una forma di rifiuto dei facili entusiasmi, di critica dell’eccessivo senti- mentalismo. E questo atteggiamento si ritroverà nel Diario, nella tentazione delle emozioni suscitate dal viaggio e dai paesaggi, come pure nella volontà di esercitare su di esse un controllo critico o di rivolgere loro un ironico sguardo. Tre anni prima, nel 1865, Emilio Praga, forse il maggiore di questi scapigliati, aveva pubblicato sulla Rivista minima di Milano dei taccuini di viaggio, molto spiritosi e pungenti, intitolati Schizzi a penna. Di questo primo aspetto dell’opera, cioè del rapporto con la tradizione del genere e della sensibilità letteraria, si possono verificare alcune manifestazioni nel corso del testo. Fin dalle prime frasi, constatiamo che Fogazzaro imposta il discorso non come una semplice relazione di viaggio, ma come il risultato di un dialogo implicito con la tradizione, con anteriori racconti di viaggio, con notizie tratte da guide, con luoghi comuni che vengono rivisitati e discussi. Si lascia Lugano in un bel landau tratto da due vigorosi cavalli svizzeri: essi rivelano la energia di questa natura come i contadini muscolosi che incontria- mo per via barbuti e scamiciati. Da Lugano si sale tra i vigneti, tra i giardini, tra le ville eleganti; le Alpi sono vicine ma la dolce Italia vive ancora e prima di morire brilla nel lago, nel cielo, nei colli. È una patetica chiusa di uno splen- dido poema. Ma qualche cosa è filtrata d’Oltralpe: la lindura delle casine, dei crotti non è italiana. Quanti crotti. La vigna rigogliosa è come l’esultanza della terra e questi crotti dovrebbero accennare ad una esultanza del popolo. Bevon troppo, son viziosi. Sarà, ma almeno non si appiattano a bere in bugigattoli cittadini senza aria e senza lume.7 Come si vede, la descrizione non è strettamente oggettiva, ma implica una serie di presupposti, come se Fogazzaro volesse entrare in discussione con nar- razioni di viaggio anteriori, confermare o contestare dicerie diffuse. Fin dalle 7. Ed. cit., p. 55. 144 Quaderns d’Italià 19, 2014 Jean-Jacques Marchand prime battute, il viaggio si configura come una ricerca. La prima è quella che fa parte dell’immaginario mediterraneo del Nord, fin dalla Germania di Tacito, ma confermato anche dai racconti di viaggio del periodo romantico: il sano vigore della gente e degli animali, la pulizia delle case, la durezza e l’asprezza dei paesaggi, la rozzezza degli uomini. Ma, come i viaggiatori più curiosi e più cri- tici nei confronti delle opinioni comuni, il suo sguardo, la sua mente tendono a verificarle con i fatti e a contraddirne alcune. Inoltre, il resoconto non è quel- lo di un illuminista o quello di uno scienziato come sarebbe stato il Saussure. Il passo è tutto giocato sul concetto del Ticino sottocenerino come luogo di tran- sizione, di commistione tra caratteristiche meridionali e settentrionali, e più precisamente tra dolcezza mediterranea e durezza alpina, settentrionale, e con- temporaneamente tra negatività riferita al sud (le case meno pulite, le città con le bettole affumicate dove gli uomini si ubriacano) e le più sane libagioni com- piute all’aperto. Ne risultano magnifiche similitudini, come «è una patetica chiusa di uno splendido poema»; o inserti di dialogo fittizio come quel «Bevon troppo, sono viziosi»: che riportano opinioni comuni, pareri ascoltati o letti in narrazioni di viaggio, che vivacizzano il testo. Interessanti sono anche gli inser- ti di termini dialettali o locali (come quei crotti, “grotti” diremmo oggi), che manifestano l’attenzione dell’autore per una particolarità del territorio e della vita sociale. Fin dall’inizio, il testo si configura nella sua dimensione dialettica rispetto ad una tradizione e in quella della dinamica di una scoperta (la scoper- ta di un mondo di maggiore schiettezza, di maggiore libertà, di maggiore durez- za, di maggiore bellezza). In questo senso, Fogazzaro esprime anche quell’ane- lito della Scapigliatura sia verso lo spirituale sia verso la contestazione di una forma mentis benpensante. Se si volesse far risaltare ancora di più l’elaborazione letteraria di questo passo, lo si potrebbe confrontare con un passo della lettera scritta alla suocera due giorni prima della partenza: Torniamo da Lugano ove abbiamo fatte alcune piccole spese d’equipaggio. Partiamo colla diligenza delle 6 pom. E saremo lassù alle 7 del mattino. Il viaggio di notte è incomodo ma non si può