Archivio gentilizio ARRIGONI anni 1238-1827 buste 1-156 128 Mantova, 1995 Archivio gentilizio Arrigoni Introduzione Da tempo agli archivi privati viene rivolta un'attenzione crescente, data l'importanza che essi assumono come fonti nell'ambito di una ricerca storiografica sempre più orientata verso problemi sociologici ed economici. In questo ambito la tipologia degli archivi di famiglia riveste un ruolo di grande rilievo per la quantità e la consistenza1; com'è noto, le vicende di molte famiglie di antica origine si sono indissolubilmente intrecciate con le storie dei luoghi nei quali hanno vissuto e si sono susseguite le loro generazioni. La documentazione prodotta e a noi pervenuta è tanto più importante quanto più la famiglia di appartenenza abbia occupato posizioni rilevanti nell'ambito sociale, abbia posseduto cospicui patrimoni, rivestito incarichi politici. È questo il caso della famiglia Arrigoni. La ricchezza delle serie documentarie e la loro continuità cronologica, che copre un arco di tempo di circa quattro secoli, costituiscono elementi di grande interesse anche dal punto di vista strettamente archivistico, poiché il fondo rappresenta un esempio di come una famiglia aristocratica, innalzatasi socialmente, abbia voluto conservare e tramandare la memoria «cartacea» della propria esistenza2. L'archivio Arrigoni è stato consegnato in deposito all'Archivio di Stato di Mantova nel 1978 per volontà della proprietaria, marchesa Aliana Cavriani. Tale fondo pervenne alla famiglia Cavriani come acquisizione dotale a seguito del matrimonio celebrato nel 1827 tra la marchesa Teresa Arrigoni, ultima esponente della famiglia, e il nobile Annibale Cavriani; c'era dunque stata la fusione di due archivi confluiti insieme che da un certo momento in poi si intrecciano e sedimentano in un secolare processo storico. La parte dell'archivio depositata nel 1978 fu oggetto di una prima ricognizione di massima, eseguita da chi scrive; in quella fase del lavoro risultava chiaro che la ripartizione originaria delle carte era andata completamente perduta, tuttavia la presenza di vecchie segnature archivistiche su alcuni documenti sembrava costituire un filo rosso per una ricostruzione almeno parziale delle 1 Per fare il punto sulla situazione sono state realizzate diverse iniziative, tra le quali si segnalano: la giornata di studi Gli archivi familiari, promossa dalla Società Ligure di Storia Patria e da altri enti, tenutasi a Genova l'8 ottobre 1982, di cui non sono per altro usciti gli atti; Il futuro della memoria. Convegno internazionale sugli archivi di famiglie e di persone, Capri, 9-13 settembre 1991, i cui atti sono in corso di stampa a cura dell'Ufficio Centrale per i Beni Archivistici; lo stesso Ufficio Centrale ha pubblicato il primo volume di una guida degli archivi e documenti di persone e di famiglie dichiarati di notevole interesse storico, e pertanto vigilati dalle Soprintendenze Archivistiche competenti per territorio: Archivi di famiglie e di persone. Materiali per una guida. I. Abruzzo-Liguria, a cura di G. Pesiri, M. Procaccia, I. P. Tascini, L. Vallone, coordinamento di G. De Longis Cristaldi, Roma 1991. 2 Sull'argomento risulta particolarmente stimolante il saggio di E. Insabato Le «nostre chare iscritture»: la trasmissione delle carte di famiglia nei grandi casati toscani dal XV al XVIII secolo, in Istituzioni e società in Toscana nell'età moderna; Atti delle giornate di studio dedicate a Giuseppe Pansini, Firenze 4-5 dicembre 1992, Roma 1994, vol. II, pp. 879-911. 