Corso di Laurea magistrale Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici Tesi di Laurea Ugo Ojetti: Sottotenente “Soprintendente” ai monumenti nelle Terre Redente (1915-1919) Relatore Ch. Prof. Alberto Prandi Laureando Monica Bassanello Matricola 817105 Anno Accademico 2011 / 2012 157 Indice Introduzione … p. 1 1.1. Ugo Ojetti… p. 2 1.2. La costituzione del fondo fotografico Ojetti conservato presso l’archivio dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini… p.6 1.3. Fotografia e propaganda nella Prima Guerra Mondiale 1.3.1. 1I servizi fotografici del Regio Esercito… p. 10 1.3.2. Fotografia e propaganda… p. 15 1.3.4. Il “Gabinetto fotografico artistico” presso il Comando Supremo… p. 20 2. Il fondo fotografico Ugo Ojetti: i nuclei… p. 25 2.2.1. Nucleo 1: Reparto fotografico del Regio Esercito… p. 30 2.2.2. Nucleo 2: Gabinetto Fotografico Venezia – Le Soprintendenze… p.35 2.2.3. Nucleo 3: “Aquileja”… p. 38 2.2.4. Nucleo 4: Fotografi professionisti… p. 41 3. Il fondo fotografico Ugo Ojetti: gestione odierna… p. 46 3.1. Riordino e condizionamento… p. 48 3.2. Ipotesi di catalogazione… p. 50 Esempi di schede F… p. 51 Repertorio del fondo Ojetti dell’archivio fotografico dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini… p. 81 Note biografiche: i fotografi professionisti del fondo Ojetti… p. 152 Cronologia… p. 156 Bibliografia… p. 159 157 Introduzione Il 18 novembre 1957 Fernanda Ojetti, moglie di Ugo Ojetti, dona all’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, una selezione dell’archivio fotografico organizzato dal marito durante il servizio presso il Regio Esercito Italiano nella Grande Guerra. Ugo Ojetti nasce a Roma nel 1871. Esordisce come poeta e narratore, ma ottiene il successo come giornalista e critico d’arte. Partecipa volontariamente alla Prima Guerra Mondiale (1915- 1918) e diventa presidente della Commissione istituita presso il Comando Supremo per la protezione dei monumenti e delle opere d’arte con il grado di sottotenente. Durante questo suo incarico, Ojetti raccoglie numerose riproduzioni fotografiche che documentano lo stato dei monumenti e degli oggetti d’arte, le opere di salvaguardia dei medesimi e i danni dovuti agli attacchi nemici nelle zone interessate dalle operazioni belliche. Della raccolta, inizialmente composta da 1475 fotografie, sono oggi consultabili 541 immagini, una porzione dell’intero corpus, che in gran parte viene irrimediabilmente compromesso dall’alluvione che colpisce Venezia nel 1966. Si tratta di un fondo circoscritto, focalizzato su fotografie militari e non, che permette l’analisi delle opere d’arte e dei danni subiti da queste durante la Prima Guerra Mondiale nella zona nord-orientale della nostra penisola, nelle regioni del Friuli Venezia Giulia, del Trentino e del Veneto. L’analisi si focalizza inizialmente sulla figura di Ugo Ojetti e sulla sua attività presso il Comando Supremo. Si è cercato di comprendere il ruolo che egli ricopre all’interno dell’azione di propaganda promossa dall’Esercito Regio e come i suoi scritti influenzino l’opinione pubblica durante la Prima Guerra Mondiale. La ricostruzione dell’attività dello storico dell’arte durante il periodo analizzato e l’esame delle fotografie militari permettono di comprendere le motivazioni che sottendono la costituzione della raccolta; da un lato la passione per l’opera d’arte che permea tutta la carriera di Ojetti, dall’altro l’amor patrio che caratterizza l’attività e gli scritti del giornalista-critico d’arte, uomo del suo tempo nei primi decenni del secolo scorso. L’indagine si avvale dell’analisi delle fonti d’archivio e della bibliografia specifica dell’autore; i materiali fotografici, i timbri e le annotazioni che li accompagnano, oltre alla verifica delle tecniche fotografiche guidano la redazione del regesto dell’intero fondo L’analisi si conclude con la proposta di valorizzazione del fondo fotografico attraverso la catalogazione delle immagini per mezzo della scheda F così come definita dai parametri dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD). 