evitare.8 In questo caso il testo è strettamente referenziale, informativo, tutto fatti e non presuppone né una riflessione sul viaggio, né una rielaborazione lette- raria, cioè formale, del concetto, come per esempio in quell’altra similitudine sulla «dolce Italia», che «vive ancora e prima di morire brilla nel lago, nel cielo, nei colli». Il viaggio è, secondo il concetto romantico, un’occasione di scoperta di sé, di introspezione. Il diario ha questa funzione; ma quello di Fogazzaro ha anche uno scopo letterario: la messa in forma spiritosa e brillante di una riflessione su di sé suscitata da un particolare del viaggio: Si arriva a Massagno. All’entrata del paese sta scritto sopra un botteghino Giovanni Guarisco. Faccio una scoperta: sono superstizioso. Giovanni Gua- 8. O. Morra, Fogazzaro…, cit., p. 116. Il Diario di viaggio in Svizzera di Antonio Fogazzaro Quaderns d’Italià 19, 2014 145 risco! Che augurio stringato di salute, di gioventù, di vigore! I miei intestini si consolano e una buona metà dell’ipocondria sfuma. Sono superstizioso ma sfido un professore di matematica a non esserlo nel mio caso. Tutti provano almeno qualche volta l’attrazione dello sconosciuto e del soprannaturale. Si va nell’assurdo. Si vuole il cielo e si batte il capo nel soffitto.9 Con questa battuta finale, che potrebbe essere scritta da un Praga o da un Camerana, siamo perfettamente nello stile autoironico della Scapigliatura. E più generalmente tutto il brano illustra la tecnica di questi poeti che tendono, come disse Montale per il più tardo Gozzano, a far «cozzare l’aulico con il prosastico»: l’aulico dell’esaltazione della salute, della gioventù e del vigore, con il prosastico dell’intestino e dell’ipocrondria! Secondo una tecnica ereditata dal romanticismo, e che poi egli addome- sticherà in un senso di maggiore spiritualità, Fogazzaro ricorre a costanti per- sonificazioni per rendere conto dell’impatto del paesaggio sui sentimenti e le riflessioni di chi lo osserva. Il paesaggio di fatto esiste e viene rappresentato, non come lo farebbe un osservatore neutro, un botanico, ma solo in quanto suscita sentimenti del cuore e nella mente dello spettatore: Si sale il Cenere. È notte, ecco la vallata di Bellinzona, montagne che si levano dietro altre montagne. Nel fondo una striscia biancastra il Ticino che all’oriz- zonte diventa una larga macchia, il lago Maggiore. Dal ciglio della montagna la luna ci guarda tra le braccia fantastiche di vecchi castani. Folate d’aria calda e fredda ci ventano in faccia a vicenda. Sono i soffi delle Alpi e della pianura che qui girano come in paese neutro l’uno accanto all’altro senza confondersi senza urtarsi.10 Si noterà, anche in questo passo, quanto Fogazzaro nelle sue notazioni sia in armonia con le sensibilità artistiche del suo tempo e sappia percepirle ed interpretarle in questa sua scrittura diaristica. Lo vediamo prima di tutto nella rappresentazione del fiume Ticino e del lago Maggiore visti dal pendio del Ceneri e rappresentati, secondo la maniera dei pittori macchiaioli suoi con- temporanei, come una «striscia biancastra» e come una «larga macchia»; i termini usati per le similitudini sono molto espliciti di un certo di tipo di rappresentazione pittorica, molto in voga anche fra gli Scapigliati, appunto. Poi la doppia personificazione —maschile-femminile— della luna e dei rami dei castagni come braccia che l’avvolgono è di chiara derivazione romantica, e tende a rendere la percezione fortemente sensuale del paesaggio; infine la neutralità mitica della Svizzera fa da supporto alla terza similitudine dei venti contrari che s’incontrano senza scontrarsi, come se la natura stessa esprimesse una caratteristica profonda del paese. Una riprova di questa commistione quasi mistica, o comunque mitica, fra storia e natura, o meglio ancora fra leggenda e natura, la si ritrova nelle con- siderazioni nate dalla gita al monte Pilatus sopra il lago dei Quattro Cantoni: 9. Op. cit., p. 56. 