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Commento al «Parmenide» di Platone PDF

565 Pages·2012·21.594 MB·Italian
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IMMAGIDNEIL LRAA GIONE ���� 15� ��� MARSILFIIOC INO COMMENTO AL' 'PARMENIDE'' DIP LATONE Premeisnstar,o dutzriaodnuezen,i o otndeei FRANCESLCAAZ ZARIN Prefadzii one ALFONSOI NGEGNO S. LEO 0LSCHKEID ITORE 2012 Tutti i diritti nservati CASA EDITRICE LEO S. 0LSCHKI Viuzzo del Pozzetto, 8 50126 Firenze www.olschki.it ISBN 978 88 222 6196 O Alla mia famiglia, a mio marito e a Simona PREFAZIONE Francesca Lazzarin, curatrice di quest'opera, ha rivolto sin dall'i­ nizio il suo interesse alla cultura italiana della seconda metà del Quat­ trocento. Ha concentrato in particolare la sua attenzione sulla im­ portante polemica che ebbe luogo in quei decenni tra platonici e antiplatonici e soprattutto sulla figura di un filologo di rilievo come Domizio Calderini, visto nei suoi rapporti con personaggi della statu­ ra del Cardinal Bessarione. In seguito l'autrice ha dedicato le sue ricerche all'opera di Marsi­ lio Ficino, senza mai abbandonare l'interesse per il nesso tra filosofia e filologia, imprescindibile per chi studi questi anni così forieri di conseguenze non solo per la cultura italiana. Questo complesso di lavori si è concretato nella sua edizione cri­ tica del Commento di Ficino al Parmenide di Platone (un dialogo, quello del filosofo greco, che vede ancora divisi gli studiosi tra un'in­ terpretazione dialettica e un'interpretazione metafisica). Tale edizio­ ne critica, destinata a veder presto la luce, è all'origine della presente traduzione del Commento di Ficino, la prima che ci venga offerta in una lingua moderna; una traduzione, di fatto, che è accompagnata da una introduzione e da un commento ampio e dettagliato in cui la spe­ cifica competenza dell'autrice si confronta con tutti i problemi inter­ pretativi che sono venuti emergendo nella letteratura internazionale più autorevole apparsa negli ultimi anni. Credo che questi pochi cenni siano di per sé sufficienti a mostrare tanto l'interesse che l'importanza del lavoro della Lazzarin, ma mi preme sottolineare come esso si inserisca autorevolmente nel quadro <li un più generale orientamento degli studi emerso in questi ultimi anni sul periodo preso in esame oltre che sull'autore analizzato. Chi si affacci oggi sul campo di studi dedicato al Rinascimento, può usufruire owiamente dei nuovi risultati che sono stati conseguiti -VII - PREFAZIONE dalla ricerca; può far tesoro della rilettura - in alcuni casi si tratta di una prima lettura! - di testi pur dotati di importanza capitale; si ag­ giunga l'apertura di nuovi campi di indagine, quale quello, per dare un solo esempio, dell'attenzione che è stata rivolta all'arte della stam­ pa, per le conseguenze che essa ha avuto sull'incidenza, la diffusione e le stesse forme che ha assunto l'elaborazione del sapere. Si pensi ancora all'importanza che ha avuto negli anni della Riforma quel mo­ vimento di rinnovamento religioso di cui era ignorata l'ampiezza e la diffusione in Italia, ben oltre l'adesione di alcuni dei più alti rappre­ sentanti delle gerarchie vaticane. Non è possibile d'altra parte sottovalutare l'apporto che è stato dato agli studi filosofici dal lavoro di grandi studiosi come Carlo Dio­ nisotti e Riccardo Fubini, P r in campi diversi, ma attenti in forme 'Jl differenti a quel retroterra politico, sociale e ideologico dell'Umane­ simo, al di là di formule trite sugli elementi della sua novità che la trasferivano spesso su un piano del tutto avulso dalla realtà. Certo, è sempre rimasto vivo in questi anni il peso di posizioni ideo­ logiche tra esse contrapposte, né poteva essere diversamente se quello che era in discussione era il significato stesso dell'Umanesimo ne�a for­ mazione della cultura europea. Si allude al dibattito su quella che Etien­ ne Gilson ha chiamato "una frontiera contestata", alla divisione in altri termini tra gli assertori di una irrilevanza filosofica dell'età umanistica nel segno di una sostanziale continuità con l'eredità medievale e quanti hanno invece ricercato le forme diverse che in tale età avrebbe assunto la filosofia in seguito addirittura ad una nuova concezione dell'uomo. Si tratta certo di dispute che riconducono ad un lontano passato. Chi scrive tuttavia continua a ritenere che tra Quattrocento e Cinque­ cento sia awenuta una rottura reale del campo generale della cultura ed è altrettanto consapevole del fatto che in tale periodo si presentino posizioni