HOMO SPECIE: Homo di Neanderthal NEANDERTHALENSIS ETÀ: da 220.000 a 30.000 anni fa LOCALITÀ: Europa e Asia INDICE DISTRIBUZIONE TERRITORIALE. IL FOSSILE RITROVATO DEL 1856. CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE. LA LAVORAZIONE DELLA PIETRA. DOVE ABITAVANO. LA CACCIA. LA VITA SOCIALE. LE SEPOLTURE LE CAPACITÀ LINGUISTICHE. IL FLAUTO RITROVATO IN SLOVENIA. LA SCOMPARSA DELL'INTERA POPOLAZIONE NEANDERTALIANA. DISTRIBUZIONE TERRITORIALE I neanderthalani si svilupparono nella fascia compresa tra Gibilterra e l’Estremo Oriente tra 220.000 anni fa e 30.000 anni fa. Strettamente connessi al territorio europeo, i neanderthalani poi emigrarono nel medio oriente, negli attuali territori di Iraq, Siria, d'Israele, fino in Asia centrale (Uzbekistan) e in Siberia. L'evoluzione che ha condotto alla comparsa dell'Homo neanderthalensis, o «neandertalizzazione», è stata lenta e progressiva. I Neandertaliani tipici, con caratteri derivativi più marcati hanno un'età compresa tra i 200.000 e i 25.000 anni, data degli ultimi rinvenimenti fossili, e presumibilmente della loro sparizione. Cartina di distribuzione dei principali neandertaliani classici Gli ultimi Neandertaliani noti son stati rinvenuti in Portogallo, in Spagna (Zafarraya, - 30.000 anni), in Croazia (Vindija, - 32.000 anni) e nel nord-ovest del Caucaso (Mezmaiskaya, - 29.000 anni). Come già visto queste date son da considerare con precauzione, e son spesso controverse. Si ricordano anche gli scheletri di La Chapelle-aux-Saints, di Moustier, di La Ferrassie, di La Quina, di Saint-Césaire nel sud-ovest della Francia o della Spy in Belgio. Alcune ricerche condotte dal 1999 al 2005 sulla grotta di Gorham a Gibilterra suggeriscono che i Neandertaliani le hanno abitate dai – 28.000 – 24.000 anni. Dunque una lunga coabitazione con Homo sapiens, geograficamente presente già da 32.000 anni. TORNA IL FOSSILE RITROVATO DEL 1856. La denominazione Homo neanderthalensis viene da dalla gola di Neander una valle vicino Dusseldorf, così chiamata in onore del teologo pastore organista compositore del XVII° secolo Joachim Neumann (cognome che, tradotto in greco antico, suona come Neander), che vi si recava a preparare i suoi sermoni domenicali. Nel 1856, in una delle tante grotte della suddetta valle, che doveva essere sfruttata come cava di calcare, alcuni operai, a circa 1,5 m di profondità, rinvennero vari resti scheletrici, fra cui una calotta con caratteristiche decisamente arcaiche. La notizia pervenne al dr. Johann K. Fuhlrott, insegnante presso il ginnasio di lberfeld ed appassionato di scienze naturali. Fuhlrott comprese che le ossa appartenevano a un tipo umano primitivo, ancora sconosciuto, e si rivolse ad Hermann Schaffhausen, professore di anatomia all’università di Bonn. Nel giugno 1857 entrambi presentarono una comunicazione scientifica sul ritrovamento, sostenendo la teoria, secondo la quale le ossa erano da attribuirsi a un antico genere umano primitivo. La teoria venne accettata dai geologi e anatomisti inglesi e nel 1864 il geologo William King, allievo di Ch. Lyell, utilizzò il ritrovamento per definire una nuova specie umana: l’ Homo neanderthalensis. Al contrario, in Germania questa tesi venne respinta e prevalse l’opinione che i resti dovessero attribuirsi a un individuo di età recente affetto da deformazioni patologiche. Quest’ultima interpretazione fu spazzata via definitivamente dal paleo antropologo tedesco Gustav Schwalbe nel 1901, che ribattezzò i resti dell’uomo di Neanderthal Homo primigenius. Nel frattempo numerosi nuovi ritrovamenti dimostrarono l’antichità e l’effettiva esistenza di un tipo umano differente da quello attuale. Negli anni 1911-1913 Marcelin Boule pubblicò uno studio dettagliato ed esaustivo della sepoltura de La Chapelle-aux- Saints, fornendo una interpretazione che per molti anni resterà come un punto di riferimento