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Enrico Diciotti, L'ambigua alternativa tra cognitivismo e scetticismo interpretativo PDF

88 Pages·2004·0.28 MB·Italian
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L’AMBIGUA ALTERNATIVA TRA COGNITIVISMO E SCETTICISMO INTERPRETATIVO Enrico Diciotti 45         , ,    Enrico Diciotti L’AMBIGUA ALTERNATIVA TRA COGNITIVISMO E SCETTICISMO INTERPRETATIVO WORKING PAPER 45 2003 I Working Papers del Dipartimento di Scienze Storiche, Giuridiche, Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Siena mirano a promuovere la circolazione dei risultati, anche intermedi, delle attività di ricerca svolte nell’ambito del Dipar- timento Direttore Responsabile: Maurizio Degl’Innocenti (Direttore del Dipartimento) Cura tipografi ca e stampa: Roberto Bartali, Silvio Pucci Enrico Diciotti L’AMBIGUA ALTERNATIVA TRA COGNITIVISMO E SCETTICISMO INTERPRETATIVO∗ 1. Cognitivismo e scetticismo interpretativo: risposte standard a una domanda ambigua 1.1. Cognitivismo e scetticismo interpretativo Come è noto, giudici e giuristi esprimono spesso giudizi interpretativi contrastanti, cioè giudizi contrastanti sul contenuto dei testi di legge. Per il fatto che le controversie interpretative sono piuttosto frequenti, nella teoria dell’interpretazione della legge spicca la questione se per alcuni o per tutti i testi di legge vi sia un solo giudizio interpretativo ammissibile o valido, o se, al contrario, per tutti i testi di legge vi sia una pluralità di giudizi interpretativi ammissibili o validi. Per mettere meglio a fuoco la questione, pensiamo a un problema di matematica o di geometria assegnato agli studenti di un liceo. Sebbene esso abbia una sola soluzione corretta, può accadere – e, anzi, spesso accade * Una prima versione di questo lavoro fu scritta dopo aver partecipato a un vivace seminario su una bella relazione di Mauro Barberis (“Lo scetticismo immaginario. Nove obiezioni agli scettici à la génoise”, poi pubblicata in Analisi e diritto 2000, a cura di P. Comanducci e R. Guastini, Torino, Giappichelli, 2001, pp. 1-36), tenutosi a Genova, presso il Dipartimento di cultura giuridica “Giovanni Tarello”, il 9 marzo 2001. Riccardo Guastini ne lesse poi una parte, inviandomi alcuni preziosi commenti e suggerimenti. Una versione successiva fu infi ne discussa in un altro seminario, tenutosi anch’esso presso il Dipartimento di cultura giuridica “Giovanni Tarello”, il 30 maggio 2003. Stampando adesso questa ulteriore versione ringrazio con aff etto tutti gli amici genovesi, per l’ospita- lità e gli stimoli intellettuali di cui sono loro debitore. – che gli studenti ne diano soluzioni diverse. È infatti possibile che alcuni di essi (se non tutti) ne diano una soluzione sbagliata. Ebbene, è ragionevole ritenere che qualcosa di analogo accada nel- l’interpretazione della legge? Si deve pensare che la pluralità di giudizi contrastanti relativi al contenuto della legge dipenda necessariamente da errori degli interpreti? Oppure, si deve pensare che ai testi di legge pos- sano essere ascritti contenuti diversi, o, addirittura, che vada bene tutto ciò che gli interpreti fanno o potrebbero fare, poiché ai testi di legge è ascrivibile qualsivoglia contenuto? È evidente che la questione non può essere risolta compiendo un’in- dagine relativa ai contenuti che i giudici e i giuristi, nel nostro o in altri ordinamenti, eff ettivamente ascrivono ai testi di legge, né rilevando la maggiore o minore frequenza delle controversie riguardo a tali conte- nuti. A questo riguardo, probabilmente, gli accordi sono molto più rari dei disaccordi; ma sia gli sporadici accordi sia i più frequenti disaccordi potrebbero essere casuali, contingenti, o comunque sprovvisti di qual- siasi senso o rilievo teorico. La questione da aff rontare, insomma, non è quali siano i contenuti che in un determinato momento gli