Antonio Gramsci Scritti politici III www.liberliber.it Scritti politici III Antonio Gramsci Questo e-book è stato realizzato anche grazie al sostegno di: E-text Editoria, Web design, Multimedia http://www.e-text.it/ QUESTO E-BOOK: TITOLO: Scritti politici III AUTORE: Gramsci, Antonio TRADUTTORE: CURATORE: Spriano, Paolo NOTE: Il nuovo partito della classe operaia e il suo programma. La lotta contro il fascismo (1921-1926) DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: Scritti politici / Antonio Gramsci ; a cura di Paolo Spriano. – Roma : Editori Riuniti, 1973. - 314 p. ; 19 cm. – (Le idee ; 81) CODICE ISBN: informazione non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 9 marzo 2009 INDICE DI AFFIDABILITA': 1 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Catia Righi, [email protected] REVISIONE: Paolo Alberti, [email protected] PUBBLICAZIONE: Catia Righi, [email protected] Informazioni sul "progetto Manuzio" Il "progetto Manuzio" è una iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber. Aperto a chiunque voglia collaborare, si pone come scopo la pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico. 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Qui le istruzioni: http://www.liberliber.it/sostieni/ 2 Scritti politici III Antonio Gramsci Antonio Gramsci Scritti politici III 3 Scritti politici III Antonio Gramsci Indice 1921 I partiti e la massa Un Partito di masse Bisogna parlar chiaro Le masse e i capi Il sostegno dello Stato Gestione capitalistica e gestione operaia Il Partito comunista e le agitazioni operaie in corso Un governo qualsiasi 1922 Il Papa e la Chiesa scismatica La sostanza della crisi Giolitti e i popolari Insegnamenti Una lettera a Trotskij sul futurismo Il nostro indirizzo sindacale Il problema di Milano «Capo» Contro il pessimismo Il Mezzogiorno e il fascismo Il programma de «L'Ordine Nuovo» Problemi di oggi e di domani La crisi della piccola borghesia Sí, l'ora della coerenza Il destino di Matteotti La crisi italiana La caduta del fascismo 1925 La funzione del riformismo in Italia La scuola di Partito Necessità di una preparazione ideologica di massa L'intervento alla Camera sulla massoneria «La Rivoluzione liberale» e il fronte unico operaio La volontà delle masse La situazione interna del nostro Partito ed i compiti del prossimo congresso L'organizzazione per cellule e il II Congresso mondiale L'organizzazione base del Partito Opportunismo e fronte unico 4 Scritti politici III Antonio Gramsci 1926 Il significato e i risultati del III Congresso del Partito comunista d'Italia Il compagno G. M. Serrati e le generazioni del socialismo italiano Un esame della situazione italiana L'URSS verso il comunismo In che direzione si sviluppa l'Unione soviettista? I contadini e la dittatura del proletariato Russia, Italia e altri paesi Ancora delle capacità organiche della classe operaia Noi e la concentrazione repubblicana Lettera al Comitato centrale del Partito comunista sovietico Lettera a Togliatti Alcuni temi della quistione meridionale Appendice La situazione italiana e i compiti del PCI Indice dei nomi 5 Scritti politici III Antonio Gramsci Scritti politici III 6 Scritti politici III Antonio Gramsci I partiti e la massa1 La crisi costituzionale in cui si dibatte il Partito socialista italiano interessa i comunisti in quanto essa è il riflesso della piú profonda crisi costituzionale in cui si dibattono le grandi mas- se del popolo italiano. Da questo punto di vista la crisi del Partito socialista non può e non deve essere considerata isolatamente: essa è la parte di un quadro piú comprensivo, che abbraccia anche il Partito popolare e il fascismo. Politicamente le grandi masse non esistono se non inquadrate nei partiti politici: i muta- menti d'opinione che si verificano nelle masse sotto la spinta delle forze economiche determi- nanti vengono interpretati dai partiti, che si scindono prima in tendenze, per poi scindersi in una molteplicità di nuovi partiti organici: attraverso questo processo di disarticolazione, di neoasso- ciazione, di fusione tra gli omogenei si rivela un piú profondo ed intimo