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DOTT. ANTONIETTA PAGANO LE MIGRAZIONI QUALIFICATE DELLE PROFESSIONI ... PDF

21 Pages·2010·0.5 MB·Italian
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Lezione 23 novembre 2010 DOTT. ANTONIETTA PAGANO LE MIGRAZIONI QUALIFICATE DELLE PROFESSIONI ALTAMENTE QUALIFICATE: UN’ANALISI Introduzione –L’emergere del fenomeno delle migrazioni qualificate I flussi migratori internazionali sono il frutto di complesse dinamiche geopolitiche, economiche e sociali. In origine, la formazione ed il perpetuarsi di questo movimento di massa si è sviluppato tra Paesi che avevano già legami consolidati, ad esempio di tipo coloniale. Oggi giorno tali movimenti sono dovuti ad una molteplicità di fattori, primi fra tutti la globalizzazione e l’instaurarsi di un regime economico globale caratterizzato da una sempre maggiore libertà di circolazione dei capitali e, anche se in misura minore, del lavoro. Inoltre, la fine della Guerra Fredda e la conseguente dissoluzione del blocco orientale, lo sviluppo di nuovi metodi di produzione sempre più dipendenti dall’innovazione scientifica e tecnologica e l’invecchiamento della popolazione di molti paesi sviluppati, hanno comportato la formazione di flussi sempre crescenti di spostamenti internazionali di persone ad alta qualificazione in cerca di salari più alti e di migliori condizioni di vita e di lavoro. Allo stesso tempo, la liberalizzazione dei mercati dei paesi di nuova industrializzazione ha incoraggiato migrazioni temporanee o permanenti di dirigenti e tecnici di imprese multinazionali dai paesi sviluppati verso quelli in via di sviluppo. La fine del XX secolo si è distinta, quindi, per lo sviluppo di un nuovo mercato del lavoro globale caratterizzato da una crescente competizione per attrarre i talenti stranieri e i professionisti altamente qualificati, facendo emergere la spinosa questione delle migrazioni qualificate, meglio conosciute ed identificate con l’espressione come “brain drain” (in italiano “fuga di cervelli”). Difatti, paesi come USA, il Canada, l’Australia e il Giappone, sono entrati in forte competizione nel cercare di attrarre migranti qualificati, favorendo in misura sempre maggiore le migrazioni di personale altamente qualificato. Allo stesso tempo, anche altre nazioni hanno preso misure a carattere legislativo per facilitare l’ingresso di professionisti, ricercatori e tecnici stranieri. Per esempio, nel Regno Unito, dalla fine degli anni ’90 il sistema di concessione dei permessi di soggiorno ha consentito l’ingresso di personale altamente qualificato, specialmente in ambito medico; la Germania, dal canto suo, ha prima introdotto le cosiddette “green card” ed ora sta adottando una serie di incentivi per attrarre un sempre più elevato numero di ingegneri e specialisti nel campo delle tecnologie dell’informazione. La competizione internazionale è dovuta, da un lato 1 Lezione 23 novembre 2010 al perdurare di una situazione di cronica carenza di risorse umane per la scienza e la tecnologia da parte delle nazioni maggiormente sviluppate (prima fra tutte, gli Stati Uniti), che si sta aggravando negli anni a causa del calo sia demografico sia di iscrizioni degli studenti di questi paesi alle facoltà scientifiche. Contemporaneamente, molti paesi emergenti hanno organizzato sistemi di formazione superiori di alto livello, in grado di produrre personale estremamente qualificato; ma eccezion fatta per India e Cina, le economie di questi paesi non sono ancora in grado di fornire a questo personale un mercato del lavoro adeguato e capace di assorbire l’offerta di lavoro prodotta. A questa situazione va ad aggiungersi l’effetto prodotto dal crollo economico dei paesi dell’Est Europa, da cui è generata una situazione simile a quella dei paesi in via di sviluppo appena