2 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione serie; a seguito di quella prima ricognizione il fondo fu descritto in un indice sommario messo a disposizione dei ricercatori nella sala di studio all'inizio degli anni Ottanta, riguardante documentazione raccolta in 45 faldoni. Successivamente, nel 1988, la marchesa Aliana Cavriani depositò presso l'Istituto mantovano anche l'archivio gentilizio della propria famiglia3. Il munifico gesto, testimonianza di profonda sensibilità culturale, conferma la validità del principio di concentramento degli archivi familiari negli istituti archivistici statali che comporta una serie di vantaggi sia per l'Amministrazione archivistica che per i privati, quali l'economicità della gestione, una migliore funzionalità per l'utenza, e soprattutto l'opportunità di evitare dispersioni. Nell'affrontare il lavoro di riordinamento di questo secondo nucleo documentario, ben più consistente del precedente, ci si è resi ben presto conto che in esso era contenuta ancora una parte considerevole pertinente all'archivio Arrigoni; si è pertanto proceduto a estrapolare la documentazione collazionandola con quella depositata dieci anni prima. A questo punto si è reso inevitabile impostare di nuovo il lavoro di schedatura, riordinamento e inventariazione, strutturandolo anche alla luce di un inventario settecentesco di cui precedentemente era stato possibile tenere conto solo fino a un certo punto, poiché troppo lacunosa e sparsa sembrava essere la documentazione che con esso aveva riscontro in base alle vecchie segnature. È stata necessaria una grande perseveranza nel fare e rifare le schede, via via che emergevano nuovi elementi da indicare e nuovi collegamenti da porre in essere o da ipotizzare. Al termine delle operazioni il volume delle unità è più che triplicato (si è passati dalle 45 buste iniziali alle attuali 156) e benché l'archivio possa essere considerato ancora lacunoso, soprattutto per certe serie elencate dall'inventario settecentesco rintracciate solo in parte, si è ora in grado di capirne meglio la struttura e di riproporre una ricostruzione attendibile delle principali serie documentarie nella loro sedimentazione originaria. La famiglia. L'archivio Arrigoni è un tipico archivio gentilizio i cui atti testimoniano l'ascesa sociale e politica della famiglia. Gli Arrigoni, originari di Milano, giungono nella città dei Gonzaga intorno alla metà del XV secolo4. Inizialmente esercitano la mercatura e nel corso del Cinquecento consolidano notevolmente il patrimonio fondiario grazie all'attività di un esponente di spicco, 3 Si tratta, a sua volta, di un pregevole fondo costituito da oltre duemila unità archivistiche (buste, filze, registri) datate dalla metà del XIII secolo all'inizio del Novecento. 4 Cfr., di chi scrive, La famiglia Arrigoni tra città e Corte gonzaghesca, in "Familia"del principe e famiglia aristocratica, a cura di C. Mozzarelli, vol. II, Roma 1988, pp. 471-485, lavoro al quale si rimanda anche per le notizie che seguono. 3 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione Pietro, che riesce a instaurare legami con la Corte e quindi a conferire al casato una posizione solida nella società mantovana. Egli acquisisce cariche amministrative di rilievo all'interno dello stato, come quelle di maestro delle entrate e di rettore del Monte di Pietà, alcune delle quali vengono poi trasmesse ai figli. Accumula inoltre un cospicuo patrimonio immobiliare nel contado acquistando una serie di appezzamenti, spesso di modesta entità, situati nell'area sud-orientale del Mantovano, dove il nucleo centrale della proprietà comincia ad allargarsi a macchia d'olio. Nel 1523 sposa Elisabetta Agnelli, esponente di una famiglia patrizia mantovana fedele ai Gonzaga ab origine, inaugurando così un'abile politica matrimoniale che contraddistingue lo status della famiglia e ne favorisce la mobilità verso gli strati più elevati della gerarchia sociale. Pietro muore nel 1567 e i figli Orazio, Ascanio e Lelio, funzionari zelanti e scrupolosi, seguono il percorso tracciato dal padre rivestendo mansioni di prestigio al servizio dei Gonzaga, mentre il figlio Gerolamo, sposato a Lavinia Aliprandi, si trasferisce a Roma. È opportuno rilevare tuttavia che la documentazione dell'archivio di famiglia relativa al Cinquecento è piuttosto esigua; ma dato che ogni documento non è mai concluso e finito in se stesso, bensì sempre in relazione sincronica e diacronica con altri, in virtù di