Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004) in Sviluppo Interculturale dei Sistemi Turistici Tesi di Laurea I siti patrimonio mondiale UNESCO e l’educazione alla sostenibilità. Un’applicazione alle strutture ricettive delle Dolomiti. Relatore Prof.ssa Federica Letizia Cavallo Laureando Giulia Frigimelica 844772 Anno Accademico 2014 / 2015 A Silvia, la mia bambina, la gioia di vita, senza di lei la mia tesi sarebbe stata scritta con più silenzio e meno gioia. Lei come sintesi dei miei affetti. I SITI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO E L’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ. UN’APPLICAZIONE ALLE STRUTTURE RICETTIVE DELLE DOLOMITI INTRODUZIONE 3 I. SOSTENIBILITÀ ED EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ 6 I.1 Il concetto di sostenibilità e la sua evoluzione nel tempo 6 I.2 Dall’Educazione Ambientale all’Educazione alla Sostenibilità 19 I.2.1 Il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile 26 I.2.2 Il progetto educativo in Italia 27 I.3 La possibile applicabilità al turismo 30 I.3.1 Le azioni in Veneto 35 II. I SITI PATRIMONIO MONDIALE UNESCO E IL LORO RUOLO AI FINI DI UN’EDUCAZIONE DEL TURISTA 37 II.1 L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura 37 II.1.1 World Heritage 40 II.1.2 Man and the Biosphere 40 II.1.3 Creative Cities 41 II.1. 4 Global Geoparks Network 41 II.2 La lista UNESCO come onore/onere 41 II.2.1 Il Piano di Gestione 47 II.3 Le due direttrici dell’educazione alla sostenibilità nei siti UNESCO 49 III. LE DOLOMITI COME PATRIMONIO MONDIALE E COME «SITO EDUCATIVO» 54 III.1 Le Dolomiti e le Alpi 54 III.2 La designazione 58 III.2.1 Cittadini in erba. Io Vivo Qui. Territorio, paesaggio, comunità 64 III.2.2 LabFest 66 IV. L’APPLICABILITÀ DELL’EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ IN AMBITO TURISTICO. FOCUS SULLE STRUTTURE RICETTIVE DELLE DOLOMITI 68 1 IV.1 L’educazione del turista alla sostenibilità nelle Dolomiti 68 IV.1.1 Potenzialità e limiti rispetto al territorio 68 IV.1.2 Potenzialità e limiti rispetto alle tipologie di turismo prevalenti 73 IV.2 Il progetto ECO.RI.VE. 79 IV.3 Il progetto ECOtour: neutralità climatica nella regione Dolomiti Live 82 IV.4 L’accoglienza tradizionale: hotel 84 IV.4.1 La situazione degli hotel dolomitici 85 IV.4.2 Il ruolo educativo degli hotel nelle Dolomiti 87 IV.5 Un caso innovativo: l’Ospitalità Diffusa 90 IV.5.1 Inquadramento 90 IV.5.2 Le esternalità positive di questo approccio alla ricettività 92 IV.5.3 L’ospitalità diffusa nelle Dolomiti 96 IV.5.4 Il caso de «I Borghi della Schiara» 98 IV.5.5 Il ruolo educativo dell’Ospitalità Diffusa nelle Dolomiti 100 IV.6 Gli ambiti strettamente montani: rifugi e malghe 103 IV.6.1 I rifugi nelle Dolomiti patrimonio Mondiale UNESCO 104 IV.6.2 I rifugi delle Dolomiti e l’educazione alla sostenibilità 108 IV.6.3 Le malghe nelle Dolomiti patrimonio Mondiale UNESCO 110 IV.6.3.1 Alto Adige 111 IV.6.3.2 Trentino 112 IV.6.3.3 Friuli Venezia Giulia 113 IV.6.3.4 Veneto 114 IV.6.4 Una panoramica generale di sintesi sulle malghe dolomitiche 115 IV.6.5 Le malghe come realtà educative 116 IV.6.6 Un esempio: Malga Framont 121 IV.7 Considerazioni conclusive 126 CONCLUSIONI 132 BIBLIOGRAFIA 137 SITOGRAFIA 145 2 INTRODUZIONE Questa tesi di laurea si propone di indagare, nell’ambito dei siti dichiarati dall’UNESCO patrimonio mondiale, il ruolo che svolgono le strutture ricettive al fine di un’educazione alla sostenibilità del turista. Essendo un campo d’indagine estremamente vasto si è operata la scelta di entrare nel merito di un sito di recente elezione ma che, comunque, ha già iniziato un percorso ben preciso, ovvero le Dolomiti, patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 2009. La tematica risulta rilevante in quanto i siti UNESCO rappresentano normalmente dei laboratori di sostenibilità, nel senso che quest’istituzione ha tra i suoi obiettivi anche lo sviluppo aderente ai