descritta. Da questo quadro deriva uno squilibrio che tende a generare l’ingiusto trasferimento inverso di tecnologie, denunciato dalle Nazioni Unite già negli anni ’70, per il quale i paesi poveri formano a proprie spese i professionisti che poi devolvono le proprie menti più brillanti a favore dei paesi più ricchi. Definizione di Brain Drain L’espressione “brain drain”fu utilizzata per la prima volta dalla British Royal Society nei primi anni ’60 per descrivere l’esodo di un numero crescente di scienziati, ricercatori e tecnici inglesi verso gli USA e il Canada. A questo proposito, nonostante si conosca l’origine del termine brain drain non si può dire altrettanto della sua esatta definizione: infatti, non ne esiste una universalmente accettata, ma se ne possono ritrovare svariate. Ad esempio, nella definizione di brain drain offerta dall’Enciclopedia Britannica, si legge: “L’abbandono di un paese a favore di un altro da parte di professionisti o persone con un alto livello di istruzione, generalmente in seguito all’offerta di condizioni migliori di paga o di vita”. Altre definizioni sono: “International migration of highly qualified person, e.g. surgeons, physician, scientists and engineers, from low income countries to more prosperous economies, especially the USA. Differences in salaries and research facilities, together with the over-supply of specialized graduates in less developed countries, have occasioned this, resulting in an increase in the human capital stock of advanced countries.” “A pejorative description of the tendency for talent people from poor countries to seek employment in the richer ones. Sometimes this migration occurs because, while similar skills are needed in both poor and rich countries, the rich pay more for them. In other cases brain drain occurs because the technical and economic backwardness of poorer countries means that job opportunities there are 2 Lezione 23 novembre 2010 limited or non-existent. It is also possible that brain drain is encouraged because of tendencies in poorer countries to fill such as good jobs as there are on a basis of family connections, political influence, and corruption, while on average richer countries, though subject to some of the same problems, tend to fills posts on a slightly more meritocratic basis.” Da queste definizioni si deduce che il brain drain implica la partenza di persone qualificate che, una volta terminato il ciclo di studi e diventati altamente produttivi, decidono di lasciare il paese di origine per trasferirsi in paesi con migliori prospettive di inserimento occupazionale e/o salari più alti. Tale trasferimento rappresenta la perdita di una preziosa risorsa per il paese di origine, sia in termini di perdita per l’investimento nell’istruzione, sia per un mancato guadagno futuro, non potendo usufruire del capitale umano prodotto nel proprio sistema economico. Un ragionamento simile vale anche nel caso dell’emigrazione di studenti, i quali non ancora completamente formati migrano verso paesi con sistemi d’istruzione più competitivi e qualificanti, avendo spesso l’obiettivo di restare nel paese di accoglienza una volta terminati i propri studi. Generalmente, si fanno rientrare nella categoria di migrante altamente qualificato: • Scienziati, Ricercatori e Accademici: operanti in svariati settori, dai campi disciplinari puramente economici e umanistici a quelli più prettamente scientifici; • Funzionari internazionali: lavorano per organizzazioni internazionali, prima fra tutte le Nazioni Unite così come tutte le sue agenzie quali FAO, UNESCO, WHO, FMI ed altre; • Manager di multinazionali: rivestono il ruolo di direttori o manager di grandi corporazioni o gruppi industriali; • Esperti e Professionisti specializzati: fanno parte di questa categoria di tecnici altamente