Il commissario De Vincenzi non fa il duro all'americana, non deduce come Sherlock Holmes, non è un rigoroso razionalista modello Poirot. Semplicemente indaga nel mondo variegato e cosmopolita della vera Milano anni Trenta del Novecento. "Mi sono proposto - scriveva De Angelis - di fare romanzi polizieschi in cui le persone vivono secondo natura": e nacque il primo poliziotto del giallo all'italiana. Il volume raccoglie tre storie. "Il candeliere a sette fiamme": un cadavere di un uomo di incerta nazionalità, in un piccolo albergo di Milano, introduce De Vincenzi in una vicenda di spionaggio, che attraversa il Mediterraneo, legata all'incipiente questione palestinese, con sprazzi teatrali tenebrosi e quasi gotici; curiosamente, tra inglesi ebrei arabi e tedeschi, personaggi positivi sono gli ebrei e gli inglesi, detestabili i tedeschi. "La barchetta di cristallo": un prezioso gingillo è l'unico collegamento tra le due dimore e i due stili di vita su cui sembra sospesa la strana morte del vecchio marchese: De Vincenzi si attacca ad esso, troverà un altro cadavere e un lontano inizio. "Giobbe Tuama & C.": nel pieno della Fiera del libro di Milano, con la sua atmosfera laccata e mondana, spunta un cadavere scomposto "come un fantoccio mostruoso": Giobbe Tuama, alias Jeremiah Shanahan e chissà chi altri ancora, venditore di bibbie, usuraio. Ma chi era veramente? La sua morte si trascina dietro altre vittime. De Vincenzi si impegola in una strana setta e in moventi sepolti nel tempo.