tra di esse inconciliabili; è altrettanto convinto che la rein­ terpretazione del significato dell'età classica possa essere compresa solo alla luce della contestazione dell'età medievale. Il mito dei secoli bui, dell' "età di mezzo" formulato dagli Umanisti, pur così illumi­ nante nelle sue stesse forzature per comprendere la reinterpretazione di cui si parlava, include owiamente un rapporto inscindibile tra i due momenti, non senza cioè che l'uno possa essere compreso pre­ scindendo dall'altro. Esemplare in questo senso appare il programma di rinnovamento generale del sapere attuato da Lorenzo Va lla su una base linguistico- -VIII - PREFAZIONE filologica, un programma che pone la sua polemica antiaristotelica ed antiscolastica in diretta connessione con la critica a quelle che sono le istituzioni temporali e spirituali della Chiesa. Tutto questo nel quadro di una rilettura radicale del testo sacro che sia in grado di cancellare la sistematizzazione imposta ad esso a partire da Agostino. Si è parlato di condizionamento ideologico operante di fatto nel dibattito appena evocato. Non è mancato così il tentativo di operare un ridimensionamento dell'opera di Copernico; quello di svalutare la novità della teologia di un Lutero addirittura nei confronti dell'opera di S. Tommaso; la riaffermazione del carattere per così dire puramen­ te erudito della filologia di un V alla. Tuttavia, di fronte ad eventi che hanno mutato il corso della cul­ tura europea quali appunto la Riforma protestante, la scoperta del- 1'A merica, la rivoluzione astronomica sembra che il tentativo di non valutarli appieno abbia ottenuto un risultato controproducente, oltre a porre definitivamente nell'ombra vecchie anche se venerande sintesi del periodo. Non è certo questa l'occasione più adatta per approfondire que­ sta serie di problemi. Tuttavia, proprio il Commento di Ficino che qui si presenta -una delle opere più importanti dell'autore -indica come il ritorno della metafisica nella Firenze degli ultimi anni del Quattro­ cento segni insieme una svolta ed una rottura nei confronti dell'Uma­ nesimo della prima metà del Quattrocento. La polemica che G. Pico della Mirandola sviluppa nel De ente et uno proprio contro quest'o ­ pera e a cui Ficino risponde in modo a dir poco sprezzante, aveva certo una radice lontana e, come hanno mostrato studi recenti più ac­ curati, era riconqucibile a due differenti interpretazioni della tradi­ zione platonica. E una polemica tuttavia che pone in luce nel Com­ mento di Ficino la complessità delle preoccupazioni e dei problemi che venivano acuendosi in questi anni. Dall'Introduzione e dal commento della Lazzarin all'opera emer­ ge con chiarezza a mio avviso la persistente ambiguità religiosa di Fi­ cino non meno che uno spessore speculativo che è stato spesso tra­ scurato dai suoi studiosi a favore di una interpretazione per così dire estetizzante della sua opera. Certo, l'attenzione di Ficino per miti e simboli nel quadro di una ipotetica unità generale del sapere umano, cristiano e pagano insie­ me, dette certo luogo a una concezione esoterica della realtà destinata a un profondo successo e a lambire la cultura europea sino ai nostri - IX - PREFAZIONE giorni. Resta il fatto che il suo tentativo faceva tutt'uno con un ripen­ samento, della metafisica platonica attraverso, soprattutto, l'opera di Proclo. E uno dei non rari casi in cui l'apporto indispensabile dalla storia della cultura alla storia della filosofia ha posto a quest'ultima il rischio di perdere la sua specificità. ALFONSO INGEGNO Firenze, giugno 2012 -X- PREMESSA Ho pensato spesso, negli anni dedicati a studiare il commento fi­ ciniano al Parmenide, a quale taglio avrei potuto dare all'introduzione destinata ad illustrarne il contenuto: all'inizio ero orientata ad un'e­ sposizione 'scolastica', che permettesse al lettore di avere chiara in mente, con un colpo d'occhio, la struttura dell'opera, la sua organiz­ zazione interna, gli argomenti privilegiati dall'autore. Presumendo di conoscere le intenzioni che potevano aver animato Ficino nel conce­ pire e nel redigere il commentario -da un lato, senza dubbio, la dif­ fusione della lux Platonica, 1 sulla scia di quanto aveva compiuto Plo­ tino nell'antichità; 2 dall'altro, la risposta al pichiano De ente et uno, che sembrava essere stato pubblicato a scopo provocatorio -3 l'idea 1 Queste le parole di Ficino nel proemio di dedica a Lorenzo de' Medici del suo Platone latino: «Itaque Deus omnipotens statutis temporibus divinum Platonis animum ab alto demisit -vita, ingenio eloquioque mirabili -religionem sacram apud omnes gen­ tes illustraturum. Cum vero ad haec usque saecula sol Platonicus nondum palam Latinis gentibus oriretur, Cosmus, Italiae decus et insignis pietate vir, Platonicam lucem, religioni admodum salutarem, a Graecis ad Latinos propagare contendens, me potissimum, intra suos lares plurimum educatum, tanto operi destinavit» (M. FiCINO, Opera omnia. Con una lettera introduttiva di P.O. Kristeller e una premessa di M. Sancipriano, Torino, Bot­ tega d'Erasmo, 19833, I-II [ripr. anast. della seconda edizione degli Opera omnia di Fici­ no: Basilea, Heinrich Petri, 1576, 1-11): II, pp. 1128-1129). 