specializzati. Si occupano di progettare, ad esempio, importanti infrastrutture quali ponti, dighe, bacini idrici o opere di traforo; • Studenti: hanno terminato il corso di studi universitario o post-universitario e si recano all’estero per un ulteriore percorso formativo quale ad esempio un Master o PhD (Dottorato di Ricerca); Ovviamente, l’analisi cambia in base allo sviluppo economico, sociale e politico del paese preso in esame. Ad esempio, un paese sviluppato risentirà in maniera minore dell’emigrazione di personale altamente qualificato, essendo interessato da due flussi di migrazioni qualificate: in entrata e in 3 Lezione 23 novembre 2010 uscita. In altre parole, il personale qualificato emigrato è facilmente sostituibile con quello che vi immigra, dotato oltretutto di simili livelli di competenza e qualifica. Nel caso dei paesi in via di sviluppo, invece, le migrazioni qualificate rappresentano spesso un danno allo sviluppo del sistema economico e d’istruzione, poiché non si è in grado di sostituire il capitale umano emigrato, non avendo flussi qualificati in entrata. Tuttavia, esistono paesi come Taiwan, Corea, o Irlanda, in principio appartenenti a questa categoria, che hanno saputo sfruttare a proprio favore un fenomeno tanto rischioso come il brain drain, attraverso l’apertura economica e politica, l’incremento degli investimenti nel campo della ricerca e dello sviluppo e attivando politiche di incentivo tese da un lato a riattrarre i propri connazionali emigrati e dall’altro ad attirare migranti stranieri. Gli studi sugli effetti del Brain Drain Si possono individuare tre filoni di studi sul brain drain e i suoi effetti: il primo filone di studi inizia con gli studi pionieristici degli anni ’60, un secondo formatosi negli anni ’70 ed un terzo che considera la letteratura più recente. I primi studi sul brain drain degli anni ’60 forniscono una prospettiva restrittiva del fenomeno, poiché mettono in risalto soltanto gli effetti che esso produce sul mercato del lavoro e sulla determinazione del salario. Si affermava, infatti, che le migrazioni qualificate non avessero effetti negativi in quanto essi erano compensati dai benefici derivanti dal flusso di “rimesse” che gli emigrati facevano pervenire al loro paese d’origine. Inoltre, si evidenziava come la perdita di lavoratori (seppur qualificati) riducesse la disoccupazione, migliorando di conseguenza le condizioni del mercato del lavoro del paese di origine. I lavori degli anni ’60, dunque, non consideravano il brain drain come un fenomeno nel suo complesso “nocivo” per la popolazione che rimaneva nel paese d’origine: la migrazione di personale qualificato comportava perdite economiche soltanto nel breve periodo, fino a quando i lavoratori emigrati non fossero sostituiti da altri lavoratori qualificati; mentre, nel lungo periodo gli effetti negativi del brain drain, non potevano considerarsi tanto significativi da poter essere dannosi, considerato che si poteva beneficiare del flusso monetario delle rimesse e i livelli di disoccupazione erano più contenuti. La letteratura degli anni ’70, invece, prende in esame gli effetti negativi del brain drain, descrivendolo come un gioco “a somma zero” nel quale i paesi sviluppati si arricchiscono sempre più a discapito di quelli poveri. L’insieme di effetti negativi del fenomeno sono: in primo luogo la migrazione di capitale umano qualificato depaupera numericamente e qualitativamente la forza 4 Lezione 23 novembre 2010 lavoro; in secondo luogo, vi è un mancato ritorno dell’investimento fatto dal governo in termini di istruzione, dato che parte di popolazione istruita - su cui lo Stato aveva investito - si avvia a non lavorare nel proprio paese, ma, al contrario, è destinata a diventare produttiva (creando quindi ricchezza) all’estero. Infine, tali studi