una sorta di «circolarità delle fonti», le vicende familiari di tale periodo possono essere ricostruite attraverso indagini incrociate da condurre in altre serie documentarie, prime fra tutte quelle dell'archivio Gonzaga. Per esempio la copiosa corrispondenza di Lelio Arrigoni con i Gonzaga tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento può mettere in luce le complesse trame dei rapporti intercorrenti tra i vari esponenti della famiglia e l'ambiente di Corte; in quel periodo egli si trova dapprima alla Corte pontificia, incaricato dal duca di condurvi trattative circa l'acquisto di statue e dipinti che vanno a incrementare le preziose collezioni ducali, successivamente si trasferisce a Pisa in qualità di aio del principe e futuro duca Ferdinando5. Si ritiene opportuno segnalare una ricevuta autografa del pittore Rubens, rilasciata a Lelio Arrigoni il 14 ottobre 1601, a Roma, trattenuta dalla proprietaria, marchesa Aliana Cavriani, di cui si riporta di seguito la trascrizione: «Io Pietro Paulo Ruebenio, fiamengo pittore del serenissimo duca di Mantova, ho ricevuto dal illustrissimo signor Lelio Arrigoni, per mano di Benedetto Fini, la somma di scudi cinquanta monete, e questi a conto del mio salario. In seigno che io ho scritto e sottoscritto la presente de mia propria mano. Questo dì 14 d'ottobre l'anno 1601, in Roma, il 5 Cfr. ASMn, Archivio Gonzaga, corrispondenza da Roma 1594, 1596, 1601-1604; corrispondenza da Firenze 1603-1607. 4 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione medesimo Pietro Paulo Ruebenio»6. Il processo di nobilitazione della famiglia riconosce quindi tappe diverse: nel 1551 viene concessa agli Arrigoni la cittadinanza romana; quattro anni dopo il duca Ercole II d'Este concede a Pietro Arrigoni la cittadinanza di Ferrara, a patto che egli compri un palazzo in città e vi tenga un amministratore; nel 1601 viene concessa nuovamente la cittadinanza romana e in più l'aggregazione al Senato a Gerolamo, che vive a Roma, e ai suoi discendenti; parallelamente una serie di esenzioni, come quelle concesse nel 1603 dal duca Vincenzo Gonzaga e nel 1628 dal duca Carlo Gonzaga di Nevers, accentua ulteriormente i requisiti dei membri della famiglia ormai entrati attivamente a far parte della vita cittadina. All'inizio del Seicento Scipione Arrigoni è maestro di camera e capitano delle guardie degli arcieri del duca di Mantova7, ed è lo stesso che unitamente ai fratelli nel 1613 ottiene il titolo comitale, concessogli dal duca Ferdinando Gonzaga insieme all'investitura del feudo monferrino di Villadeati, con ordine di primogenitura; il feudo viene eretto in marchesato nel 1639 dalla duchessa Maria Gonzaga, a titolo di riconoscimento dei servigi prestati; tale provvedimento porta a compimento e sancisce ulteriormente il processo di nobilitazione del casato iniziato due secoli prima. A conferma del prestigio raggiunto dalla famiglia, all'inizio del Seicento gli Arrigoni costruiscono un palazzo di villeggiatura, ancora oggi denominato villa Arrigona, su progetto di Antonio Maria Viani, prefetto delle fabbriche gonzaghesche, che rappresenta uno degli episodi architettonici più significativi del basso Mantovano8. Gli esponenti successivi mantengono e confermano ruoli di preminenza politica e procedono di pari passo con il consolidamento economico del patrimonio che si estende anche al di fuori del territorio mantovano; la terra costituisce lo sbocco logico verso cui si orienta la ricchezza, diventa il bene rifugio nel quale impiegare i capitali accumulati e a sua volta è fonte di capitali da reinvestire. Già Pietro aveva acquistato i Fienili Bruciati nel Ferrarese, ai quali si aggiungono i Beni di Porotto alla fine del Seicento e la casa di Santa Croce nella città di Ferrara, ubicata 6 Sul verso compare l'annotazione: «Riceute diver[se] fatti al signore Lelio per denari sborsati da lui essendo a Roma per servitio di sua altezza». «Receuta del signor Pietro Paolo pitore». La fotocopia di tale documento è inserita nella b. 26, fasc. 2. 