fondamentale. Purtroppo, Boule esasperò gli aspetti primitivi e “scimmieschi” del Neanderthal, ricostruendo in modo non esatto le parti mancanti dello scheletro ed attribuendogli un’andatura non perfettamente eretta come quella dell’uomo moderno: il collo e la testa piegati in avanti, le gambe un po’ flesse, il piede poco arcuato che appoggiava al suolo solo sul lato esterno, l’alluce divaricato. L’uomo di Neanderthal veniva, quindi, escluso dalla diretta ascendenza umana, opinione che sarà condivisa anche da Arthur Keith. Paradossalmente, nel XIX° secolo, studiosi come Boule, Keith ed Elliott Smith erano arrivati a conclusioni errate in quanto non si erano resi conto che l’uomo della Chapelle-aux-Saints era affetto da gravi deformazioni artritiche che avevano colpito la colonna vertebrale TORNA CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE. Gli uomini di Neanderthal avevano una statura di 1,5-1,65 m circa, e andatura perfettamente eretta. A livello strutturale presentavano scheletri robustissimi, un cranio leggermente più basso del nostro, arcate sopraorbitali sporgenti, un cervello addirittura più sviluppato volumetricamente di quello dell’uomo moderno (1650 cm3), una fonte ancora abbastanza sfuggente all’indietro, mascella superiore molto massiccia, narici larghe e un cranio sporgente lungo la linea mediana. Le ossa delle gambe e del torace erano più robuste di quelle dell’uomo moderno e indicavano una potente muscolatura. Curiosamente questo carattere si riscontra ancora fra i Lapponi e gli Eschimesi attuali e viene generalmente interpretato come una forma di adattamento ad un clima più freddo. FILMATO 1 Anche gli animali che vivono in climi freddi (p. es. i pinguini o gli orsi) tendono ad avere un corpo tozzo, quasi tendente all’ovoidale, ciò perché hanno la minor superficie corporea possibile in rapporto alla loro massa, e ciò aiuta a conservare il calore come si può intuire. Altri loro aspetti morfologici confermano questo fatto, ad es. la grande ampiezza delle cavità nasali, che permetteva all’aria inspirata di riscaldarsi più rapidamente prima di pervenire ai polmoni. I neanderthalani avevano anche un arco superiore del bacino alleggerito che creava un foro tra le ossa pelviche più sviluppato così da avvantaggiare il parto. Avevano dunque una struttura ossea idonea alle dure condizioni ambientali e al genere di vita che conducevano. Con l’uomo di Neanderthal si trovano per la prima volta resti fossili di adulti in età avanzata, il che significa certo un miglioramento delle condizioni di vita legato allo sviluppo culturale. TORNA LA LAVORAZIONE DELLA PIETRA. I neanderthaliani hanno lasciato anche una cultura materiale di grande livello. Producevano raschiatoi, punte di freccia, pugnali molto raffinati con una capacità di progettazione che sottintende una certa capacità di astrazione. L'uomo di Neandertal inizia a evolvere in un contesto culturale Acheuleano superiore, dove i manufatti bifacciali cambiano forma, migliorano la punta e diminuiscono di spessore. Nell'industria litica compare la nuova tecnica di scheggiatura detta “Levalloisiana” (da Levallois, alla periferia di Parigi). Da un nucleo litico iniziale, sgrossato fino a portarlo a una forma biconvessa, lateralmente su di una faccia si staccano parallelamente a un piano di base schegge di forma regolare. Questa tecnica permetteva non solo di controllare la grandezza e la forma della scheggia che si voleva estrarre, ma le schegge avevano forma e dimensioni standardizzate e, quindi, estremamente funzionali. Oggetti di questo tipo si diffonderanno ben oltre la zona di sviluppo dei neandertaliani: sono attestati, ad esempio, in Cina, in India e in Sudafrica. Questa tecnica evolve e le forme chiamate amigdale (a mo' di mandorla) dell'Acheuleano scompaiono, anche se a sud del Sahara continuerà fino al 50 000 a.C. circa. In