interpreti eff ettivamente ascrivono ai testi di legge, ma è quali siano i contenuti che tramite l’interpretazione possono, o possono validamente, essere ascritti ai testi di legge1. I giudizi interpretativi possono essere concepiti come risposte a que- stioni interpretative, cioè a domande relative al contenuto di testi giuri- dici normativi, e in primo luogo di testi di legge. È ovvio che, di fatto, a ogni questione interpretativa potrebbero essere date risposte contrastanti. Ma non è ovvio che tutte le risposte che, di fatto, potrebbero essere date a una questione interpretativa davvero consistano in (siano da considerare 1 Soltanto ai giudizi interpretativi eff ettivamente avanzati in una comunità giuridica sembrano voler indirizzare l’attenzione alcuni studiosi di orientamento “realista”, che sostengono di aderire a una teoria dell’interpretazione (o meglio alla sola teoria dell’in- terpretazione) descrittiva e, quindi, sociologica: ad esempio vedi Chiassoni, “L’inelutta- bile scetticismo della «scuola genovese»”, pp. 46-48; Guastini, “Realismo e antirealismo nella teoria dell’interpretazione”, pp. 43-52. 4 come) giudizi interpretativi. Non deve cioè essere trascurata la possibi- lità che alcune delle risposte che potrebbero essere date a una questione interpretativa non siano, a ben vedere, risposte a una questione di questo genere, ovvero che, non soddisfacendo determinate condizioni, non con- sistano in “veri” o “genuini” giudizi interpretativi. Tenendo conto di ciò, possiamo dare una prima approssimativa formu- lazione alla questione da aff rontare in queste pagine: gli insiemi di rispo- ste contrastanti che potrebbero essere date alle questioni interpretative formulabili in un ordinamento giuridico contengono un solo “genuino” giudizio interpretativo, oppure contengono una pluralità di tali giudizi? e se contengono una pluralità di tali giudizi, è possibile distinguere tra di essi un solo giudizio valido (in un qualche senso di questa espressione)? Ai fi ni della nostra discussione possiamo prendere in considerazione quattro posizioni che forniscono risposte diverse a queste domande: la posizione cognitivista estrema, la posizione cognitivista moderata, la posi- zione scettica estrema e la posizione scettica moderata2. Chiamo cognitivista chiunque condivida l’idea che almeno alcuni insiemi di possibili risposte contrastanti a questioni interpretative con- tengano un solo “genuino” giudizio interpretativo, o un solo giudizio interpretativo valido (in un qualche senso di questa espressione)3. Per contro, chiamo scettici tutti coloro che non condividono questa idea. 2 Ripropongo, in forma leggermente diversa, una distinzione introdotta in Diciotti, Verità e certezza nell’interpretazione della legge, pp. 78-82. Più diff usa di questa è la distinzione triadica tra teoria cognitiva (o formalista), teoria scettica e teoria intermedia o mista (sulla cui elaborazione e adozione hanno presumibilmente giocato un ruolo fon- damentale le considerazioni sull’interpretazione giuridica contenute in Hart, Il concetto di diritto, pp. 146-173): su tale distinzione vedi Carrió, “Sull’interpretazione giuridica”; Guastini, Il diritto come linguaggio, pp. 127-131, e Le fonti del diritto e l’interpretazione, pp. 334-339; Jori e Pintore, Manuale di teoria generale del diritto, pp. 206-209. Per i diversi modi in cui in autori diversi si articola la distinzione tra formalismo, scetticismo e teoria mista, vedi Barberis, “Lo scetticismo immaginario”, pp. 2-4. 