7 ASMn, Archivio Arrigoni, b. 29, fasc. 1 8 Grazie all'archivio di famiglia è stato possibile datare la costruzione della villa e soprattutto attribuirne la paternità del progetto al prefetto delle fabbriche ducali, cfr. di chi scrive, La villa Arrigoni di San Giacomo delle Segnate e Antonio Maria Viani, di prossima pubblicazione sul n. 3 della rivista «Quaderni di Palazzo Te», nuova serie. Ad Antonio Maria Viani sono attribuite anche le decorazioni pittoriche del palazzo gentilizio in città, cfr. L. Bertazzi, La dimora Nizzola, in «Quadrante Padano, anno XV, n. 3, dicembre 1994, pp. 38-39». 5 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione nell'omonima contrada, acquistata da Camillo nel 1556, nonché il palazzo nella contrada degli Angioli, ceduto a Pompeo dai conti Muzzarelli dopo un lungo contenzioso riguardante un fidecommesso. Ancora intorno alla metà del Seicento gli Arrigoni acquistano terre nel Mirandolese e ottengono il privilegio di cittadinanza e una serie di esenzioni dal duca Alessandro Pico. Numerosissime sono le investiture di appezzamenti concesse a titolo onorifico, decimale e censuale dalla Corte Grande del Poggio, dalla Camera Ducale, dal Vescovado, dal Primiceriato e dal Collegio di Sant'Andrea, dalla Congregazione della Cattedrale, dall'Ospedale Grande, molti dei quali vengono poi progressivamente acquistati e posseduti a titolo allodiale. Cospicui sono anche i beni stabili posseduti in città, primo fra tutti la casa di Mantova in contrada della Serpe (un primo acquisto della quale viene effettuato nel 1507 da Bernardino di Castello Arrigoni), che diventerà la dimora gentilizia, oggi di proprietà Nizzola in via Arrivabene9; altre case vengono comprate e vendute nelle contrade del Mastino, della Rovere, di Cantarana, del Cervo, dell'Unicorno; seguono le case nel Ghetto, in contrada del Cammello e del Grifone, affittate a ebrei che ne pagano la locazione perpetua (ius gazagà). Il consolidamento patrimoniale è sostenuto anche da un'abile politica matrimoniale che vede la famiglia imparentarsi con membri di altre famiglie nobili, o comunque notabili, sia mantovane, come gli Aldegatti, gli Andreasi, gli Arrivabene, i Capilupi, i Di Bagno, i Castiglioni, i Cavriani, i Canossa, i Riva, i Cantoni, gli Strozzi, sia forestiere, come i Bellincini di Modena, i Ferrari di Savona, i Pepoli di Bologna, i Torelli e i Mezzabarba di Pavia, i Bernardini di Lucca, come testimonia la copiosa serie documentaria delle «Doti». Estinta la dinastia gonzaghesca, alcuni esponenti della famiglia intraprendono la carriera militare al servizio della Casa d'Austria, come Ascanio e Ganfrancesco che all'inizio del Settecento ricoprono l'incarico rispettivamente di colonnello e di generale delle truppe imperiali nell'ambito della guerra di successione spagnola10. Il loro fratello Alessandro raggiunge invece i vertici della carriera ecclesiastica: dapprima cubiculario di Innocenzo XII e poi governatore di Fano e di Rieti, nel 1713 diventa vescovo di Mantova fino alla morte, sopraggiunta nel 1718. Nel Settecento spicca la figura del marchese Tommaso Arrigoni che riveste un ruolo significativo nell'ambiente politico e amministrativo locale, egli è infatti annoverato tra i decurioni del consiglio della città ed è provveditore alla pubblica igiene11 e nel 1745 viene eletto ministro di 9 Cfr. E. Marani-G. Amadei, Antiche dimore mantovane, Mantova 1977, pp. 73-85. 10 Molti degli atti di Ascanio e Gianfrancesco sono in lingua tedesca e francese. 11 ASMn, C. D'Arco, Annotazioni genealogiche di famiglie illustri..., manoscritto ottocentesco, vol. I, p. 249; il marchese Tommaso Arrigoni viene nominato cavaliere aggiunto al Magistrato della sanità di Mantova con decreto dell'imperatore Carlo VI nel 1739, cfr. Archivio Arrigoni, b. 19, I. Passaporti, ambascerie, decreti, fasc. 3. 