MIMESIS ETEROTOPIE N.250 Collana diretta da Salvo Vaccaro e Pierre Dalla Vigna COMITATO SCIENTIFICO Pierandrea Amato (Università degli Studi di Messina) Pierre Dalla Vigna (Università degli Studi "Insubria" Varese) Giuseppe Di Giacomo (Università di Roma La Sapienza) Maurizio Guerri (Università degli Studi di Milano) Salvo Vaccaro (Università degli Studi di Palermo) José Luis Villacafias Berlanga (Universidad Complutense de Madrid) Valentina Tirloni (Université Nice Sophia Antipolis) Jean-Jacques Wunemburger (Université Jean-Moulin Lyon 3) ANTONIO MORETTI GILLES DELEUZE E L'IDEOLOGIA DEL SESSANTOTTO Dialettica e differenza Prefazione di Roberto Mordacci Postfazione di Diego Fusaro MIMESIS Eterotopie © 2014-MIMESIS EDIZIONI (Milano - Udine) Collana: Eterotopie n. 250 Isbn 9788857521121 www. mimesis edizioni .it Via Risorgimento, 33 - 20099 Sesto San Giovanni (Ml) Telefono +39 0224861657 / 0224416383 Fax: +39 02 89403935 E-mail: [email protected] INDICE PREFAZIONE. DIFFERENZA E RIVOLUZIONE: IL GRANDE INCOMPIUTO 7 di Roberto Mordacci INTRODUZIONE 11 1. TRA DIALETTICA E DIFFERENZA: IL PROBLEMA DEL SIMULACRO, L' ANTI-HEGELISMO, LA DIFFERENZA PURA 21 2. SIATE REALISTI, CHIEDETE L'IMPOSSIBILE: 65 L'IDEOLOGIA DEL SESSANTOTTO 3. DALLA POLITICA DEL DESIDERIO ALLA MICRO-LOTTA DI CLASSE: LA MACCHINA CAPITALISTICA ALLA PROVA 95 DELLA FILOSOFIA DELLA DIFFERENZA CONCLUSIONE 137 POSTFAZIONE. GILLES DELEUZE O DEL CAPITALISMO ANTIBORGHESE 143 di Diego Fusaro BIBLIOGRAFIA 151 7 ROBERTO MORDACCI PREFAZIONE DIFFERENZA E RIVOLUZIONE: IL GRANDE INCOMPIUTO Ci sono stagioni che cambiano un'epoca. Il Sessantotto è stata una di queste. Almeno, così dicono. La verità è che, come movimento politico e culturale, quella stagione è stata un completo fallimento. Fallimento tragi co, perché l'onda lunga dei violenti anni che ne sono seguiti ha prodotto almeno due generazioni di disillusi e proietta fino al Ventunesimo secolo un'inquietante ombra d'impotenza. Ma che cosa è stato realmente il Sessantotto? E perché dovremmo oc cuparcene in filosofia? Non è piuttosto un tema per libri di storia, benché ci fossero molti filosofi in prima fila nelle battaglie, non solo culturali, di quegli anni? Ha qualcosa da insegnarci la filosofia che è emersa da quel confuso e contraddittorio movimento? Qual è l'eredità filosofica odierna, per esempio, di uno dei libri considerati - come molti altri, in verità - una vera e propria "summa" del movimento, un suo prodotto postumo e già autocritico ma elaborato a breve distanza e carico ancora della sua forza, vale a dire quell'Anti-Edipo pubblicato da Gilles Deleuze e Felix Guattari nel 1972? Questo saggio di Antonio Moretti offre molti buoni argomenti per ri spondere a queste domande. Non si tratta di risposte univoche: uno dei meriti di questo lavoro è di evitare, basandosi proprio sull'analisi e la comprensione dei testi, sia l'atteggiamento agiografico (del deprecabile e noto genere "formidabili quegli anni") sia la critica ideologica, più o meno revanchista, di quelli che addossano ai "cattivi maestri" le più in famanti delle colpe. Anzitutto, c'è qui la consapevolezza che, per cominciare a comprendere il pensiero che si è intrecciato a quegli anni, occorre lavorare su più piani: filosofico, storico, politico, sociale, economico, psicanalitico. Anche leg gere e analizzare il pensiero ontologico di Gilles Deleuze, apparentemente così lontano dalla prassi politica, richiede la sua collocazione in un clima culturale - quello europeo, ma soprattutto francese degli anni Sessanta - 8 Dialettica e Differenza in cui ogni ipotesi, teoria e riflessione deve essere una provocazione, una rottura, un'arma di ribellione contro tutto ciò che è "sistema" e potere co stituito. Così, la radicale critica di Deleuze all'hegelismo, l'ideologia filosofica dominante di tutto il secolo Ventesimo (e all'Italia mancò, purtroppo, un simile ripudio, un simile ribelle dotato di pensiero), suona come l'unica risposta sana e necessaria, in quel momento, da parte di una filosofia che, proprio hegelianamente e per contrappasso, sia "il proprio tempo appreso con il pensiero". E allo stesso modo, l'intero movimento di riappropriazio ne del pensiero di Nietzsche da sinistra, quella Nietzsche Renaissance di cui il magnifico Nietzsche e la .filosofia (1962) di Deleuze è ad un tempo causa ed effetto, appare come la via obbligata della filosofia per cogliere in concetti la potenza della psicanalisi, da un lato, e della liberazione dei costumi sessuali dall'altro. Che questo avvenga con una feroce e distruttiva critica proprio della psicanalisi è solo la dimostrazione del nostro assunto: Deleuze e Guat tari furono in grado, con il dittico composto da Anti-Edipo e Millepia ni (1980), proprio di compiere quella simultanea critica di tutte le parti del sistema che era richiesta da una profonda consapevolezza storica e politica. Capitalismo e schizofrenia è - già solo nel titolo - un manife sto di metodo prima che di contenuto. La "schizoanalisi" è il pendant economico-politico dell'archeologia del sapere condotta da Foucault in quegli anni, è la