cop Giorgio Manganelli:cop Giorgio Manganelli 26-05-2014 12:18 Pagina 1 78 Un dramma recitato dall’archetipo materno prima, e dalla fredda brevità a Giorgio Biferali coniugale poi, che ha suscitato un violento scompiglio organico, rendendo ull n impossibili ulteriori relazioni, rapporti, vicinanze, se non nell’abuso di un el Giorgio Manganelli d sentimento oramai disfatto. Manganelli, di conseguenza, ha abbandonato a r il focolare domestico, definitivamente spento, e s’è diretto alla corte u g effimera dell’eternità, dov’era ubicata una donna secolare, equivoca, fi Amore, controfigura del nulla o menzognera, tirannica: la letteratura. Ne aveva percepito il richiamo, r t n bisognoso e al contempo disperato, la richiesta disoccorso immediato. o c Prefazione di Francesco Muzzioli Era stata maltrattata, fraintesa, speculata, reclusa nei giardini del senso, e, della storia e -soprattutto -del realismo piatto, della mimesi tesa or m meschinamente all’adulazione del lettore, affamato di riconoscersi nei A racconti di chi cercava riconoscimenti. La letteratura era divenuta il i l “fascino indiscreto della borghesia”, perduta nella sterilità dei premi e el n delle lodi fittizie. Manganelli, coltissimo “giocoliere del linguaggio”, incline a g allo svelamento delle ombre e ad una sincera esposizione dei drammi, ha n a voluto dissacrare la vergogna ipocrita dei cosiddetti scrittori leggibili, M ribadendo l’eroismo del suo “umile”corteggiamento. o i g Giorgio Biferali (Roma, 1988), dottorando di ricerca in italianistica presso or i Sapienza Universitàdi Roma, si occupa prevalentemente di letteratura G cFountuterma “pCoarartnoelain. eD doapl op aaevseer dpeair tleibcripi”a,t coo anl dportotgor dama Amnat doin Rioa dDioeb Cenitetàdetti e rali e Paolo di Paolo, adesso collabora con diverse riviste letterarie, tra le quali Bif «L’Indice dei libri del mese», «Orlando»e «l’immaginazione»; questo è il o suo primo libro. gi r o Gi ISBN 978-88-7575-205-7 Euro 15,00 Proteo 78 Quel che l’uom vede, Amor gli fa invisibile, E l’invisibile fa vedere Amore. L. Ariosto, Orlando furioso Che il cielo esista, anche se il mio luogo è l’inferno. J.L. Borges, Finzioni Se io sono l’inferno, tutti, un giorno, o una notte, passeranno dentro di me. G. MAngAnelli, Dall’inferno www.artemide-edizioni.it Giorgio Biferali GIORGIO MANGANELLI Amore, controfigura del nulla © Copyright 2014 Editoriale Artemide s. r. l. Via Angelo Bargoni, 8 – 00153 Roma Tel. 06.45493446 – Tel. /Fax 06.45441995 editoriale. artemide@fastwebnet. it www. artemide-edizioni.it Segreteria di redazione Antonella Iolandi Impaginazione Monica Savelli Copertina Lucio Barbazza In copertina Giorgio Manganelli a Roma ISBN 978-88-7575-205-7 Finito di stampare nel mese di giugno 2014 i ndice 11 Introduzione: il congedo 29 I. La madre di tutte le assenze. Dalle poesie a Hilarotra- goedia 61 ii. Minime discontinuità del nulla: Agli dèi ulteriori e Centuria 75 III. Amore: Un abbraccio di macerie 85 IV. (Cronache) Dall’inferno 93 V. Tutti gli errori, nel sacro vincolo dell’assenza 99 Conclusioni: la sfera cangiante della letteratura 105 Bibliografia Quarta di copertina di Antologia privata, Rizzoli, 1989 M AngAnelli Al vAglio dellA giovAne criticA di Francesco Muzzioli La presenza di Giorgio Manganelli nelle file della neoavan- guardia potrebbe sembrare defilata e addirittura episodica, so- stanzialmente “errata”. Non è così, a guardar bene: una scrittura che puntava all’irrealtà non era certo confacente ai canoni degli anni Cinquanta-Sessanta, era evidentemente derogante dalle premesse del realismo di allora e addirittura irridente verso le richieste di impegno. La formula manganelliana della “lette- ratura come menzogna” risultava, insomma, perfettamente in linea con l’“aseità semantica” e l’autonomia del testo: corrispon- deva alla mossa dello sperimentalismo di rovesciare l’accusa di “separatezza” in senso positivo, facendone una bandiera, fino a portarla a un grado estremo di eversione. La differenza c’era, però, e forte sui mezzi di tale rivolgimento: mentre l’operazio- ne eclatante dell’avanguardia consisteva nel rifiuto dell’assetto semantico-sintattico, nel caos laborintico oppure, per quanto ri- guarda la narrativa, nella atomizzazione della trama, in cui non fossero più riconoscibili i personaggi, i ruoli, gli