processo di decompo- sizione della società democratica per il definitivo schieramento delle classi in lotta per la con- servazione o la conquista del potere di Stato e del potere sull'apparecchio di produzione. Nel periodo dall'armistizio all'occupazione delle fabbriche il Partito socialista ha rappre- sentato la maggioranza del popolo lavoratore italiano, costituita di tre classi fondamentali, il proletariato, la piccola borghesia, i contadini poveri. Di queste tre classi solo il proletariato era essenzialmente e perciò permanentemente rivoluzionario: le altre due classi erano «occasional- mente» rivoluzionarie, erano «socialiste di guerra», accettavano l'idea della rivoluzione in gene- rale per i sentimenti di ribellione antigovernativa germogliati durante la guerra. Poiché il Partito socialista era costituito in maggioranza di elementi piccolo-borghesi e contadini, esso avrebbe potuto fare la rivoluzione solo nei primi tempi dopo l'armistizio, quando i sentimenti di rivolta antigovernativa erano ancora vivaci e attivi; d'altronde, essendo il Partito socialista costituito in maggioranza di piccoli borghesi e di contadini (la cui mentalità non è molto diversa da quella dei piccolo-borghesi di città), esso non poteva che essere oscillante, esitante, senza un pro- gramma netto e preciso, senza indirizzo, senza, specialmente, una coscienza internazionalista. L'occupazione delle fabbriche, essenzialmente proletaria, trovò impreparato il Partito socialista, che era solo parzialmente proletario, che era già, per i primi colpi del fascismo, in crisi di co- scienza nelle altre sue parti costitutive. La fine dell'occupazione delle fabbriche scompaginò completamente il Partito socialista; le credenze rivoluzionarie infantili e sentimentali caddero completamente; i dolori della guerra si erano in parte attutiti (non si fa una rivoluzione per i ri- cordi del passato!); il governo borghese apparve ancora forte nella persona di Giolitti e nell'atti- vità fascista; i capi riformisti affermarono che pensare alla rivoluzione comunista in generale era pazzesco; Serrati affermò che era pazzesco pensare alla rivoluzione comunista in Italia, in quel periodo. Solo la minoranza del Partito, formata dalla parte piú avanzata e colta del proleta- riato industriale, non mutò il suo punto di vista comunista e internazionalista, non si demoraliz- zò per gli avvenimenti quotidiani, non si lasciò illudere dalle apparenze di robustezza e di ener- gia dello Stato borghese. Cosí nacque il Partito comunista, prima organizzazione autonoma e indipendente del proletariato industriale, della sola classe popolare essenzialmente e permanen- temente rivoluzionaria. Il Partito comunista non divenne subito partito delle piú grandi masse. Ciò prova una sola cosa: le condizioni di grande demoralizzazione e di grande abbattimento in cui erano piombate le masse in seguito al fallimento politico dell'occupazione delle fabbriche. La fede si era spenta in un gran numero dei dirigenti; ciò che prima era stato esaltato veniva oggi deriso; i sentimenti piú intimi e delicati della coscienza proletaria venivano turpemente calpestati da questa ufficia- lità subalterna dirigente, divenuta scettica, corrottasi nel pentimento e nel rimorso del suo pas- 1 Non firmato, L'Ordine Nuovo, 25 settembre 1921. 7 Scritti politici III Antonio Gramsci sato di demagogia massimalista. La massa popolare, che subito dopo l'armistizio si era schierata intorno al Partito socialista, si smembrò, si liquefece, si disperse. La piccola borghesia che ave- va simpatizzato col socialismo, simpatizzò col fascismo; i contadini, senza appoggio ormai nel Partito socialista, ebbero piuttosto simpatie per il Partito popolare. Ma non fu senza conseguen- ze questa confusione degli antichi effettivi del Partito socialista coi fascisti da una parte, coi po- polari dall'altra. Il Partito popolare si avvicinò al Partito socialista: nelle elezioni parlamentari le liste a- perte popolari, in tutte le circoscrizioni, accolsero a centinaia e migliaia i nomi dei candidati so- cialisti; nelle elezioni municipali verificatesi in alcuni comuni rurali, dalle