e n o i z a N a l l a a m r o f e r a d Francesco Crispi r e p o t Costruire lo Stato per dare forma alla a t S o l Nazione e r i u r t s o C i p s i r C o c s e c n a r F 9 0 0 2 A Roma, Ministero degli affari esteri, Francesco M Crispi,ritratto a olio O R ROMA 2009 PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO SAGGI 93 ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO Francesco Crispi Costruire lo Stato per dare forma alla Nazione a cura di ALDO G. RICCI E LUISA MONTEVECCHI MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2009 DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI SERVIZIO III - STUDI E RICERCA Direttore generale per gli archivi: Luciano Scala Direttore del Servizio: Patrizia Ferrara Cura redazionale:Mauro Tosti-Croce e Raffaella Barbacini Con la collaborazione di:Giovanna Pinci © 2009 Ministero per i beni e le attività culturali Direzione generale per gli archivi ISBN 978-88-7125-301-5 Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato Piazza Verdi 10, 00198 Roma Stampato nel mese di ottobre 2010 Stampa: BetaGamma s.r.l. SOMMARIO ALDO G. RICCI, Presentazione V LE VICENDE BIOGRAFICHE E LA GESTIONE DEL POTERE GIUSEPPE ASTUTO, Crispi e la Sicilia: tra cospirazioni e rivoluzioni 3 FIORENZATARICONE, Francesco Crispi e Ausonio Franchi: le vicende processuali 41 ALDO G. RICCI, Crispi regista dei passaggi istituzionali del 1878 73 ALDO A. MOLA, Crispi massone. L’iniziazione di Francesco Crispi: alla massoneria o alla politica? 85 FRANCESCO BONINI, La leadership crispina del partito di maggioranza 103 FILIPPO MAZZONIS, Rapporti con la monarchia 119 CARLO M. FIORENTINO, Crispi e il conclave di Leone XIII 129 FABIO GRASSI ORSINI, Crispi e la gestione della politica estera 167 MICHELE GRAZIOSETTO, Francesco Crispi tra politica estera e politica sociale 199 SILVANO MONTALDO, L’avvocato Francesco Crispi 211 LE RIFORME CRISPINE DANIELA ADORNI, Autorità dello Stato, libertà, autonomie: il progetto riformatore di Crispi 229 GIOVANNATOSATTI, Crispi ministro dell’Interno 251 GUIDO MELIS, Francesco Crispi e le riforme amministrative 263 FRANCO DELLA PERUTA, Riforma sanitaria e riforma delle Opere Pie 273 SERGIO CARDARELLI, Il ruolo degli istituti di emissione nella concezione crispina 299 CRISPI NELLA DOCUMENTAZIONE ARCHIVISTICA E BIBLIOGRAFICA E NELLA STORIOGRAFIA LUISA MONTEVECCHI, Le carte Crispi 321 ELENA GINANNESCHI, Il materiale a stampa negli archivi Crispi 333 ERMINIA CICCOZZI, L’archivio del Commissariato civile per la Sicilia 345 GUIDO PALAMENGHI CRISPI, Crispi nella tradizione familiare 379 NICOLATRANFAGLIA, Crispi e gli storici oggi 383 Indice dei nomi 389 ALDO GIOVANNI RICCI Presentazione In occasione del centenario della morte di Francesco Crispi (2001), l’Archivio Centrale dello Stato (diretto allora da Paola Carucci), che ne con- serva le carte, almeno per la parte più significativa (le articolazioni dell’ar- chivio e le sue vicende sono ricostruite nella relazione di Luisa Montevecchi, responsabile degli archivi privati del nostro Istituto), organizzò il 27 novem- bre 2001, insieme all’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano (presie- duto da Giuseppe Talamo), un convegno, le cui sessioni furono coordinate da Raffaele Romanelli (presidente pro tempore della Società italiana per lo studio della storia contemporanea), che vide riuniti alcuni tra i maggiori studiosi dello statista siciliano e del periodo storico che lo ebbe protagoni- sta della scena politica. I saggi pubblicati in questo volume sono i contribu- ti (non tutti) presentati in quella occasione. L’allora ambasciatore d’Italia a Malta, Giancarlo Riccio, inviò ai parteci- panti un saluto ricordando che le celebrazioni per commemorare l’anniver- sario iniziarono proprio a Malta, dove Crispi visse esule dal marzo 1853 a dicembre 1854, quando ne fu espulso, e che proprio a Malta costruì “il sogno dell’unità d’Italia”, come è riportato sulla lapide apposta il 