principi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Ecco quindi che, anche se con enormi differenze a seconda dell’ambito e della tipologia di sito, ognuno di questi dovrebbe attuare una politica di questo tipo. Di educazione si parla molto e vengono sviluppate idee e teorie a riguardo, ma manca un tassello: all’interno dei siti, l’UNESCO opera appunto una forma di controllo e di stimolo, ma all’esterno di questi la gestione dei tre pilastri della sostenibilità sopracitati vengono ugualmente considerati? La tematica è rilevante in quanto il fenomeno del turismo è un tramite tra i siti UNESCO – in questo caso specifico le Dolomiti – e il luogo d’origine del turista. In che modo, quindi, poter mettere in connessione queste due aree? In che modo sviluppare nel turista una consapevolezza che non si limiti al rispetto del luogo visitato ma continui nella quotidianità? Questa è una problematica che si percepisce fortemente, anche semplicemente spostandosi da un sito all’altro o, nel caso particolare delle Dolomiti, muovendosi all’interno delle zone che includono i nove sistemi che le compongono. Le Dolomiti costituiscono il fulcro di questo ragionamento in quanto caratterizzate da unicità che vanno al di là della designazione dell’UNESCO. Le Dolomiti sono uniche a prescindere e, in questo, assomigliano un po’ al contesto più ampio delle Alpi: appartengono a più territori e a diverse culture. Questo rappresenta il lato affascinante, quello di sfida e quello di complessità. Come gestire quindi tutto questo? La necessità di sviluppare una sostenibilità deve portare ad un grado di omogeneità del prodotto Dolomiti oppure no? La scelta di affrontare questa tematica risiede in vari motivi ed è stata maturata attraverso esperienze totalmente diverse tra loro che hanno trovato infine un punto in comune, rappresentato da questo lavoro di tesi. In primis l’esperienza diretta con i turisti della montagna ha stimolato una consapevolezza particolare riguardante la necessità di attivare una comunicazione diretta tra coloro che vivono il luogo di destinazione e coloro che lo visitano: ciò che sembra scontato ai primi può rappresentare un limite di conoscenza dei secondi. 3 Questo sarà sicuramente il punto di partenza di ogni ragionamento: l’esperienza diretta, in ogni campo, offre una visione più realistica e concreta. Questa tipologia di esperienza, costante negli anni, ha avuto modo di maturare ulteriormente grazie agli studi universitari triennali e specialistici che hanno permesso, attraverso lavori di gruppo su tematiche legate all’ambito delle Dolomiti, una presa di coscienza della necessità di un approccio con caratteristiche omogenee all’interno del sito qui considerato. Il collante di questi ragionamenti è stato, infine, il tirocinio presso l’UNESCO Venice Office, che ha dato un senso a delle esperienze che risultavano, seppur ricche di significato e autonomamente degne di approfondimento, sconnesse tra loro. L’esperienza, durata tre mesi, ha anche offerto una visione più chiara riguardo ai siti eletti patrimonio mondiale e ha altresì permesso il confronto e il ragionamento non orientato ad un solo specifico sito ma, all’opposto, volto al confronto tra i vari siti con finalità di crescita e sviluppo di questi. La problematica risulta sicuramente complessa in quanto è possibile analizzarla sotto svariati punti di vista come, ad esempio, la ristorazione, le escursioni, i parchi, i musei… Une scelta risulta quindi obbligata e si è quindi scelto che il punto di partenza di quest’analisi fosse l’ospitalità nell’ambito più specifico, seppur eterogeneo, della ricettività. La struttura ricettiva non è chiaramente l’unico contatto tra destinazione e turista, ma offre chiaramente un punto di partenza fondamentale: la struttura ricettiva può fare la differenza tra un ospite e un cittadino, è quel particolare contesto per cui un luogo diventa, in parte, «casa», con tutti i significati che questo nome porta con