elezioni politiche ad oggi, spesso i socialisti non presentarono lista di minoranza e consigliarono i loro aderenti a ri- versare i voti sulla lista popolare; a Bergamo il fenomeno ebbe una manifestazione clamorosa: gli estremisti popolari si staccarono dall'organizzazione bianca e si fusero coi socialisti, fondan- do una Camera del lavoro e un settimanale diretto e scritto da socialisti e popolari insieme. O- biettivamente, questo processo di riavvicinamento popolare-socialista rappresenta un progresso. La classe contadina si unifica, acquista la coscienza e la nozione della sua solidarietà diffusa, spezzando l'involucro religioso nel campo popolare, spezzando l'involucro della cultura anticle- ricale piccolo-borghese nel campo socialista. Per questa tendenza dei suoi effettivi rurali il Par- tito socialista si stacca sempre piú dal proletariato industriale, e quindi pare venga a spezzarsi quel forte legame unitario che il Partito socialista pareva aver creato tra città e campagna; sic- come però questo legame non esisteva in realtà, nessun danno effettivo emerge dalla nuova si- tuazione. Un vantaggio reale invece si rende evidente: il Partito popolare subisce una fortissima oscillazione a sinistra e diventa sempre piu laico; esso finirà con lo staccarsi dalla sua destra, costituita di grandi e medi proprietari terrieri, cioè entrerà decisamente nel campo della lotta di classe, con un formidabile indebolimento del governo borghese. Lo stesso fenomeno si profila nel campo fascista. La piccola borghesia urbana, rafforzata politicamente da tutti i transfughi del Partito socialista, aveva cercato dopo l'armistizio di mette- re a frutto la capacità di organizzazione e di azione militare acquistata durante la guerra. La guerra italiana è stata diretta, in assenza di uno stato maggiore efficiente, dalla ufficialità subal- terna, cioè dalla piccola borghesia. Le delusioni patite in guerra avevano destato fortissimi sen- timenti di ribellione antigovernativa in questa classe, la quale, perduta dopo l'armistizio l'unità militare dei suoi quadri, si sparpagliò nei vari partiti di massa, portandovi fermenti di ribellione, ma anche incertezza, oscillazioni, demagogia. Caduta la forza del Partito socialista dopo l'occu- pazione delle fabbriche, con rapidità fulminea questa classe, sotto la spinta dello stesso stato maggiore che l'aveva sfruttata in guerra, ricostruí i suoi quadri militarmente, si organizzò na- zionalmente. Maturazione rapidissima, crisi costituzionale rapidissima. La piccola borghesia urbana, giocattolo in mano allo stato maggiore e alle forze piú retrograde del governo, si alleò agli agrari e spezzò, per conto degli agrari, l'organizzazione dei contadini. Il patto di Roma tra fascisti e socialisti segna il punto d'arresto di questa politica ciecamente e politicamente disa- strosa per la piccola borghesia urbana, la quale comprese che vendeva la sua «primogenitura» per un piatto di lenticchie. Se il fascismo continuava nelle spedizioni punitive tipo Treviso, Sar- zana, Roccastrada, la popolazione sarebbe insorta in massa e, nell'ipotesi di una sconfitta popo- lare, non certo i piccoli borghesi avrebbero preso in mano il potere, ma lo stato maggiore e i la- tifondisti. Il fascismo si avvicina nuovamente al socialismo, la piccola borghesia cerca di rom- pere i legami con la grande proprietà terriera, cerca di avere un programma politico che finisce col rassomigliare stranamente a quello di Turati e D'Aragona. È questa la situazione attuale della massa popolare italiana: una grande confusione, suc- cessa alla unità artificiale creata dalla guerra e personificata dal Partito socialista, una grande confusione che trova i punti di polarizzazione dialettica nel Partito comunista, organizzazione indipendente del proletariato industriale; nel Partito popolare, organizzazione dei contadini, nel fascismo, organizzazione della piccola borghesia. Il Partito socialista, che ha dall'armistizio al- 8 Scritti politici III Antonio Gramsci l'occupazione delle fabbriche rappresentato la confusione demagogica di queste tre classi del popolo lavoratore, è oggi il massimo esponente e la vittima piú cospicua del processo di disarti- colazione (per un nuovo, definitivo assetto) che le masse popolari italiane subiscono come con- seguenza della decomposizione della democrazia. 