10. Ibid. 146 Quaderns d’Italià 19, 2014 Jean-Jacques Marchand Anche lo scosceso Pilato è coronato di nubi. Lassù un negro lago serba, secon- do la leggenda, il cadavere di Pilato suicida. Il lago alpino punisce l’acqua giudea. Nessuno crede, ma l’aspetto pauroso della montagna, il nome e la sinistra leggenda colpiscono l’immaginazione. La natura risponde alla storia e nella storia c’è l’eterno vero umano che commuove più di qualunque miracolo e si confonde inevitabilmente ai luoghi per i mille vincoli dell’umanità con la natura. [...] Ma quando voi avete letto e inteso una storia appassionata e umanamente vera, anche se storicamente falsa, voi non potrete mai disgiungere la scena dove si finge avvenuta dal vivo pensiero dei casi che nacquero nella mente di un poeta o del popolo.11 È un passo molto importante, formalmente e concettualmente, per capire la natura di questo scritto, il lavoro di rielaborazione delle fonti e la sensibili- tà tardoromantica del giovane autore. Fogazzaro parte dalla leggenda, che aveva probabilmente letto nella guida, riferita al nome di Pilatus —si raccontava che Ponzio Pilato cacciato dalla Palestina da Tiberio si fosse rifugiato su questa alta vetta delle Alpi e che, preso da rimorso, si fosse gettato in un lago sottostan- te— e la rielabora a vari livelli. Prima di tutto, la interpreta ancora una volta come la manifestazione della purezza del mondo nordico, e in particolare alpino, rispetto alla corruzione del mondo mediterraneo o meridionale («Il lago alpino punisce l’acqua giudea»). Poi avviene di nuovo l’attivazione dell’im- maginazione, della fantasia —parola fondamentale nello spirito romantico— grazie alla contemplazione della natura. La storia, con la s minuscola, quella delle leggende popolari, delle verità profonde e primigenie, si confonde con la natura primitiva e porta alla scoperta della verità (quella che Fogazzaro chiama: «il vero umano»). Questa verità poetica, perché nata dal popolo e dai poeti vicini ad esso, è quella più profonda, più genuina e più creatrice di emozioni. È il mito dei canti di Ossian, tradotti da Cesarotti, alla fine del Settecento, e che influenzò tutta la grande poesia romantica italiana: Foscolo, Monti, Pin- demonte e perfino Leopardi. Anche dal punto di vista formale il passo è inte- ressante, in quanto un anedotto, riportato come semplice curiosità dalle guide, viene trasformato in una riflessione importante di poetica; inoltre l’uso della seconda persona del plurale —sebbene possa avere un significato anche imper- sonale— implica più destinatari al testo. È la prova che il Diario non è stato concepito solo in quanto luogo di riflessione personale, ma che già presuppo- neva una cerchia di destinari molto più ampia, cioè un vero pubblico. In realtà il Diario può essere considerato un banco di prova per varie forme di narrazione che vengono ovviamente solo abbozzate. Fra queste spicca il ritratto fisico-psicologico di personaggi, che troveranno ampio sviluppo nei romanzi della maturità. Ne darò due esempi. Il primo è quello di un borghe- se francese un po’ ottuso e reazionario: Poteva essere sui 50 anni, pelato come un uovo con certe sopracciglia inarcate a perpetuo stupore forse di quello che la bocca divorava; occhiali dorati sopra 11. Op. cit., p. 103-104. Il Diario di viaggio in Svizzera di Antonio Fogazzaro Quaderns d’Italià 19, 2014 147 un naso adunco. Calava in fretta ad azzannare un boccone e poi scattava indietro come una molla forse pel dispotismo di un’enorme cravatta nera che gli serrava la gola sino al mento: due gran solini all’antica incorniciavano la sua fisionomia bizzarra. Ad ogni piatto mi passava il menu con un cenno del capo e un “J’ai l’honneur, monsieur” non articolato ma ovviamente fischiato. Era come un’appoggiatura sul sieur sola sillaba che si capisse. Io rispondevo ogni volta merci monsieur più in fretta di lui.12 E il ritratto prosegue con un suo discorso proaustriaco che fa rabbrividire il giovane patriota. Assistiamo in poche righe alla creazione di una macchietta, tutta costruita a partire da un’esperienza reale, ma con accentuazione ironica e magari iperbolica dei difetti. L’effetto satirico —come in uno di quei boz- zetti di borghesi francesi del ritrattista satirico Honoré Daumier— nasce anche qui da similitudini, da personificazioni —come quel naso che si stupisce di quanto la bocca divori—, dall’uso del discorso diretto, nonché dal comico di ripetizione («Ad ogni piatto mi passava il menu...»). Altrove, in un breve passo caricaturale, che farebbe pensare alla vena sati- rica del narratore-fumettista ginevrino Rodolphe Töpffer —di cui Fogazzaro cita qui le Nouvelles genevoises del 1841—, viene messa in scena una coppia di turisti francesi, accampati su un vapore del lago di Zurigo tutti equipaggiati per affrontare le prove e le insidie delle escursioni: Ci sono due francesi, marito