6 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione una nuova Giunta destinata al regolamento delle acque nel Mantovano, con diploma dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria12. È inoltre il primo prefetto che si trova a presiedere l'Accademia di Pittura, Architettura e Scultura al momento della sua fusione con l'Accademia Reale di Scienze, Lettere e Arti13, e a lui si devono lavori di sistemazione della villa di Segnate e altre fabbriche erette nel contado, soprattutto nelle terre di Segnate costituite in primogenitura. Probabilmente con il marchese Tommaso il patrimonio immobiliare raggiunge la massima estensione; dai dati del catasto teresiano egli risulta infatti essere proprietario di ben 7.573 pertiche milanesi di terre allodiali, pari a circa 500 ettari di terreno — 150 dei quali relativi alla primogenitura — che si estendono in diverse aree del ducato: oltre che nel Basso Mantovano, prevalentemente nei commissariati di Revere e Quistello, le proprietà si trovano nella zona di Moglia di Gonzaga, Porto, Roncoferraro, Castellucchio, Borgoforte. È dunque la storia di una famiglia le cui vicende si intrecciano con quattro secoli di storia mantovana. E come spesso accade, personaggi che ricoprono cariche pubbliche trattengono presso di sé atti prodotti nell'espletamento delle loro funzioni, ragione per cui troviamo lettere dei duchi Vincenzo ed Eleonora Gonzaga indirizzate al figlio Ferdinando, trattenute da Lelio Arrigoni nel periodo in cui si trovava a Pisa come istruttore del principe14; altre carte a carattere «pubblico», sono le copie di lettere di papa Innocenzo XII del 1697, che annunciano il conferimento della porpora cardinalizia a Vincenzo Grimani, rimaste tra gli atti di monsignor Alessandro Arrigoni, allora cubiculario del pontefice; tra gli atti dello stesso prelato, ma questa volta in qualità di vescovo di Mantova, si trovano numerosi riferimenti ai lavori eseguiti al palazzo vescovile, nonché inventari a esso relativi. Per gli stessi motivi troviamo documenti riguardanti varie località marchigiane, come una memoria storica di Fermo della fine del Settecento, quando Gianfrancesco Arrigoni è governatore di quella città, carica che ricopre successivamente per le città di Perugia e di Macerata15. Lo stesso Gianfrancesco, laureatosi in diritto canonico e civile a Roma risulterebbe essere stato nel 1796 «Prefetto delli Archivi in Roma»16 prima di deporre l'abito talare per unirsi in matrimonio con Cecilia Cantoni. 12 ASMn, Archivio Arrigoni, b. 19, I. Passaporti, ambascerie, decreti, fasc. 4. 13 ASMn, Archivio Arrigoni, b. 94; il marchese Tommaso, di cui si conserva un copioso carteggio, si occupa anche del riordinamento dell'archivio di famiglia, che affida al suo segretario Gianangelo Giuseppe Mazzoli. 14 ASMn, Archivio Arrigoni, b. 26, fasc. 7, 1604-1605. 15ASMn, Archivio Arrigoni, b. 147, fasc. 2. 16 Cfr. ibidem, fasc. 4, il condizionale è tuttavia d'obbligo in quanto indagini preliminari rivolte all'Archivio Segreto Vaticano non hanno finora avuto riscontro positivo. 7 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione L'archivio. Natura, formazione e interventi di riordino nel XVIII secolo. Impostando un discorso più strettamente e correttamente archivistico, è ora opportuno cercare di definire le circostanze peculiari dei sistemi di conservazione e trasmissione documentaria da parte dell'ente produttore, in questo caso la famiglia, per quanto lo consenta il fitto intreccio di elementi e motivazioni che stanno alla base della sedimentazione e trasmissione delle carte appartenenti ai casati nobiliari in età moderna17, che spesso lascia zone d'ombra dai contorni sfumati. I documenti più antichi sono rogiti comprovanti i diritti patrimoniali, derivanti da compravendite o da investiture; essi sono conservati in copia e portano la data 124518; seguono processi e cause tesi al mantenimento e alla salvaguardia dei diritti acquisiti; il carteggio epistolare, scambiato da vari membri della famiglia, dapprima è sparso e lacunoso, mentre si fa particolarmente abbondante e ordinato a partire dal XVII secolo. Pure abbondanti sono le scritture contabili relative