1 1.1 Ugo Ojetti “Credi nella bellezza e nel suo fascino eterno, in questa vita e forse nell'altra.”1 Protagonista del panorama culturale italiano del novecento, giornalista eclettico, critico d’arte e scrittore, Ugo Ojetti è certamente una figura complessa e difficile da delineare. Eterno amante del bello con la sua penna e il suo forte carattere è stato in grado di descrivere la complessità dei cambiamenti culturali e politici che si sono susseguiti nell’intricato periodo storico racchiuso tra la fine dell’Ottocento e la Seconda Guerra Mondiale. La sua natura eclettica lo rende difficile da inquadrare. L’attività di Ojetti è molto articolata, egli s’interessa di politica, arte, economia, stringe amicizie influenti che gli permettono di accedere ai salotti buoni dell’Europa, entrando prepotentemente a far parte del panorama culturale italiano per poi uscirne dimenticato alla fine della Seconda Guerra Mondiale, travolto dall’epilogo di quelle ideologie che hanno segnato in modo indelebile la storia del nostro paese e dell’intero continente europeo. La sua vicinanza al regime fascista, che non si trasforma mai in militanza, porta all’oblio il ruolo di primo piano che per cinquant’anni lo ha reso il principe della belle époque, protagonista della letteratura, delle mode culturali e dell’arte italiana. Quando il primo gennaio 1946 si apprende della sua morte, il Corriere gli dedica una notizia a una colonna: inconcepibile, per un uomo che ha dedicato la sua vita al giornalismo, in particolare al Corriere di cui è stato anche direttore tra il 1925 e il 1926. Di particolare interesse, ai fini della nostra ricerca, risulta il periodo intercorso tra il 1915 e il 1919 quando Ojetti partecipa volontariamente alla Grande Guerra in qualità di sottotenente presso l’Esercito Regio con l’incarico di tutelare i monumenti delle Terre Redente. Si tratta di una fase circoscritta all’interno della sua carriera, nella quale si scontra con le necessità delle Soprintendenze, gli ordini dati dal Comando Supremo e la fragilità della materia minacciata dall’evento bellico. Risale proprio a questo periodo di attività il fondo fotografico oggetto della nostra analisi, costituito dallo stesso Ugo Ojetti durante l’esperienza militare2. Ugo Ojetti nasce a Roma nel 1871, figlio dell'architetto Raffaele Ojetti3. Le prime simpatie politiche di Ojetti sono per il Partito Socialista. A Spoleto, la città della madre, fonda con alcuni amici un gruppo autonomo socialista e dà vita al primo periodico socialista della regione La Giovane Umbria. Nel 1892 si laurea in legge a Roma con una tesi sulla Confederazione Balcanica, ma fin dall’inizio è chiara la volontà di dedicarsi ad altri campi, come la letteratura. Nel 1893 scrive la sua prima opera narrativa Senza Dio, seguita dalla pubblicazione dell’unica raccolta di poesie da lui composte, Paesaggi (1895). Il campo che suscita in Ojetti il maggior interesse è però il giornalismo. Sono numerose le sue collaborazioni. Tra 1893 e il 1894 compaiono i primi articoli sulla Nuova Rassegna di Luigi Lodi (1856/1933). Dal 1894 inizia la sua collaborazione con la Tribuna, mentre nel 1895 scrive con Vincenzo Morello (1860/1933) sul Giornale. Nel 1897 inizia la collaborazione con Il Resto 1 Ugo Ojetti, Sessanta, Milano: A. Mondadori, 1937 2 Per un maggiore approfondimento, in modo particolare sull’attività critica di Ugo Ojetti in questo periodo, si rimanda al volume: M. Nezzo, Critica d'arte in guerra: Ojetti 1914-1920, Vicenza: Terra ferma, 2003 3 Raffaele Ojetti. Esponente dell'eclettismo d'ispirazione rinascimentale, realizzò a Roma, tra l'altro, le facciate dei palazzi Odescalchi al Corso (1889) e Primoli (1909). Diresse il Museo artistico industriale di Roma. Scrisse d'architettura medievale e barocca, di pittura dell'Ottocento e di didattica artistica, e fondò alcune riviste d'arte. Cfr. M. Nezzo (a cura di), Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni. Centro di ricerche informatiche per i beni culturali XI”, n. 1, Pisa: Scuola Normale Superiore, 2001, p. 11 2 del Carlino di Amilcare Zamorani, mentre l’anno successivo collabora con Avanti!, organo ufficiale del Partito Socialista, firmando gli articoli