sé. Lo schema logico che ci si prefigge porterà inizialmente ad un approfondimento sull’evoluzione del concetto di sostenibilità, per poi indagarne l’ambito educativo, ragionando sulla sinergia tra educazione e turismo. In secondo luogo l’analisi proseguirà indagando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, cercando quindi di coglierne gli obiettivi e il suo ruolo nel campo dell’educazione. Si vorranno cogliere, oltre che le positività, anche le criticità dell’educazione dell’UNESCO in quest’ambito. Si entrerà poi nello specifico dell’ambito del sito patrimonio mondiale Dolomiti, cercando di coglierne i fattori di unicità e le peculiarità gestionali; ciò al fine di comprendere come poter attuare le politiche di educazione del turista. In ultima analisi, facendo tesoro di quanto analizzato precedentemente, si andrà a scavare maggiormente in profondità nella problematica, ovvero la funzione che possono svolgere le strutture ricettive nell’ambito dolomitico. Per fare ciò ci si prefigge non di considerare le strutture in generale, ma di 4 studiare diversi aspetti di diverse modalità ricettive presenti in Dolomiti. Per questo si andranno a considerare tre differenti formule di ospitalità: l’hotel, l’ospitalità diffusa, i rifugi e le malghe. Per cercare di cogliere la reale situazione di un ambito molto complesso quali sono le Dolomiti, ci si focalizzerà anche sul ruolo giocato dalla Fondazione Dolomiti Dolomiten Dolomites Dolomitis, predisposta al coordinamento della governance del bene e direttamente interessata anche all’ambito della comunicazione e dell’educazione. Per indagare questa parte del contesto dolomitico si cercherà di coglierne dettagli più specifici attraverso l’informazione diretta e la partecipazione ad un incontro pubblico riguardante nello specifico l’ambito bellunese del patrimonio mondiale. Si cercherà, oltre che vedere la questione dal punto di vista interno, anche di cogliere ciò che si presenta al turista che vorrebbe giungere in Dolomiti o che, comunque, cerca di coglierne il contesto. Motivo per cui l’esperienza sul campo e l’intervista alla Fondazione saranno abbinate alla comprensione del sito anche attraverso le informazioni reperibili da un potenziale turista. 5 I. SOSTENIBILITÀ ED EDUCAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ I.1 Il concetto di sostenibilità e la sua evoluzione nel tempo Sarebbe folle slanciarsi ciecamente contro il mondo della tecnica, sarebbe miope condannarlo in blocco come opera del diavolo. Ormai dipendiamo in tutto dai prodotti della tecnica, siamo costretti senza tregua a perfezionarli sempre di più. Essi ci hanno, per così dire, forgiati a nostra insaputa e così saldamente che ne siamo ormai schiavi. Tuttavia possiamo anche comportarci altrimenti. (Martin Heidegger, L’abbandono, 1983, p.38) Negli anni ‘70 nacquero le ideologie ambientaliste e si iniziarono a considerare strade diverse rispetto a quelle positiviste e neopositiviste dello sviluppo, anche se non era la prima volta nella storia che l’uomo poneva un accento marcato sulla situazione dell’ambiente naturale. Infatti già durante il romanticismo, si possono individuare delle correnti di pensiero alternative, che consideravano l’ambiente naturale come un qualcosa dotato di diritti propri. Si trova anche nel 1962 un pensiero alternativo, quello di T. S. Kuhn, il quale scrisse un libro- accusa (The structure of scientific revolutions) nei confronti della scienza, vista come un «accumulo progressivo di sapere». Ma si trattava comunque sempre di correnti piuttosto isolate, mentre il pensiero dominante rimaneva orientato al progresso scientifico e tecnologico indiscriminato. Le prime azioni che portarono alla nascita del concetto di sostenibilità si registrarono ufficialmente nel 1972, durante la Conferenza di Stoccolma sull’Ambiente Umano1, la prima riguardante questa tematica, durante la quale iniziò a prendere forma e concretezza quest’idea. L’importanza