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GEOMETRIA CLASSICA, AA 2015/16 1. Isometrie piane 1.1 Nel piano affine euclideo PDF

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GEOMETRIA CLASSICA, A.A. 2015/16 LUCIA ALESSANDRINI 1. Isometrie piane 1.1 Nel piano affine euclideo: richiami. (1) Definizione: f ∈ Iso(R2) ⇐⇒ f (`e biettiva e) conserva le distanze. (2) Le traslazioni t . v (3) Struttura del gruppo O(2) delle matrici ortogonali di ordine 2; rotazioni e rifles- sioni. (4) Le riflessioni (simmetrie assiali). (5) Le rotazioni. (6) Caso vettoriale. Sia f : R2 → R2; sono equivalenti: (a) f(O) = O e f conserva le distanze (b) f conserva il prodotto scalare (c) esiste una unica A ∈ O(2) tale che f(X) = AX. (7) Per ogni f ∈ Iso(R2), esistono (unici) A ∈ O(2) e v ∈ R2 tali che f = t ◦ A = v A◦t . A−1v (8) Isometrie dirette e inverse. Iso(R2) `e un gruppo, con sottogruppo di indice due Iso+(R2). (9) Esiste un epimorfismo canonico ϕ : Iso(R2) → O(2), dato da ϕ(f) = A; il suo nucleo `e il sottogruppo delle traslazioni. 1.2 I punti fissi di f ∈ Iso(R2). (1) Se f ∈ Iso(R2) fissa due punti distinti A e B, allora fissa anche tutti i punti della retta individuata da A e B. (2) Se f ∈ Iso(R2) fissa tre punti non allineati, allora f = id. (3) Se f,g ∈ Iso(R2) coincidono su tre punti non allineati, allora f = g. (4) Se f ∈ Iso(R2),f (cid:54)= id fissa due punti distinti A e B, allora f = σ , la riflessione r intorno alla retta r individuata dai due punti (r `e l’asse o mirror di σ ). r (5) Se f ∈ Iso(R2) ha un solo punto fisso O, allora f `e una rotazione R di centro θ O, ed esistono due rette m e r incidenti in O e il cui angolo (orientato da r a m) misura θ/2, tali che f = R = σ ◦σ ; una delle due rette si pu`o scegliere a θ m r piacere. Viceversa, σ ◦σ = R se le due rette sono incidenti e l’angolo fra le due m r θ rette (orientato da r a m) misura θ/2. 1 2 LUCIA ALESSANDRINI (6) Le traslazioni diverse dall’identita` non hanno punti fissi; ogni traslazione si puo` scrivere come t = σ ◦ σ , con m//r e ortogonali a v; si ha ||v|| = 2dist(m,r); v m r una delle due rette si pu`o scegliere a piacere, purch´e ortogonale a v. Viceversa, se m//r, si ha σ ◦σ = t , dove ||v|| = 2dist(m,r), v ⊥ r e v ha direzione da r a m. m r v 1.3 Riflessioni, simmetrie iperpiane, glissoriflessioni, ribaltamenti. (1) Le riflessioni sono simmetrie iperpiane (vedi 17.2). (2) Date due rette distinte m ed r, entrambe perpendicolari a una retta a, l’isometria f = σ ◦ σ ◦ σ `e detta glissoriflessione di asse a. Siccome m//r, risulta f = a m r σ ◦ t = t ◦ σ , dove v ha la direzione di a, il verso da r a m e la lunghezza a v v a ||v|| = 2dist(m,r) (percio` la scrittura `e unica); viceversa, una tale composizione `e una glissoriflessione (cfr 1.2(6)). Una glissoriflessione `e inversa (1.1.8) e non ha punti fissi. Il suo asse `e determinato dai punti medi dei segmenti Pf(P). (3) Chiamiamo ribaltamento (o riflessione rispetto a un punto, o inversione centrale) σ una rotazione di π radianti, centrata in P. Osserviamo che se r e s sono due P rette ortogonali, incidenti in P, vale σ = σ ◦ σ (cfr 1.2(5)); viceversa, si pu`o P s r scrivere σ = σ ◦σ , dove una delle due rette `e scelta a piacere. P s r 1.4 Teorema. Ogni f ∈ Iso(R2) `e composizione di k riflessioni, con k ≤ 3. 1.5 Classificazione delle isometrie a seconda del numero (minimo) k. (1) k = 1 ⇐⇒ f `e una riflessione. (2) k = 2, f = σ ◦σ ⇐⇒ f = id (r = s), f `e una rotazione (r ∩s (cid:54)= ∅), f `e una r s traslazione (r//s,r (cid:54)= s). (3) k = 3, f = σ ◦σ ◦σ ⇐⇒ f `e una (riflessione o una) glissoriflessione. s m r 1.6 Lemma. f = σ ◦σ ◦σ `e una riflessione o una glissoriflessione. E’ una riflessione s m r precisamente se le tre rette hanno una perpendicolare comune o se sono concorrenti in un punto. 