3 Posizioni di questo genere vengono spesso etichettate come formaliste (vedi nota precedente). ‘Formalismo’, però, richiama teorie dell’interpretazione secondo le quali per individuare la disciplina legislativa di ogni possibile caso è suffi ciente prendere il considerazione i testi di legge, concepiti semplicemente come insiemi di parole provvi- 5 In particolare, considero sostenitori dello scetticismo estremo coloro che rifi utano, ritenendola insensata, la distinzione tra risposte alle que- stioni interpretative che consistono in “genuini” giudizi interpretativi e risposte alle questioni interpretative che non consistono in “genuini” giudizi interpretativi, o tra giudizi interpretativi validi e invalidi (in un qualche senso di queste espressioni). Considero invece sostenitori dello scetticismo moderato coloro che accettano tali distinzioni, ma ritengono che nessun insieme di possibili risposte contrastanti a questioni interpreta- tive contenga un solo “genuino” giudizio interpretativo, o un solo giudizio interpretativo valido. Considero poi sostenitori del cognitivismo moderato coloro che, oltre ad accettare tali distinzioni, ritengono che alcuni insiemi di possibili risposte contrastanti a questioni interpretative contengano un solo “genuino” giudizio interpretativo, o un solo giudizio interpretativo valido. Considero infi ne sostenitori del cognitivismo estremo coloro che, oltre ad accettare tali distinzioni, ritengono che ogni insieme di possibili risposte contrastanti a questioni interpretative contenga un solo “genuino” giudizio interpretativo, o un solo giudizio interpretativo valido. 1.2. Vari modi di precisare la domanda cui rispondono cognitivismo e scetti- cismo interpretativo Nel paragrafo precedente ho off erto questa prima formulazione della questione da aff rontare: gli insiemi di risposte contrastanti che potrebbero essere date alle questioni interpretative formulabili in un ordinamento ste di un “proprio”, e/o la volontà dell’autore di tali testi, ovverosia del legislatore (sulle teorie formaliste dell’interpretazione vedi Bobbio, “Formalismo giuridico”, pp. 93-97; Jori, “Formalismo”, pp. 429-431; Tarello, “Formalismo”, pp. 37-48). In questo senso, si può aff ermare che il formalismo costituisce soltanto una specie del cognitivismo inter- pretativo, poiché è possibile sostenere che in tutti o in alcuni insiemi di possibili giudizi interpretativi contrastanti vi è un solo giudizio interpretativo corretto senza assumere che i testi di legge e/o la volontà del legislatore siano suffi cienti per individuare tale giudizio (a questo proposito vedi ad esempio la posizione di Dworkin, “Non c’è davvero soluzione corretta nei casi diffi cili?”, “Diritto come letteratura” e L’impero del diritto). 6 giuridico contengono un solo “genuino” giudizio interpretativo, oppure contengono una pluralità di tali giudizi? e se contengono una pluralità di tali giudizi, è possibile distinguere tra di essi un solo giudizio valido (in un qualche senso di questa espressione)? Adesso, si può mettere in evidenza che tale questione è tutt’altro che chiara, poiché contiene, in eff etti, una pluralità di questioni che devono essere distinte. Ugualmente, una pluralità di posizioni distinte sono con- tenute nelle risposte che a tale questione, secondo quanto ho assunto, possono essere date dalle diverse forme di cognitivismo e scetticismo. Ebbene, precisare e discutere, almeno a grandi linee, alcune delle questioni che costituiscono il terreno del confronto tra cognitivismo e scetticismo, è ciò che mi propongo di fare nelle pagine seguenti. Più pre- cisamente, vorrei suggerire, se non mostrare, due cose diverse. La prima è che una certa nebulosità delle questioni aff rontate è probabilmente all’origine di alcuni dei contrasti tra i sostenitori delle diverse posizioni cognitiviste e scettiche, poiché precisando e distinguendo tali questioni sembra ragionevolmente venir meno la possibilità di sostenere, a seconda dei casi, l’una o l’altra di queste posizioni. La seconda è che la gran parte dei contrasti tra i sostenitori delle diverse posizioni cognitiviste e scettiche – siano destinati a dissolversi o a persistere una volta precisate le questioni sottostanti al dibattito in cui si manifestano – non possono essere impu- tate a una cattiva conoscenza dell’eff ettiva attività interpretativa dei giu- dici e dei giuristi o al mancato apprezzamento di aspetti empiricamente rilevabili di tale attività, perché dipendono principalmente da stipula- zioni relative al signifi cato di termini come ‘interpretazione’, ‘signifi cato’, ‘verità’ e da assunzioni relative all’esistenza di cose come regole linguisti- che e fatti morali, o principi morali oggettivamente validi4. 