con lo pseudonimo di “Florindo”. La sua carriera politica, iniziata molto presto, incassa una decisiva battuta d’arresto nel 1896 quando si candida alle elezioni amministrative di Spoleto nelle file del Partito Socialista. Purtroppo non viene eletto e non ripeterà più questa esperienza di politica attiva, riconfermando poi questa volontà alla vigilia delle nozze con Fernanda Gobba alla quale giurerà che non farà mai politica attiva o di partito4. Il 1898 per Ojetti è un anno cruciale. Inviato speciale per la Tribuna in Egitto per descrivere gli scavi di Luxor, tra giugno e settembre viene inviato da Il Resto del Carlino in America a seguire la guerra ispano-americana successiva alla rivolta di Cuba. Da quest’ultima esperienza nel 1899 viene pubblicata dall’editore Treves L’America vittoriosa opera che raccoglie le corrispondenze di Ojetti diffuse dal giornale. Rientrato in Italia, Ojetti inizia una regolare collaborazione con Il Corriere scrivendo articoli d’arte, di letteratura e di varietà. Nel 1899 inizia a gestire la rubrica Cose Viste per il periodico di cultura Il Giorno diretto sempre da Luigi Lodi e inizia la collaborazione con la Domenica del Corriere con la rubrica La Settimana del Vagabondo. Tra il 1901 e il 1902 divide il tempo tra Roma e Parigi, dove frequenta gli ambienti culturali, politici ed artistici della capitale, diventa corrispondente del Giornale d’Italia e comincia a scrivere per l’ Illustrazione Italiana dei fratelli Treves. Nel 1905 prende parte alla nascita de La Vita, un quotidiano radicale. E’ l’anno del suo matrimonio con Fernanda Gobba, di quindici anni più giovane di lui, figlia di un facoltoso ingegnere ferroviario piemontese, legame al seguito del quale Ojetti diventa presidente dell’Alfa Romeo. Dopo il matrimonio si trasferisce con la moglie nella villa del Salviatino, ai piedi di Fiesole, acquistata due anni prima alla morte del padre di Fernanda. Dal 1906 la sua attività di giornalista riceve una battuta d’arresto. L’allora direttore del Corriere, Albertini, pretende da Ojetti l’esclusività della sua firma e lo obbliga a scrivere solo per la sua testata giornalistica5. Per ovviare a questo obbligo e soprattutto per poter continuare la sua attività, Ojetti tra il 1904 e il 1908 scrive ancora per l'Illustrazione italiana sotto lo pseudonimo di "Conte Ottavio". Il periodo che precede la prima guerra mondiale è molto produttivo e vitale. Membro di numerose e importanti commissioni governative, si occupa dell'organizzazione di esposizioni e mostre, come la Mostra del ritratto italiano dalla fine del XVI secolo al 18616, organizzata nel 1911 a Palazzo Vecchio in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario dell’Unità d’Italia allo scopo di comunicare la grandezza dell’arte italiana aldilà delle divisioni secolari che avevano caratterizzato la penisola7. Ojetti sostiene l’entrata in guerra dell’Italia attraverso l’attività giornalistica, ma il suo obiettivo è anche di prendere parte attivamente al conflitto, di vedere con i propri occhi la barbarie nemica. Non avendo fatto il servizio militare perchè figlio unico, è costretto a partecipare ad un corso di preparazione alla vita militare e successivamente si arruola nell’esercito con il grado di Sottotenente. Su incarico del Governo, Ojetti ha lo scopo di vigilare per la salvaguardia dei monumenti nelle zone interessate dalle operazioni belliche in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige8. 4 Cfr. C. Ceccuti, Ugo Ojetti fra giornalismo, politica e cultura, in F. Canali (a cura di), Ugo Ojetti (1871-1946) critico: tra architettura e arte, Firenze: Alinea, 2005, p. 15 5 Cfr. C. Ceccuti, Ugo Ojetti fra giornalismo, politica e cultura, in F. Canali…, cit., p. 15 6 Cfr. Catalogo della mostra: Mostra del ritratto italiano dalla fine del sec XVI all'anno 1861, Firenze: Spinelli, 1911 7 Cfr. M. Nezzo, L’arte nell’entroterra e nei territori occupati, in M. Nezzo…, cit., p. 58 8 Cfr. C. Picchietti, Il “Fondo Ojetti” presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, in F. Canali…, cit., p. 151 3 Risale proprio a questo periodo la costituzione del fondo fotografico