evidenziano anche gli effetti fiscali negativi del fenomeno, essendo i lavoratori che emigrano dei potenziali contribuenti, il cui reddito però non potrà essere tassato nel paese di origine, bensì in quello straniero in cui lavora. In questo periodo, inoltre, iniziano ad esser condotti anche studi sulle migrazioni temporanee e di ritorno, analizzando quindi i casi di soggetti che hanno studiato o lavorato per un determinato periodo di tempo in un paese economicamente avanzato. Anche in questo caso, se ne evidenzia l’impatto negativo che si determina. Infatti, alcuni agenti specializzati spesso decidono di emigrare all’estero per mettere in evidenza la loro più alta produttività e competenza e chiedere un salario più alto una volta tornati in patria. Benché sul lungo periodo le migrazioni temporanee comportino il beneficio di poter diffondere le conoscenze e competenze acquisite all’estero nel proprio paese di origine, nel breve periodo il problema del brain drain continua comunque ad essere presente, sia perché questi soggetti hanno dovuto inizialmente emigrare per acquisire “credibilità e competenza”, causando quindi una perdita di benessere per il paese di origine; sia perché una volta tornati in patria, tenderebbero comunque ad essere meno produttivi rispetto a quando vivevano all’estero, a causa dell’assenza di strutture economiche e sociali adeguate. Il terzo filone di studi si sviluppa a partire dalla seconda metà degli anni ’80. In questo periodo si affermano nuovi studi in cui si evidenzia l’importanza che l’istruzione - e di conseguenza la formazione di capitale umano qualificato - ha per lo sviluppo e la crescita di un paese. I primi lavori di questo filone prendono in esame ancora una volta gli effetti negativi che le migrazioni qualificate producono, in particolare, uno dei principali elementi critici del brain drain è dato dalla privazione dei paesi di partenza degli individui più qualificati che preferiscono emigrare verso paesi in grado di offrire loro migliori salari e redditi più elevati. La popolazione che rimane è formata da individui meno abili e, dunque, si riduce l’accumulazione di capitale umano nella società di emigrazione. Tuttavia, sempre partendo da tali assunzioni, altri studi, invece, dimostrano che le migrazioni qualificate possono incrementare la formazione di capitale umano qualificato anche nel paese di origine quale effetto di una maggiore propensione a portare a termine cicli avanzati di istruzione, il fenomeno in questione è denominato beneficial brain drain. Poiché l’emigrazione non è certa e solo i soggetti più preparati potranno emigrare, gli agenti preferiranno comunque istruirsi. In altre parole il paese di emigrazione beneficia degli effetti positivi del brain drain fino a quando ci sarà una parte 5 Lezione 23 novembre 2010 della popolazione intenzionata ad investire in istruzione (anche se mossa dalla prospettiva di emigrare). In questo modo, la produttività del paese è destinata ad aumentare, in quanto la popolazione rimasta è stimolata a perseguire un più alto livello di istruzione, determinando dunque un incremento del livello del capitale umano e, in ultima istanza, crescita economica. Bisogna sottolineare però che questo processo si verifica in un contesto di incertezza, ovvero in una situazione in cui gli agenti qualificati (o che si stanno qualificando) non hanno la certezza di poter emigrare o non poter emigrare. Ad ogni modo, la teoria in questione è stata dimostrata in uno studio da cui è emerso che la migrazione dei lavoratori qualificati comporta un aumento del 5% nella popolazione di individui altamente istruiti che rimane nel paese d’origine. La comprensione del fenomeno del brain drain e dei suoi effetti richiede molteplici prospettive di analisi. Infatti, se il fenomeno migratorio riguarda una