1.7 Teorema. Le isometrie diverse dall’identita` (per convenzione, id `e una rotazione) sono: rotazioni, se dirette e con punti fissi traslazioni, se dirette e senza punti fissi riflessioni, se inverse e con punti fissi glissoriflessioni, se inverse e senza punti fissi. GEOMETRIA CLASSICA 3 2. Gruppi 2.1 Il gruppo simmetrico S `e il gruppo delle permutazioni su n oggetti; esso ha n! n elementi. 2.2 Il gruppo ciclico su n elementi `e C := < a/an = 1 >, ovvero il gruppo con un n unico generatore (di periodo n) e una sola relazione, an = 1, ovvero il gruppo quoziente <a> . C `e isomorfo a Z dunque `e abeliano, ha n elementi, cio`e ha ordine n, e ogni <an> n n sottogruppo di C `e isomorfo a C , con k divisore di n. n k 2.3 Il gruppo diedrale su n elementi `e un gruppo non abeliano definito come D := < a,b/an = b2 = (ab)2 = 1 > . n Dunque ha 2n elementi, n del tipo aj e n del tipo atb, con tavola di moltiplicazione data da aiaj = ai+j,ai(atb) = ai+tb,(asb)aj = as−jb,(asb)(atb) = as−t. Esso si puo` presentare anche come < c,d/c2 = d2 = (cd)n = 1 >. I suoi sottogruppi sono, per ogni k divisore di n, C e D . k k 2.4 Definizione. Un gruppo G agisce su un insieme X se esiste T : G × X → X,(g,x) → gx, tale che (i) ex = x ∀x ∈ X (ii) g(hx) = (gh)x ∀x ∈ X ∀g,h ∈ G. L’azione T `e detta transitiva se ∀x,y ∈ X, esiste g ∈ G con y = gx, ovvero se per ogni x ∈ X, la sua orbita Gx `e tutto X. 2.5 Lemma. Sia G un sottogruppo finito di Iso(R2): allora G non puo` contenere traslazioni e glissoriflessioni, ed esiste un punto O tale che f(O) = O ∀f ∈ G. 2.6 Teorema. Sia G un sottogruppo finito di Iso(R2): allora G `e isomorfo o a un gruppo ciclico o a un gruppo diedrale. 2.7 Osservazioni. Dal punto di vista algebrico, C (cid:39) D , ma come sottogruppi di 2 1 Iso(R2)interpretiamoilprimocomeformatodall’identita`edaunribaltamento, ilsecondo dall’identita` e una riflessione. S (cid:39) D , mentre D e C sono due gruppi di ordine 4 non 3 3 2 4 isomorfi. 4 LUCIA ALESSANDRINI 3. Poligonali, poligoni, gruppi di simmetria 3.1 Definizione. Un sottoinsieme F del piano euclideo `e detto figura (piana); il gruppo di simmetria di una figura `e S(F) := {f ∈ Iso(R2)/f(F) = F}, e ogni suo elemento `e detto una simmetria di F. 3.2 Definizione. Sia ψ : [0,1] → R2 una funzione continua, con ψ(0) = ψ(1), e iniettiva su [0,1). Se esiste un numero finito n+1 ≥ 4 di punti 0 = t < t < ··· < t = 1 0 1 n tali che per ogni i, ψ := ψ| sia affine, cio`e del tipo ψ (s) = a s+b , allora Imψ `e i [ti−1,ti] i i i detta poligonale. 3.3 Osservazioni. Per avere ψ (t ) = ψ (t ) (possibili vertici della poligonale), i i i i+1 i numeria ,b devonosoddisfarel’uguaglianzaa t +b = a t +b . Notiamocheilnumero i i i i i i+1 i i+1 n non `e necessariamente il numero dei vertici della poligonale in senso geometrico, poich´e se a = a , i punti ψ(t ),ψ(t ),ψ(t ) sono allineati. Se questo succede, eliminiamo i i+1 i i+1 i+2 il punto t , di modo da avere, per ogni indice i, a (cid:54)= a . Posto di essere sempre in i+1 i i+1 questa situazione, la poligonale viene ad avere n vertici v := ψ(t ) e n lati o spigoli i i−1 l := ψ([t ,t ]). Due lati si dicono adiacenti se hanno un vertice in comune. i i−1 i 3.4 Teorema. (Teorema di Jordan) Nel piano, il complementare di una curva semplice chiusa, ovvero omeomorfa a S , ha due componenti connesse: una limitata, omeomorfa al 1 disco B , ed una illimitata, ed esse hanno per bordo la curva stessa. 