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Crisi e rinnovamento tra mondo classico e cristianesimo antico PDF

116 Pages·2016·1.013 MB·Italian
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DISCI DIPARTIMENTO storia culture civiltà Studi antropologici, orientali, storico-religiosi Collana DiSCi Il Dipartimento di Storia Culture Civiltà, attivo dal mese di ottobre 2012, si è costi- tuito con l’aggregazione dei Dipartimenti di Archeologia, Storia Antica, Paleogra- fia e Medievistica, Discipline Storiche Antropologiche e Geografiche e di parte del Dipartimento di Studi Linguistici e Orientali. In considerazione delle sue dimensioni e della sua complessità culturale il Di- partimento si è articolato in Sezioni allo scopo di comunicare con maggiore com- pletezza ed efficacia le molte attività di ricerca e di didattica che si svolgono al suo interno. Le Sezioni sono: 1) Archeologia; 2) Geografia; 3) Medievistica; 4) Scienze del Moderno. Storia, Istituzioni, Pensiero politico; 5) Storia antica; 6) Studi antro- pologici, orientali, storico-religiosi. Il Dipartimento ha inoltre deciso di procedere ad una riorganizzazione unitaria di tutta la sua editoria scientifica attraverso l’istituzione, oltre che di una Rivista di Dipartimento, anche di una Collana di Dipartimento per opere monografiche e volumi miscellanei, intesa come Collana unitaria nella numerazione e nella linea grafica, ma con la possibilità di una distinzione interna che attraverso il colore con- senta di identificare con immediatezza le Sezioni. Nella nuova Collana del Dipartimento troveranno posto i lavori dei colleghi, ma anche e soprattutto i lavori dei più giovani che si spera possano vedere in questo strumento una concreta occasione di crescita e di maturazione scientifica. Crisi e rinnovamento tra mondo classico e cristianesimo antico a cura di Angela Maria Mazzanti Bononia University Press Bononia University Press Via Ugo Foscolo 7 40123 Bologna tel. (+39) 051 232882 fax (+39) 051 221019 © 2015 Bononia University Press ISSN 2421-0099 ISBN 978-88-6923-011-0 ISBN online 978-88-6923-511-5 www.buponline.com [email protected] I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. In copertina:William Congdon, Venice, 14 Lagoon, part., 1957 © The William G. Congdon Foundation, Milano www.congdonfoundation.com Progetto grafico: Irene Sartini Impaginazione: DoppioClickArt – San Lazzaro (BO) Stampa: Global Print – Gorgonzola (MI) Prima edizione: marzo 2015 Sommario Introduzione 7 Angela Maria Mazzanti Il linguaggio della crisi fra mondo classico e cristianità dei primi secoli 13 Moreno Morani Crisi e profezia nella concezione etrusca della storia 23 Alfredo Valvo An deus de sola bonitate censendus sit. Qualche riflessione su ira divina e crisi dell’uomo in ambito patristico 33 Leonardo Lugaresi Eresia e dogma: la crisi del pensiero di fronte all’Evento 71 Giulio Maspero Caelum omnibus unum, unus et oceanus. I beni comuni e la differenza degli spiriti 87 Christian Gnilka Il concetto di crisi nella cultura antica e in quella moderna e contemporanea: elementi di continuità e discontinuità 105 Ivo Colozzi Autori 113 INTRODUZIONE Angela Maria Mazzanti L’indagine affrontata nel Seminario Internazionale di Studi “Crisi e rinnovamento tra mondo classico e cristianesimo antico”1 ha avuto origine dall’esigenza di indivi- duazione lessicale e concettuale del termine “crisi” tramite sia ricerche relative alla radice del lemma, sia taluni sondaggi in ambiti differenziati nei primi secoli della nostra era. La rilevante importanza assunta dal vocabolo nel contesto contempo- raneo sollecita infatti una verifica. Attualmente la nozione non ha corrispondenze con un singolo fenomeno, ma è applicata a più fenomeni in contesti diversificati. R. Koselleck analizza in modo approfondito l’argomento2. Lo studioso definisce come epocali3 le variazioni di caratterizzazioni attribuite al termine e, descrivendone il processo in epoca moderna, scrive: «È stato in questo periodo [la fine del XVIII secolo] che, sulla base della sua polivocità metaforica e della sua duttilità, “crisi” 1 Il Seminario si è svolto il 3 dicembre 2013 presso il Dipartimento Storia Culture Civiltà – Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. 