conservato presso l’archivio dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini. Nella sua attività di salvaguardia, infatti, oltre a descrivere la situazione al fronte attraverso la stampa propagandistica e le lettere alla moglie9, Ojetti raccoglie anche una serie di testimonianze fotografiche delle zone in cui opera, immortalando i danni provocati dai bombardamenti, ma anche le operazioni di salvaguardia compiute dall’esercito. Con la fine della guerra Ojetti torna ad occuparsi della sua attività di giornalista portando con sé la consapevolezza che la guerra ha segnato un forte cambiamento nella società. La malattia della figlia Paola lo porta ad abbandonare la letteratura per dedicarsi esclusivamente alla critica d’arte10. A livello politico, inoltre, è ormai palese il distacco dal Partito Socialista causato dall’opposizione ferma di quest’ultimo alla guerra, posizione completamente opposta alle idee e all’opera di Ojetti. Ojetti si dedica all’organizzazione di eventi. Nel 1921 allestisce presso la Galleria Pesaro di Milano la mostra Arte Italiana Contemporanea11, una scelta bilanciata tra i maestri del tardo impressionismo ottocentesco e i giovani artisti. Tre anni più tardi, nella stessa galleria, presenta la mostra Venti artisti italiani12, comprendente i migliori artisti del Realismo magico. Non tralascia mai la sua attività di giornalista. Nel 1920 inizia la collaborazione con Il Corriere d’America di New York che durerà fino al 1926, mentre nel 1923 esce il primo volume delle Cose Viste, i brillanti articoli comparsi nel 1921 sul Corriere della Sera firmati “Tantalo”, nei quali la prosa di Ojetti mostra la più fedele aderenza alla vita. Momento cruciale è il 1925 quando Luigi Albertini lascia la direzione del Corriere. Ojetti diventa il nuovo direttore, ma un anno dopo, il 18 dicembre 192713 è costretto a lasciare per non essere stato in grado di imprimere uno spirito fascista vigoroso. Ojetti torna alle sue riviste, agli scritti ed alle manifestazioni d’arte. Da questo momento in poi si concentra quasi esclusivamente sulla sua attività di critico d’arte dedicandosi ad alcune riviste del settore come Dedalo nella quale in ogni numero, dedica un fascicolo ad un giovane artista e al mensile letterario culturale Pegaso. Inizia così a sostenere la nuova corrente del ritorno all’ordine14. Entrambe le riviste nel 1933 chiudono per incomprensioni con la casa editrice Treves, e vengono sostituite da Pan, rivista di lettere musica e arte che viene pubblicata con Rizzoli fino al 1935. Con la stessa casa editrice pubblica la collana I classici a partire dal 1934. Sono anni di forti cambiamenti nel panorama culturale italiano; le influenze fasciste si fanno sentire sia nella stampa sia nelle manifestazioni a cui lo stesso Ojetti partecipa: nel 1933, anno in cui Ojetti sostituisce il conte Volpi nella commissione inviti della Biennale, il Duce esclude dalla manifestazione Margherita Sarfatti, (1880/1961) scrittrice italiana, perché figlia di israeliti. Nello stesso anno inizia ad informarsi sulla natura dei rapporti tra nazismo ed arte15. Negli anni successivi si dedica a varie conferenze ed è membro di molte commissioni. Nel 1939 diventa presidente del Consiglio Nazionale dell’Educazione, delle Scienze e delle Arti e 9 Si tratta di una raccolta delle lettere scritte da Ugo Ojetti alla moglie, Fernanda Ojetti, nel periodo in cui presta servizio presso l’Esercito Regio ordinate e pubblicate dalla moglie stessa nel 1964. Cfr. Lettere alla moglie, F.Ojetti, a cura di, Firenze: Sansoni, 1964 10 Cfr. C. Ceccuti, Ugo Ojetti fra giornalismo, politica e cultura, in F. Canali…, cit., p.15 11 Cfr. Catalogo della mostra: Arte italiana contemporanea: Galleria Pesaro, Milano, esposizione ottobre - novembre 1921, Milano: Alfieri & Lacroix, 1921. Con prefazione di U. Ojetti 12 Cfr. Catalogo della mostra: Esposizione di venti artisti italiani: dicembre 1924 - gennaio 1925, Milano: Bestetti & Tumminelli, 1925. Con prefazione di U. Ojetti 13 M.Nezzo, Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…, cit., p. 31 14 Ritorno all’ordine è una corrente artistica europea