di questa prima tappa consiste nel fatto che, per la prima volta, i problemi ambientali vennero considerati come centrali da parte delle Istituzioni. Da questo incontro 1 Nel 1968 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite stabilì la futura Conferenza di Stoccolma. Ciò diede un segnale sul fatto che le problematiche ambientali hanno un’influenza sulla vita umana, hanno una valenza internazionale e necessitano di collaborazione per essere affrontate. Questi i concetti di base che avviarono le discussioni del 1972. Importante fu anche la consapevolezza che si diffuse negli anni sessanta riguardo i temi ambientali: le nuove problematiche non erano più visibili solo agli occhi di scienziati e studiosi isolati. Si sentì quindi forte la necessità di attuare la Conferenza annunciata nel 1968. 6 internazionale scaturirono un Piano d’azione2 composto da 109 raccomandazioni, una Dichiarazione3 di 26 princìpi riguardanti i diritti/responsabilità umane verso l’ambiente Terra e la nascita del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP)4. Da questo momento si andò sempre più a fondo della questione di uno sviluppo che potesse rimanere nei limiti della capacità di carico5 degli ecosistemi (www.arpal.gov.it/images/stories/Dichiarazione_di_Stoccolma.pdf; italiaecosostenibile.it/la- conferenza-onu-sullambiente-umano-unche-del-1972/ ). Sempre nel 1972, il Club di Roma6 pubblicò il libro Limits to Growth, commissionato al MIT7. Tale testo è una simulazione di come sarà il futuro del mondo a fronte di un continuo sfruttamento da parte dell’uomo del pianeta Terra (www.scienzainrete.it). Nel 1980 lo IUCN8 redasse un fascicolo intitolato The World Conservation Strategy dove si iniziò ad usare il concetto di sviluppo sostenibile, delineandone tre caratteristiche ed obiettivi visti nella prospettiva del lungo periodo: il mantenimento di quelli che vengono considerati processi ecologici indispensabili al fine della produzione alimentare, la conservazione delle diversità genetiche di flora e fauna ed infine l’utilizzo degli ecosistemi con modalità sostenibili (IUCN, 1980). Funge, tuttavia, da pietra miliare e punto di svolta la Conferenza ONU per l’Ambiente e lo Sviluppo, svoltasi a Tokyo nel 1983, durante la quale venne istituita la Commissione 2 La Dichiarazione sottolinea la necessità di una miglior gestione, tutela e controllo sulle risorse e sull’ambiente. Per visionare la Dichiarazione si consulti www.arpal.gov.it/images/stories/Dichiarazione_di_Stoccolma.pdf 3 I 26 principi elencati durante la Conferenza di Stoccolma riguardano i doveri e le responsabilità che la popolazione mondiale ha nei confronti dell’ambiente: diventa centrale l’azione dell’uomo nei confronti dei mutamenti all’ambiente, in quanto lui stesso modellatore della Terra, nel bene e nel male. Questi principi sono stati negli anni a seguire la base di vari provvedimenti ed accordi. 4 L’UNEP (United Nation Enviroment Programme) nasce nel 1972 dalla Conferenza di Stoccolma. È la prima agenzia delle Nazioni Unite ad avere la sede in un paese in via di sviluppo, nello specifico a Nairobi (Kenya). Ha come scopo quello di guidare ed incoraggiare le partnership volte a tutelare l’ambiente. Incentiva perciò nazioni e popoli affinché migliorino la loro qualità della vita senza compromettere le possibilità delle generazioni a venire. Il mandato generale dell’UNEP è quello di fungere da massima autorità per l’ambiente a livello globale, definire quindi l’agenda ambientale e promuovere lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Nello specifico analizza 7 grandi temi: Cambiamenti climatici, Disastri e Conflitti, Gestione dell’Ecosistema, Governance Ambientale, Prodotti chimici e Rifiuti, Efficienza delle risorse, Esame dell’ambiente (www.unep.org). 5 Per capacità di carico (o Carrying Capacity) si intende «il massimo utilizzo di un’area senza la creazione di effetti negativi sulle risorse naturali, nonché sul contesto sociale e culturale locale» (www.agenda21.provincia.siena.it/upload_settori/Turismo%20sostenibile.pdf). 