alla gestione delle ingenti proprietà; grazie a esse la vita del patrimonio familiare risulta documentata nelle sue strutture interne e nei rapporti giuridici ed economici con il mondo esterno. Diversi sono i vecchi inventari presenti nell'archivio Arrigoni: un primo inventario è in copia e fu redatto a uso del marchese Ascanio Arrigoni nel 1707, ma porta aggiornamenti fino al 1727; un secondo elenco viene redatto dall'abate Pierantonio Orlandini, segretario del marchese Tommaso Arrigoni, e porta aggiornamenti posteriori di mano del computista Gianangelo Giuseppe Mazzoli e del segretario Ludovico Negrelli, nonché di Gianfrancesco Arrigoni, ultimo esponente maschile della famiglia. Tale inventario fu poi aggiornato in una successiva stesura che può essere considerata la bella copia del precedente. Quest'ultima è servita come base per effettuare il lavoro di ricognizione e di essa sono stati trascritti i regesti dei documenti reperiti che corrispondono a meno della metà di quelli riordinati nel Settecento. La presenza e la struttura dei vecchi mezzi di corredo consente di delineare la tendenza a concentrare le scritture di famiglia lungo le linee di primogenitura, tendenza confermata nelle disposizioni di ultima volontà dei capifamiglia, come nel caso del marchese Tommaso Arrigoni che non solo si esprime chiaramente in tal senso, ma detta anche disposizioni in merito alle modalità di gestione dei documenti, dall'estrazione di copie alla tenuta di un «libro di 17 Un esempio dal punto di vista metodologico è costituito da Gli archivi Pallavicini di Genova. I. Archivi propri. Inventario a cura di M. Bologna, Roma 1994. 18 Archivio Arrigoni, b. 24, fasc. 1. 8 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione memoria» su cui registrare il prelevamento e la ricollocazione in sede degli atti: «L'archivio della casa resterà in custodia del primogenito che ne avrà le chiavi; ognuno però de' tre miei figli avrà una copia completa dell'indice di tutte le scritture in esso contenute e potrà ciascuno andarvi per vedere e leggere quelle carte che gli piacerà, al qual effetto dovrà il primogenito consegnarne le chiavi ad ogni ricerca prontamente e andarvi potrà egli stesso nel tempo medesimo, o mandarvi persona propria di sua confidenza; volendosi da uno di loro avere documenti o recapiti in esso archivio esistenti, allorché vi fossero duplicati in forma autentica, prender ne potrà uno per ogni documento e ritenerlo scrivendosene l'estrazione nel libro di memoria, che ad effetto di buon regolamento io vi tengo; mancando poscia il dupplicato, e volendosene tirar copie autentiche, se ne farà la spesa per metà dal petente e per l'altra dal primogenito»19. In presenza di più maschi si procede dunque a una divisione dei beni mobili e immobili, ma le carte degli antenati, unitamente alle proprietà erette in primogenitura, spettano al primo nato, secondo un'interpretazione patrilineare della discendenza. Alla base di questo atteggiamento si può ravvisare un meccanismo di salvaguardia e di recupero della memoria storica familiare che sottende una concezione della famiglia estensibile all'intero casato. A questa concezione è riconducibile la volontà di raccogliere e conservare memorie, sia a stampa che manoscritte, che raccolgono le gesta di antenati illustri, così come di far compilare alberi genealogici, che rivelano gli intenti celebrativi delle origini della famiglia, tanto più nobili quanto più siano antiche e collocabili lontano nel tempo; il prestigio può essere rafforzato dal poter annoverare tra i propri avi figure di santi e di martiri. Nel nostro caso sono significative le testimonianze che risalgono alla metà del secolo XI e farebbero provenire la famiglia dall'Aragona, o il discorso sopra l'antichità, la nobiltà e gli uomini illustri della famiglia, le copie a stampa delle prove di nobiltà, le memorie sulle famiglie Arrigoni di Milano e di Ravenna, le relazioni che citano il martire Moresco Arrigoni, il testamento della beata Guarisca