nata dopo la prima guerra mondiale che rifiuta le Avanguardie e appoggia l’idea di un’arte legata alla tradizione e alla situazione locale in cui gli artisti operano. In Italia tale corrente viene identificata con il termine Novecento, di cui Ojetti è il critico ufficiale. Cfr. G.C. Argan, La situazione italiana: Metafisica, Novecento, anti-Novecento, in G.C. Argan, L'arte moderna 1770-1970, Firenze: Sansoni, 1970, p. 195 15 M.Nezzo, Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…”, cit., p. 34 4 partecipa alle riunioni per il piano di risanamento della città di Venezia. La sua figura continua a mantenere un ruolo di primordine nel panorama culturale italiano fino al 1940 quando iniziano ad incrinarsi i rapporti con il regime. Egli, infatti, si scaglia contro la vendita di un dipinto di Rubens destinato ad essere donato ad Hitler16. Da questo momento in poi la carriera di Ojetti volge al termine. A parte alcuni rari articoli pubblicati sul Corriere, la sua attività giornalistica diventa sempre più scarna fino a scomparire, forse anche a causa di una malattia che lo colpisce a partire dal 1942. Nel 1944 viene nominato vicepresidente dell’Accademia d’Italia, ma si tratta di una nomina fittizia che avrà come conseguenza la cancellazione del suo nome dall’albo dei giornalisti. 16 “[…] egli, in qualità di presidente del Consiglio Nazionale dell’Educazione delle Scienze e delle Arti, esprime parere negativo riguardo l’esportazione del Ritratto equestre di un principe Doria di Rubens, proveniente da Casa Doria D’Angri di Napoli, venduto a Maria Termini e destinato a Hitler.” Cfr. M.Nezzo, Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…”, cit., p. 37 5 1.2 La costituzione del fondo fotografico Ojetti conservato presso l’archivio dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini Il fondo Ugo Ojetti conservato presso la fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini è un corpus costituito da documenti fotografici raccolti dallo stesso Ugo Ojetti durante la sua attività di tutela delle opere d’arte durante il primo conflitto mondiale. Nel maggio del 1915 Ojetti si arruola volontario presso il 3° Genio dell’Ufficio Fortificazioni di Venezia17 con il grado di sottotenente. Qui gli viene assegnato l’incarico di seguire le operazioni atte a conservare e tutelare i monumenti di Venezia e poi dei territori occupati lungo la linea del fronte. Nel luglio dello stesso anno viene inquadrato nell’Ufficio Affari Civili del Comando Supremo di stanza a Udine. Data la sua attività giornalistica, dall’autunno del 1915 gli viene chiesto di occuparsi del dell’Ufficio Stampa del Comando Supremo con lo scopo di utilizzare le testimonianze relative ai bombardamenti e alle distruzioni ai danni del patrimonio artistico italiano per la propaganda a mezzo stampa e non solo. Gli interessi di Ojetti per la protezione delle opere d’arte sono fortemente influenzati dalle ideologie dell’epoca. Nel periodo che precede l’arruolamento, Ojetti si schiera al fianco degli interventisti. Il suo impegno per la causa lo porta a dar vita alla rubrica Esami di coscienza pubblicata sul Corriere della Sera dal 1914 al 191518. Risale a quest’epoca l’amicizia con il poeta-vate Gabriele D’Annunzio (1883-1938), figura di primo piano nella campagna interventista italiana, abile oratore che infervora le piazze con i suoi discorsi sulla necessità morale e politica dell’entrata in guerra dell’Italia19. Con D’Annunzio Ojetti si reca a Reims nel marzo del 1915 per verificare i danni arrecati alla città francese e soprattutto alla cattedrale, in gran parte distrutta dal fuoco d’artiglieria tedesco. Come dimostra Nezzo nel volume dedicato alla fortuna critica di Ojetti durante l’attività di tutela dei monumenti presso l’Esercito Regio20, Reims, diventa il simbolo della barbarie nemica, più volte citata dalla propaganda dell’epoca. Per la prima volta, quindi, un’opera d’arte diviene l’emblema di un’ideologia capace di smuovere le coscienze fin nel profondo attraverso le descrizioni drammatiche sulle pagine dei quotidiani. Lo scempio viene raccontato dalle immagini dei cinegiornali e soprattutto