persona che ha completato il proprio ciclo di istruzione e si appresta a svolgere un’attività professionale altamente qualificata in un paese diverso da quello in cui si è formato, si determina inevitabilmente un danno per il paese di provenienza che perde le risorse impiegate per la formazione del migrante; se a tale danno corrisponda poi un vantaggio per il migrante o per il paese di accoglienza o anche un ritorno per il paese di provenienza (ad esempio sotto forma di rimesse) ciò dipenderà dalle condizioni economiche e sociali che avranno determinato la migrazione sia nel paese di origine che in quello di arrivo. L’analisi e la comprensione del fenomeno del brain drain, inoltre, sono ancora più complesse quando il soggetto migrante è un ricercatore, che, per definizione, non smette mai di formarsi. In questo caso, molti studiosi, hanno peraltro sottolineato anche la circostanza per cui, a differenza di quanto può accadere in altre professioni, la permanenza all’estero possa essere l’occasione per incrementare il proprio livello di conoscenza ed al contempo metterle a disposizione della comunità scientifica del paese d’origine pur restando all’estero. Soprattutto in questo caso, non è quindi automatico che lo stock di personale scientifico del paese di origine sia compromesso dalla migrazione, soprattutto in vista della recente evoluzione che attualmente si sta registrando nelle migrazioni internazionali qualificate, fenomeno denominato brain circulation. Quest’ultimo sta ad indicare il movimento circolatorio e continuo dei professionisti altamente qualificati tra gli stati - tra cui il paese di origine - comportando una diffusione di cultura, conoscenza e know-how tra le comunità scientifiche interessate. In particolare, esistono diverse forme attraverso cui il brain circulation prende forma, prima fra tutti la costituzione di network scientifici e reti sociali che le comunità qualificate espatriate hanno creato all’estero. Queste reti hanno una diffusione a livello internazionale e permettono di mantenere forte e costante i contatti con la comunità scientifica del proprio paese di origine. Pertanto, la continua collaborazione tra queste reti permette lo scambio e la diffusione di 6 Lezione 23 novembre 2010 esperienze, codici sociali e nuovi metodi e scoperte scientifiche tra i suoi membri espatriati e non. Un secondo canale attraverso cui si manifesta il brain circulation sono le collaborazioni con progetti di ricerca e/o laboratori scientifici del paese di origine. Ultimamente è frequente la prassi che vede molti scienziati e professionisti qualificati tornare in patria in qualità di Visiting Professor per tenere lezioni e seminari agli studenti universitari e, contemporaneamente, partecipare direttamente a progetti di ricerca attivati in loco. Questo tipo di partecipazione permette di raggiungere un triplice obiettivo: velocizzare il trasferimento e l’acquisizione di nuove competenze; sostenere la ricerca pubblica; migliorare il processo di produzione e commercializzazione di nuove tecnologie da cui si generano guadagni, fondamentali per sostenere la ricerca pubblica e il sistema economico nazionale. In questo modo si viene a creare un ambiente sociale e scientifico in cui la diffusione di conoscenza è diretta e tacita, attraverso cui è possibile dar vita anche ad occasioni di lavoro non programmate, da cui possono scaturire scambi tra scienziati e ricercatori, anche di discipline diverse, accrescendo la produttività del loro lavoro attraverso l’arricchimento personale dei ricercatori. Esistono, in fine, le migrazioni di ritorno, che da temporanee si tramutano in permanenti. In questo caso, il professionista altamente qualificato partecipa attivamente e continuativamente allo sviluppo del proprio paese attingendo e diffondendo le competenze e il