JONATHAN CARROLL GLI ARTIGLI DEGLI ANGELI (From The Teeth Of Angels, 1994) Per Bunny & Charlie: con il viso tra le mani per sempre e per Richard & Judy Carroll Rita Wainer Herb Kornfeld Sbrigati, comare Morte Signora tirannia, ogni tuo messaggio contiene una danza, un colpo di coda, un guizzo osceno. ANNE SEXTON, Godfather Death Solo gli dèi possono essere Suoi rivali, o eco. L'Epopea di Gilgames PRIMA PARTE Wyatt Sophie, siamo appena tornati dalla Sardegna dove avevamo pensato di trascorrere due settimane, invece alla fine siamo saliti in macchina e siamo ripartiti dopo soli cinque giorni perché è un'isola ORRENDA, chérie, te lo giuro. Quello che mi frega sono i soliti libri tipo Mare e Sardegna o Il colosso di Maroussi in cui il grande scrittore1 di turno racconta quanto fosse meravigliosa la vita su quelle isole primitive e selvagge quarant'anni fa, quando le donne se ne andavano in giro con splendidi seni al vento e un pasto costava meno di un pacchetto di sigarette. E io, come uno scemo, li leggo, faccio la valigia e scappo (o dovrei dire scazzo?) al Sud. I seni al vento li ho visti, è vero: frau-blin-do da cento chili scese dalla Westfalia tetesca con poppe tanto grosse e gonfie da poterle usare come vele e farci windsurf; un pasto invece costa più della mia macchina nuova e si trovano solo alberghi che non augureresti neanche al tuo peggior nemico. E poi la mia memoria corta mi fa sempre dimenticare che il torrido sole del meridione è talmente infido che in poche ore ti ritrovi cotto come un uovo al tegamino. Ne sia dimostrazione la mia faccia del colore di una colata lavica. No, grazie, ho più di quarant'anni e di conseguenza tutto il diritto di dire semplicemente basta a vacanze simili d'ora in avanti. Mentre ce ne tornavamo a casa, ho detto a Caitlin: «La prossima volta, amore, andiamo in montagna». Ed ecco apparire davanti ai nostri occhi, vicino a Graz, una pensioncina ai piedi dei monti con accanto un piccolo ruscello tremulo, un fuoco odoroso di legna e sterco secco, tovaglie a quadretti bianchi e rossi, una stanza al piano di sopra da cui si poteva ammirare il ruscello attraverso le fronde ondeggianti dei castagni e due cioccolatini avvolti nella carta stagnola sul cuscino. Ah, casa dolce casa, mio caro Toto2! In Sardegna la sera andavamo sempre in un locale che era l'unica cosa bella che c'era nel posto. Si chiamava "Una lunga storia" e quando i proprietari hanno scoperto che eravamo americani ci hanno trattato coi guanti bianchi. Uno era stato a New York qualche anno prima e aveva appeso in bella vista la cartina di Manhattan con tutti i posti che aveva visitato segnati in rosso. La sera il bar si riempiva e c'era un bel casino, ma a parte le windsurfiste nordiche e un'overdose di grassoni in maglietta e bermuda a fiori, devo dire che abbiamo incontrato diverse persone interessanti. I nostri preferiti erano un'olandese, una certa Miep, che lavora per una ditta di occhiali da sole di Maastricht e il suo compagno, un certo McGann, un inglese. Ed è qui, mia cara, che la nostra storia ha inizio. Non abbiamo ben capito perché Miep fosse venuta in Sardegna, perché una sera ci ha raccontato che non le piaceva particolarmente il sole e non entrava mai in acqua. Non si era preoccupata di aggiungere altro, ma McGann aveva commentato: «Sapete, Miep legge molto». Cosa legge? «Tutto quello che trova sulle api. Studia il loro comportamento. È convinta che abbiamo molto da imparare da società ben organizzate ed efficienti come gli alveari». Disgraziatamente io e Caitlin sapevamo ben poco riguardo alle api, a parte quello che avevamo imparato da qualche puntura e da diversi tipi di miele che avevamo assaggiato, ma devo dire che di rado ci è capitato di sentire un commento di Miep a proposito dei suoi libri o dell'oggetto delle sue ricerche. All'inizio, a dire il vero, era raro sentirla aprire bocca: lasciava al suo compagno il compito di fare conversazione. Cosa cui McGann del resto si applicava con allarmante fervore. Gli inglesi sono grandi cultori dell'arte della conversazione, su questo non ci piove, e quando sono anche divertenti ti fanno sbellicare dalle risate, ma quant'è vero Iddio McGann parlava troppo. Non la smetteva mai. Alla fine staccavi semplicemente la spina e ti mettevi a guardare la sua ragazza, così bella e silenziosa. La cosa più triste è che sotto quel fiume di parole viveva un uomo interessante. McGann gestisce un'agenzia di viaggi a Londra ed è stato in un sacco di posti incantevoli: Bhutan, Patagonia, Yemen del Nord. E racconta storie tutto sommato piacevoli ma, inevitabilmente, nel bel mezzo di un viaggio sulla Via della Seta o di una tempesta di neve che lo aveva intrappolato in un monastero buddista, ti accorgevi che ti aveva già spiattellato talmente tanti dettagli del tutto marginali e noiosi come la morte, che avevi già smesso di ascoltarlo da un pezzo e ti eri perso in una fantasticheria tutta tua sul monastero sepolto dalla neve. Un giorno io e Caitlin siamo andati in spiaggia e ci siamo rimasti troppo, guadagnandoci una gran brutta scottatura e un umore impossibile. Abbiamo continuato a lamentarci e a polemizzare finché Caitlin non si è ricordata che al bar c'era un barbecue che tutti aspettavano da quando eravamo arrivati e ha suggerito di andarci anche noi. Una serata del genere non è esattamente la mia idea del nirvana, soprattutto se devo trascorrerla in compagnia di un branco di sconosciuti, ma sapevo che se fossimo rimasti nel nostro squallido bungalow un'ora di più ci saremmo messi a litigare ferocemente, perciò non mi restava che accettare. «Ciao, eccovi! Miep era convinta che sareste venuti anche voi, così vi abbiamo tenuto due posti. Il cibo non è niente male. Dovete assaggiare il pollo. Santo cielo, che scottatura vi siete presi! Siete stati in giro tutto il giorno? Mi ricordo che la scottatura peggiore che...». Questo è stato solo l'esordio, non appena McGann, seduto all'angolo opposto della sala, ci ha visto entrare e avvicinarci. Ci siamo serviti e siamo andati a sederci con loro. Col procedere della serata, e del soliloquio di McGann, il mio umore è andato peggiorando. Non avevo voglia di ascoltarlo e ne avevo ancor meno di trascorrere un solo giorno di più su quell'isola riarsa dal sole, pur detestando l'idea di farmi ventiquattr'ore di viaggio per tornare a casa. Ti ho detto che quando siamo tornati in traghetto non c'era neanche una cabina libera e abbiamo dormito tutta la notte su una panca? Be', è andata proprio così. Sentivo che mi stava prendendo una rabbia tremenda ed ero ormai sul punto di girarmi verso McGann e dirgli di chiudere la bocca perché era la persona più pesante che avessi incontrato in tutta la mia vita, quando Miep si è voltata verso di me e mi ha chiesto: «Qual è il sogno più strano che hai mai fatto?». Preso alla sprovvista da quella domanda che c'entrava così poco con le creme solari di cui continuava a blaterare McGann, sono rimasto per qualche secondo senza parole. Non ricordo quasi mai i sogni che faccio. Nei rari casi in cui capita, sono noiosi, oppure banali fantasie sessuali. L'unico sogno strano che mi è venuto in mente è stato quello in cui suonavo la chitarra, nudo, sul sedile posteriore di una Dodge insieme a Jimi Hendrix. Anche lui era nudo e mi sa che abbiamo suonato Hey Joe almeno una decina di volte prima che mi svegliassi con un gran sorriso sulle labbra e una gran tristezza nel cuore perché Jimi era morto e io non avrei mai avuto l'occasione di incontrarlo. L'ho raccontato a Miep, che ha ascoltato con la testa tra le mani. Quindi ha fatto la stessa domanda a Caitlin. Lei ha descritto quel sogno stupendo in cui doveva fare un'omelette gigante da servire a Dio in persona e andava in giro per tutto il mondo in