2 giugno 2001 sulla casa ove abitò. Inoltre, per commemorare l’evento, l’Istituto ita- liano di cultura di Malta ha promosso la pubblicazione, con prefazione di Ugo Mifsud Bonnici, della monografia Dei diritti della corona d’Inghilterra sulla chiesa di Malta, scritta da Crispi durante il suo soggiorno maltese. Nonostante i non pochi anni trascorsi dall’incontro del 2001, si è rite- nuto comunque importante raccogliere e pubblicare le relazioni disponi- bili per più motivi: anzitutto per il loro valore intrinseco, arricchito, in diversi casi, da ricerche condotte su documentazione ancora largamente inesplorata; poi perché gli studi sugli anni compresi tra il compimento VI Aldo Giovanni Ricci dell’unificazione nazionale e la prima guerra mondiale non hanno cono- sciuto una particolare fortuna nell’ultimo mezzo secolo; infine perché queste ricerche possono rappresentare un contributo significativo in vista del 150° dell’Unità e dell’auspicabile ripresa d’interesse da parte della sto- riografia, ma più in generale dello spirito pubblico, nei confronti del Risorgimento e di quell’età liberale che tanto ha contribuito nel far recu- perare all’Italia il ritardo accumulato nei confronti della modernità. Crispi è un personaggio chiave di quella storia e rappresenta per di più qualcosa di unico nel panorama dell’Italia tra lotte risorgimentali, Unità e vicende del nuovo Stato unitario. Qualcosa su cui merita riflettere per trarne insegnamenti sulle specificità nazionali. Crispi nasce infatti rivolu- zionario, prima per l’indipendenza della Sicilia e poi dell’Italia. Si conver- te in seguito, come Garibaldi, al programma unitario sotto le insegne di casa Savoia, al quale resta fedele anche quando l’Eroe se ne allontana dopo Mentana. Si mette quindi al servizio della costruzione del nuovo Stato e di una vera coscienza nazionale, in particolare nel decennio che lo vede leader indiscusso, tra il 1887 e il 1896. Esce di scena sull’onda della scon- fitta di Adua, persuaso dell’inadeguatezza della costruzione unitaria rispetto al progetto dei suoi artefici (“è un regno senza gloria e senza onore”, scrive nei suoi appunti) e dell’impreparazione dei monarchi di Casa Savoia rispetto al compito storico al quale si erano accinti (“Ci era- vamo rivolti a Casa Savoia credendola una famiglia di soldati. Abbiamo trovato una famiglia di borghesi”, scrive sempre nei suoi appunti). Senza indulgere a facili parallelismi, non si può negare che si tratti di una parabola che presenta suggestivi punti di contatto con quella di Benito Mussolini, un altro rivoluzionario convertitosi al compromesso istituziona- le in nome di un progetto autoritario e carismatico di rinascita nazionale. Negli anni della sua leadership, Crispi affianca importanti programmi di riforme (in campo amministrativo, sanitario e agrario), un forte dina- mismo in politica estera (il rapporto con gli Imperi centrali, ma anche la sfortunata politica africana), un’accentuazione laicista e autoritaria della politica interna e un progetto di educazione alla cittadinanza e alla coscienza nazionale che passa in particolare per il rafforzamento del mito risorgimentale: la monumentalizzazione del Risorgimento, come è stato scritto, con riferimento alla sua politica di celebrazione degli artefici dell’Unità e dell’immagine del nuovo Stato sia all’interno che all’estero. Il bilancio della sua breve egemonia sulla vita politica italiana è appa- rentemente, in particolare per un certo tipo di vulgata, tutto al negativo: Presentazione VII riforme annunciate e in parte inattuate, scandali, sconfitte militari, umi- liante uscita di scena, insomma un disastro. Ma, come hanno dimostrato alcuni studi recenti (a cominciare dal saggio di Daniela Adorni del 1999 - Francesco Crispi. Un progetto di governo - e dalla biografia di Cristopher Duggan, di due anni successiva, Creare la nazione. Vita di Francesco Crispi) e come mostreranno le relazioni presentate