2 3.5 Definizione. Poiche’ una poligonale soddisfa le ipotesi del teorema di Jordan, chiameremo poligono la chiusura della componente connessa limitata. I suoi vertici e lati (o spigoli) saranno quelli della poligonale. Un poligono con n lati ed n vertici `e detto n−agono (n ≥ 3). Un n−agono `e detto regolare se tutti i suoi lati sono uguali, e tutti i suoi angoli sono uguali. 3.6 Teorema. Il gruppo di simmetria di un n−agono regolare P `e (isomorfo a) D . n 3.7 Teorema. Sia P un n−agono, e S(P) il suo gruppo di simmetria. Allora: (1) S(P) `e un gruppo finito. (2) S(P) < D . n (3) S(P) = D ⇐⇒ P `e regolare. n 3.8 Proposizione. Sia P un n−agono: sono equivalenti: (1) P `e regolare. (2) S(P) = D . n (3) S(P) agisce transitivamente sull’insieme dei vertici e sull’insieme dei lati di P. GEOMETRIA CLASSICA 5 4. Cerchi e triangoli. 4.1 Teorema. Le tre mediane di un triangolo passano per uno stesso punto G, detto baricentro o centro di gravit`a del triangolo, che le divide in due parti, una lunga il doppio dell’altra. Costruzioni. (1) Metodo per la condurre le tangenti ad una circonferenza da un punto esterno. Data una circonferenza di centro O ed un punto P ad essa esterno si tracci la circonferenza che ha per diametro il segmento OP. Le rette che congiungono P ai punti in cui le due circonferenze si tagliano sono tangenti alla circonferenza assegnata. (2) Date due rette incidenti, tracciare le bisettrici degli angoli da esse for- mati. Con centro nel punto P in cui le due rette r ed s sono incidenti, si tracci una circonferenza. Essa taglia le due rette nei punti R ed S. Con centro in questi punti si traccino due circonferenze di ugual raggio, che si taglino in due punti. Per essi passa una bisettrice. L’altra bisettrice si ottiene tracciando la perpendicolare per P a quella gia` trovata. 4.2 Teorema. Le tre bisettrici di un triangolo passano per uno stesso punto I, detto incentro, che `e il centro del cerchio inscritto al triangolo. Costruzioni. (3) Assegnate le tre bisettrici degli angoli interni di un trian- golo, descrivere la procedura per disegnare le quattro circonferenze tangenti alle terne di rette date dai lati del triangolo. Ciascuna circonferenza `e tangente alle tre rette e dunque il suo centro `e da esse equidistante, perci`o si trova sulle bisettrici degli angoli formati da queste rette. Nella figura (1) sono tracciate tutte le bisettrici (per ciascuna si deve procedere come nella costruzione precedente) e sono evidenziati i centri delle circonferenze cercate. Per tracciare le circonferenze bisogna conoscere il raggio di ciascuna; per questo `e necessario trovare almeno il piede di una perpendicolare mandata dal centro ad una delle rette assegnate. Per risparmiare lavoro si tenga presente che per individuare ciascun centro bastano due bisettrici (e non tre) e che le bisettrici passano per due centri. Si noti anche che le circonferenze sono univocamente determinate anche se i tre lati “non si chiudono”. 4.3 Teorema. I tre assi dei lati di un triangolo passano per uno stesso punto O, detto circocentro, che `e il centro del cerchio circoscritto al triangolo. 4.4 Teorema. Le tre altezze di un triangolo passano per uno stesso punto H, detto ortocentro: infatti, se il triangolo `e equilatero, si ha G = I = O = H, se non lo `e, O e G determinano una retta, detta la retta di Eulero, su cui sta anche H. I piedi delle tre altezze formano un triangolo, detto triangolo ortico (vedi figura (2)). 6 LUCIA ALESSANDRINI 4.5 Teorema di Morley. I tre punti di intersezione delle rette trisettrici fra loro adiacenti degli angoli di un triangolo formano un triangolo equilatero (vedi figura (3). 4.6 Costruzioni con riga e compasso. Il teorema di Gauss (1796). Unn−agono regolare puo` essere costruito con riga e compasso se e solo se, nella decomposizione di n in fattori primi, i fattori dispari sono tutti diversi tra loro e sono primi di Fermat, ovvero numeri primi del tipo F = 22k +1. k 4.7 Osservazioni. I primi tre primi di Fermat sono 3, 5, 17; dunque sono costruibili con riga e compasso gli n−agoni con n = 3,4,5,6,8,10,... mentre ci`o non vale per n = 7,9,11,.... 4.8 Costruzione del pentagono regolare inscritto in un cerchio. Se P `e uno 0 dei vertici cercati, tracciamo il diametro per P e quello ortogonale, che individua B. Dal 0 punto medio D di OB, tracciamo la bisettrice DN dell’angolo ODP ; la perpendicolare 1 0 a OP passante per N individua P ; P P `e il lato desiderato (vedi figura (4)). 0 1 1 0 1 4.9 Il problema della trisezione dell’angolo con riga e compasso. Non`epossibile trisecare ogni angolo, in particolare infatti non si pu`o trisecare l’angolo di π/3, altrimenti potrei costruire con riga e compasso il 9−gono regolare. 4.10 Il Programma di Erlangen di Klein. Dalla prova dell’indipendenza del quinto postulato di Euclide dagli altri, sono nate, nella prima met`a del diciannovesimo secolo, diverse geometrie. Klein propose nel 1872 di distinguerle a seconda del gruppo di trasfor- mazioni per cui restano vere le proposizioni. Dunque per la geometria proiettiva piana si ha il gruppo delle proiettivit`a PGL(3), per la geometria affine piana il gruppo delle affinita`, che `e il prodotto semidiretto di R2 con GL(2) (vedi ), e per la geometria eu- clidea piana il gruppo delle similitudini, che `e il prodotto cartesiano fra il prodotto semidiretto di R2 con O(2), e R . + 6eo,".ejaa- C0q5 s,icq, f Lts fi'qt*-q'1 E'cr'r"n 3 ì1rum" h &e -§.-_.: GEOMETRIA CLASSICA 7 5. Similitudini piane 5.1 Definizione. Una dilatazione f `e una trasformazione del piano tale che per ogni retta r, f(r) `e una retta, parallela ad r. Nota. Rette coincidenti sono considerate parallele, di modo che per esempio l’identita` `e una dilatazione. 5.2 Proposizione. Se i segmenti AB e A(cid:48)B(cid:48) sono paralleli, esiste una unica dilatazione f con f(AB) = A(cid:48)B(cid:48) (ovviamente intendiamo che f(A) = A(cid:48),f(B) = B(cid:48)). Dunque una dilatazione `e determinata dal suo effetto su una coppia di punti (A,B), e per costruzione le rette AA(cid:48) e BB(cid:48) sono invarianti. 5.3 Esempi di dilatazioni. Se una dilatazione f manda (A,B) in (A,B), `e l’identit`a. Se manda (A,B) in (B,A), `e σ , il ribaltamento sul punto medio M di AB. Se manda M (A,B) in (A(cid:48),B(cid:48)), e ABB(cid:48)A(cid:48) `e un parallelogramma, allora f `e una traslazione. 5.4 Proposizione. Per ogni dilatazione diversa dall’identit`a, A e B possono essere scelti in modo che il punto A e la retta AB non siano invarianti. 5.5 Proposizione. Ogni dilatazione f che non sia una traslazione o l’identita` ha un unico punto invariante (fisso) O; in questo caso per ogni punto P, definito P(cid:48) := f(P), il rapporto di lunghezze µ = OP(cid:48)/OP `e costante, e si indica f := O(±µ), scegliendo il segno a seconda che P e P(cid:48) stiano dalla stessa parte o da parti opposte rispetto a O. 5.6 Proposizione. Ogni dilatazione manda cerchi in cerchi. Viceversa dati due cerchi, ci sono esattamente due dilatazioni che mandano il primo nel secondo; i loro centri sono detti i centri di similitudine dei due cerchi. (Figure 5 e 6) 5.7 Definizione. Una similitudine `e una trasformazione del piano f che porta ogni segmento AB in un segmento A(cid:48)B(cid:48) tale che A(cid:48)B(cid:48) = µAB, dove µ `e una costante positiva, detta costante (o rapporto) di similitudine. 5.8 Note. Ogni triangolo `e trasformato da una similitudine in un triangolo simile, e ogni angolo in un angolo uguale (a parte l’orientazione). E viceversa due triangoli simili sono legati da un’unica similitudine, che`e detta diretta o inversa a seconda che conservi o rovesci l’ordine dei vertici. Dunque una similitudine `e determinata dal suo effetto su tre punti non allineati, e percio` manda rette in rette e cerchi in cerchi. Isometrie e dilatazioni sono esempi di similitudini. 5.9 Definizione. Una similitudine a spirale o rotazione dilatativa `e una simi- litudine del tipo f = R ◦ O(µ)(= O(µ) ◦ R ); una riflessione dilatativa `e una O,α O,α 8 LUCIA ALESSANDRINI similitudine del tipo f = σ ◦O(µ)(= O(µ)◦σ ) con O ∈ r. In entrambi i casi O `e detto r r il centro della similitudine. (Figura 7) Nota. Cambiando la rotazione o la riflessione, si puo` sempre supporre µ > 0. 6. Cerchi e inversioni circolari. 6.1 Definizione. Fissato un cerchio di centro O e raggio k, l’inverso del punto P (cid:54)= O `e il punto P(cid:48) sul raggio OP la cui distanza da O soddisfa (OP)(OP(cid:48)) = k2. La mappa P → P(cid:48) `e detta inversione. 6.2 Osservazioni. Una inversione ha come dominio e codominio il piano meno il centro del cerchio di inversione; ogni punto esterno al cerchio di inversione `e trasformato in uno interno, e viceversa. Il cerchio di inversione `e formato da punti fissi, mentre ogni retta per O `e invariante. Una inversione `e involutiva, ovvero (P(cid:48))(cid:48) = P. 6.3 Costruzione. Costruire geometricamente l’inverso di P. Se P `e interno al cerchio di inversione (O,k), sia T l’intersezione del cerchio con la perpendicolare a OP passante per P. La tangente al cerchio per T interseca OP in P(cid:48). Se P `e esterno al cerchio di inversione (O,k), sia T una intersezione del cerchio con il cerchio di diametro OP. La perpendicolare a OP per T interseca OP in P(cid:48). (Figura 8) 6.4 Proposizione. La composizione di due inversioni rispetto a cerchi concentrici (O,k),(O,k(cid:48)) `e una dilatazione O(µ), dove µ = (k(cid:48)/k)2. 6.5 Definizione. Due cerchi si dicono ortogonali se si intersecano ad angolo retto, ovvero ci sono due punti di intersezione, e in essi il raggio di uno `e la tangente dell’altro. 6.6 Proposizione. Fissiamo una inversione f di cerchio (O,k). (1) Ogni cerchio che passa per due punti inversi `e invariante per f; il cerchio di inver- sione lo divide in due parti, che si scambiano l’un l’altra; tale cerchio `e ortogonale al cerchio di inversione. (2) Viceversa, ogni cerchio ortogonale al cerchio di inversione `e invariante in questo senso. (3) L’inverso P(cid:48) di un punto P `e l’altra intersezione di due qualsiasi cerchi passanti per P, entrambi ortogonali al cerchio di inversione. 6.7 Costruzione. Costruire un cerchio ortogonale a due cerchi dati, passante per un punto P non allineato ai due centri. Siano (O ,k ) e (O ,k ) i due cerchi, 1 1 2 2 e siano P ,P gli inversi di P rispetto ai due cerchi. Il cerchio passante per P,P ,P `e 1 2 1 2 quello richiesto. FJ* Fi3,*s- 1. § P' P \ A' A f$u"c 8. Fig. tr.2.1. The butterfly rheorem +iX*xo' $ Fig. tr .2.2. The four circles tangent to the three sides of a triangle Frg^rre"

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Un sottoinsieme F del piano euclideo `e detto figura (piana); il relazioni; abbiamo qur i:sato ia convenzione di indicare con f Ie trasiazioni, con.
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