e moglie, chiacchieroni implacabili. Il marito è un vero arsenale ambulante. Alpenstocks, cannocchiali, guide grandi e picco- le, gourde, bastone-sedile, borsa a tracolla. Egli è occupato a sciorinare carte geografiche e lottare con il vento che gliele scompiglia. Colombo fu meno impacciato. Un po’ di grottesco fra tanta poesia è come il pepe nelle vivande.13 In questi passi sentiamo il futuro scrittore all’opera: lo scopriamo nel suo laboratorio mentre elabora spezzoni di ritratti di persone, di descrizioni di paesaggi, di riflessioni poetiche e filosofiche; uno scrittore già in dialogo con il lettore, anche se apparentemente queste pagine non sono ancora destinate alla pubblicazione. Ma il Diario può anche essere visto come un banco di prova per passi o episodi di ulteriori opere letterarie di Fogazzaro: numerosi sono infatti gli spunti che troveranno più ampi sviluppi. È una tecnica che possiamo eviden- ziare fin dalla primissima frase del testo. Si tratta della descrizione di uno squarcio di sole che apre ad un tratto la vista sul lago, mentre la tempesta prosegue altrove: Le nuvole si squarciano; larghi brani di cielo azzurro e limpidissimo si aprono a ponente; il temporale si è versato altrove e noi ne godiamo l’aria vivace, fresca e vibrata.14 12. Op. cit., p. 101. 13. Op. cit., p. 92. 14. Op. cit., p. 55. 148 Quaderns d’Italià 19, 2014 Jean-Jacques Marchand È un incipit che anticipa, in questa battaglia fra pioggia e sole in riva a un lago, un altro incipit —dalla stesura travagliatissima, come abbiamo dimostra- to alcuni anni fa a partire dalle sue carte manoscritte15—: quello di Piccolo mondo antico, il romanzo del 1892 che ha fatto la celebrità di Fogazzaro: Soffiava sul lago una breva fredda, infuriata di voler cacciar le nubi grigie, pesan- ti sui cocuzzoli scuri delle montagne. [...] Le onde stramazzavano tuonando sulla riva, sconquassavan le barche incatenate, mostravano qua e là, sino all’opposta sponda austera del Doi, un lingueggiar di spume bianche. Ma giù a ponente, in fondo al lago, si vedeva un chiaro, un principio di calma, una stanchezza della breva, e dietro al cupo monte di Caprino usciva il primo fumo di pioggia.16 Ovviamente qui si tratta del sopraggiungere del temporale, mentre nel Dia- rio viene descritta la schiarita dopo il temporale; ma fondamentalmente ritro- viamo lo stesso effetto di grande sipario della natura che si apre sulla scena del racconto che sta per cominciare. Nel primo caso, lo scenario annuncia il viaggio felice, il paese della libertà, la purezza dei paesaggi e degli uomini, la speranza della salute dalla cura delle acque; nel secondo invece, la bufera prepara il let- tore alle disgrazie che colpiranno la famiglia Maironi e la guerra in cui Franco verrà coinvolto. Ma nei due casi gli elementi atmosferisci in lotta sono come l’ouverture di un’opera: in cui i temi e le arie vengono preannunciati. Tuttavia un nesso, ancora più certo, con un’opera più vicina nel tempo e nell’ambientazione, è quello che si può evidenziare, come giustamente ha rilevato Fabio Finotti, con la novella in versi Miranda del 1873. Il poema, ambientato nello stesso luogo della parte centrale del diario, cioè fra l’alta Mesolcina e San Bernardino, ha per tema l’amore infelice della sognatrice Miranda per un poeta infatuato di sé ed egoista chiamato Enrico. Miranda, in particolare, proietta sulla natura alpina le sue aspirazioni ad un amore ideale ed intenso, che verrà poi deluso e la porterà alla morte. La trasposizione dal Diario al poema è talvolta solo puntuale, come questa allusione al muschio paragonato a un tappeto silenzioso, morbido e sensuale. La frase: Anche il morbido musco che si accende voluttuoso sui prati al piede del vian- dante è silenzioso come un tappeto di terra nelle sale del re.17 diviene in Miranda: Si va sui prati morbidi, muscosi, Dove senza rumore il piè si affonda.18 15. Fogazzaro tra romanticismo, simbolismo e realismo: l’elaborazione dell’inizio di Piccolo Mondo Antico, in Antonio Fogazzaro. Le opere, i tempi (Atti del Convegno Internazionale di Studio. Vicenza, 27-29 aprile 1992), Vicenza: Accademia Olimpica, 1994, p. 157-167. 16. Antonio Fogazzaro, Piccolo Mondo Antico, Milano: Mondadori, 1974, p. 41. 17. Op. cit., p. 66. 18. Antonio Fogazzaro, Miranda. Il libro di Miranda, lvii, in Id., Le poesie, Milano: Baldini e Castoldi, 19193, p. 152.
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