know-how acquisite in precedenza all’estero. Alla luce di quanto esposto, risulta quindi necessario distinguere il brain drain dalla mobilità internazionale del capitale umano qualificato in base alle caratteristiche del fenomeno migratorio preso in esame. Molti studiosi, infatti, propongono di usare la locuzione brain drain quando la perdita subita dal sistema di ricerca del paese per l’assenza del professionista o ricercatore è superiore al vantaggio riconducibile alla sua permanenza all’estero; altrimenti essi preferiscono ricondurre il fenomeno migratorio ad una diffusa mobilità internazionale. Le dimensioni e diffusione spaziale del fenomeno delle migrazioni internazionali qualificate Nonostante l’importanza del fenomeno, le statistiche sulle migrazioni altamente qualificate sono molto carenti, sia nei paesi di partenza che in quelli di arrivo e, quando esistono esse sono disomogenee e difficilmente confrontabili. Al fine di armonizzare i dati e le informazioni al riguardo, l’Unione Europea ha concluso nel 2004 uno studio inteso a misurare il flusso di ricercatori e personale ad alta qualificazione operante nei settori del secondario e terziario. Da questo studio è emerso che a lasciare il proprio Paese non sono 7 Lezione 23 novembre 2010 soltanto quei ricercatori europei che hanno già una vasta esperienza, ma si registra un elevato numero di giovani ricercatori che decidono di restare nel Paese di destinazione. Tra i 15.000 PhD di nazionalità europea che hanno acquisito un titolo negli USA tra il 1999 e il 2001, circa 11.000 avevano dichiarato di non aver intenzione di far ritorno in Europa. Per quanto concerne i lavoratori ad altissima qualificazione immigrati negli USA nel 2003 se ne registravano oltre 100.000 e nella classifica delle nazionalità l’Italia occupava il quarto posto con 5.900 persone altamente qualificate emigrate, dopo il Regno Unito (31.000), Francia (15.000), Germania (13.000) e prima della Spagna (5.800). Nel solo 2003 il 17% degli italiani che si sono stabiliti in maniera permanente in USA erano manager, dirigenti e professionisti. Graf. 1: Migranti altamente qualificati in USA nel 2003 Per quel che concerne le migrazioni verso i paesi appartenenti all’OECD, i flussi di partenza sono relativi a paesi terzi rispetto all’organizzazione stessa, anche se è presente un considerevole flusso tra i paesi membri di quest’organizzazione. Si tratta però di una migrazione fortemente selettiva a conferma della tendenza di molti paesi OECD ad attrarre i migliori professionisti, scienziati e tecnici sia all’interno che all’esterno dell’area di quest’organizzazione. Nel 2000 ad esempio, per i paesi OECD, gli emigrati sono stati 58.2 milioni di cui 20.4 milioni altamente qualificati, 8 Lezione 23 novembre 2010 aggiungendo a tali flussi anche quelli relativi ai 29 Paesi non OCSE, lo stock di emigrati cresce a 75.6 milioni, di cui 23.2 con qualifica elevata. In molti paesi – principalmente Usa, Canada, Giappone, Australia, ma anche Germania, Francia, Danimarca, Olanda e Corea – infatti, il numero di immigrati con un’educazione a livello universitario supera quello degli espatriati ad alta qualificazione. In altri Paesi, come nel caso dell’Inghilterra, il numero di personale qualificato espatriato è sostanzialmente uguale a quello immigrato e solo in pochi paesi– come l’Italia e la Spagna – prevale l’emigrazione. Tab. 1: Studenti stranieri emigranti nei Paesi OECD (1998-2008) 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Australia 109.437 117.485 105.764 120.987 179.619 188.160 199.284 211.255 217.055 244.309 264.205 Austria 28.447 29.819 30.382 31.682 28.452 31.101 33.707 34.484 39.329 43.572 53.396 Belgio .. 36.137 38.799 38.150 40.354 41.856 37.091 38.242 40.607 41.351 42.490 Canada 32.890 35.543 40.033 .. 