al nostro convegno e qui raccolte, il discorso è più complesso e sfaccettato, e la traccia lasciata dall’azione di Crispi sulla politica nazionale più profonda di quanto non si sia spesso voluto ritenere. In sede di bilanci, l’aspetto della politica crispina che trova i maggiori consensi è certamente la sua strategia riformatrice, una strategia che fa dello statista siciliano il vero ponte tra la stabilizzazione postunitaria e l’età giolittiana, e che induce Daniela Adorni a parlare di un vero e pro- prio “progetto riformatore”. Attraverso il consolidamento dello Stato operato da Crispi si realizza, secondo l’Adorni, nella pratica delle riforme, il patto tra il re e il popolo, un popolo che, a differenza della Nazione, che preesiste, va invece costrui- to attraverso l’istruzione di massa, l’assistenza e l’educazione civica, crean- do le condizioni per l’espressione della volontà politica attraverso il voto. Le principali riforme crispine sono note e sono state a più riprese ogget- to di studio: la legge comunale e provinciale, con l’elezione dei rappresen- tanti locali e quindi il maggior spazio concesso alle autonomie e all’espres- sione della volontà locale; la riforma sanitaria e penitenziaria; la legge sulle opere pie, che per la prima volta vede lo Stato entrare nella sfera della beneficenza, fino ad allora monopolio dei privati, e in particolare delle strutture ecclesiastiche; le normative in favore dell’emigrazione; l’introdu- zione di una giustizia amministrativa nel senso moderno del termine. Come sottolinea Franco Della Peruta, con la legge sulla tutela dell’igie- ne e della salute pubblica, approvata nel 1888, e quella sulle opere pie, di due anni successiva, viene operata una svolta radicale, che apre la strada alle successive riforme giolittiane, ma si pone già nella prospettiva del futuro Stato sociale. Non è solo una vocazione di matrice democratica, quella che muove Crispi in questa direzione, ma è soprattutto la conse- guenza obbligata di una visione globale del compito della politica, e quin- di dello Stato, che della politica rappresenta, secondo Crispi, la massima espressione, nella debole Italia postunitaria. Nell’ottica statocentrica dell’ex cospiratore mazziniano e garibaldino, che affida allo Stato il compito di dare una struttura istituzionale e ammi- VIII Aldo Giovanni Ricci nistrativa alla Nazione, con l’obbiettivo di creare un popolo coeso, facen- do leva sulle minoranze eroiche che hanno realizzato l’Unità, ma anche sulle nuove generazioni della burocrazia e delle professioni, la sfera socia- le, dall’assistenza medica a quella economica e all’istruzione, è terreno esclusivo dell’intervento dello Stato, dal quale vanno tenute lontane sia le rappresentanze di classe (la plebe deve integrarsi nel popolo, non porsi come una classe in lotta contro le altre) che quelle religiose. Lo Stato è indifferente alle fedi e alle ideologie finché non rappresentano una minac- cia per le istituzioni e per l’ordine pubblico. Secondo Guido Melis, già coordinatore delle ricerche promosse dall’ISAP su questi temi alla fine degli anni Ottanta, la politica riformatri- ce crispina risponde a una strategia complessiva che si articola in tre punti: riforma della legislazione per adeguare le leggi alle nuove funzioni che si intende attribuire allo Stato; rinnovamento della macchina della pubblica amministrazione e creazione di una nuova cultura della burocrazia. Il punto di partenza è la legge n. 5195 del 12 febbraio 1888, che sancisce l’autonomia dell’esecutivo dal legislativo nel campo dell’organizzazione; di qui le riforme cui si è fatto cenno, che non esauriscono però le sfere d’in- tervento. Infatti il progetto crispino non è fatto solo di ‘riformismo alto’, ma anche di ‘riformismo minuto’, per usare l’espressione sempre di Melis: un riformismo che passa attraverso la creazione di nuove leve burocratiche, in primo luogo nell’ambito del Ministero dell’interno (snodo