2 Il rimando più immediato è a Koselleck, 1972-1997, vol. 3 (tr. it., 2012). In relazione a Carl Schmitt, di cui subisce l’influenza, R. Koselleck considera la “concretezza” dei concetti espressi in atto linguistico, e ritiene che un concetto non sia legato solo ad un ambito particolare ma sia connesso a vari elementi fra cui il versante delle circostanze, delle esperienze e dell’orizzonte delle aspettative presenti nel contesto. Di qui si esplicitano le nozioni inerenti alla ricerca storica che si basa sul linguaggio per com- prendere gli elementi esperienziali soggiacenti: lo studio del lessico e delle fonti è volto alla cognizione del senso insito, dei dati esperienziali e del successivo svolgimento, procedendo oltre ciò che viene enun- ciato verbalmente. La relazione fra semantica e investigazione storica comporta quella connessione fra la “semasiologia” che, secondo R. Koselleck, tende a individuare i significati assunti da un certo lemma nella storia e l’“onomasiologia” che cerca i vari vocaboli inerenti a qualche fatto storico, producendone un certo esito nei confronti del fatto storico stesso. Il termine “crisi” è studiato secondo questo orizzonte interpretativo (G. Imbriano, S. Rodeschini nell’“Introduzione” alla traduzione italiana, p. 14). 3 Ivi, p. 51. 8 Angela Maria Mazzanti ha cominciato ad assumere sfumature di significato differenti. Essa è penetrata nel linguaggio ordinario e si è trasformata in una parola d’ordine. Nel nostro secolo non c’è ambito della vita che si sottragga agli accenti gravidi di decisione impres- si da questa espressione»4. L’analisi semantica prende necessariamente l’avvio dal mondo greco e, in particolare, dall’ambito giuridico legato alla creazione del dirit- to, quindi, di conseguenza, dalle valenze politiche, e si estende all’uso del vocabolo nei testi biblici in cui l’individuazione della peculiarità del giudizio si coniuga con la prospettiva salvifica connessa alle attese apocalittiche. L’importanza assunta, in concomitanza, nel corpus ippocratico, comporta il senso di diagnosi radicale, che permane a lungo in ambito medico, influenzando anche altri contesti. Nella forma latinizzata crisis e iudicium R. Koselleck, coglie, in particolare, l’estensione meta- forica dell’ampliamento semantico in ottiche politico-sociali. Recente è l’ulteriore passaggio alla dimensione della filosofia della storia che emerge dopo l’ingresso del concetto nelle lingue nazionali, nel XVIII secolo. La crisi assume vari contenuti: è considerata la «determinazione processuale fondamentale del tempo storico» o corrisponde a reiterati eventi in cui comunque è presente «una fase di passaggio storicamente unica»5 o coincide con la prospettiva escatologica. L’identificazione di crisi con la concezione inerente all’accelerazione del tempo, peculiare dell’epoca moderna, secondo lo studioso, si connette con l’idea concernente l’abbreviazione apocalittica in vista del giudizio finale6 e comporta l’esigenza imprescindibile di tro- vare una risposta nel tentativo di impedire tale esito. È opportuno aggiungere, e L. Lugaresi ne fa cenno in apertura del suo intervento, che la semantica del termine si è sempre più di frequente attestata, nelle formulazioni più ravvicinate nel tempo, sulla concezione inerente tout court alla destabilizzazione rispetto ad una realtà an- tecedente, la cui compaginazione consolidata è stata turbata, sconvolta. Da questa anteriorità, che permane come realtà di riferimento rispetto al fenomeno “crisi”, si origina l’emergenza di un decadimento travolgente a catena e senza possibile sche- matizzazione o configurazione legata ad un