Europa, territorio principale del Neandertal, si parla di cultura Musteriana, da ritrovamenti a Le Moustier, in Dordogna. Abbiamo punte triangolari, raschiatoi (per la preparazione delle pelli) molto rifiniti, col bordo tagliente finemente ritoccato. TORNA DOVE ABITAVANO. I neandertaliani erano essenzialmente nomadi ed occupavano località diverse in funzione della variabile disponibilità stagionale delle risorse. I siti del periodo di cultura Musteriana (Paleolitico Medio) comprendono: • campi base semipermanenti in prossimità di acque perenni • siti temporanei in prossimità di fonti di cibo stagionali o di pietre utili. Abitavano in grotte naturali o in ripari sotto roccia o in tane artificiali scavate nel terreno: tutti rifugi provvisori e momentanei, che gli individui occupavano e abbandonavano secondo le esigenze della loro vita errabonda. TORNA LA CACCIA. Si è discusso molto e si discute tuttora sulle tecniche di caccia utilizzate dal Neanderthal. Tra la tesi estrema di L. Binford, che il Neanderthal fosse ancora un animale spazzino, necrofago, più che un cacciatore, e quella opposta che fosse un cacciatore altamente specializzato, la documentazione archeologica sembra indicare una via di mezzo. I Neanderthal erano dei veri cacciatori, ma non molto specializzati, potevano cacciare o anche sfruttare, come sciacalli, qualunque preda si trovasse nel loro territorio, senza praticare una forma specializzata di caccia. Se trovavano in un luogo abbondanti disponibilità di fauna, non disdegnavano la stanzialità, correndo il rischio di andare incontro a forti stress nutrizionali in determinate stagioni dell’anno. Questo fatto sembra confermato dall’analisi dei denti. Un’analisi condotta su 300 resti neanderthaliani ha riscontrato un tasso del 40% di ipoplasia, una patologia che consiste in un mancato sviluppo completo dei denti e che è causata da stress nutrizionali nei primi sette anni di vita. I Neanderthaliani cacciavano utilizzando lance di legno, sulle quali potevano essere montate delle punte di selce. Non avendo tecniche di lancio a distanza, quali quelle consentite dall’arco o dal propulsore, erano costretti ad affrontare gli animali a distanza piuttosto ravvicinata, quasi in un corpo a corpo. Se ciò era possibile grazie alla loro straordinaria robustezza, è anche vero che probabilmente a questa pratica si deve l’alto numero di lesioni traumatiche riscontrate sulle ossa degli uomini di Neanderthal. Il riparo di La Quina in Francia documenta l’utilizzo di un’altra tecnica di caccia, che consisteva nello spingere gli animali verso punti ristretti o verso un dirupo al cui piede si trovavano appostati in agguato altri cacciatori. Infatti, alla base del dirupo di La Quina sono state rinvenute ammucchiate molte ossa di bovidi, cavallo e renna, macellati sul posto dopo essere stati uccisi molto probabilmente in questa maniera. In Europa occidentale i Neandertaliani cacciavano soprattutto cervidi nella prima fase del Würm, bue primigenio, bisonte e cavalli durante la seconda fase più fredda e secca, mentre alle latitudini più meridionali la principale preda era lo stambecco cibo. Accanto alla carne consumavano occasionalmente anche frutti, grani e fogliame. Del mammuth nei depositi archeologici sono rappresentate soprattutto le ossa di individui giovani. Occasionalmente anche l’orso poteva essere oggetto di caccia. I mammiferi di media taglia come cervo, renna, stambecco, camoscio, erano trasportati interi al campo base e qui scuoiati e macellati. Animali di dimensioni maggiori come il Bos primigenius e il bisonte venivano macellati nel luogo di abbattimento, dove veniva poi abbandonata la colonna vertebrale, mentre gli arti erano trasportati al campo base. La occasionale presenza di bruciature sulle ossa degli animali fa pensare che talvolta a volte la carne venisse cotta alla brace. FILMATO 2 TORNA
Description: