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Giuseppe Biasi PDF

177 Pages·1998·28.813 MB·Italian
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Giuliana Altea - Marco Magnani Nel frontespizio: Indice PROCESSIONE A FONNI, 1919-20 circa(particolare) Progetto grafico, impaginazione e selezioni colore Ilisso edizioni Referenze fotografiche ARCHIVIO ILISSO: nn. 4-5, 20-22, 32-34, 45-46, 49-52, 56-57, 60, 62, 7 Premessa 74, 76-78, 94-95, 100, 102, 111, 113, 142-146, 154, 158, 169-174, 179- 180, 183-186, 190, 193-196, 199-200, 202-203, 208, 216-218, 220-221, 226-228, 231-234, 236-237, 239-240, 242, 246-248, 250, 252, 254, 256-257, 259-263, 265-267, 269-272, 276, 278-279, 283-284, 287, 291- 293, 295, 297, 299, 301-305, 307, 311-314, 317-318, 320-322, 324- 13 La via della sintesi 326, 330-331, 333, 337-343, 345-346, 349-371, 373-383, 386-391, 395, 401-403, 406, 408-412, 414-416, 418, 420, 422-425, 427-428, 430-434, 436-437, 439-443 (foto Pietro Paolo Pinna, Nuoro); nn. 18-19, 101, 138, 152, 162, 165, 188-189, 191-192, 215, 222-223, 230, 235, 238, 241, 249, 251, 253, 255, 268, 273-275, 280-282, 289-290, 294, 298, 27 Sardo, primitivo, moderno 300, 308-310, 315-316, 319, 323, 328, 344, 347, 384-385, 393-394, 407, 413, 421, 426, 429, 435, 438 (foto Nicola Monari, Cagliari); nn. 83, 98, 103, 112, 114-115, 139, 155, 157, 159, 164, 175-178, 181, 187, 201, 204-207, 209 (foto Gianni Mari, Milano); nn. 104-108, 110, 161, 219, 224, 229, 243-245, 327, 332, 348, 372, 392, 396-398 (foto Stefano 59 Gli anni di Teulada Pugliese, Roma); a eccezione di: nn. 63-64, 91-92, 160, 197-198 (Gal- leria Comunale d’Arte, Cagliari, foto Dettori); n. 151 (Galleria d’Arte Moderna del Castello Sforzesco, Milano, foto Saporetti); n. 99 (Galle- ria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, Venezia, foto Fotoflash); nn. 211, 417 (Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi, Piacenza, foto Manzotti); 91 Un pittore alla moda nn. 15-17 (Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna, foto Fornasini); nn. 116-117 (Biblioteca dell’Istituto Mazziniano, Genova, foto Ago- sto); n. 41 (per concessione di Vanni Scheiwiller); n. 419 (da Biasi nella collezione regionale, Nuoro 1984); n. 35 (da G. Altea, M. Ma- gnani,Le matite di un popolo barbaro, Milano 1990); nn. 212-214 (da 151 Dal villaggio sardo all’harem coloniale G. Altea, M. Magnani, G. Murtas, Figure in musica, Cagliari 1990); nn. 335-336 (da Le età del Liberty in Toscana, a cura di M. A. Giusti, Firenze 1996). Riproduzioni di foto d’epoca e originali a stampa gentilmente concessi in prestito: nn. 1, 13, 75, 93, 96-97, 140-141, 147, 153, 156, 163, 166-167, 182, 210, 225, 258, 264, 277, 285-286, 195 A Itaca 288, 296, 306, 329, 334, 404-405, 444-446 (Archivio Biasi, Capena); nn. 399-400 (Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Venezia); nn. 148-150 (Biblioteca della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Valle Giulia, Roma); nn. 53-55, 58-59, 66-73, 79-82, 84-90, 118-137 (Biblioteca Universitaria, Sassari); nn. 2-3, 7-12, 14, 42-44, 47-48, 61, 257 Una scelta di campo 65, 109, 168 (Giuliana Altea); n. 6 (Marco Lorandi); nn. 23-31, 36-40 (Paola Pallottino). Stampa Industria Grafica Stampacolor, Sassari Apparati Ringraziamenti La nostra riconoscenza va a Carla Biasi Carrisi per aver collaborato 319 Profilo biografico al reperimento di materiali documentari, a Gio Biasi Mereu, agli Enti pubblici e ai collezionisti privati, che hanno consentito di foto- grafare opere di loro proprietà. Un ringraziamento particolare a: Archivio del Genio Civile, Sassari (Gavino Pischedda); Archivio di Stato, Sassari (Anna Tilocca Segreti); Archivio dell’Università, Sassa- 333 Corrispondenza ri; Archivio Storico delle Arti Contemporanee, Venezia; Biblioteca Universitaria, Sassari (Rita Cecaro e Tiziana Olivari); Biblioteca Ma- rucelliana, Firenze (Elisabetta Francioni Lunati); Circolo “Il Nura- ghe” e Biblioteca Civica, Biella (Biagio Picciau e Patrizia Bellardo- ne); Istituto di Cultura Italiana, Alessandria d’Egitto (Flavia Tibaldi); 344 Itinerario espositivo Istituto di Cultura Italiana, Il Cairo (Carla Maria Burri); Cesare Ber- mani; Aldo Borghesi; Marinella Cao Volpi; Guido Crainz; Luca Deidda; Stefano Fugazza; Costantinos Ghiatis; Anna Maria Montal- do; Paola Pallottino; Alessandro Penati; Bruno Pozzato; Enrica Ri- volta Velati; Enzo Rovasio; Simone Sechi; Luisangela Tavolara; 346 Bibliografia Emanuela Verzella. © Copyright 1998 by ILISSO EDIZIONI Nuoro ISBN 88-85098-75-4 Premessa «Chi ha il coraggio di rispolverare, vita a stili nazionali coniugando mo- sintesi formale che taglia i ponti con anche oggi che sono di moda le rie- dernità e tradizione popolare, accor- l’Ottocento. sumazioni, pittori allora onoratissi- dando linguaggi secessionisti e mo- L’operazione che compie, di trasferi- mi come Belloni, Graziosi, Hartig, tivi folklorici. La Sardegna di Biasi, re in pittura gli esiti più avanzati del- Biasi?». inserita con esiti originali nelle coor- la cartellonistica e dell’illustrazione Così scrivevano, nel 1982, gli autori dinate del National Romantic Move- dell’epoca, sfruttandone il potenzia- di un’utile Storia della Biennale.1 ment (come in area anglosassone le comunicativo per conferire forza Non sappiamo su che basassero la viene definito il fenomeno), non è e icasticità alle proprie immagini, loro poco lusinghiera opinione dei una delle tante riserve di pittoresco sottrae queste all’ambito delle pol- primi tre artisti, ma nel caso di Biasi sparse un po’ ovunque per l’Italia, verose registrazioni etnografiche e le essa nasceva probabilmente dalla vi- dalle Alpi al Vesuvio alla laguna ve- immette nel circuito della contem- sione