Arrigoni; tali atti erano stati raccolti nella serie «Albero ed annotazioni sopra la famiglia Arrigoni», ma nessuno di essi è pervenuto a noi20. Probabilmente nel palazzo avito le carte erano dapprima dislocate in mobili, o casse, o forzieri, con criteri che seguivano motivi di sicurezza e segretezza (non casualmente il termine «archivio» deriva da arca, così come vi deriva «arcano»); questo modo di conservare andava tuttavia a scapito di un rapido reperimento dei singoli atti e se questo problema non si poneva là dove i complessi documentari erano relativamente esigui e quindi ben governabili, esso diventa 19 ASMn, Archivio Arrigoni, b. 150, fasc. 1, rogito del notaio Aurelio Martinelli del 23 aprile 1785. 20 Cfr. l'elenco completo in ASMn, Archivio Arrigoni, b. 1, fasc. 4: «Indice delle scritture dell'archivio...», c. 104r.; è invece pervenuto in copia il testamento della beata Guarisca Arrigoni, conservato nella b. 14, I. Privilegi, fasc. 2, 1436 agosto 14. 9 Archivio gentilizio Arrigoni segue introduzione indilazionabile a fronte dell'incremento costante cui necessariamante l'archivio è soggetto nel prosieguo del tempo. A partire dal XVIII secolo si assiste a un'opera di sistemazione degli archivi delle famiglie gentilizie cui fa riscontro la redazione di specifici inventari e repertori funzionali alla ricerca dei documenti; ciò è in sintonia con la volontà di razionalizzazione e classificazione che investe l'intera società del secolo dei lumi e trova riscontro anche in un'opera di sistematizzazione generale della memoria storico-documentaria21. Nel nostro caso questa operazione si deve al marchese Tommaso Arrigoni, col quale inizia un capitolo nuovo per l'archivio di famiglia. Probabilmente l'archivio era in condizioni di notevole disordine quando egli ne affida il riordinamento al suo computista Gianangelo Giuseppe Mazzoli22, che procede a una schedatura sistematica delle carte nell'ordine in cui si trovavano, senza operare spostamenti e accorpamenti. Qual era l'ordine conferito alle carte dal riordinamento settecentesco? È interessante notare come esso non riflettesse quello fisico. Probabilmente il riordinatore si era limitato a identificare ciascun atto o pratica con una sigla identificativa, composta da una lettera alfabetica seguita da un numero romano, seguito a sua volta da un numero arabo. Tali segnature rispecchiavano, quasi certamente, un mero ordine topografico, dato che si trovavano vicini tra loro molti atti che non avevano alcuna relazione di reciprocità o attinenza. A ogni lettera alfabetica corrispondeva infatti un «cassetto» e tale riferimento era sufficiente per rintracciare ogni documento all'interno di ciascun cassetto: ininfluente era il fatto che lo stesso contenitore raccogliesse atti riguardanti affari tra loro molto diversi o distanti nel tempo. Parallelamente a questa fase del lavoro il computista riordinatore procede a redigere l'inventario secondo serie e argomenti che riuniscono sotto la stessa voce documenti contrassegnati da segnature archivistiche non consequenziali. Si ha così un esempio di archivio ricostruito idealmente «sulla carta» anziché «con le carte», il cui ordine di inventario non corrisponde a quello fisico. L'inventario settecentesco, intitolato «Indice delle scritture dell'archivio di casa Arrigoni. 1765» è il frutto di un lungo lavoro; esso era in fase di stesura già diversi anni prima, come si 21 Cfr. E. Insabato Le «nostre chare iscritture»..., cit., passim. 22 Gianangelo Giuseppe Mazzoli è citato con la qualifica di computista nel testamento del marchese Tommaso Arrigoni; da una ricevuta autografa (ASMn, Archivio Arrigoni, b. 140, 23 ottobre 1782) è stato possibile collazionare la grafia con quella dell'inventario settecentesco e attribuirne a lui la paternità. Non si esclude che indagini più approfondite tra il carteggio del marchese Tommaso possano dare indicazioni più precise in merito al progetto di riordinamento dell'archivio. 10
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