ambienti; Man- ganelli invece la continuità la conservava, e però gonfiava la sintassi in una sontuosa iper-retorica di stampo manieristico e parodico. E, ancora a livello del linguaggio: mentre l’operazione eclatante dell’avanguardia si prefiggeva di introdurre nel testo i nuovi linguaggi della comunicazione di massa, denunciando così l’arretratezza del “letterario”; invece Manganelli andava in senso opposto, denunciando il consumo linguistico dell’attuali- tà mediante una dose massiccia di linguaggio aulico e obsoleto. Si potrebbe anche sostenere che Manganelli guardando indietro fosse più avanti, cioè che scorgesse meglio il depauperamen- 8 GiorGio Biferali to culturale indotto dai mass media e vi opponesse la lingua del passato non già come regressione nostalgica, ma come cor- po contundente. Un passato pur sempre dissipato per eccesso (ipertrofia), nichilismo (grandiosa costruzione attorno a un nu- cleo vuoto o inesistente), parodia. Sebbene poi, quanto alla pa- rodia, essa si trovasse perpetuamente in bilico tra serietà e gioco (come dire: tra moderno e postmoderno) stante la fondamentale dialettica dell’autore tra gli estremi del sacro e dell’escremen- tizio, destinati a rovesciarsi di continuo l’uno nell’altro: la su- periorità rivelandosi disattesa e inefficace, ma l’inferiorità a sua volta ribaltandosi nello stigma di una differenza straordinaria. Proprio perché estraneo alle poetiche meramente distruttive e al taglio drastico nei confronti della tradizione, Manganelli è risultato alla lunga più leggibile, per paradosso proprio lui che si sobbarcò su “Quindici” l’onere della polemica con Moravia, nell’articolo Letteratura come mafia, per difendere le ragioni della letteratura illeggibile, quella che – egli scrive – «non è letteratura affettuosa, non accarezza i cani, non svolge compiti missionari». Eppure, per quanto proprio “non accarezzi i cani”, la scrittura manganelliana ha goduto, negli ultimi tempi, di una certa for- tuna editoriale e critica, soprattutto ha stimolato l’intervento di critici e ricercatori giovani, affascinati dalla maestria dello stile e dal deciso anticonformismo. Su tale linea procede positiva- mente lo studio di Giorgio Biferali che qui si presenta. Lavoro interessante che avvolge il proprio oggetto con le opportune competenze filologiche e addirittura rischia consapevolmente di andare contro i presupposti stessi dell’autore, quando collega il testo alla biografia, cioè riportando lo scrittore nel cuore di quel- la realtà che, nel suo discorso teorico, veniva connotata sempre con alquanto ribrezzo. I testi fondamentali della narrativa man- ganelliana, Hilarotragoedia, Agli dèi ulteriori, Centuria, Amore, Dall’inferno, Tutti gli errori, vengono rimessi a contatto non solo con le pagine epistolari ma anche con l’esperienza originaria e originale dei testi poetici, che sono rimasti sempre un po’ in ombra nell’indiscussa supremazia dell’opera in prosa. Nel suo La vita oLtre L’opera 9 percorso, Biferali mette in evidenza l’atteggiamento di Manga- nelli verso il linguaggio e il suo costrutto straniato nell’altrove, anche in virtù delle acquisizioni psicoanalitiche degli archetipi junghiani. Condotto con un metodo critico aperto, intelligente, variabile a seconda dell’occorrenza, questo studio serve egre- giamente da introduzione all’opera dell’autore, alla sua “crona- ca” dell’impossibile che in realtà – si suggerisce qui – «è un’in- solita guida turistica che si propone di raccontare un luogo che i più chiamano vita». Si esce dal libro con il ritratto ben disegnato di uno scrittore spigoloso e acre, uno stoico eroe del dispiacere del testo, tuttavia notevole “giocoliere del linguaggio”, dotato di una enorme capacità di metabolizzare scrittura, facendo del te- sto una “sfera cangiante”. Nel recente anniversario del Gruppo 63, si è notato un certo interesse dei giovani per i “favolosi Sessanta”. Forse, dopo gli anni della perdita di memoria e dell’eterno presente postmoder- no, si sta riattivando quel percorso trasversale dell’evoluzione che si trasmette dagli zii ai nipoti. Proprio il bizzarro, l’eccentri- co, l’emarginato (aggettivi adattissimi a Manganelli) diventano il necessario, l’indispensabile, il punto di riferimento. Che l’av- ventura riparta? Anche questo libro ci conforta che non tutto è perduto.