essenziale del controllo politico e sociale del Paese), ma anche in settori dove occorrono tecnici di nuova formazione, come il Genio civile o le Poste. Proprio all’azione di Crispi quale ministro dell’Interno è dedicata la relazione di Giovanna Tosatti, che mette in luce l’impegno da lui profuso nel “plasmare un corpo prefettizio quanto più possibile modellato sulla sua idea di governo”, come confermano, tra l’altro i numerosi profili bio- grafici dei prefetti, redatti in forma non ufficiale, presenti nell’archivio. A Crispi si deve anche una strategia più generale volta a rimodellare il ruolo che il Ministero era chiamato a svolgere nell’Italia di fine secolo: dall’am- ministrazione civile all’ordine pubblico e così via. Alla trasformazione dell’apparato pubblico, sia pure in un’ottica più attenta alla dimensione politica, guarda anche la relazione di Franco Bonini, dedicata al cosiddetto ‘partito della maggioranza’. Tale partito, spiega l’autore, “è una aggregazione politico-istituzionale (parlamento+apparati dell’amministrazione+ceti dirigenti locali), radicata nelle diverse Italie, e organizzata in funzione della governabilità”: una Presentazione IX strategia che troverà in Giolitti l’interprete più conseguente. In una real- tà politica in cui i partiti in senso moderno non hanno ancora una fisio- nomia strutturata, leadership, maggioranza e governabilità diventano tre facce di uno stesso disegno, e la creazione di una burocrazia, centrale e locale, più moderna, ma allo stesso tempo legata al governo, rappresenta un tassello fondamentale di questo disegno. In questo quadro, un altro elemento cruciale per la stabilità dell’esecu- tivo, è rappresentato dal rapporto con la monarchia, la massima istituzio- ne del Paese, e proprio questo rapporto, per quanto riguarda Crispi, in particolare per il carattere del personaggio (anche se l’intervento di Guido Palamenghi Crispi, dedicato all’uomo politico nella tradizione familiare, ha in parte ridimensionato questo quasi luogo comune), non si è mai dimostrato particolarmente saldo, come mette in rilievo Filippo Mazzonis, analizzando le alterne fortune che caratterizzarono le relazioni tra lo statista siciliano e i due sovrani della sua vita politica: prima Vittorio Emanuele II e poi, soprattutto, Umberto I. La stessa logica di attenzione agli apparati pubblici e di allargamento della sfera statale presiede alla riforma degli istituti di emissione e al rinno- vamento della dirigenza della Banca d’Italia, come risulta dalla relazione di Sergio Cardarelli, nella quale emerge ancora una volta l’intento di Crispi di affermare il primato dello Stato sulla sfera socio-economica, in partico- lare nell’affidare agli istituti il ruolo di braccio operativo del Ministero del tesoro. Anche il rinnovamento dei vertici della Banca d’Italia si muove, in definitiva, nel senso di accentuare il carattere pubblico dell’istituto. Minori successi può vantare invece l’interventismo crispino nell’ambi- to di un settore del tutto atipico della burocrazia come quello della diplo- mazia, un settore nei confronti del quale egli manifestò un grande inte- resse anche per il ruolo che attribuiva al capo del Governo rispetto alla politica estera. Come dimostra la relazione di Fabio Grassi Orsini, il rin- novamento nell’ambito delle ‘feluche’ voluto da Crispi si dovette scontra- re in primo luogo con le resistenze del re, abituato a disporre personal- mente delle sedi diplomatiche più importanti, e poi con quella della clas- se diplomatica tradizionale, poco propensa ad accettare interferenze da parte della politica. Se le riforme crispine rappresentano il terreno di confronto privilegia- to dei relatori, questo non esaurisce il bilancio del convegno. Crispi e la massoneria è il tema affrontato da Aldo A. Mola, un relatore che alla libe- ra muratoria e al suo ruolo nella storia del nostro Paese ha dedicato da
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