4 Alcuni studiosi sembrano talvolta ritenere che una buona teoria dell’interpretazione giuridica debba limitarsi a descrivere le eff ettive attività compiute da giudici e giuristi. Si può vedere, a titolo di esempio, l’asserzione di Chiassoni, “Archimede o Eraclito?”, p. 556, secondo cui la propria teoria si pone il compito di «descrivere la realtà dell’interpre- tazione giuridica quale essa è» (un commento a questa asserzione in Barberis, “Teologia dell’interpretazione”, pp. 287-289); oppure le seguenti aff ermazioni di Guastini, “Rea- lismo e antirealismo nella teoria dell’interpretazione”, p. 43: «La tesi realista in teoria 7 Quali questioni, dunque, possono essere distinte nell’ampia questione che ho sopra formulato? Per distinguerle, bisogna innanzitutto osservare che il sintagma ‘inter- pretazione della legge’ può essere usato in accezioni diverse, per indicare diff erenti insiemi di attività dei giudici e dei giuristi5. Infatti, due di queste accezioni sono particolarmente importanti ai nostri fi ni. La prima è quella in cui ‘interpretazione della legge’ indica esclusivamente le attività compiute per attribuire signifi cati agli enunciati legislativi. La seconda è quella in cui ‘interpretazione della legge’ indica tutte le attività compiute per ricavare dai testi di legge norme applicabili a casi concreti: tali attività comprendono principalmente quelle compiute per attribuire signifi cati agli enunciati legislativi e quelle compiute per integrare la legge6, cioè soprattutto per colmarne le lacune, ove l’integrazione della legge avvenga sulla base della legge stessa (e non di cose come il diritto naturale, la con- dell’interpretazione è molto semplice: ogni testo normativo – e anzi: ogni singolo enun- ciato normativo – è, di fatto, interpretato in modi diversi e confl iggenti. […] Se tutti i testi normativi sono, di fatto, interpretati in modi diversi, allora tutti i testi normativi sono suscettibili di interpretazioni diverse. […] Ogni questione di diritto ammette una pluralità di risposte, nessuna delle quali – per ciò stesso – può dirsi “corretta”». Per quanto concerne queste aff ermazioni, mi limito per adesso a fare la seguente osserva- zione: il mero fatto che interpreti diversi attribuiscano signifi cati diff erenti a uno stesso testo di legge non implica di per sé che tale testo sia suscettibile di interpretazioni diverse, così come il mero fatto che due liceali diano due diverse soluzioni a un problema di matematica non implica di per sé il fatto che quel problema abbia due soluzioni diverse. Del resto, se a un enunciato legislativo fosse attribuito un solo signifi cato (se questo non è fi nora accaduto, come sostiene Guastini, non si può escludere che accada in futuro), credo che lo stesso Guastini non sarebbe disposto soltanto per questo a sostenere che tale enunciato è suscettibile di una sola interpretazione. 5 Per alcune di queste accezioni vedi, tra gli altri, Alexy, “Interpretazione giuridica”, pp. 64-70; Barberis, Filosofi a del diritto, pp. 202-208; Guastini, Le fonti del diritto e l’interpretazione, pp. 324, 326-331; Wróblewski, “Il ragionamento giuridico nell’inter- pretazione del diritto”, pp. 268-270. 6 Tra queste attività dovrebbero essere menzionate anche quelle compiute per risol- vere le antinomie; se qui le tralascio è solo per non dover poi appesantire troppo la discussione. 8

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