6 Il Club di Roma si configura come una piattaforma, un luogo di dialogo e approfondimento di specifiche tematiche legate alle problematiche mondiali. Nacque nel 1968 tra un ristretto ed eterogeneo gruppetto di scienziati, industriali, diplomatici ed accademici che iniziarono a ragionare sul fatto che le risorse da cui il mondo è dipendente sono destinate ad esaurirsi. 7 Si tratta del Massachusetts Institute of Technology, una delle più rilevanti istituzioni universitarie al mondo. 8 IUCN (International Union for Conservation of Nature) l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura si colloca tra le ONG (Organizzazioni non governative). Nasce nel 1948 come prima organizzazione a livello mondiale che tratta di temi ambientali. Ha sede a Gland (Svizzera) e costituisce un fondamentale punto di riferimento mondiale e neutrale per quanto concerne le tematiche ambientali e di sostenibilità. 7 Mondiale su Sviluppo e Ambiente, presieduta da Gro Harlem Brundtlan9. Tale commissione produsse, nel 1987, il così detto Rapporto Brundtland (ufficialmente Our Common Future), dove si riportavano i risultati del lavoro assegnato alla commissione, che si articolava in tre punti essenziali: indagare le cause della crisi ambientale e dello sviluppo, delineare delle pratiche-tipo per intervenire concretamente e ideare una metodologia al fine di raggiungere il traguardo dello sviluppo sostenibile entro il 2000. Vennero quindi elencati alcuni suggerimenti fondamentali al fine di uno sviluppo di tipo sostenibile: Conservazione dei processi ecologici basilari Pianificare una strategia olistica Tutelare il patrimonio culturale e la biodiversità Ideare una produttività che tenga conto delle generazioni a venire Sviluppare l’equilibrio etico tra le diverse nazioni Questi furono i cinque punti elaborati dalla Commissione che ebbero risonanza mondiale durante la successiva Conferenza Summit della Terra, tenutasi nel 1992 a Rio de Janeiro. Il motivo per cui il Rapporto Brundtland è ancora oggi così famoso è però un altro. Da esso scaturì la definizione di sviluppo sostenibile ancora oggi universalmente utilizzata: «uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare i propri» (WCED, 1987). Si ragiona sul fatto che non sia possibile dare limiti rigidi e prestabiliti, ma relativi. È necessario trovare una compatibilità tra attività economiche, esigenze sociali e ambiente naturale. Tale ragionamento, inoltre, va sviluppato tenendo in considerazione il rapporto tra il presente ed il futuro, la compatibilità dei tre ambiti deve quindi essere durevole. A vent’anni dalla Conferenza di Stoccolma, con la risoluzione 44/228, si stabilì l’organizzazione della Conferenza su Ambiente e Sviluppo (United Nations Conference on Environment and Development, UNCED), comunemente chiamata il Summit della Terra di Rio de Janeiro (Brasile) del 1992. In tale occasione si riunirono capi di Stato, rappresentanti di Governo e di organizzazioni non governative, al fine di discutere metodologie mondiali atte a tutelare l’ambiente e contrastarne il degrado. Dopo due anni di trattative nacque il documento noto con il nome di Agenda 21, la Dichiarazione dei principi per la gestione 9 Nata ad Oslo (Norvegia) il 20 aprile 1939. Dopo 10 anni dedicati alla sua professione di medico, intraprese la carriera politica. Fu Ministro dell’ambiente dal 1974 al 1979 e divenne dal 1986 al 1996 (due mandati), la prima donna ad assumere il ruolo di capo di governo in Norvegia. Ricordata in particolar modo per aver coordinato Our Common Future, continuò ad occuparsi di problemi ambientali anche successivamente. Nel 2007, infatti, è stata eletta commissario speciale dell’ONU per ciò che riguarda i mutamenti climatici (www.treccani.it/enciclopedia/gro-harlem-brundtland/). 8
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