riformulazione aggiornata e depurata da ogni residuo dialettico della genealogia nietzscheana, è forse persino il rovesciamento finalmente pubblico e politico dell'analitica esistenziale che, traghettan dosi dall'ormai impresentabile Heidegger al più consapevole Sartre non aveva trovato di meglio che scrivere una Critica della ragione dialettica (1960) ed esaurirsi così in un incompiuto. La rilevanza e il valore em blematico del pensiero di Deleuze ( e di Guattari), una volta posto sotto una luce che illumini con esso la sua stagione, non possono quindi essere sottovalutati. Ma per farli emergere occorre appunto quello sguardo largo che qui Moretti inizia a far spaziare sull'orizzonte di quel tempo. Il Sessantotto è stato molte cose, del tutto disomogenee fra loro. È del tutto corretto, come fa qui l'autore, ricordare che in quell'anno sono ac caduti eventi agli antipodi del mondo, per esempio negli Stati Uniti delle rivolte universitarie e nella Cina della Grande Rivoluzione culturale, che fanno pensare a una qualche omogeneità di fondo, a un movimento di liberazione diffuso e forse persino segretamente, inconsciamente corre lato. Tuttavia, Moretti ha buon gioco a mostrare che c'è una specificità, R. Mordacci - Prefazione 9 una differenza essenziale nel cosiddetto "maggio francese" e nei suoi riflessi soprattutto culturali, di cui il pensiero di Deleuze e Guattari fu un interprete tanto tardivo quanto efficace. Si tratta, da un lato, di un intreccio unico fra università e mondo della produzione, che vide sfilare insieme studenti e operai; dall'altro, e soprattutto, del grado di elabora zione teorica che si è creato intorno e dentro a quel movimento, con una capacità di pensare dentro l'agire che altrove non trovò voci altrettanto efficaci. La forza del maggio francese fu forse quella di essere realmente "pensiero concreto", benché destinato al fallimento e alla degenerazione in una violenza nata altrove e più tardi proprio perché là non c'era più alcun pensiero alle spalle. Il fulcro teoretico di questa "rivoluzione con il pensiero" risiede, nella formula voluta da Deleuze, nella nozione di differenza. Questa è lette ralmente scagliata contro le fumisterie dialettiche tanto degli hegeliani quanto dei marxisti ortodossi, potremmo dire contro l'atteggiamento ideologico in generale e contro il massimalismo rivoluzionario. Agire differentemente, operare diversamente in un mondo capace di omolo gare anche la contraddizione è l'unico modo di sfuggire alla macchina desiderante, alla ripetizione che costringe gli oppositori a somigliare ai dominatori. Differenza e ripetizione è stato, in questo senso, il vero e proprio "documento" dell'anno 1968, proprio quando venne pubblicato. Navigando fra questi testi apparentemente ondivaghi, Moretti riesce qui a far scorrere il piano teoretico su quello storico e quest'ultimo su quello politico, con la psicanalisi a far da navicella d'assalto e con quel certo distacco che rende l'analisi non una mera comprensione ma già un lavoro critico oltre il testo. "Eppure, qualcosa non convince", scrive infatti Moretti alla fine del testo. Una semplice, disarmante verità critica, che emerge anzitutto dalla consapevolezza che anche il pensiero di Deleuze, come il Sessantotto che esso ha elevato a concetto, ha fallito anzitutto nella prassi. Un "indivi dualismo di ritorno", generato dalla sostanziale apoliticità o impoliticità del pensiero di Nietzsche riaffiora sotto i proclami rivoluzionari e si è fatto davvero strada nella "classe operaia" (un'entità metafisica scom parsa da tempo immemorabile), per non parlare del mondo studentesco e giovanile, involuto in forme di sottocultura che non sembrano capaci di altra critica che quella, appunto, del "no", del negativo per il negativo, della totale incapacità di pensare in modo differente, attivo, affermati vo, sempre invece irretiti nel "contro", nel "no-col-trattino": no-global, no-tav, no-muos, no-inceneritori, no-qualsiasicosa, puro "antagonismo" succube di ben altri protagonisti. 10 Dialettica e Differenza "La potenza di affermare" rivendicata dallo stesso Deleuze come alter nativ a al negativo, ma soprattutto come criterio della lotta, in una chiara ispirazione nietzscheana e dunque in un ritorno agli inizi, è il grande in compiuto, dunque. Non solo del pensiero deleuziano, se ci è consentito alzar lo sguardo. E anzi, con una tesi che suonerà come pura eresia ai tanti post-moderni che talvolta saccheggiano i testi di Deleuze, è proprio la mo dernità a essere incompiuta, la grande promessa non rivoluzionaria ma semplicemente affermatrice, creativa, dilagante e antinichilistica. I tradi tori del moderno vestono gli eleganti panni della dialettica, proclamano roboanti le leggi di una storia già scritta che, invece, criticamente e cre ativamente, va inventata, immaginata, generata e non prodotta, praticata e non attesa, scritta e non annunciata. La riappropriazione di un pensiero davvero differente come quello di Deleuze, che in questo libro trova il suo sfondo naturale, è forse un primo passo in direzione di una (finalmente) nuova modernità.