dalle fotografie pubblicate sui giornali. L’immagine stampata trasmette con forza ed efficacia la carica distruttiva del nemico, immune alla bellezza creata dall’uomo lungo la storia. La sua battaglia per la conservazione del patrimonio artistico è fortemente influenzata dallo spirito dell’epoca e l’arte diventa un mezzo di propaganda: uno strumento per esortare il cittadino alla difesa del proprio paese. Nella sua attività giornalistica e critica dell’epoca, risulta la volontà di far emergere un’identità patriottica sospinta dal ricordo delle battaglie risorgimentali. Nelle pagine del volume I monumenti italiani e la guerra, scrive: “L’ira degli eserciti d’Austria contro i monumenti e le opere d’arte italiane non è cominciata nel 1915 con questa guerra quando i cannoni della flotta imperiale hanno colpito San Ciriaco d’Ancona e gl’idrovolanti hanno bombardato Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna e gli Scalzi a Venezia. E’ un’ira tenace che dura da secoli, fatta di invidia e di viltà: invidia di quello che i nemici non hanno, che non potranno mai avere e che è il segno dovunque e sempre riconoscibile della nostra nobiltà, così che ferir l’Italia nei suoi monumenti e nella sua bellezza dà a costoro quasi l’illusione di colpirla sul volto; viltà 17 Cfr. M. Nezzo (a cura di), Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…”, cit., p. 25 18 Cfr. M. Nezzo (a cura di), Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…”, cit., p. 25 19 Cfr. M. Isnenghi, La Grande Guerra, p. 33 20 Cfr. M. Nezzo, Premessa, M. Nezzo…, cit., p. 9 sgg. 6 perché sanno che questa nostra singolare bellezza è fragile e non si può difendere, e percuoterla e ferirla è come percuotere davanti alla madre il suo bambino” 21. Risale al primo luglio del 1917 la mostra organizzata a Firenze presso Palazzo Vecchio dedicata alle fotografie di guerra, preceduta dalla conferenza sul Martirio dei Monumenti, pubblicata poi nel volume Il martirio dei monumenti22. Ojetti utilizza la fotografia e la scrittura come mezzi di propaganda al fine di risollevare le coscienze della popolazione afflitta dalle privazioni della guerra, ma unita contro l’invasione di un nemico capace di distruggere monumenti e bellezze artistiche simboli della Patria conquistata con il Risorgimento. La popolazione, attraverso la fotografia, può vedere con i propri occhi i danni dei bombardamenti nemici al patrimonio artistico. “Trattare d’arte e di monumenti, trasferirsi per loro nei ricordi del più lontano passato, passeggiare sia pure con disperata tristezza nei chiusi e pettinati giardini della storia, piangere sulle pietre ferite quando le carni di centinaia di migliaia d’uomini fratelli nostri sanguinavano e spasimano, sembra, cittadini, uno svago da oziosi e un diletto da eruditi i quali si vogliono difendere contro il fragore e il terror della guerra, dietro le trincee dei loro libri compatti. Altro s’ha oggi da fare: combattere, resistere, vincere. Per le lacrime, le proteste, i rimbotti, le accuse, avremo, si dice, tempo dopo. E’ un errore. Esso deriva, prima di tutto, dall’avere separato l’arte dalla vita, e considerato l’arte non più come un bene e un bisogno di tutti, una continua e viva funzione sociale, un’espressione sincera del nostro carattere nazionale, un documento solenne e inconfutabile della nostra storia” 23. In questo periodo storico emerge la potenzialità della fotografia quale mezzo di propaganda immediato e di facile comprensione, molto più efficace delle colonne scritte dei giornali. Ojetti intuisce questo potere e lo sfrutta per continuare con efficacia la sua attività giornalistica all’interno dell’esercito. Nell’ottobre del 1917 entra a far parte della Commissione Centrale di Propaganda sul nemico24 allo scopo di mantenere alto il sostegno della popolazione dei confronti dell’esercito, in un periodo di forte scoramento causato dalla rottura del fronte italiano a Caporetto avvenuta il 24 ottobre. Durante la sua permanenza nell’esercito tra il 1915 e il 1919, Ojetti raccoglie numerose testimonianze fotografiche per documentare i danni causati dal nemico e per testimoniare le operazioni