di un’unica opera, Sera di festa neta: è una terra che si affaccia al- poraneità. Nuovissime abitudini per- a Teulada, riprodotta nel catalogo l’alba del Novecento dalle nebbie cettive, nate nel tempo accelerato dell’edizione 1914 della mostra ve- di un passato senza storia, e che del divenire urbano, vengono quin- neziana. Se il giudizio non era argo- contro il presente tragico e cruento di a incontrarsi con la rappresenta- mentato (né poteva esserlo in quel del banditismo, delle dure e indi- zione di un tempo immoto, non contesto), è però facile intuirne i mo- scriminate repressioni statali, delle sfiorato dall’onda impetuosa della tivi: narrativismo, decorativismo, fol- croniche piaghe della fame e della storia. Questo intreccio di arcaico e klorismo. Peccati, si sa, che portano malaria, tenta di affermare la pro- moderno ci porta sul terreno, così dritti all’inferno, anche in tempi di pria identità. Nel sentire della sua determinante per la cultura del ven- riesumazioni. Chi dice narrativo dice classe intellettuale, essa si configura tesimo secolo, del primitivismo. In aneddotico, pittura di genere, Otto- ormai non come regione, ma come un mondo in cui, come dice Marx, cento; decorativo sta per superficiale, nazione. «ogni cosa sembra pregna del suo facile, vuoto; folkloristico per colore Non si comprende fino in fondo la contrario»,2 la costruzione del futuro locale, pittoresco a buon mercato, re- pittura di Biasi se non la si ricollega nasce dalla memoria del passato. gionalismo e quindi (inevitabilmen- a questo programma di riscatto “na- Quello di Biasi è innanzitutto un pri- te) provincialismo. zionale”, se obbedendo a un annoso mitivismo culturale, riconducibile, Ebbene, Giuseppe Biasi non ha nul- pregiudizio formalista lo si trascura più che alla nostalgia di un perduto la a che vedere con tutto ciò. È un come fatto irrilevante ai fini dell’ana- stato di natura e del “buon selvaggio” artista originale, di squisita raffinatez- lisi storico-artistica. È questo pro- rousseauiano, alla fascinazione di za, di cultura cosmopolita, la cui gramma, infatti, che conduce la sua luoghi il cui presente serba l’impron- opera s’intreccia profondamente con opera a differenziarsi radicalmente ta di civiltà trascorse e lontane. Come le problematiche della modernità. dalla massa dei regionalismi italiani. Gauguin, egli subisce l’attrazione di Il suo folklorismo, l’ispirazione trat- Egli punta a trasfigurare esteticamen- quei popoli «la cui vita, sebbene libe- ta dal mondo della Sardegna conta- te il mondo sardo per ribaltarne in ra dall’artificiosità moderna, rien- dina, lungi dal relegarlo in una sac- positivo l’immagine, per capovolgere trava, tuttavia, nella schiavitù di an- ca di ritardo provinciale, è viceversa i tratti di un’isola selvaggia e sangui- tiche tradizioni sociali», portatori di un elemento che lo situa nel conte- nosa in quelli di un’esotica contrada un «insieme arcano di costumi, su- sto internazionale: fino ai primi anni immune dai guasti del progresso, per perstizioni e pratiche religiose che li Venti, il suo lavoro è in sintonia con rovesciare lo stereotipo (caro all’an- facevano sembrare atavici stranieri» le esperienze condotte in un’ampia tropologiafin de siècle) di una “razza nel bel mezzo della contempora- fascia di paesi europei (dall’Unghe- delinquente” in quello di una stirpe neità.3 Ma il suo è anche, in certa mi- ria all’Irlanda, dalla Norvegia alla fiera e aristocratica: sono questi in- sura, un primitivismo stilistico, ispira- Russia) che puntavano allora a dar tenti a spingerlo alla ricerca di una to a quelle vere e proprie sculture 1 7 1. Giuseppe Biasi ritratto in alcune 3. Primo Sinòpico (Raoul de Chareun), fotografie dagli anni Venti agli anni RITRATTO DI GIUSEPPE BIASI, Quaranta. inEmporium, Bergamo, luglio 1917. 2. Giuseppe Graziosi, CARICATURA DI GIUSEPPE BIASI, in G. Valeri “Un cenacolo milanese”, in ArditaMilano, 15 marzo 1921. 3 colorate che sono i costumi tradizio- ma, per i tre quarti del suo percorso, della danza e della musica e in qual- da quel filone di modernismo anti- Sardegna. In entrambi i casi giocano nali sardi. Della semplificazione for- un tentativo di dare risposta alle do- che modo perfino quella del paesag- progressista che attraversa il Nove- inizialmente, in qualche misura, vec- male suggerita da questi ultimi, il pit- mande fondamentali della Moder- gio, lascia emergere, estremizzando- cento, e che guarda con diffidenza chie ostilità personali e considera- tore mette in luce, per il tramite del nità, le stesse poste a suo tempo da le, alcune componenti presenti fin agli effetti disumanizzanti della ci- zioni politiche dettate dalle scelte fi- cartellonismo e dell’illustrazione, la Gauguin: «Da dove veniamo? Chi dall’inizio nell’approccio del pittore viltà industriale. Una miscela cultura- nali dell’artista. Sul conto delle prime coincidenza con l’à plat, il decorativi- siamo? Dove andiamo?». A uno scru- alla realtà sarda. La raffigurazione del le i cui principali ingredienti sono, va messa ad esempio l’opposizione smo e il sintetismo propri delle ten- tinio ravvicinato, infatti, l’arte di que- mondo popolare isolano costituiva nel suo caso, Schopenhauer, Hart- di Carlo Carrà all’idea di Rodolfo Pal- denze secessioniste. In seguito, du- sto secolo si va svelando sempre più un’appropriazione estetica compiuta mann, Nietzsche, Bergson, Stirner, lucchini di dedicare al sardo una re- rante e dopo il soggiorno africano non come ricerca della pura forma, da un intellettuale borghese nei con- Sorel, Marx, i pensatori anarchici, trospettiva nella Biennale veneziana del 1924-27, saranno gli spunti offer- ma come ricerca dell’identità.4 Il ri- fronti di una civiltà estranea: in essa polemisti cattolici come Bloy, Veillot, del 1950.9 Le seconde, pur non for- ti dalla scultura indiana, dall’arte egi- corso all’alterità, elemento indispen- era implicito un rapporto di posses- Barbey d’Aurevilly, più tardi autori mulate apertamente, contribuiscono zia, dalle miniature persiane e dalle sabile per la conquista dell’autocon- so, per quanto contenuto entro gli come Georges Duhamel e Alexis non poco al giudizio negativo su di più svariate culture extraeuropee a sapevolezza, ha improntato di sé argini del programma “nazionalista” Carrell.6 Irrazionalismo, pessimismo, lui espresso da sinistra; un giudizio fondersi con il patrimonio delle avan- quasi l’intera storia del Moderno, sot- già descritto. In Africa, caduto il dia- nichilismo, spirito antidemocratico e che, basato sulla taccia di superficia- guardie (Matisse, Modigliani, espres- to forma di richiamo all’Altro cultura- framma dell’ideologia nazionale, antiborghese, classiche risultanze di lità e di scarsa aderenza alla triste sionismo e cubismo), dapprima in le nei vari primitivismi, o all’Altro in- l’appropriazione può essere comple- un simile amalgama, fanno di Biasi realtà sociale sarda della sua pittura, termini vicini al gusto déco, quindi teriore dell’inconscio. ta, il possesso trasformarsi in domi- un singolare fascio di contraddizioni. porterà nel 1956 i gruppi regionali nei modi di uno spoglio arcaismo Fortemente avverso alla seconda so- nio, cioè in totale assimilazione cul- Populista e aristocratico, avvezzo alla comunista e socialista ad opporsi al- che distingueranno fino alla seconda luzione, Biasi fonda sulla prima tutto turale dell’Altro attraverso un empito mondanità più elegante e però per- l’acquisizione del consistente fondo metà degli anni Trenta la parte più vi- il proprio itinerario. Inizialmente la fantastico che travolge il reale. fettamente a suo agio tra i pastori, La contraddittorietà del sentire e degli di opere oggi nella collezione della tale del suo lavoro. sua pittura mira a definire nel con- Sebbene manchi nel pittore una qua- nella solitudine degli stazzi; nutrito atteggiamenti, se rende Biasi fino in Regione Sardegna.10 La vicenda di Biasi costituisce insom- tempo un’identità “nazionale”, attra- lunque forma di partecipazione poli- di aggiornata e sofisticata cultura fondo un uomo del suo tempo, ac- A parte questi motivi polemici, l’ideo- verso la rappresentazione della vita tica al progetto coloniale (e anzi i internazionale ma incrollabilmente cresce però anche la difficoltà di in- logia del Moderno cristallizzatasi nel popolare sarda, e un’identità artistica, suoi contatti con l’ambiente del na- fiero delle proprie radici; ironico, ci- quadrarne la pittura, di un’originalità secondo dopoguerra, con la sua resa più che altrove necessaria dalla zionalismo artistico egiziano sem- nico, disincantato, e al tempo stesso di per sé imbarazzante nel contesto ipostasi di un’arte autonoma e uni- situazione specifica della Sardegna. brino indicare simpatie per i locali profondamente intriso di romantici- italiano, entro le categorie storiografi- versale, senza racconto e senza pa- Mentre in tutta Europa i primi anni movimenti indipendentisti), profon- smo e di malinconico, nostalgico che disponibili. Dopo la stagione de- tria, avanzante in un cammino inarre- del Novecento vedono i protagonisti damente intrisa di spirito coloniale è, sentimentalismo. Fortemente indivi- gli anni Dieci, legata, per quanto in stabile di progresso, non era certo della ricerca avanzata impegnati nel come ha ben mostrato Edward Said,5 dualista, ma pronto ad assumere con modi personali, alla cultura delle Se- tale da secondare la fortuna critica di dar forma a un’identità artistica mo- quella visione dell’Africa modellata coraggio il peso di situazioni colletti- cessioni, e le inflessioni déco di alcu- un pittore come Biasi. Negli anni Cin- derna in opposizione a quella tradi- sugli stereotipi della cultura e della ve (così nei confronti dei colleghi ne opere della metà degli anni Venti, quanta e Sessanta, in tempi di sche- zionale, nell’Isola la totale mancanza fantasia occidentali, che la sua forma- sardi nel 1915, nel 1929, nel 1935); l’artista sfugge a catalogazioni preci- matiche contrapposizioni fra astrazio- di scuole e correnti figurative autoc- zione di intellettuale europeo lo por- scettico e disilluso, ma ugualmente se: lontano dall’accademismo e dal ne e figurazione, al rigetto operato tone costringeva a dar risalto alla ta a condividere. L’immagine femmi- impegnato a cercare nell’arte «la buo- verismo come dall’avanguardia, non dalla critica di buona parte della vi- questione dell’identità artistica tout nile (onnipresente nella sua opera), na volontà dell’illusione»;7 persuaso è novecentista o neoclassico, non è cenda figurativa italiana della prima court, del ruolo sociale di pittori e portatrice in Sardegna dei valori po- di non poter «abbracciare alcun par- tonalista, non è espressionista nei metà del secolo (basti pensare alla li- scultori. sitivi della collettività, in Africa divie- tito né arruolarsi in alcun esercito»,8 modi omologati. quidazione compiutane da Argan nel Con il soggiorno africano, un terzo ne schermo di proiezione di pulsioni insofferente del clima della dittatura e Questa evasività rispetto agli schemi 1970, in un’opera destinata, per altri tipo di identità, quella personale, vie- e fantasie soggettive, supporto per la incline a posizioni di fronda, eppure classificatori correnti non basta tut- versi meritatamente, ad esercitare lar- ne in primo piano accanto alle pre- costruzione di un’identità maschile capace di schierarsi, quando niente tavia a spiegare la quasi completa ga influenza) va unita una malinte- cedenti: la fase “orientalista”, incen- (così come bianca e occidentale) lo richiedeva, e per motivi esclusiva- cancellazione del nome di Biasi dai sa ansia di sprovincializzazione che trata su una dimensione erotica che che alterna al piacere del soggiogare mente ideali, con il fascismo nella registri dell’arte nazionale intervenu- punta a sopprimere, in nome di un non resta circoscritta ai molti nudi quello dell’essere soggiogati. sua ora estrema, quella della Repub- ta dopo la sua morte, né le valuta- astratto cosmopolitismo, l’articolata ma tocca anche la tematica contigua La ricerca identitaria di Biasi nasce blica Sociale. zioni riduttive incontrate anche in complessità delle situazioni regionali. 2 8 9 La rimozione storica dell’opera di ricognizione storica che si sarebbe testo socio-culturale sardo (M. L. contributo di Paola Pallottino.25 Quin- chiesto un’estesa ricognizione dei che l’analisi esclusivamente formale Biasi si accompagna perciò a quella fatta attendere ancora per molti anni. Frongia),16 si riconosceva il ruolo di la situazione sarda veniva esami- materiali giornalistici (che ha porta- di un testo, lungi dall’esaurirne il di tutto il contesto artistico sardo del Nel persistente oblio che circondava della grafica nella definizione del lin- nata nell’ambito de La pittura in Ita- to quasi a quadruplicare la biblio- senso, rischia di rinchiuderlo in un primo Novecento: un processo che le ricerche d’inizio secolo svoltesi al guaggio dell’artista (S. Naitza),17 si lia curata da Carlo Pirovano, opera grafia già esistente) e una parallela universo separato, di tagliarlo fuori inizia prestissimo anche in Sardegna, di fuori dell’avanguardia, l’opera di esaminava per la prima volta la fase la cui capillare ricostruzione del ricerca condotta su quanto rimane- dalla storia; né può bastare a reinte- dove già nel 1945 si comincia da più Biasi finiva per apparire come un fat- finale della sua ricerca (M. Magna- tessuto regionale era un frutto im- va dell’archivio Biasi e su numerosi grarvelo la meccanica aggiunta di parti a mettere in discussione la stes- to a sé, un fenomeno esclusivamente ni)18e se ne tracciava sommariamen- portante dei recenti orientamenti altri archivi pubblici e privati. Ciò un “contesto” che rimane ad esso sa esistenza di una scuola locale.11 locale, confermando le vedute dei te una storia critica (M. E. Ciusa).19 della ricerca storiografica, volti a ri- ha permesso di dipanare il filo di si- giustapposto, come uno sfondo po- Per converso, mentre nel 1947 il pit- sostenitori di un autarchico spirito La mostra del fondo di opere della discutere i presupposti dell’ideolo- tuazioni e momenti del percorso sticcio. Crediamo viceversa che i tore viene ricordato dall’Associazio- isolano. Regione Sardegna (che, acquisito gia del Moderno e a rivederne le dell’artista che erano finora noti so- documenti figurativi vadano consi- ne della Stampa sassarese con un Non sorprende perciò che i primi malgrado le polemiche, non era mai pratiche col restituire considerazio- lo genericamente. Si è potuto così derati non solo prodotti, ma produt- volume miscellaneo che costituisce sondaggi sul lavoro dell’artista stato esposto fino a quel momento), ne a figure, tendenze ed episodi in seguirne in dettaglio il periodo mi- tori di storia e di ideologia. Abbia- tuttora una fonte preziosa,12 artisti compiuti in termini scientifici ab- se fu un’utile occasione di riflessione precedenza sottovalutati o del tutto lanese e gettar luce sul soggiorno mo quindi accordato largo spazio al come Pietro Antonio Manca e Remo biano puntato unicamente a metter- sul significato dell’arte di Biasi, non trascurati.26 Qui alla Sardegna veni- africano, precisando i rapporti in- momento della ricezione, incluso Branca si fanno sostenitori nell’Isola ne in luce i rapporti stilistici con il partì tuttavia da un’adeguata, e ormai va dedicato un saggio di Daniele trattenuti con le cerchie artistiche quello rappresentato dalla critica della tesi di una tradizione figurativa contesto nazionale e int er naziona- indispensabile, ricognizione filologi- Pescarmona,27 che se riconosceva a locali. Gli anni della maturità, quasi spicciola, di tono giornalistico, spes- regionale, il primo fondandola sulla le.14 Un’operazione necessaria, ma ca.20 Questa avrebbe cominciato a Biasi un ruolo di caposcuola e ne completamente trascurati dalla let- so considerata irrilevante e invece tendenza verso il colore puro, il se- che, astraendo il pittore dalla radice prender corpo l’anno dopo, con una sottolineava l’alta qualità dell’opera, teratura precedente, se costituisco- di grande importanza perché agente condo su una predisposizione inna- sarda e “sardista” della sua formazio- monografia di Maria Elvira Ciusa e ne separava tuttavia i raggiungimen- no una fase di continuo mutamento e specchio del gusto diffuso, termo- ta verso i valori dell’incisione, ma ne, e misurandone l’opera col metro Marinella Cao Volpi,21 lavoro con cui ti estetici dalle motivazioni ideologi- e di ricerca incessante, e quindi di metro dell’incidenza concreta del- entrambi rintracciandone le radici delle avanguardie (come di norma la letteratura su Biasi si spostava dal- che e culturali e rimuoveva la tema- non facile ricostruzione (anche per l’opera. Un’attenzione anche più am- nell’opera di Biasi.13 Le loro posizio- nella storiografia del momento), po- l’ambito delle interpretazioni generali tica sarda come ininfluente ai fini di la scarsità di capisaldi cronologici: pia abbiamo rivolto alle motivazioni ni, però, non scaturite da una lucida teva offrirne solo una visione circo- a quello di un’indagine storica basata una valutazione della personalità salvo casi isolati, Biasi non datava che guidano le scelte figurative del- consapevolezza storica, bensì for- scritta e limitativa. Una svolta inter- sulle fonti bibliografiche e documen- dell’artista. le proprie opere, e dall’inizio degli l’artista, tentando di legare stretta- mulate dalla prospettiva parziale di pretativa segnava, nel nuovo clima tarie reperite in primo luogo nell’ar- Il nome del pittore si affacciava infi- anni Trenta si rarefanno le riprodu- mente il percorso creativo alla vi- chi negli eventi in esame era stato di revisionismo storico degli anni chivio del pittore, in quel momento ne nel quadro di attente indagini zioni di queste su cataloghi e gior- cenda biografica. coinvolto, dai punti di osservazione Settanta, il pionieristico saggio di ancora relativamente ricco.22 Il volu- svolte sull’ambiente milanese,28 tea- nali), si sono però rivelati tutt’altro Contrariamente a quanto vuole un opposti del realismo socialista e del- Salvatore Naitza Arte in Sardegna me offriva una più precisa contestua- tro della sua vivace affermazione tra che poveri di episodi creativi bril- vecchio slogan modernista, l’opera l’avanguardia apparvero (e in qual- tra realismo e folklore (1977). Pur lizzazione dell’opera del sardo entro il 1917 e il 1923, mentre il suo per- lanti. Anche la produzione del mo- d’arte da sola non “parla”, non ce- che misura effettivamente erano) in- seguitando a porre come obbiettivo le coordinate della situazione nazio- corso fino al 1929 era messo a fuo- mento finale della sua carriera, tra- de all’osservatore un significato e trise di vecchio spirito regionalistico prioritario quello di reintegrare Bia- nale, con una ricostruzione puntuale co dagli scriventi sulla scorta di più scorso a Biella e chiuso nel 1945 da un valore universali, assoluti, indi- e tese a ingigantire fenomeni di mo- si, e con lui gli altri protagonisti del- del percorso grafico e un primo, em- ampi riscontri filologici ed iconogra- una morte tragica, benché di tenuta pendenti dal tempo e dal luogo. Si- desta rilevanza oggettiva. Esse trova- l’arte isolana d’inizio secolo, nella brionale esame dell’attività pittorica, fici nel volume dedicato al primo più discontinua rispetto agli esiti gnificato e valore (anche estetico) rono quindi ascolto soltanto presso contemporanea vicenda stilistica ita- relativo alla fase giovanile, la quale Novecento della Storia dell’arte in anteriori, comprende lavori di gran- dell’opera appaiono invece quali un pubblico tradizionalista che ve- liana, Naitza andava oltre il formali- era contemporaneamente oggetto di Sardegna.29 de intensità. fatti relativi, inscindibilmente con- deva nella trascorsa stagione figura- smo modernista nel segnalare la forte uno studio specifico di Giuliana Al- Se si è dato conto qui, in breve, del- Per concludere, il lettore potrà con- nessi all’orizzonte storico e cultura- tiva un felice periodo non inquinato connotazione ideologica delle scelte tea, incentrato particolarmente sul l’itinerario critico recente, è perché statare come la struttura del libro le, e spetta allo studioso (il compito dai famigerati “ismi” rinnovatori. Più del pittore, collegandole al risveglio soggiorno romano del 1905.23 nel testo si sono volutamente ridotti non poggi tanto sull’esame stilistico dello storico dell’arte non è diverso equilibrate, e spesso acute, erano le culturale in atto nella Sardegna pri- Gli anni seguenti vedevano app ro- al minimo i riferimenti ad esso, per di singole opere o gruppi di opere, in questa prospettiva da quello del- valutazioni di altri critici a diverso ti- monovecentesca. fondirsi la ricerca soprattutto nel privilegiare un continuo ricorso alle quanto su un intreccio di questo lo storico tout court) provarsi, per tolo partecipi delle vicende sarde Questa stagione di studi si chiudeva campo della grafica e dell’illustra- fonti, reso necessario dall’esigenza con la discussione di percorsi intel- quanto può, a rintracciare il filo di d’anteguerra, come Eugenio Tavola- nel 1984 con la mostra Biasi nella zione,24 ambito, quest’ultimo, in cui di ricostruire l’integrità di una vicen- lettuali, interessi ideologici, ambien- tali connessioni. Questo, in ogni ra e Mario Ciusa Romagna; ma nep- collezione regionale,15 nel cui catalo- l’apporto di Biasi aveva cominciato da che era stata finora esaminata so- ti culturali. A guidare il nostro lavo- caso, è l’obbiettivo che ci siamo pure queste potevano sostituire una go si approfondiva l’esame del con- ad emergere grazie al fondamentale lo per excerpta. Questa scelta ha ri- ro è stata in effetti la convinzione proposti. 10 11 La via della sintesi Dopo Courbet, dopo Manet – la caricatura! Cosa potrebbe essere più logico! Maurice du Seigneur, 1888 Il dipinto Processione nella Barbagia di Fonni (figg. 4-5), con cui Giuseppe Biasi si vede per la prima volta ammesso alla Biennale di Venezia – e fa così il proprio esordio ufficiale nella pittura italiana – non è certo il classico quadro “da esposizione”, das gute Ausstel- lungsbild, come lo si intendeva negli anni a cavallo del secolo. Non si tratta di una grande machine dal soggetto a sensazione e dalla fattura virtuosistica, ricca di effetti appariscenti, programmata per fermare gli sguardi del pubblico tra le centinaia e centinaia di ope- re esposte.30 È invece una tempera di modeste dimensioni, in cui una griglia di contorni geometrizzanti racchiude trasparenti stesure di sommesse tinte madreperlacee.31 L’impianto grafico del lavoro basta di per sé a collocarlo in un genere “minore”; tant’è che Ettore Cozzani, passando in rassegna su Vita d’Arte le opere dei giovani, lo esclude dal novero delle cose significative dal momento che è un semplice disegno, «una cosetta lieve … a masse tratteggiate e “cam- pite”».32 Accanto a Cozzani, comunque, notano il dipinto del venti- quattrenne artista sardo altri recensori: Vittorio Pica – al momento la voce più attenta della critica italiana – che lo definisce «movi- mentato e caratteristico»,33 e Attilio Rossi, collaboratore de La Tri- buna di Roma, che ne segnala l’interessante «singolarità coloristica e di composizione».34 Per un giovane esordiente di provincia si trat- ta di un esito non trascurabile, tanto più che anche la semplice am- missione avrebbe potuto considerarsi tale in una mostra nella qua- le la giuria aveva dato prova di notevole severità.35 La Processione di Biasi, in effetti, non manca di tratti capaci di farne distinguere l’autore tra la massa degli espositori: a cominciare pro- prio dalla sfacciata continuità che la lega all’illustrazione e alla car- tellonistica. La decisa semplificazione formale, l’assoluto à plat, l’insistito linearismo, la geometrizzazione che sfaccetta i volumi rendendoli simili a prismi colorati appartengono, più che alla pittu- ra coeva, alla grafica applicata; ma è giusto attraverso quest’ultima che in Italia passano all’inizio del secolo i primi cenni di rinnova- mento artistico. Il taglio diagonale della scena, un taglio sbieco da istantanea scattata in condizioni di precaria stabilità, mentre sugge- risce il moto trascinante delle figure – confratelli incappucciati, ca- valieri, donne in costume paesano – fissa l’immagine entro il gratic- cio implacabile dei contorni, la blocca raggelandola in uno schema monumentale. Nasce da qui l’innegabile suggestione della tempe- 4. PROCESSIONE NELLA BARBAGIA DI FONNI (1909) ra: dal contrasto tra la modernità di un impianto che ha dietro di sé tempera e pastello su carta (particolare) 4 l’occhio meccanico della macchina fotografica, l’esperienza tutta coll. Regione Sardegna. 13 5. PROCESSIONE NELLA BARBAGIA un incisivo impatto figurale, l’effetto complessivo è nondimeno DI FONNI (1909) quello di una fresca, trascorrente impressione di luce e d’atmosfe- tempera e pastello su carta, cm 64 x 68 ra. Al tentativo compiuto da Innocenti di cogliere la fugacità della coll. Regione Sardegna. Esposto nel 1909 alla Biennale di Venezia. sensazione ottica, la mobilità dell’esistenza fenomenica, Biasi op- pone il bisogno di arrestare il mutamento, di assolutizzare l’istante. Non mima il tempo in divenire della contemporaneità, ma gli pone a confronto il tempo bloccato del primitivo; quel primitivo nel qua- le tanta parte della cultura dell’epoca scorgeva la via più efficace, forse l’unica possibile, per giungere al cuore della modernità. La diversa posizione dei due artisti rispecchia anche uno scarto ge- nerazionale. Innocenti si allinea con quanti, in Europa, proponeva- no una versione addomesticata della lezione impressionista, fonda- ta sull’esibizione di una pittura di tocco che pur distruggendo la continuità del disegno e delle superfici non rinunciava alla leggibi- lità e alla gradevolezza delle scene; con quegli artisti, cioè, che Ro- bert Jensen ha efficacemente riunito sotto la definizione di juste mi- lieu international,38 e che nei primi anni del secolo passavano agli occhi dei più come impressionisti a pieno titolo, ed erano anzi assai meglio noti dei membri effettivi del movimento. Quest’area opera- tiva, che aveva trovato nelle mostre delle varie secessioni europee il canale per il proprio successo internazionale, era rappresentata nella Biennale del 1909 dalle personali di celebri maestri come Be- snard, Zorn, Kröyer. Ed era proprio questa versione dell’Impressio- nismo che Cozzani intendeva additare ad esempio ai giovani italia- 5 ni, quando nella sua recensione della rassegna veneziana li incitava urbana della grafica industriale, e la rappresentazione di un mondo a non «dimenticare una vittoria sulle tenebre come quella che i no- arcaico e patriarcale, immoto e lontano. vatori della tecnica hanno ottenuta», e al tempo stesso li metteva in Un mondo, quello della Sardegna contadina e pastorale, che aveva guardia dal giungere al disfacimento delle forme.39 già attirato lo sguardo degli artisti. Proprio nel 1909 Antonio Ortiz Biasi, dal canto suo, non si confronta né con l’Impressionismo juste Echagüe, pensionato dell’Accademia di Spagna e ultimo di un pic- milieuné con quello autentico (il quale pure era ormai diventato an- colo drappello di pittori iberici che dai primi del secolo avevano che in Italia tema di dibattito: nel 1908 Pica aveva raccolto in volume soggiornato nell’Isola, presentava agli Amatori e Cultori di Roma i propri articoli sull’argomento, nel 1909 Soffici si scagliava contro dei dipinti eseguiti nel villaggio di Atzara; e, nella stessa Biennale, l’indifferenza italiana nei confronti delle scoperte parigine).40 La sua Biasi doveva scontare, in merito al tema (all’epoca fattore tutt’altro tempera guarda piuttosto alla stilizzazione asciutta della Secessione che secondario nel determinare il successo di un’opera), la pesante viennese e dei disegnatori della rivista monacense Simplicissimus, al concorrenza di un protagonista come Camillo Innocenti, la cui sala tratto spigoloso e spezzato di un Gulbransson; fa riferimento, cioè, a personale includeva diverse scene sarde, frutto di un viaggio com- un contesto che già presuppone l’esperienza della sintesi postim- piuto l’anno precedente, che avevano suscitato una notevole eco pressionista. Com’è noto, Monaco e Vienna erano in quel momento critica. Innocenti si era recato a Sassari e da qui si era spinto nel vi- più familiari di Parigi agli artisti italiani, e assai meglio rappresentate cino paese di Osilo, che avrebbe descritto a Primo Levi l’Italico co- a Venezia, tanto per motivi politici che a causa degli orientamenti me «luogo di costumi singolarissimi», dove a suo dire «mai erano del mercato internazionale;41 i riflessi di tale vicinanza si manifesta- stati pittori»;36 affermazione, quest’ultima, di certo troppo perento- vano però soprattutto, nel campo dell’arte cosiddetta “pura”, in un ria, se si pensa che solo pochi chilometri separano il pittoresco simbolismo alla Stuck, carico di spunti neorinascimentali, che trova- borgo dalla città natale di Biasi, e che questi già da qualche tempo va l’esempio più eclatante nell’opera di Sartorio. andava visitando i più piccoli centri dell’Isola alla ricerca di spunti Attingendo, nell’ambito delle fonti austro-tedesche, alla grafica inve- di vita popolare. Sembra d’altronde che Innocenti fosse entrato in ce che alla pittura, Biasi salta ogni mediazione classicista e si mette contatto col giovane artista, divenendone amico;37 ma (a parte l’ov- nella condizione migliore per affrontare il problema allora centrale 6. Camillo Innocenti, IN SARDEGNA – OSILO vio carattere promozionale delle dichiarazioni fatte al critico) questi della rottura con l’idea dell’arte come trascrizione del dato visivo. pannello di dittico. Esposto nel 1909 alla Biennale di Venezia. doveva apparirgli più che altro come un buon illustratore. Quella rottura, cioè, che le ricerche postimpressioniste europee Uno sguardo al pezzo forte tra le tele “sarde” esposte a Venezia avevano avviato a partire dagli anni Novanta, e che aveva trova- da Innocenti – un’altra processione: In Sardegna – Osilo (fig. 6) – to legittimazione nel clima dell’internazionalismo secessionista.42 rivela immediatamente la distanza tra il suo approccio al tema e Si tratta della linea da cui nella Mitteleuropa germoglierà l’astrazio- quello del giovane collega isolano. Nel quadro di Innocenti il ta- ne, e alla quale si richiamano in Italia le tendenze sintetiste che ini- glio fotografico non tende a fissare icasticamente l’immagine, ma è ziano a diffondersi tra i giovani; ed è una linea che ha il proprio as- finalizzato alla resa dinamica della scena, accentuata a sua volta se portante nel binomio decorazione-primitivismo. dalla vivacità del tessuto pittorico, animato da una pennellata Nella cultura simbolista fin de siècle il termine “decorazione” non sciolta e nervosa. Benché il formato a dittico punti a scandire la aveva ancora acquisito le connotazioni limitative che oggi gli cono- sequenza compositiva con ritmo lento e solenne, e la giustapposi- sciamo: esso indicava una via d’accesso a un’esperienza pittorica zione tra masse scure in primo piano e fondo chiaro voglia creare “pura”, indipendente dalla rappresentazione realistica. Da Gauguin 6 14 15 in poi – con il tramite delle tesi critiche di Albert Aurier – la nozio- luogo di esilio e di punizione per funzionari in disgrazia, landa in- ne di decorazione e quella di primitivismo erano state frequente- salubre, devastata dalle febbri, circondata dalla sinistra nomea di mente associate; e nel 1909 Maurice Denis, in un importante artico- terra delinquente, popolata da genti atavicamente predisposte al cri- lo apparso sulla rivista L’Occident, le aveva rimesse sul tappeto.43 mine, dalle usanze selvagge, dalla lingua aspra e incomprensibile – Mentre affermava il superamento della concezione percettiva im- la Sardegna era ai primi del Novecento incontestabilmente diversa. pressionista e assegnava alla pittura moderna il compito di creare, Una diversità che suonava quale marchio d’infamia, ma che una attraverso deformazioni, segni e simboli, degli equivalenti delle nuova generazione di letterati e artisti si andava impegnando in emozioni e dei sentimenti dell’artista, Denis faceva di Gauguin il quegli stessi anni a trasformare in titolo d’orgoglio: l’esempio di prototipo del “barbaro moderno”, identificando – sulla scorta di Au- scrittori come Grazia Deledda e Sebastiano Satta aveva favorito il rier – la figura del decoratore con quella del primitivo.44Negli stessi sorgere, già sullo scorcio dell’Ottocento, di un vivace ambiente in- anni le due figure giungevano a fondersi nell’immaginario di artisti tellettuale che, mentre accarezzava il sogno di un risveglio morale, diversi come Matisse e Kandinsky; e se per il primo si trattava di un culturale ed economico dell’Isola, guardava con inedito interesse recupero dionisiaco del mito classico dell’Arcadia, il primitivismo al suo mondo popolare. Nella tradizione pastorale e contadina, del secondo, fondato sulla rivisitazione delle leggende e del folklo- per molto tempo oggetto di disperati sforzi di rimozione da parte re slavi, possedeva chiare connotazioni etniche.45Per quanto curio- della sparuta borghesia sarda, in preda a eterni complessi d’infe- so possa sembrare, il Kandinsky dei primi anni del secolo parte da riorità nei confronti della “civile” ed “evoluta” patria peninsulare, premesse analoghe a quelle di Biasi: da un recupero del mondo si scorgeva ora per la prima volta l’impronta di una stirpe di mille- popolare filtrato attraverso una cultura secessionista. naria ascendenza, nobile ed incorrotta, carica di intatte energie.49 Negli anni precedenti la prima guerra mondiale, d’altronde, l’interes- A sviluppare la ricerca d’identità avviata attraverso la trasfigurazione se per le tradizioni popolari e contadine era un fenomeno diffuso mitica del mondo popolare era un gruppo di scrittori e pubblicisti nell’arte europea, e si legava a un altrettanto diffuso interesse per le che, attivo principalmente tra Sassari e Nuoro, trovava un’animata varie nazionalità. Riesce