cerca delle uova. Ti ricordi quante risate ci siamo fatti quella volta? Dopo di che c'è stato un gran silenzio. Persino McGann non ha detto nulla. Mi sono accorto che guardava la sua ragazza con un'espressione preoccupata, quasi infantile. Come se stesse aspettando che lei gli desse il permesso di giocare. «È un sogno che ci ha fatto mettere insieme, me e Ian. Ero a Heathrow, aspettavo un aereo per tornare in Olanda, lui era seduto accanto a me e ho visto che stava leggendo un articolo sui "sogni lucidi". Ne avete mai sentito parlare? Si può imparare a sognare in maniera consapevole, in modo da modificare l'andamento dei propri sogni a proprio piacimento. Abbiamo cominciato a parlare di questa idea, ma lui mi ha annoiato tantissimo. Ian sa essere estremamente noioso. Bisogna abituarcisi se si vuole stare con lui. Io faccio ancora un po' di fatica, ma ormai è passata una settimana e va già meglio». «Una settimana? Come una settimana? Vuoi dire che siete insieme da così poco tempo?». «Miep tornava da un raduno di apicoltori nel Devon. Dopo la nostra conversazione all'aeroporto, ha detto che sarebbe venuta con me». «Così su due piedi? Invece di tornare a casa, sei partita con lui?». Caitlin non solo aveva creduto a quella storia, ma ne era incantata. È convinta che ci sia una magia negli incontri casuali, con cui la sorte ti offre la possibilità di innamorarti di qualcuno per imparare poi pian piano ad accettarne i difetti. Io trovavo sorprendente, invece, che Miep avesse seguito McGann malgrado ammettesse apertamente che lo trovava così noioso. È così che si diceva sì all'amore a prima vista? Dai, partiamo insieme, tesoro. Sono innamorata pazza di te e cercherò di abituarmi a quanto sei pesante. «Sì, dopo che Ian mi ha parlato del suo sogno, gli ho chiesto se potevo venire in Sardegna con lui. Era molto importante per me». Ho detto a McGann: «Dev'essere stato un sogno assai potente». Lui mi ha guardato e non mi è parso di vedere in lui nulla di speciale, nient'altro che un uomo gradevole, in gamba ma neanche troppo, come può esserlo un postino che consegna tempestivamente la posta ogni mattina o il commesso di un negozio di liquori che ti sa elencare i nomi di trenta marche di birra. Mi sono detto che doveva essere un buon agente di viaggi, informato sui prezzi e sulle proposte più vantaggiose, in grado di suggerire una buona vacanza a chi magari non voleva spendere troppo. Ma non era un tipo ammaliante, e poi parlava troppo. Che razza di sogno poteva avere mai fatto per convincere quella ragazza olandese così attraente e piacevolmente misteriosa ad abbandonare tutto e partire per la Sardegna insieme a lui? «Era un sogno come tanti altri, in realtà. Ero in ufficio, ma non il mio, un altro posto, non so bene dove. E mentre stavo lavorando è entrato un tipo, un certo Larry Birmingham, che conosco da molto tempo. È morto di cancro, più o meno cinque anni fa, e appena l'ho visto, ho capito che era tornato per me. Non mi è mai piaciuto: parlava a voce troppo alta ed era troppo sicuro di sé. Eppure eccolo lì, davanti a me, quando ho alzato la testa dalla scrivania. Ho esclamato: "Larry! Sei tu. Sei tornato dall'aldilà!", e lui ha risposto di sì, con molta calma, dicendo che era venuto per parlarmi. Gli ho chiesto se gli potevo fare qualche domanda. Riguardo alla Morte, è ovvio. Lui ha sorriso, un sorriso un po' troppo divertito, a ripensarci, e ha risposto di sì. In quel momento, nel sogno, sapevo che stavo sognando. Sapete come funziona, no? Comunque mi sono detto: Dai, va' avanti, vedi cosa riesci a scoprire. E gli ho fatto delle domande. Com'è la Morte? C'è da averne paura? È come ce l'aspettiamo oppure no? Cose del genere... Lui mi ha risposto, ma per lo più in modo vago e confuso. Se gli ripetevo la stessa domanda una seconda volta, mi rispondeva in modo diverso, e all'inizio tutto mi sembrava più chiaro, ma alla fine mi rendevo conto di essermi ingannato: era lo stesso garbuglio di concetti espresso con altre parole. Non mi è stato di grande aiuto». «Hai imparato qualcosa?». Ian ha guardato Miep. Malgrado i suoi racconti chilometrici e l'atteggiamento distaccato con cui lei lo ascoltava, era evidente che c'era una grande intimità e un profondo rispetto tra quelle due persone così diverse. Era uno sguardo d'amore quello che si sono scambiati in quel momento, non c'è dubbio, ma anche molto di più. Sì, uno sguardo che diceva che sapevano l'uno dell'altro cose che andavano dritto al loro cuore. Che si conoscessero da una settimana o da vent'anni, quello sguardo racchiudeva tutto ciò che ognuno di noi desidera nella propria vita. Lei ha annuito, ma lui ha esitato un istante e poi ha detto, dolcemente: «Mi spiace, non... non posso dirvelo». «Oh, Ian...». Miep ha allungato una mano verso di lui e gli ha fatto una carezza. Immaginati un faro acceso puntato su di loro e tutto il resto immerso nell'oscurità più assoluta. È quella la sensazione che abbiamo avuto io e Caitlin guardandoli. La cosa più sorprendente era che si trattava della prima volta che Miep si lasciava andare a una dimostrazione d'affetto nei confronti di McGann. E all'improvviso lo faceva in modo talmente plateale da essere imbarazzante. «Ian, hai ragione. Mi dispiace. Hai proprio ragione». Si è ritratta, ma non ha smesso di fissarlo. Lui si è voltato verso di me e ha detto: «Non vorrei essere scortese, ma capirete perché non posso dirvelo quando avrò finito di raccontare. Però, scusate, prima di andare avanti... Non è facile per me parlare di queste cose, perciò vorrei prima un altro drink. C'è nessuno che vuole farmi compagnia?». Abbiamo risposto tutti e tre di no e McGann si è alzato per andare a prendersi da bere. Mentre lo aspettavamo, nessuno ha detto una parola. Miep non gli ha staccato gli occhi di dosso un solo istante. Io e Caitlin non sapevamo dove guardare. «Eccomi qua. Ho fatto il pieno e sono pronto a ripartire. Sapete cosa stavo pensando mentre ero lì al bar? Che una volta mentre ero in viaggio in Austria sono stato assalito da una ridarella micidiale. Ero in macchina e sono passato davanti all'indicazione per un paese che si chiamava Mooskirchen. Ricordo di aver pensato che a voler tradurre in modo cretino il nome di quel posto poteva venir fuori qualcosa tipo Chiesa degli Alci. E mi sono detto, Be', perché no, c'è gente che rivolge le proprie preghiere a ogni sorta di cose su questa terra. Perché non gli alci? Potrebbe anche esserci una chiesa, una religione, dedicata agli alci, no? Vi sembra che sia partito per la tangente, vero? È perché mi è spaventosamente difficile raccontare questa storia. La cosa buffa è che quando avrò finito penserete che sono davvero fuori di testa, eh, Miep? Non penseranno che mi manca qualche rotella?». «Se capiranno, penseranno semplicemente che sei un eroe». «Va be', gente, non prendete Miep troppo sul serio. Non parla molto, ma a volte si lascia trasportare dall'emozione. Fatemi andare avanti e decidete voi se sono un pazzo o, chissà, come dice lei, un eroe. La mattina successiva a quel primo sogno, sono andato in bagno e quando mi sono tolto il pigiama per lavarmi sono rimasto a bocca aperta...». «Non raccontarglielo, Ian, fagliela vedere! Fagliela vedere anche a loro!». Lentamente, timidamente, McGann si è tirato la maglietta sopra la testa. Caitlin l'ha visto per prima e le si è mozzato il respiro. Poi quello che ho visto ha lasciato senza fiato anche me. Dalla spalla fino al capezzolo sinistro McGann aveva una cicatrice mostruosamente ampia e profonda. Era identica a quella, in mezzo al petto, di mio padre dopo l'operazione al cuore. Una cicatrice gigantesca e oscenamente rosea e lucida: l'unico modo che aveva il suo corpo di dirgli che non l'avrebbe mai perdonato per averlo tormentato tanto. «Oh, Ian, cosa t'è successo?». La dolce Caitlin, che si commuove per un passerotto, ha involontariamente allungato una mano verso di lui per toccarlo, per consolarlo. Poi, quando se n'è resa conto, ha ritratto la mano, ma il suo viso ha continuato a essere illuminato da uno sguardo carico di compassione e tenerezza. «Niente, Caitlin. Non ho mai avuto un incidente in vita mia. Mai stato in ospedale, mai fatto un'operazione. Ho semplicemente rivolto delle domande alla Morte e quando mi sono svegliato la mattina dopo avevo questa». Prima che avessimo il tempo di dare un'altra occhiata alla cicatrice, si è fatto passare la maglietta sopra la testa e l'ha tirata giù. «Ti dico, Ian, che secondo me è un dono». «Non può essere un dono, Miep, dal momento che mi fa un male boia e non riesco più a muovere il braccio sinistro come prima! E lo stesso vale per il piede e per la mano». «Sarebbe a dire?». Ian ha chiuso gli occhi e ha tentato di rispondere, ma non ce l'ha fatta e ha preso a dondolarsi avanti e indietro a occhi chiusi. È stata Miep a proseguire. «La notte prima che ci incontrassimo ha fatto un altro sogno ed è successa la stessa cosa. Quel Larry è ricomparso e Ian gli ha fatto delle altre domande. E le risposte sono state più chiare, alcune almeno. Quando si è svegliato, si è reso conto di sapere delle cose che sino a quel momento non aveva neanche mai immaginato. È convinto che è per questo che la cicatrice sul palmo è meno profonda: se capisce cosa gli viene detto, la punizione non è così terribile. Qualche sera fa ha fatto un altro sogno, ma si è svegliato con una profonda ferita alla gamba. Molto peggio di quella sulla mano». Ian ha ripreso a parlare, ma con voce più debole, più sommessa, come... svigorita. «Ti racconta tutto quello che vuoi sapere, ma devi capire le sue risposte. Altrimenti... te la fa pagare, così la volta successiva stai più attento alle domande che fai. Il problema è che, una volta che hai cominciato, non puoi più tirarti indietro. Nel bel mezzo del secondo sogno ho detto a Birmingham che volevo smettere: avevo paura. Ha detto che non potevo. Un duello all'ultimo sangue, insomma... Grazie a Dio, c'è Miep. Grazie a Dio, lei mi crede. Perché, vedete, tutta questa storia mi sta indebolendo in modo spaventoso. È la cosa peggiore, forse. Dopo i sogni ci sono le cicatrici, ma la cosa più brutta è che sono così spossato che mi sembra di non riuscire più a riprendermi. A volte faccio persino fatica ad alzarmi dal letto. Di solito nel corso della giornata sto meglio... ma mi accorgo che ogni volta è sempre più dura. E un giorno non ce la farò più... e so che se non ci fosse Miep... Grazie a Dio, Miep, ci sei tu». Più tardi l'ho convinto a mostrarci la cicatrice sulla mano. Non era niente in confronto a quella sul torace. Era chiara e sottile e sembrava una vecchia ferita ormai rimarginata da anni. Gli attraversava diagonalmente il palmo e ho ricordato che sin dalla prima volta che ci eravamo incontrati avevo notato lo strano modo in cui muoveva quella mano, sempre più lenta e impacciata dell'altra. Adesso capivo perché. Ma non è finita qui, sorellina. Cosa si fa in una situazione del genere? Quando il tuo cervello insiste che sono tutte sciocchezze mentre in realtà stai tremando come una foglia perché magari invece è tutto vero? Non ci hanno chiesto nessun genere di aiuto, per quanto dubito che ci fosse qualcosa che potessimo fare per McGann. Ma da quella sera ogni volta che mi capitava di pensare a lui, o lo vedevo, sentivo di provare un certo affetto per quell'uomo. Qualsiasi cosa gli stesse succedendo, stava combattendo una lotta impari. Che fosse perseguitato dalla follia o che parlasse davvero in sogno con la Morte, era certo che non aveva speranza. Detto questo rimaneva e rimane un uomo noiosissimo. Cordiale, piacevole, ma noioso, noiosissimo. Tuttavia, malgrado quello che passava, era ancora se stesso. È l'unico vero coraggio che ci è dato di dimostrare. Voglio dire, non sono molti quelli che hanno la forza di gettarsi tra le fiamme per salvare la vita a qualcuno. Ma guardare una persona che affronta il peggio con garbo, senza lamentarsi, grato dell'amore e dell'aiuto che riceve... a me sembra una gran cosa, dico sul serio. Due giorni più tardi io e Caitlin abbiamo deciso di punto in bianco di andarcene. Non ne potevamo più, quel posto non faceva per noi. In meno di un'ora abbiamo fatto i bagagli e abbiamo pagato il conto. A nessuno dei due piacciono gli addii e come puoi immaginare la storia di McGann ci aveva messo i brividi. Non era facile credere a quello che ci aveva raccontato, ma se tu fossi stata con noi quella sera e avessi visto le loro facce, se li avessi sentiti parlare, capiresti quanto eravamo a disagio al pensiero di rivederli. Se non che mentre ci dirigevamo verso la macchina, ci siamo ritrovati davanti Miep che correva verso l'ufficio. Era chiaramente successo qualcosa. «Miep, tutto a posto?». «Come? Be', a dire il vero, no. Ian... Ian non sta bene». Era agitatissima e i suoi occhi correvano ansiosamente di qua e di là. Poi ha ricordato qualcosa e si è calmata un po'. Immagino che le fosse tornato in mente che McGann qualche sera prima ci aveva raccontato la storia dei sogni. «Ha fatto un altro sogno oggi, quando siamo tornati dalla spiaggia. Si è disteso sul letto per qualche minuto, ma quando si è svegliato...». Ha disegnato lentamente nell'aria con una mano una linea che le attraversava la pancia. Sia Caitlin che io siamo trasaliti e abbiamo chiesto se potevamo fare qualcosa. Credo che avessimo già fatto qualche passo verso il loro bungalow quando Miep ha gridato, letteralmente gridato: «No!». E non c'è stato modo di convincerla a farsi aiutare. Più di ogni altra cosa, comunque, quello che mi ha colpito è stato il suo viso. Quando s'è resa conto che non avremmo interferito, ha guardato verso il bungalow alle nostre spalle con un'espressione radiosa, malgrado il terrore che la attanagliava. Era proprio vero? Era stato davvero sfregiato dalla Morte perché non ne aveva compreso le risposte? Chissà. Sul traghetto, mentre tornavamo, mi sono venute in mente le sue parole riguardo alla Chiesa degli Alci e a come la gente dovrebbe essere libera di credere in ciò che vuole. Era quella l'espressione sul volto di Miep: lo sguardo di chi ha davanti la verità e la risposta alla vita. O alla morte. Sei nei nostri pensieri, Jesse Ho posato la lettera e ho chiuso gli occhi aspettando che dicesse qualcosa. «Allora, cosa ne pensi, Wyatt?». L'ho guardata, ma il sole del mattino si era posato sulla sua testa come una calda corona dorata. Sono stato costretto a strizzare gli occhi per riuscire a scorgere il profilo del suo viso. «Penso che sia una storia avvincente». «In che senso "una storia avvincente"? Non ci credi?». «Certo. È il mio problema da anni: credo a tutto. A volte penso che non mi stia uccidendo la leucemia, ma questa volontà di credere, credere sempre a ogni cosa. Sono affetto da una forma terminale di speranza». «Wyatt, non fare lo spiritoso. Potrebbe essere la tua salvezza! Perché non sei più...». «Più cosa? Eccitato, entusiasta? Sophie, ho un cancro. Mi hanno detto che morirò presto, che non mi rimane molto da vivere. Dio mi sta già facendo un favore a permettermi di essere qui oggi. Credi di poter capire cosa significa vivere con questo pensiero nella testa ogni istante della propria vita? I primi tempi, quando ho saputo di avere un tumore, sono stato travolto da stati d'animo che ora non provo più. Ogni mattina quando mi svegliavo, piangevo. C'è stato un periodo in cui osservavo ogni cosa con la massima attenzione perché non sapevo se l'avrei mai più rivista. La vita si era trasformata in un film a tre dimensioni, tutto si stagliava ed emergeva dallo sfondo,