2 Scrive Ficino accingendosi ad esporre la sua interpretazione delle Enneadi di Plo­ tino: «Principio vos omnes admoneo, qui divinum audituri Plotinum huc acceditis, ut Platonem ipsum sub Platini persona loquentem vos audituros existimetis. [ ... ] Et vos Pla­ tonem ipsum exclamare sic erga Plotinum existimetis: "Hic est filius meus dilectus, in quo mihi undique placeo: ipsum audite"» (FICINO, In Plot., p. 1548, Exhortatio ad legentes). Ficino mette in bocca a Platone la frase dell'evangelista: cfr. Mt 17, 5 (HIER., Vulgata. Evangelium secundum Matthaeum 17, 5: «Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacuit: ipsum audite»). 3 «On a voulu plus particulièrement interpréter la décision pichienne de lire dialec­ tiquement le Parménide camme une incompréhension de la/orma mentis néo-platonicien­ ne la plus authentique (Allen, Beierwaltes), ou comme un coup de génie philologique, -XI - PREMESSA era quella di fornire una chiave di interpretazione del testo: lo stesso Ficino, facendo precedere il commento da un argumentum e da un proemio, aveva preferito evidenziare, in via preliminare, il significato del Parmenide quale dialogo teologico per eccellenza 4 e il ruolo da assegnargli nell'ambito delle opere platoniche. Ma pretendere di rendere accessibile, in 1:!!fbatter di ciglia o poco più, un testo che acquista, fin dalle parole introduttive di Ficino, un sapore iniziatico e che si configura come pregno di misteri incom­ prensibili ad un pubblico profano,5 equivale -credo -a tradire lavo­ lontà dell'autore: infatti, pur offrendoci, nei discorsi proemiali, il suo punto di vista e una sorta di 'dichiarazione d'intenti', Ficino si affretta a dire che accostarsi alla lettura del Parmenide esige sobrietà e libertà intellettuale,6 ovvero, innanzi tutto, l'abbandono di quell'atteggia­ mento sofistico che ci trattiene in superficie, impedendoci di cogliere la profondità delle cose. 7 Del resto, tentativi di dipanare la matassa dell'In Parmenidem ne sono stati avanzati, anche se non in maniera esaustiva: dai pionieristi- avant-coureur d'études parménidéennes plus récentes (Klibansky)» (S. ToussAINT, L'esprit tfu Quattrocento. Pie de la Mirandole: De l'etre et de l'un & réponses à Antonio Cittadini. Edition bilin e précédée de Humanisme et vérité, par S. Toussaint, Paris, Champion, gu 1995, p. 96). Per il dettaglio della risposta di Ficino alle tesi esposte nel De ente et uno, si veda ora M. V ANHAELEN, The Pico-Ficino Controversy: New Evidence in Ficino's Com­ mentary on Plato's «Pannenides», in «Rinascimento», II s., XLIX (2009), pp. 301-339. 4 Basti pensare a quanto si può leggere nelle prime righe dell'Argumentum in «Par­ menidem»: «Cum Plato per omnes eius dialogos totius sapientiae semina sparserit, in libris De Republica cuncta moralis philosophiae instituta collegit, omnem naturalium rerum scientiam in Timaeo, universam in Parmenide complexus est theologiam: quod quidem, ut inquit Proclus, caeteris forte incredibile videri poterit, familiaribus vero Platonis est certissirnum» (M. FICINO, Commentario in Platonem, Firenze, Lorenzo d'Alopa, 1496, c. a.2r). s «Ad cuius [sci!. Parmenidis] sacram lectionem quisquis acceder, prius sobrietate animi mentisque libertate se praeparet, quam attrectare mysteria caelestis operis audeat» (ibid.). 6 Ibid. 7 Nel proemio al Commentarium in «Parmenidem», che, all'interno dei Commenta­ ria in Platonem, segue l'Argumentum in «Parmenidem», Ficino afferma: «Pythagorae So­ cratisque et Platonis mos erat ubique divina mysteria figuris involucrisque obtegere, sa­ pientiam suam contra Sophistarum iactantiam modeste dissimulare, iocari serio et studiosissime ludere. Itaque in Parmenide, sub ludo quodam dialectico et quasi logico, exercitaturo videlicet ingenium ad divina dogmata, passim theologica multa significar» (ivi, c. a.2v). - XII-

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