processo. Ignorando la dimensione del criterio, della valutazione, del discrimine, della “crisi”, la ricerca di una prospettiva è più facilmente proiettata verso tentativi di soluzioni problematiche e incerte, talora inquietanti, perché immancabilmente non contemplano, nell’attuale orizzonte ide- ologico, né esiti in qualche modo individuabili di uno sviluppo rispetto al passato, né modalità di un ritorno ad una qualche stabilità sperimentata7. Il contributo di Ivo Colozzi considera il tema “crisi” nell’ottica delle scienza so- ciali. Lo studioso rileva che, ad un’ipotesi positivista, implicante la formulazione di un’analisi diagnostica e il conseguente rinvenimento di soluzioni tramite l’affina- mento di metodologie di ricerca intorno a fenomeni ricorrenti, in funzione della 4 Ivi, p 31. 5 Ivi, p. 51. 6 Ivi, p. 29. 7 Vittadini 2013, pp. 20-21. Introduzione 9 ricostruzione della coesione e dello sviluppo, è subentrata l’affermazione dell’as- senza di modelli di riferimento e la constatazione dell’inesistenza di orizzonti uni- versalistici. La teoria luhmanniana su cui il sociologo si sofferma, reputa la crisi un fenomeno costante in rapporto a sotto-sistemi funzionali volti a garantire se stessi, privo di prospettive di riformulazione organica. L’orizzonte antropologico ne risul- ta totalmente disatteso. La questione, lungi dal determinare la prevaricazione della dimensione dell’espe- rienza odierna sul passato, interroga non solo lo storico moderno e contemporaneo, ma, altresì, lo storico del mondo antico. La consapevolezza dei mutamenti o delle eventuali persistenze di una tradizione culturale analizzata in alcune fasi cruciali, in cui concetti ed eventi siano posti in un’interrelazione reciproca, permette, in rapporto ad analogie, al di là di ogni generalizzazione, l’approfondimento del dato singolo e della peculiarità di un certo contesto in tutti i suoi aspetti. Per quanto riguarda il cristianesimo delle origini è opportuno inoltre considerare, come scrive C. Gnilka, esaminando un caso specifico, la valenza non solo contestuale, ma para- digmatica di taluni elementi e, in particolare, il significato archetipico di conflitti emersi fra orizzonti culturali diversi. Il saggio di Moreno Morani analizza il termine crisi a partire dall’uso greco, bi- blico e, in seguito, nella letteratura latina, per poi coglierne il riapparire nel XIV secolo, prima sempre in latino, successivamente nelle lingue dell’Europa occiden- tale. Dall’ambito medico prevalente si sviluppano le concezioni metaforiche che assumono un rilievo sempre più ampio. Interessante è quella ricerca onomasiologica tramite la quale Morani rintraccia nel lessico latino una pluralità di espressioni, in qualche modo assimilabili alla concezione attuale di crisi, ma non identificabili. A fronte di determinazioni inerenti alla persona, si segnala la presenza di individuazio- ni pertinenti al tempo storico con relative valutazioni specifiche di perturbamento, negatività, presagio estremo. Addentrandosi in ricerche storiche che attestino circostanze di crisi, lo studio di Alfredo Valvo esamina la “Profezia di Vegoia”, un documento di origine etrusca, con- servato fra i testi degli antichi gromatici la cui datazione risale agli anni della guerra sociale. È affermata la drammatica situazione determinata dal mutamento dei confini territoriali che erano stati posti originariamente da Iuppiter, secondo la ricostruzio- ne mitica della cosmogonia etrusca. Il rischio dello sconvolgimento della terminatio, istituita perché non predominassero l’avarizia e la cupidigia terrena e collegata con il tempo lineare attribuito al nomen Etruscum, segna successivamente l’avvento del novissimum saeculum, cioè dell’ottavo e ultimo secolo. Si prospetta la fine della storia di un popolo che non intravede possibilità di futuro. La crisi profetizzata comporta la connessione fra il sovvertimento della tradizione religiosa e la rovina di una