difficile oggi, dopo quasi un secolo di pre- propaggine nella colonia degli intellettuali sardi trapiantati a Roma. dominio nella storia dell’arte dell’ideologia cosmopolita del Moder- A Nuoro, con Sebastiano Satta, circonfuso dell’aura di vate del riscat- 9 no, comprendere il peso all’epoca esercitato dal tema nazionale nelle to dell’Isola, era – all’ombra del sacro monte Ortobene – il centro 9. CARICATURA DI SALVATOR RUJU ricerche figurative; o concepire un’atmosfera culturale in cui anche ideale del movimento; a Sassari, intorno alla redazione del quotidia- inLa Nuova Sardegna, Sassari, 12-13 gennaio 1905. i protagonisti dell’avanguardia si sentivano spinti a difendere il pro- no La Nuova Sardegna, si raccoglieva una cerchia di giovani tra cui prio lavoro facendo uso del medesimo vocabolario nazionalista con emergevano il giornalista Barore Scano e il poeta Salvator Ruju, diret- cui i loro oppositori lo attaccavano. Ma, nel contesto primonovecen- tori anche, dal 1901, del foglio umoristico Il Burchiello. È questo tesco, finiva per apparire naturale considerare l’appartenenza geo- l’ambiente che il giovane Biasi, ancora studente di liceo, comincia a grafica e il carattere nazionale come una chiave di lettura privilegiata frequentare, ed è al Burchiello, ancor più che al giornale concorren- del lavoro degli artisti; termini come “razza” e “stirpe” ricorrevano fre- te Il Massinelli, che offre le primizie del suo talento di caricaturista. 7 quentemente nella critica dell’epoca, che sulla scorta del pensiero an- Il settimanale andava ad aggiungersi ai tanti giornali goliardici che 7. IL NUOVO CANDELIERE tropologico e sociologico tardo-ottocentesco, da Lombroso a Max spuntavano come funghi nella Sassari d’inizio secolo, città «che non vignetta in Il Massinelli, Sassari, 27 agosto 1902. Nordau, intrecciava il tema della razza con quello della nazionalità. dava pace agli imbecilli»,50dove l’esercizio della satira era passa- In Italia, dove le Biennali di Venezia e la loro ricezione critica ri- tempo tradizionale di tutte le classi sociali, allenate a un quotidia- specchiavano fedelmente questo clima,46 lo stesso atteggiamento no scambio di battute taglienti. Può sembrare strano che a coltivare che spingeva a guardare con curiosità all’opera di bulgari e un- l’ideale della rinascita sarda fosse una cerchia di intellettuali costitu- gheresi, norvegesi e serbi, alimentava l’attenzione per i temi regio- zionalmente scettici e disincantati, sarcastici e dissacratori, occupati nalisti. Buranelle, pescatori napoletani, contadini abruzzesi, butte- settimanalmente ad affilare gli strali dell’ironia destinati ai piccoli ber- ri romani continuavano a popolare le tele degli artisti. Per molti, sagli della politica municipale e della vita quotidiana. In realtà l’esalta- manteneva ancora le sue attrattive l’idea ottocentesca che la rap- ta ricerca delle radici sarde e lo spirito beffardo e scanzonato non so- presentazione delle realtà regionali costituisse una via verso la co- no che due facce di un’unica medaglia, ben rispecchiate dalla stessa struzione di un’arte nazionale italiana: così nel 1909, sulle pagine di personalità di Sebastiano Satta, egli pure collaboratore del Burchiello: 8. SCUOLA DI PERFEZIONAMENTO PER LA CULTURA RAZIONALE Nuova Antologia, l’Italico poteva definire «benemeriti come patrioti «sempre goliardo», amante di giovanili bisbocce, Bustianu è nel con- DEGLI ASSESSORI COMUNALI 10. CARICATURA DI GIOVANNI PRINI quanto lodevoli come pittori» coloro che si applicavano a ritrarre tempo tragico, appassionato cantore di una Sardegna miticamente vignetta in Il Massinelli, Sassari, 21 settembre 1902. inAvanti della Domenica, Roma, 9 aprile 1905. costumi e vedute del Bel Paese.47 Nella maggior parte dei casi, trasfigurata. Del resto, nell’ambiente del Burchiellola satira «cela spes- però, la raffigurazione dei soggetti regionali – volta a rispondere a so una viva coscienza letteraria, un’attenzione ai problemi del tem- ormai consolidate richieste del mercato – era pretesto alla retorica po e alle idee socialiste», espressa attraverso rubriche come “La lanter- del colore locale, al gusto bozzettistico del pittoresco, all’esibizione na di Diogene” e “Le istantanee”, nonché in poemi goliardici e in di un facile virtuosismo tecnico. Da tutto il variopinto repertorio poesie vernacole.51Tra le maggiori attrattive del periodico è la carica- regionalista di matrice tardo-ottocentesca, da quanti facevano del tura – il pupazzetto –, che attraversa in questi anni un momento di folklore contadino uno fra i molti “generi” pittorici, Biasi si distac- gran voga; riempie i taccuini degli artisti, costella gli appunti dei lette- ca nettamente, oltre che per le sue scelte stilistiche, per le motiva- rati e favorisce un incremento senza precedenti della stampa umori- zioni che ne guidano il lavoro e la cultura che lo alimenta; ma, allo stica. Con la fioritura europea di riviste come L’Assiette au beurre, Le scopo di comprendere le une e l’altra, è necessario considerare le Journal Amusant,Simplicissimus, si viene creando per essa uno spa- circostanze della sua formazione e i suoi rapporti con il contesto zio intermedio, una sorta di demi monde,52 equidistante dall’arte “al- della Sardegna d’inizio secolo. ta” e da quella “bassa”, dalla pittura “seria” come dall’arte popolare. Regione miserabile, negletta e disprezzata quant’altre mai (al pun- Le caricature pubblicate da Biasi sui giornali goliardici sassaresi to da esser sinonimo, nella lingua italiana, di discarica di rifiuti),48 (figg. 7-8) sono i primi documenti figurativi che di lui possediamo. 8 10 16 17

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