0 0 112.816 0 148.164 132.246 185.781 Corea 2.538 2.869 3.373 3.850 4.956 7.843 10.778 15.497 22.260 31.943 40.322 Danimarca 11.022 12.321 12.871 12.547 14.480 18.120 17.160 17.430 19.123 20.851 19.121 Finlandia 4.331 4.847 5.570 6.288 6.760 7.361 7.915 8.442 8.955 10.066 11.303 Francia 148.000 130.952 137.085 147.402 165.437 221.567 .. 0 247.510 246.612 243.436 Germania 171.151 178.195 187.033 199.132 219.039 240.619 260.314 259.797 261.363 258.513 245.522 Giappone 35.700 56.552 59.691 63.637 74.892 86.505 117.903 125.917 130.124 125.877 126.568 Grecia .. .. .. 0 0 12.456 0 15.690 16.558 21.160 26.158 Irlanda 6.904 7.183 7.413 8.207 9.206 10.201 0 0 0 0 12.794 Islanda 194 207 403 421 472 580 489 484 715 783 815 Italia 23.206 23.496 24.929 29.228 28.447 36.137 40.641 44.921 48.766 57.271 60.448 Lussemburgo 559 652 0 0 0 0 0 0 1.137 0 0 Messico 2.293 2.430 1.943 1.892 0 0 0 0 0 0 Norvegia 5.790 9.004 6.990 8.834 7.679 8.247 9.683 10.245 14.297 15.618 16.104 Nuova Zelanda 5.912 6.900 8.210 11.069 17.709 26.359 68.904 69.390 67.699 64.950 59.638 Olanda .. 13.619 14.012 16.589 18.888 20.531 21.259 31.584 35.374 37.607 40.795 Polonia 5.443 5.693 6.126 6.659 7.401 7.617 8.118 10.185 11.365 13.021 14.965 Portogallo .. .. 11.177 0 0 15.483 16.155 17.010 17.077 17.950 18.584 Regno Unito 209.550 209.513 222.936 225.722 227.273 255.233 364.271 394.624 418.353 459.987 462.609 Repubblica Ceca 4.074 4.583 5.698 7.750 9.753 12.474 14.923 18.522 21.395 24.483 27.907 Slovacchia .. 1.599 1.570 1.690 1.643 1.651 1.640 1.678 1.733 2.010 5.395 Spagna 29.000 32.954 40.689 39.944 44.860 53.639 41.734 45.603 51.013 59.814 64.906 Stati Uniti 430.786 451.934 475.169 475.169 582.992 586.316 572.509 0 0 0 0 Svezia 12.579 19.567 20.805 26.304 22.859 25.523 36.458 39.298 41.410 42.769 34.556 Svizzera 24.344 25.258 26.003 27.765 29.301 32.847 35.705 36.827 39.415 41.058 45.583 Turchia 18.662 19.816 17.654 16.656 16.328 15.719 15.298 18.166 19.079 19.257 20.219 Ungheria 6.636 8.869 9.904 11.242 11.783 12.226 12.913 13.601 14.491 15.110 15.459 9 Lezione 23 novembre 2010 Graf. 2: Migrazione studenti in principali Paesi di destinazione Oecd (1998-2008) Tuttavia nel caso di Paesi terzi la situazione è più frammentata: ad esempio, India e Cina, sembrano essere meno soggetti al fenomeno del brain drain, anzi stanno traendo positive conseguenze dalle migrazioni qualificate dei decenni passati, sotto forma di migrazioni di ritorno, rimesse, investimenti in patria e brain circulation. Al contrario, paesi più piccoli o economicamente meno sviluppati, specialmente in Africa ed in alcune aree dell’America Latina, stanno ancora soffrendo di un sostanziale depauperamento delle proprie élite intellettuali. Un dato ancora più interessante riguardo l’emigrazione qualificata italiana afferisce al flusso in uscita di laureati nel periodo che va dal 1990 al 1998: periodo in cui circa il 5% dei neo-laureati si trasferiva dall’Italia verso l’estero ogni anno. Un fatto di particolare interesse perché molti lavoratori qualificati e studenti lasciano l’Italia, ma pochissimi qualificati provenienti da altri paesi scelgono l’Italia come Paese di destinazione. Molti giovani laureati lasciano l’Italia per cercare lavoro all’estero, questo perché il nostro Paese mette a disposizione pochissime risorse per la ricerca e lo sviluppo rispetto ad altri Paesi sviluppati e perché il mercato italiano si presenta ancora molto “rigido”, ciò significa che i lavoratori italiani che hanno già un lavoro sono protetti, mentre 10

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essere meno soggetti al fenomeno del brain drain, anzi stanno traendo positive conseguenze dalle migrazioni qualificate dei decenni .. 2000)”, in OZDEN, C. e SCHIFF (eds), International migration, remittances and the brain drain,.
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