di recupero operate dalle forze militari italiane al fine di pubblicarle poi su giornali, riviste e pubblicazioni e attuare la propaganda nazionalista. Di questa sua attività di raccolta ne da testimonianza la moglie Fernanda, in una lettera datata 26 marzo 1957 inviata al professor Giuseppe Fiocco, allora direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte scrive così: “[…] ho molte centinaia di fotografie sia della Venezia Giulia che del Trentino e del Veneto raccolte da mio marito durante la grande guerra. Bellissime intatte fotografie e documentazione completa ad esempio della Basilica e del Museo di Aquileja ecc. ecc. Ho anche moltissime fotografie che riguardano i danni di guerra, la protezione dei monumenti ecc. Tutte fotografie ordinate e benissimo conservate […]” 25. 21 Cfr. Ugo Ojetti, I monumenti italiani e la guerra , Milano: Alfieri e Lacroix, 1917, p. 5 22 Cfr. Ugo Ojetti, Il martirio dei monumenti, Milano: Treves, 1918 23 Ugo Ojetti, Il martirio…, cit., p. 1 24 Marta Nezzo (a cura di), M.Nezzo, Ritratto bibliografico di Ugo Ojetti, in “Bollettino d'informazioni…”, cit., p. 26 25 Cfr. Fasciolo 595 Ojetti Fernanda 1956 - 1961, in cartella O Corrispondenza, Archivio dell’Istituto di Storia dell’Arte, Fondazione Giorgio Cini, Venezia 7 Il 18 novembre del 1957 il fondo appartenuto ad Ugo Ojetti entra a far parte delle collezioni della fototeca dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Cini26. L’assoluta confidenza che caratterizza il rapporto tra Fiocco e la vedova Ojetti fa si che lo scambio avvenga all’interno di quei rapporti d’amicizia che possono anche esulare da scritti a valore legale. Al momento della donazione il fondo è costituito da 1475 riproduzioni conservate in buste di carta sulle quali sono riportate le informazioni dattiloscritte relative ai luoghi dove sono state scattate le fotografie, i soggetti ritratti, le dimensioni delle istantanee, le quantità e la data, 18 novembre 1957, in cui probabilmente è stato ultimato il riordino e sono state redatte le buste che contenevano i materiali fotografici al momento della donazione del fondo alla Fondazione Giorgio Cini. Tutte le fotografie riportano sul retro il timbro ad inchiostro di colore nero “RACCOLTA UGO OJETTI” probabilmente apposto nelle fasi di riordino operate dalla moglie Fernanda. Molte delle riproduzioni sono accompagnate da annotazioni di vario genere relative alle località ritratte e alla data di ripresa; spesso si tratta di vere e proprie didascalie per la stampa, composte dallo stesso Ojetti in lingue diverse oppure di note, di ritagli da operare in fase di composizione, misure da rispettare, dettagli da preferire. Il fondo è accompagnato da un elenco alfabetico dattiloscritto27 relativo alla quantità di immagini suddivise per località. Nel 1966 Venezia viene colpita dall’alluvione che causa ingenti danni alla città e ai suoi archivi. Parte dei materiali appartenenti all’Istituto di Storia dell’Arte si trovano ai piani inferiori della Fondazione Cini e soccombono all’eccezionale ondata d’acqua, tra i quali un pezzo non esiguo del fondo oggetto della nostra analisi viene perduto. Oggi possiamo consultare solo una piccola quantità del fondo originario, per la precisione 541 fotografie che sono state riordinate, trasferite in buste per la conservazione ed indicizzate. Le località oggi documentate sono poche rispetto all’elenco iniziale allegato al fondo fotografico al momento della donazione. Attualmente si riscontrano i seguenti luoghi: Aquileja (UD) Gorizia Invillino (UD) Jesolo (VE) Lisert (GO) Lodrone(TN) Losson (VE) Monastero (UD) Monastier (TV) Nervesa (TV) Polpet (BL) Ponte della Priula (TV) Ponte di Piave (TV) Postioma (TV) Prato Carnico (UD) Quero (BL) Quisca (Slovenia) Rai , torre di (TV) Romanziol (VE) 26 Cfr. Istituto di Storia dell’Arte, in “Notiziario di San Giorgio”, 7, dicembre 1957, p. 18 27 Cfr.: Fotografie di paesi e monumenti e rovine della guerra 1915-1918 Raccolte da Ugo Ojetti, Scatola 1, fondo fotografico Ojetti, Istituto di Storia dell’Arte, Fondazione Giorgio Cini, Venezia 8
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