9 Scritti politici III Antonio Gramsci Un Partito di masse2 Il Partito socialista si presenta al Congresso di Milano con 80.000 inscritti. Un piccolo ra- gionamento sulle cifre può essere utile, piú di qualsiasi ragionamento teorico, per avere una e- satta comprensione della natura e dell'attuale funzione del Partito socialista italiano. Dopo il Congresso di Livorno il Partito socialista rimase costituito da 98.000 comunisti unitari e da 14.000 riformisti, cioè da 112.000 inscritti. Dopo Livorno sono entrati nel Partito almeno 15.000 nuovi soci; se oggi gli inscritti sono 80.000 ciò significa che dei 112.000 votanti a Livorno 47.000 sono andati via; i 65.000 rimasti coi 15.000 nuovi entrati costituiscono appun- to gli attuali effettivi di 80.000. Al Congresso di Livorno i comunisti unitari erano 98.000; l'attuale frazione massimalista unitaria, continuatrice di quella comunista unitaria, avrà al Congresso di Milano dai 45.000 ai 50.000 voti; è chiaro che i 47.000 fuorusciti dal Partito socialista dopo Livorno sono nella quasi totalità comunisti unitari. La qualità degli attuali 80.000 inscritti può essere compresa da questo piccolo ragiona- mento. Il Partito socialista amministra attualmente circa 2.000 comuni, e 10.000 tra leghe, Ca- mere del lavoro, cooperative, mutue. Se si tiene conto delle minoranze comunali, e dei Consigli provinciali, è lecito calcolare a una media di 16 consiglieri per i 2.000 comuni amministrati in maggioranza; risulta cioè che un partito di 80.000 inscritti conta ben 32.000 consiglieri comu- nali. Per le 10.000 organizzazioni economiche non è esagerato calcolare (anche tenendo conto delle cariche multiple) tre funzionari inscritti al Partito socialista per una; abbiamo cosí un par- tito di 80.000 inscritti, il quale oltre a 32.000 consiglieri comunali, annovera ben 30.000 fun- zionari di leghe, di cooperative, di mutue: ha cioè, su 80.000 inscritti, ben 62.000 soci stretta- mente legati a una posizione economica o politica, ha cioè solamente 18.000 soci disinteressati. Questa composizione spiega sufficientemente come avvenga che il Partito socialista, pur non rappresentando piú le aspirazioni e i sentimenti delle grandi masse lavoratrici, continui ap- parentemente a essere un partito di masse. La storia è piena di fenomeni simili. Il regno dei Borboni, a Napoli, era «negazione di Dio» fin dal 1848; eppure continuò a sussistere fino al 1860 perché aveva un corpo di funzionari che era tra i migliori di tutta Italia; dal 1848 al 1860 lo Stato borbonico fu una pura e semplice organizzazione di funzionari, senza consenso in nessuna classe della popolazione, senza vita interiore, senza un fine storico che ne giustificasse l'esistenza. L'impero degli zar aveva dimostrato nel 1905 di essere morto e putrefatto storicamente; aveva contro di sé il proletariato industriale, i contadini, la piccola borghesia intellettuale, i commercianti, la enorme maggioranza della popolazione. Dal 1905 al 1917 l'impero degli zar visse solamente perché aveva una burocrazia formidabile, visse solamente come organizzazione di funzionari statali, senza contenuto etico, senza una missione di progresso civile che ne giusti- ficasse l'esistenza. Lo Stato d'Austria-Ungheria è il terzo esempio, e forse il piú educativo, che offre la storia. Era diviso in razze nemiche tra loro, come oggi son nemiche tra loro le diverse tendenze del Partito socialista, eppure continuava a sussistere, cementato unitariamente da una sola categoria di cittadini, la casta dei funzionari. Nella politica internazionale lo Stato dei Borboni, l'impero degli zar, l'impero degli A- sburgo rappresentavano tuttavia tutta la popolazione e pretendevano di esprimerne la volontà e i sentimenti. Cosí oggi il Partito socialista, organizzazione di 62.000 funzionari della classe lavo- 2 Non firmato, L'Ordine Nuovo, 5 ottobre 1921. 10
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