civiltà. Le connotazioni dell’idea di crisi come giudizio in ambito cristiano, secondo l’analisi di L. Lugaresi, ha fondamenti teologici. Il giudizio, pronunciato da Dio, è già stato espresso in modo esaustivo nella venuta del Figlio che costituisce la salvezza discriminante ed esprime una certezza evidente per l’uomo. La valutazione caratte- 10 Angela Maria Mazzanti rizza l’opera di Dio in ogni manifestazione: ne è paradigma la creazione connessa, scrive Tertulliano, ad una considerazione che ne riconosce la bellezza e la bontà e, secondo Basilio, la conformità alla progettualità, alla razionalità (logos) dell’azione stessa. L’essenzialità del nesso bontà e giustizia divina è significativa. Di qui anche il rilievo del tema dell’“ira di Dio”, su cui si soffermano alcuni testi patristici, talora in polemica con gli gnostici. Tale concezione, problematica in relazione alle nozioni teologiche sull’immutabilità e quindi soggetta a tentativi di “interpretazione”, in altri scritti (l’Autore analizza passi di Tertulliano, di Clemente Alessandrino e di Origene) individua, senza necessariamente determinare una variazione ontologica, l’affezione singolare di Dio nei confronti dell’uomo, quel rapporto di amore riversa- to da Dio sulla persona cui corrisponde comunque a parte hominis un timore signifi- cativo perché attestante l’inadeguatezza della propria risposta. Si svela così, secondo J. Daniélou, citato da L. Lugaresi, l’intensità dell’esistenza di Dio non confrontabile con la natura umana. Ne emerge quindi l’esistenza di un piano provvidenziale. Il giudizio di Dio che coincide con la fine e, nel contempo, il fine della storia, per cita- re termini formulati da K. Barth, è coessenziale alla fede e inerisce a quella identità dell’uomo e della cultura occidentale che ha assunto significato specifico nel rappor- to con il cristianesimo. La necessità della “crisi” è chiaramente documentata negli scritti cristiani anche da Christian Gnilka: si tratta di crisi come discrimine, come differenziazione al- ternativa implicante scelte consequenziali. Lo studioso si sofferma a considerare il principio dei communia: affermato nel diritto e più volte espresso nella letteratura latina come dato esperienziale, assume nella filosofa stoica la giustificazione teori- ca. La presenza del logos che permea il tutto costituisce la natura razionale di ogni uomo, da cui si origina il diritto oggettivo di fruizione dei beni inerenti alla vita. La parola di Gesù Cristo, esprimendo motivazioni peculiari, ribadisce la possibilità di partecipazione condivisa delle ricchezze del creato, opera del Dio unico, personale: la natura, rimandando alla presenza e all’essenza di Dio, offre utilità senza porre distinzioni. Ne deriva un insegnamento per gli uomini. Ma la aequitas (e partico- larmente significativi sono le analisi concernenti i passaggi semantici della lingua latina nell’uso dei primi cristiani su cui C. Gnilka si sofferma) divina e umana non è concepibile come mancanza di distinzione e quindi come annullamento del giudi- zio. A fronte dell’uguaglianza antropologica, dell’utilizzazione di ciò che la natura elargisce è chiaramente constatabile quella inequalitas umana che richiede la patien- tia di Dio e il manifestarsi di una definitiva sentenza. La deduzione, tratta dalla con- statazione del possesso dei communia e concernente l’indifferenziazione sulle con- cezioni della verità attestate dagli uomini che Q. Aurelio Simmaco proclama in una famosa orazione tenuta nel 384, è profondamente arbitraria. E C. Gnilka considera la contestazione espressa nel secondo libro del Contra Symmachum dal poeta Pru- denzio. La possibilità dell’uso dell’acqua, dell’aria da parte di tutti non conforma gli uomini che non solo si differenziano nella morale, a partire dal riconoscimento del vero Dio, ma sono diversi sia sul piano giuridico, etnico e culturale. La luce di

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